Esami di Stato 2006 - Istituto Tecnico Commerciale " Luigi Sturzo" di Bagheria

 

 

AGENDA 2000

PREMESSA

Le regioni della Comunità Europea ed i loro abitanti non godono TUTTI delle stesse opportunità. I divari regionali in termini di sviluppo economico e di livello di vita sono da sempre una realtà in ogni Stato membro.
Ridurre le distanze tra le regioni è un obiettivo della Comunità Europea, anche se un obiettivo a lungo termine ed i suoi risultati sono spesso difficili da valutare. Per eliminare le differenze di sviluppo tra le diverse regioni europee, l’Unione Europea ha messo a punto la “politica di coesione economica e sociale”, un sistema di interventi che aiuti le regioni più povere a svilupparsi.
All’inizio degli anni ‘90 le dieci regioni più ricche della Comunità registravano un prodotto interno lordo (PIL) pro capite di oltre 3 volte e mezzo quello delle regioni meno prospere. Il tasso di disoccupazione delle dieci regioni più arretrate era, in alcuni casi, quasi sette volte quello delle dieci regioni più sviluppate. L’esperienza dimostra che il libero gioco dei fattori economici non basta, da solo, a garantire uno sviluppo equilibrato e tende invece spesso a ripercuotersi negativamente sulle regioni più deboli, in particolare in un periodo di crisi e di trasformazioni come quello che attraversa la Comunità Europea. Se si vuole stimolare l’attività economica delle regioni meno progredite è pertanto necessario combinare interventi pubblici ed investimenti privati. Questo compito spetta innanzitutto agli Stati membri, che intervengono con le proprie politiche regionali; i loro fondi costituiscono generalmente il grosso delle risorse mobilitate in queste regioni. Ma la gravità dei problemi e l’interdipendenza delle economie rendono talvolta questo compito eccessivamente gravoso per gli Stati e le loro regioni, soprattutto nei paesi meno prosperi. A ciò si aggiunga che la politica di risanamento dei bilanci, avviata sin dall’inizio degli anni ‘90, ha indotto la maggior parte degli Stati membri a ridurre gli aiuti strutturali a favore delle regioni in difficoltà. La Comunità promuove interventi in favore dei paesi meno ricchi, supportando l’azione degli stati nazionali. L’apertura delle frontiere, avvenuta nel 1993, ha comportato per le regioni svantaggiate un ulteriore rischio: i benefici del mercato unico potrebbero ricadere, infatti, soprattutto sulle regioni più capaci di attirare uomini e capitali.

La Politica regionale dell'Unione resta quindi indispensabile se si vuole favorire uno sviluppo armonioso dello spazio comunitario. La sua azione deve permettere all'insieme delle regioni europee di trarre pienamente vantaggio dalle opportunità del mercato unico e contribuire al buon esito dell'Unione economica e monetaria (UEM).
La Politica regionale europea è innanzitutto una politica di solidarietà: essa vuole infatti stimolare a livello comunitario gli interventi che consentiranno ai territori in maggiore difficoltà di superare più facilmente il proprio svantaggio. Durante il periodo 2000-2006 un terzo del bilancio comunitario (213 miliardi di euro) proveniente dal contributo degli Stati membri sarà assegnato alla Politica regionale e ripartito tra le regioni che ne hanno maggiormente bisogno. E inoltre è considerata anche una politica concreta, visibile agli occhi di tutti i cittadini europei, che sono i primi a beneficiare degli interventi. Essa li aiuta infatti a trovare lavoro e ad adeguarsi meglio ai mutamenti del mercato dell'occupazione, soprattutto tramite la formazione. Questa politica consente ai singoli cittadini di vivere meglio nella propria regione, contribuendo finanziariamente agli sforzi delle autorità pubbliche che si dotano di nuove infrastrutture e aiutano le imprese ad essere più competitive. Autostrade, aeroporti, alcuni treni ad alta velocità sono strati costruiti o ammodernati grazie al cofinanziamento dei Fondi europei, detti "Fondi strutturali", e nel rispetto delle misure europee a favore dell'ambiente.

Sulla base giuridica il Trattato che istituisce la Comunità, prevede agli articoli 2 e 3, che questa ha il compito, fra l'altro, di "promuovere nell'insieme della Comunità uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri", al fine di ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite o insulari, comprese le zone rurali ed illustra la partecipazione della Commissione allo sforzo di coesione tramite l'azione che essa svolge attraverso i fondi a finalità strutturale. Inoltre, l'esecutivo europeo deve presentare ogni tre anni una relazione sui progressi compiuti nella realizzazione della coesione economica e sociale; tale relazione è corredata, se del caso, di appropriate proposte sulle azioni future della Politica regionale.

Quattro sono i Fondi strutturali che consentono oggi all'Unione europea di concedere aiuti finanziari a programmi pluriennali di sviluppo regionale negoziati fra le regioni, gli Stati membri e la Commissione nonché ad iniziative ed azioni comunitarie specifiche, specificamente:
il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), che finanzia le infrastrutture, gli investimenti produttivi intesi a creare posti lavoro, i progetti di sviluppo locale e gli aiuti alle PMI;
il Fondo sociale europeo (FSE), che favorisce l'adeguamento della popolazione attiva ai mutamenti del mercato dell'occupazione nonché l'inserimento professionale dei disoccupati e delle categorie sfavorite, soprattutto finanziando le azioni di formazione ed i sistemi di incentivi all'assunzione;
il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG - sezione "orientamento"), che finanzia le azioni di sviluppo rurale e di aiuto agli agricoltori, principalmente nelle regioni che presentano un ritardo nello sviluppo ma anche nel quadro della Politica agricola comune (PAC) nel resto dell'Unione;
lo Strumento finanziario di orientamento della pesca (SFOP), che finanzia la riforma strutturale del settore della pesca.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritornando ai fondi, inoltre, un fondo speciale di solidarietà, il Fondo di coesione , intende finanziare progetti ambientali e di miglioramento delle reti di trasporto negli Stati membri dell'Unione il cui PIL è inferiore al 90% della media europea. Attualmente gli Stati membri beneficiari del fondo di Coesione son la Spagna, l’Orlanda, la Grecia e il Portogallo. Le necessità dei dieci nuovi Stati membri sono enormi in tutti i settori: infrastrutture, industria, servizi, PMI, agricoltura, ambiente. Per il periodo 2000-2006, l'Unione ha preparato progressivamente l'entrata di questi paesi instaurando documenti strategici di programmazione di finanziamenti a favore di due nuovi Fondi:
• lo Strumento per le politiche strutturali di preadesione (ISPA), che interviene nei dieci nuovi paesi sul modello del Fondo di coesione per finanziare progetti nel settore dei trasporti e dell'ambiente;
• lo Strumento agricolo di preadesione (SAPARD),creato per sostenere la preparazione di tali paesi alla PAC

Cenni storici


La necessità di garantire uno sviluppo armonioso riducendo le disparità tra le varie regioni e il ritardo di quelle meno favorite figurava sin dal 1957 nel preambolo del trattato di Roma, che prevedeva già l'istituzione del FSE, nonché la Banca europea per gli investimenti. Gli altri strumenti di aiuto allo sviluppo per gli Stati membri hanno visto la luce man mano che la costruzione europea si andava realizzando e che aderivano nuovi Stati membri. Nel 1962, in occasione dell'accordo sulla Politica agricola comune , la Comunità ha istituito il FEAOG. In seguito all'adesione nel 1973 del Regno Unito, dell'Irlanda e della Danimarca, nel 1975 è nato il FESR. Quest'ultimo ha contribuito in un primo tempo alla riconversione delle regioni in declino industriale del Regno Unito ed a compensare gli scarsi vantaggi che questo Stato membro traeva dalla PAC. Dopo l'adesione della Grecia, poi della Spagna e del Portogallo, le prerogative di questo fondo si sono progressivamente estese a tutte le regioni in ritardo di sviluppo. L'Atto Unico ha introdotto per la prima volta nel 1986 un titolo specifico nel concetto di coesione economica e sociale ed ha gettato le basi di una vera e propria Politica regionale solidale. Nel 1992, il trattato di Maastricht sull'Unione europea ha fatto della coesione economica e sociale un obiettivo prioritario della Comunità, parallelamente all'Unione economica e monetaria e al Mercato unico. Il Consiglio europeo di Edimburgo del dicembre 1992 ha deciso un nuovo aumento del 40% degli stanziamenti destinati alle azioni strutturali per il periodo 1994-1999. Nel 1997, il trattato di Amsterdam ha confermato l'importanza strategica della coesione. Parallelamente, questo trattato include una tematica specifica sull'occupazione al fine di mettere in primo piano la necessità di agire a livello europeo per diminuire il tasso di disoccupazione.


Agenda 2000


In occasione del Consiglio europeo di Berlino del marzo 1999, i capi di stato e di governo hanno concluso un accordo politico sulla cosiddetta Agenda 2000, un programma d'azione i cui obiettivi principali consistevano nel rafforzare le politiche comunitarie e nel fornire all'Unione europea un nuovo quadro finanziario per il periodo 2000-2006 tenendo conto soprattutto dell'allargamento del 1° maggio 2004.

Attualmente, la Politica regionale si trova di fronte a tre sfide principali:
la concorrenza, che è fortemente aumentata in seguito alla liberalizzazione del commercio. Le imprese si insediano dove trovano le condizioni per accrescere la propria competitività (infrastrutture e servizi di qualità, lavoratori qualificati).
la rivoluzione tecnologica e la società dell'informazione, che richiedono una crescente capacità di adattamento da parte delle persone, delle imprese e dei territori.
l'allargamento : che ha rappresentato contemporaneamente un'opportunità ed una sfida senza precedenti per l'Unione.
La riforma della Politica regionale descritta nelle prospettive finanziarie dell'Agenda 2000 ha favorito la concentrazione degli aiuti strutturali sulle regioni in ritardo di sviluppo nonché un'attuazione semplificata delle politiche. Gli Stati membri e le regioni sono ormai sempre più in grado di prendere in mano il proprio futuro e di gestire direttamente i fondi dell'Unione, la quale interviene ormai soltanto per coordinare e controllare la conformità dell'utilizzo dei finanziamenti europei. Infatti subito dopo l’adozione della normativa per il periodo 2000-2006, la Commissione europea ha indicato le priorità delle nuove strategie di sviluppo economico e sociale, cui si ispirano i progetti degli Stati e delle regioni. Queste tengono conto delle particolari esperienze concrete, a livello nazionale e locale, che hanno avuto maggiore efficacia nell’ambito dell’unione. Possiamo dire pertanto che la proposta di un modello europeo di sviluppo regionale non rappresenta un imposizione dall’alto, bensì un’opportunità in un mondo sempre più globalizzato.


Gli obiettivi
L'esperienza dimostra che la politica regionale può essere efficace soltanto se concentra i suoi interventi su pochi territori di dimensioni abbastanza ampie. Questo è il motivo per il quale la normativa sui Fondi strutturali del 1999 ha cercato di ridurre la dispersione degli aiuti precisando i criteri di selezione delle regioni più bisognose di interventi pubblici a sostegno del proprio sviluppo. Una quota dei Fondi strutturali è assegnata ai gruppi sociali svantaggiati presenti su tutto il territorio dell'Unione, senza criteri geografici particolari. Il principio del "rafforzamento della coesione" deve consentire all'Unione di accogliere progressivamente nuovi Stati membri continuando però al tempo stesso a fornire ampio sostegno alle sue aree depresse.
La Politica regionale quindi relativa ad Agenda 2000, al fine di utilizzare i fondi disponibili in tale contesto nel modo più efficiente si è deciso di concentrare l’uso riducendo il numero di obiettivi da 6 a 3 e indirizzando quasi il 70 % dei finanziamenti totali verso le regioni in ritardo di sviluppo. Dunque tali obiettivi sono:
1. Obiettivo: Regioni in ritardo di sviluppo
2. Obiettivo: Regioni in crisi strutturale
3. Obiettivo: Regioni che necessitano un sostegno per l'istruzione, la formazione e l'occupazione
(tutte le regioni tranne quelle dell'obiettivo 1).

L’ Obiettivo 1, promuove lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni con ritardi nello sviluppo. In esso rientrano per il periodo 2000-2006 le regioni il cui prodotto interno lordo pro capite (il valore della produzione economica totale diviso per la popolazione) è inferiore al 75% della media dell'UE. Regioni con tale caratteristica si ritrovano in 9 Stati membri e comprendono le zone più periferiche dell'UE, come i dipartimenti francesi di oltremare, le Azzorre, Madera e le Isole Canarie (tutti al di sotto della soglia del 75%). L'obiettivo 1, inoltre, include le aree meno popolate della Finlandia e della Svezia, cui viene garantito un aiuto particolare in virtù dei trattati con cui tali paesi hanno aderito all'Unione nel 1995.


Regioni ammissibili all’Obiettivo 1

 

Nell’ Obiettivo 2, rientrano quelle regioni in cui è necessario intervenire per aiutare ad affrontare i problemi posti dalla crisi di determinate attività. Di norma queste regioni sono caratterizzate da un elevato tasso di disoccupazione dovuto al fatto che una percentuale consistente dei lavoratori era impiegata proprio nelle industrie in declino. Lo scopo quindi è quello di promuovere la riconversione economica e sociale delle aree di crisi nei settori industriale e dei servizi, delle zone rurali in declino, delle aree urbane in difficoltà e delle zone depresse che dipendono dalla pesca.

Infine l’Obiettivo 3 fornisce un quadro di riferimento politico per tutte le misure dell'UE volte a promuovere le risorse umane, cioè quelle iniziative, che contribuiscono a migliorare le competenze professionali dei cittadini (istruzione, formazione e occupazione).

Dunque i fondi strutturali sono uno degli strumenti finanziari con cui l'Unione europea persegue la coesione e lo sviluppo economico e sociale in tutte le sue regioni. Gli altri strumenti sono la Banca europea per gli investimenti (BEI).
Gli interventi previsti dal nuovo ciclo di programmazione (settennio 2000-2006) sono caratterizzati dalla maggiore concentrazione geografica e finanziaria, dalla gestione più decentrata, da controlli rafforzati e dall'incremento dell'efficacia. Infatti la Commissione europea non concede aiuti agli stati membri senza prima verificare se i suoi programmi di sviluppo vengono realmente attuati. Gli Stati membri designano, per ciascun programma, un'"autorità di gestione", responsabile della selezione dei progetti, e un' "autorità di pagamento", preposta alla certificazione delle spese e alla presentazione delle domande di rimborso alla Commissione. Le autorità di pagamento devono garantire che tutte le spese dichiarate a titolo dei Fondi europei siano conformi alle norme comunitarie in materia di ammissibilità nonché alle politiche comunitarie concernenti, ad esempio, l'ambiente, le pari opportunità e le sovvenzioni pubbliche. Se la Commissione constata che i controlli nazionali sono insufficienti oppure riscontra irregolarità, può sospendere i pagamenti, o addirittura chiedere la restituzione delle somme già versate.
I Fondi strutturali non vengono assegnati direttamente a progetti scelti dalla Commissione europea. Definite di comune intesa le grandi priorità di un programma di sviluppo, la selezione dei progetti e la loro gestione è di competenza esclusiva delle autorità nazionali e regionali. Questo crescente decentramento è una delle principali novità della fase in corso.
I progetti approvati vengono sovvenzionati in parte con fondi nazionali (pubblici o privati) e in parte con fondi europei.
Lo sviluppo delle zone depresse è soprattutto compito dei singoli Stati membri. L'Unione li aiuta soltanto a fare di più e di meglio di quanto non sarebbero in grado di realizzare da soli. In ciò consiste il valore aggiunto del suo intervento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Procedura e per la gestione finanziaria
1 Il bilancio dei Fondi strutturali e le regole fondamentali per il loro impiego vengono decisi dal Consiglio europeo, ossia da tutti gli Stati membri dell'Unione, in base a una proposta della Commissione concertata con il Parlamento europeo.
I Fondi strutturali sono ripartiti per paese e per obiettivo. Le zone che possono beneficiarne vengono stabilite, d'intesa con i vari paesi, dalla Commissione, che propone orientamenti tematici comuni.


2 A seguito di tali decisioni, ciascuno Stato o regione elabora e riassume in un piano le sue proposte a favore di zone in difficoltà o di ceti deboli, con la partecipazione attiva, in questa fase, degli operatori economici e sociali interessati.

3 Ciascuno Stato ne discute quindi i contenuti con quest'ultima specificando l'entità delle risorse nazionali e comunitarie da destinare alla loro realizzazione.

4 Quando le parti hanno raggiunto un accordo complessivo, la Commissione adotta i piani (1) e i conseguenti programmi, versando agli Stati un anticipo per passare alla fase operativa.
(1) Denominati Quadri comunitari di sostegno (QCS) o Documenti unici di programmazione (DOCUP), a seconda che richiedano o meno una decisione supplementare della Commissione per l'attuazione dei programmi.

 

5 I dettagli (denominati "complementi di programmazione") vengono lasciati all'iniziativa delle autorità nazionali o regionali, senza l'obbligo di consultare la Commissione, che viene comunque informata. Siglate le intese, gli organismi responsabili possono quindi procedere secondo modalità proprie (con bandi di gara per la presentazione di progetti, la costruzione di infrastrutture ecc.).

6. Vagliati i progetti, le autorità responsabili selezionano quelli che meglio corrispondono alle finalità del programma e comunicano ai candidati le loro scelte

7 Le organizzazioni prescelte possono allora avviare il progetto, che deve essere obbligatoriamente ultimato entro il termine in programma, poiché la cadenza degli aiuti europei è fissata sin dall'inizio.

8 Lo stato di avanzamento dei programmi è sorvegliato regolarmente dalle autorità competenti che ne danno notizia alla Commissione europea, fornendole la prova (attraverso la certificazione delle spese) che il denaro è stato impiegato nel migliore dei modi. La Commissione verifica i sistemi di controllo messi in atto e versa man mano i contribuiti previsti. Analizza l'andamento degli indicatori di sorveglianza e gli studi di valutazione e promuove scambi tematici, comunicando inoltre ai responsabili dei programmi le nuove priorità comunitarie che hanno un'incidenza sullo sviluppo regionale.

QUADRO COMUNITARIO DI SOSTEGNO
PER LE REGIONI ITALIANE DELL’OBIETTIVO 1


Il Quadro comunitario di sostegno (QCS) è il documento approvato dalla Commissione europea, d'intesa con lo Stato membro interessato, sulla base della valutazione del Piano presentato dallo stesso Stato. Il QCS contiene la fotografia della situazione di partenza, la strategia, le priorità d'azione, gli obiettivi specifici, la ripartizione delle risorse finanziarie, le condizioni di attuazione.
Il QCS è articolato in assi prioritari e attuato tramite uno o più Programmi operativi.
In Italia, il processo formativo di tali documenti è stato avviato nel dicembre 1998 con il coordinamento del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica (oggi Ministero dell'Economia e delle Finanze). I soggetti coinvolti sono stati: regioni, amministrazioni nazionali, enti locali e parti economiche e sociali.
Il processo si è concluso con l'elaborazione di questi documenti:
• Programma di sviluppo per il Mezzogiorno (PSM)
• Programmi operativi regionali (POR)
• Programmi operativi nazionali (PON)

Il QCS 2000-2006 per le regioni italiane Obiettivo 1 comprende 7 POR (Programmi operativi regionali) e 7 PON (Programmi operativi nazionali).
Le regioni dell'Obiettivo 1 sono quelle in ritardo di sviluppo, cioè con un prodotto interno lordo pro-capite inferiore al 75% della media comunitaria. Per quanto riguarda l'Italia, rientrano nella categoria: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia e, inoltre, il Molise, unica regione in sostegno transitorio.
Il QCS 2000-2006 per le regioni italiane obiettivo 1 è stato approvato dalla Commissione europea il 1° agosto 2000.

Finalità del QCS è quello di coordinare gli interventi e renderli più efficaci rispetto alla riduzione del ritardo economico-sociale delle aree del Mezzogiorno d'Italia sulla base di quanto evidenziato dalla strategia di sviluppo.
L'obiettivo globale è quello di conseguire un miglioramento permanente del contesto economico, sociale e ambientale attraverso il conseguimento di due obiettivi specifici:
• conseguire entro il quarto anno del settennio 2000-2006 un tasso di crescita delle regioni meridionali significativamente superiore a quello dell'Unione Europea;
• ridurre drasticamente il disagio sociale.
Tale obiettivo generale è strettamente legato alla realizzazione di un forte aumento dell’occupazione regolare del Mezzogiorno, all’aumento dei tassi di attività, alla riduzione del lavoro sommerso, alla compressione della disoccupazione. Strumento primario del QCS per la crescita è il miglioramento del contesto economico del Mezzogiorno.
Si richiedono interventi volti a incidere sull’efficienza e la qualità dei fattori produttivi, per stimolare una maggiore produttività complessiva. I miglioramenti del contesto economico possono riferirsi non solo agli aspetti direttamente legati agli incrementi di produttività – in particolare al capitale fisico, umano e di conoscenza – ma anche agli elementi che possono contribuire ad alimentare il processo di sviluppo (ad esempio la sicurezza pubblica, la legalità e le relazioni fiduciarie).
Il QCS si articola in sei assi prioritari di intervento in piena sintonia con i principi generali di coerenza, concentrazione ed integrazione:
Asse I - Valorizzazione delle risorse naturali e ambientali (Risorse Naturali);
Asse II - Valorizzazione delle risorse culturali e storiche (Risorse Culturali);
Asse III - Valorizzazione delle risorse umane (Risorse Umane);
Asse IV - Potenziamento e valorizzazione dei sistemi locali di sviluppo (Sistemi Locali di Sviluppo);
Asse V - Miglioramento della qualità delle città, delle istituzioni locali e della vita associata (Città);
Asse VI - Rafforzamento delle reti e nodi di servizio (Reti e Nodi di Servizio).


Finanziamenti


Le misure d'intervento previste dal QCS sono co-finanziate dai fondi strutturali comunitari e da fondi nazionali pubblici e privati.
La strategia degli assi (dunque nella definizione degli obiettivi specifici e nell'individuazione degli interventi di ciascun asse) si ispira ai principi generali trasversali della sostenibilità ambientale e della parità uomo-donna. I progetti previsti sono imperniati sulla valorizzazione delle risorse naturali, culturali e umane, sulla produzione locale, l'ambiente urbano, i trasporti e la società dell'informazione.
I principi trasversali sono:
• sostenibilità ambientale
• promozione delle pari opportunità

 

L'Ambiente nel QCS


La strategia ambientale del QCS punta su:
miglioramento del contesto ambientale
• valorizzazione delle risorse naturali
• promozione di uno sviluppo che coniughi gli aspetti economici, sociali e ambientali

In una prospettiva di sviluppo sostenibile, la valutazione ex-ante ambientale è stata integrata nel QCS e ha contribuito a definirne le strategie, gli obiettivi e le linee di intervento, che tengono conto di tre principi generali:
• azione preventiva
• correzione alla fonte dei danni causati all'ambiente
• chi inquina paga

Per dare attuazione al principio della sostenibilità e favorire l'integrazione della componente ambientale in tutti i settori di azione dei fondi strutturali, il QCS ha previsto la costituzione delle Autorità ambientali all'interno di ogni Programma Operativo.
Il coordinamento tra Autorità ambientali e Autorità di gestione è garantito dalla Rete nazionale delle autorità ambientali e delle autorità della programmazione dei fondi strutturali comunitari. La Rete si occupa anche dell'elaborazione di criteri e metodologie sugli aspetti ambientali dell'azione dei fondi strutturali.
Dunque il QCS individua un primo insieme di criteri e di indirizzi di attuazione, che saranno ulteriormente specificati nei Programmi Operativi e nei Complementi di programmazione attraverso una valutazione puntuale degli strumenti adeguati a dare concretezza all'obiettivo della sostenibilità ambientale (misure, criteri, meccanismi premiali, specifiche modalità di attuazione).

Sviluppo sostenibile......

Analisi dei programmi operativi


I Programmi operativi
I Programmi Operativi (PO) sono documenti approvati dalla Commissione ai fini dell'attuazione del Quadro Comunitario di Sostegno (QCS).

Ogni Programma Operativo comprende:
a) la descrizione più specifica della strategia perseguita e delle priorità tematiche (gli assi prioritari) di intervento così come individuate dal QCS;
b) la descrizione sintetica delle misure che attuano le priorità specifiche (assi prioritari);
c) un piano finanziario, che, per ciascun asse prioritario e per ogni anno, indica la ripartizione dei Fondi strutturali e degli altri fondi impiegati;
d) le disposizioni di attuazione del Programma Operativo.
I PO sono elaborati dalle relative Autorità di Gestione, e adottati dalla Commissione europea con apposita Decisione.
Le informazioni fornite nei Programmi Operativi sono meglio dettagliate nei Complementi di programmazione (CdP). Il CdP è infatti definito come "il documento di attuazione della strategia e degli assi prioritari del Programma Operativo, contenente gli elementi dettagliati a livello di misure".
Ogni Complemento di Programmazione comprende:

a) la descrizione più nel dettaglio delle misure fissate dal PO per l'attuazione dei corrispondenti assi prioritari del Programma Operativo;
b) la definizione delle categorie di beneficiari finali delle misure;
c) un piano finanziario, che indica la ripartizione dei Fondi strutturali e degli altri fondi impiegati per ogni anno a livello di ciascuna misura;
d) le misure che devono assicurare la pubblicità del Programma Operativo;
e) la descrizione delle modalità.
Il CdP è elaborato e adottato dalla relativa Autorità di Gestione, previo accordo del Comitato di Sorveglianza, e trasmesso alla Commissione europea per informazione.
L’individuazione dei programmi operativi attuativi della strategia di sviluppo e la conseguente attribuzione di compiti e di funzioni tra i diversi livelli dell’amministrazione – centrale, regionale e locale – persegue tre obiettivi:
- massimizzare lo scambio e la diffusione delle conoscenze tra le amministrazioni centrali e regionali, oltre che locali, nella fase di programmazione degli interventi;
- attribuire la gestione e l’attuazione dei programmi operativi al livello di amministrazione che, tenendo conto dei tempi e delle modalità del conferimento alle Regioni, e quindi alle autonomie locali;
- definire e rendere effettivamente applicabili metodi di valutazione e di monitoraggio degli interventi programmati.

In questo quadro di obiettivi, alle Regioni è assegnato un ruolo centrale, anche con riferimento alle linee di intervento per la cui formulazione e attuazione vengono mantenuti rilevanti poteri alle Amministrazioni centrali.

Programmi Operativi Regionali (POR)

In Italia le Regioni titolari di Programmi Operativi Regionali nell'Obiettivo 1 sono Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. A queste si aggiunge il Molise in sostegno transitorio o phasing out. L'Autorità di Gestione di ciascun Programma è la rispettiva amministrazione regionale.
La finalità generale del Programma Operativo assume integralmente l’obiettivo generale del QCS, che prevede la “riduzione significativa del divario economico e sociale delle aree del Mezzogiorno, in modo sostenibile, accrescendo le competitività di lungo periodo, creando condizioni di accesso pieno e libero al lavoro, facendo leva sui valori ambientali e di pari opportunità”
La strategia del programma tende prioritariamente a potenziare il tessuto produttivo ed a creare le condizioni per un più efficace impatto sulle variabili di rottura attraverso il potenziamento delle attività di servizio alle imprese e della loro capacità innovativa.

La strategia regionale attribuisce pertanto grande importanza alla realizzazione di progetti e programmi integrati territoriali. All’interno dei POR, inoltre, è prevista la realizzazione di linee di intervento attuate attraverso sottoprogrammi o singole misure la cui attuazione è attribuita ad Amministrazioni di settore centrali: Protezione civile, Energia (salvo fonti rinnovabili), Sviluppo locale (a meno di patti territoriali e strumenti regionalizzati), Beni culturali ed attività culturali, Innovazione nella Pubblica Amministrazione.

Programmi Operativi Nazionali (PON)
I Programmi Operativi Nazionali riguardanti l'Obiettivo 1 sono 7 e intervengono su: ricerca, scuola, sicurezza, sviluppo locale, trasporti, pesca, assistenza tecnica e azioni di sistema. Le Autorità di Gestione sono i ministeri di riferimento: Istruzione, Università e Ricerca (per il PON Ricerca e il PON Scuola), Interno, Attività Produttive, Infrastrutture e Trasporti, Politiche Agricole e Forestali, Economia e Finanze.
Le linee di intervento a valenza nazionale da attuare attraverso Programmi Operativi Nazionali dunque sono i seguenti:
- “Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno”;
- “Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico, Alta formazione”;
- “Trasporti”;
- “La Scuola per lo Sviluppo”;
- “Pesca”;
- “Sviluppo imprenditoriale locale”;
- “Assistenza Tecnica e Azioni di sistema”.

I Programmi operativi nazionali sono formulati e successivamente attuati con la partecipazione delle Regioni, anche attraverso specifici accordi di Programma, nell’impostazione delle linee programmatiche e nella selezione delle priorità di intervento.

Organizzazione
Il QCS e i programmi operativi sono attuati sotto la responsabilità di un soggetto: l'Autorità di gestione.
Si tratta di organismi pubblici o privati, nazionali, regionali o locali designati dallo Stato membro per la gestione di un intervento finanziato dai fondi comunitari. Quando lo Stato designa le Autorità, definisce anche le modalità dei rapporti tra queste ultime e le Autorità di pagamento, organismi incaricati di elaborare e presentare le richieste e di ricevere i pagamenti dalla Commissione europea.
Le attività di sorveglianza mirano ad assicurare la progressiva ed effettiva realizzazione degli interventi di azione comunitaria, sia sul piano finanziario sia su quello reale e riguardano tutti i documenti di programmazione dei fondi strutturali: QCS, PON e POR.
Le attività di controllo, insieme a quelle di sorveglianza, valutazione, monitoraggio e comunicazione, sono parte integrante del processo di attuazione del QCS e hanno l'obiettivo di rafforzare l'efficacia degli interventi.
Le Autorità di gestione sono responsabili della regolarità delle operazioni finanziate e dell'attuazione di misure di controllo interno compatibili con il principio di sana gestione finanziaria.
Il controllo viene effettuato sia nella fase di gestione vera e propria sia in momenti successivi e le Autorità devono garantire una adeguata organizzazione interna degli uffici coinvolti nelle attività. Le fasi di attuazione sottoposte a controllo sono:
• gestione
• situazione contabile-finanziaria
• efficacia del sistema di gestione e controllo
Inoltre l' accesso alle informazioni e alle opportunità offerte dai fondi strutturali è fondamentale per l'efficacia dei programmi e delle azioni cofinanziate dall'Unione europea.
Infatti le attività di informazione e pubblicità per QCS, PON e POR sono di competenza delle Autorità di gestione e devono essere realizzate attraverso Piani di Comunicazione. Il Piano di Comunicazione di riferimento è quello elaborato all'interno del PON Atas: il programma operativo nazionale di assistenza
tecnica. Le attività informative presentate nei Piani di comunicazione devono garantire la trasparenza nei confronti dei beneficiari finali e la diffusione presso l'opinione pubblica.

 
Programmi Operativi Regionali (POR)
SICILIA

Fondi Strutturali: 3.857,946
di cui: FESR: 2.267,494
FSE: 756,469
FEOGA: 783,983
SFOP: 50,000


Risorse finanziarie indicative del programma (in milioni di euro)

 

 

 



Con decisione C(2000)2346 dell’8 agosto 2000, la Commissione Europea ha approvato il Programma Operativo Regionale Sicilia 2000/2006 (POR).
Il POR Sicilia ha adattato la struttura organizzativa e concettuale del QCS Italia 2000/2006 alle peculiarità ed alle esigenze della regione. Le aree di intervento (assi prioritari: risorse naturali - risorse culturali - risorse umane - sistemi locali di sviluppo - città - reti e nodi di servizio) sono le stesse del QCS e degli altri programmi operativi regionali, ma specifici sono i contenuti degli assi, le strategie, le misure, opportunamente ritagliate sulle esigenze dello sviluppo della Sicilia.
Il Complemento di Programmazione (CdP) rappresenta il documento attuativo del POR. In particolare nel Complemento vanno descritte dettagliatamente le misure di attuazione degli Assi, che nel POR erano rese ad un livello di approfondimento meno circostanziato.
Le misure del POR Sicilia riprogrammato sono state ridotte a 60 provvedendo ad alcuni accorpamenti e anche ad alcuni spostamenti di misure in altro Asse rispetto all’originaria strutturazione. Altrettante ovviamente le misure del Complemento di Programmazione, anche se è opportuno notare che in diversi casi si fa ricorso a sottomisure per soddisfare al meglio le esigenze operative.

Asse 5 ( analisi, strategia, obiettivi, misure)

A me è stato affidato l’elaborazione del POR Sicilia riguardante l’asse prioritario inerente al miglioramento della qualità delle città, delle istituzioni locali e della vita associata.

Analisi

Il sistema urbano del Mezzogiorno presenta una situazione di ritardo rispetto al modello di sviluppo urbano che si sta dimostrando più competitivo a livello europeo, con l'affermazione delle città metropolitane e di "reti di città" di minori dimensioni, che hanno dimostrato una maggiore capacità di articolazione funzionale, un migliore equilibrio ambientale e sociale, minori fattori di congestione, Tale ritardo costituisce un fattore di debolezza nello sviluppo dell’intero territorio.
L’obiettivo di sviluppare un sistema di città coerente con il territorio circostante, che valorizzi le potenzialità di ciascuna area urbana in un disegno integrato, può essere perseguito a partire da alcuni principali punti di forza ed opportunità esistenti:
• i segnali di vitalità imprenditoriale riscontrati in alcune aree urbane;
• la disponibilità di risorse non valorizzate ai fini dello sviluppo economico e produttivo;
il progressivo miglioramento dell’efficienza dell’Amministrazione delle città.

Strategia di asse

La strategia si basa sulla necessità di rafforzare il sistema urbano del Mezzogiorno con una maggiore integrazione degli interventi e uno sviluppo delle istituzioni economiche e sociali.
L’area prioritaria di intervento è quella di migliorare il ruolo e le funzioni delle città nel proprio contesto territoriale, che consenta di aumentare la competitività del sistema urbano meridionale individuando e valorizzando il ruolo di ciascuna città nel contesto regionale. In particolare la strategia mira a rafforzare le funzioni di poli di crescita delle grandi città e il ruolo di sostegno ai processi di sviluppo locale dei centri minori. La strategia deve attuarsi nell’ambito di un disegno regionale; in tal senso le Regioni identificano le potenzialità di ciascuna città nel contesto più ampio del territorio regionale e scelgono su quali città puntare (applicando il principio di concentrazione degli interventi) per realizzare specifici progetti di sviluppo urbano sostenibile, integrato e bilanciato con il resto territorio.
Ai fini di una strategia di sviluppo urbano, vengono considerati principalmente:
1. il miglioramento della qualità urbana, soprattutto nelle grandi città, che rappresenta una condizione necessaria per aumentare la capacità di attrazione di capitali e la competitività economica e per ridurre il disagio sociale;
2. il rafforzamento del capitale sociale, attraverso il miglioramento dell’offerta di servizi sociali, in particolare per le fasce più deboli e per i soggetti a rischio di emarginazione e di esclusione e la conseguente creazione di nuovi posti di lavoro, valorizzando le opportunità offerte dallo sviluppo dell’economia sociale e del terzo settore;

Dunque l’obiettivo globale dell’asse è quello di “Migliorare l’articolazione funzionale e la qualità del sistema urbano del Mezzogiorno attraverso la definizione del ruolo delle città nel loro contesto regionale, e in particolare: creare condizioni economiche, amministrative e sociali adatte allo sviluppo imprenditoriale; aumentare la competitività e la produttività strutturale dei sistemi economici territoriali; favorire la localizzazione di nuove iniziative nelle aree urbane e metropolitane specie nei servizi alle persone e alle imprese; riqualificare il contesto urbano, con particolare attenzione per gli aspetti ambientali.”

L’asse mira essenzialmente al potenziamento del settore economico- produttivo, ritenuto trainante rispetto a tutti gli altri fattori che incidono sulla qualità urbana.


Linee di intervento

Nel quadro di un miglioramento del ruolo e delle funzioni delle città nel proprio contesto territoriale, assumono particolare rilievo interventi che siano rivolti a valorizzare la vocazione e le potenzialità delle singole città e dei sistemi locali che ad esse fanno riferimento, ad accrescere la capacità di attrazione di investimenti esterni nelle grandi città e lo sviluppo di servizi ed attività di supporto allo sviluppo locale nei centri minori. Alcuni possibili ambiti di intervento sono:
- rafforzamento del marketing urbano, mediante azioni di promozione delle opportunità e attrazione di finanziamenti privati;
- progettazione e realizzazione di iniziative per favorire la localizzazione di funzioni avanzate e innovative nelle grandi città, anche riguardo alla promozione del ruolo internazionale delle città;
- interventi di sostegno al miglioramento delle funzioni dei centri minori, con offerte di servizi alle imprese e alle persone;
- promozione di iniziative di cooperazione tra città medie e piccole nella gestione dei servizi pubblici, anche attraverso associazione tecnologica e finanziaria con partner esterni.
Gli interventi per una migliore qualità urbana potranno far riferimento al miglioramento della mobilità e alla riqualificazione urbana (attraverso interventi che affrontino in una logica integrata le molteplici, forme di degrado: edilizio, urbanistico, ambientale, economico, sociale). Nel quadro della coerenza con la scelta delle città e la definizione del loro ruolo, e nell’ottica della concentrazione e della integrazione degli interventi, si dà priorità agli interventi in aree delimitate (quartieri periferici, aree dismesse, centri storici).

Criteri e indirizzi per l’attuazione
La strategia di asse è attuata tenuto conto della definizione del ruolo delle città nell’ambito di un disegno regionale di sviluppo urbano equilibrato, e dalla conseguente scelta delle singole città o sistemi di città su cui intervenire, effettuata nell’ambito dei programmi operativi o dei complementi di programmazione dalle rispettive autorità di gestione con il coinvolgimento dei partner locali.

L’asse è attuato prioritariamente attraverso progetti integrati che rispondono agli obiettivi dell’asse e, in particolare, sono coerenti rispetto alla definizione del ruolo di ciascuna città o sistema di città nel contesto regionale di appartenenza.

Al fine di assicurare la complementarietà degli ambiti di intervento, le operazioni messe a punto a titolo dell'Iniziativa Comunitaria URBAN dovranno essere raccordate con le strategie di sviluppo urbano definite nei POR. I programmi operativi contengono l’impegno da parte delle amministrazioni regionali ad applicare nei complementi di programmazione criteri di selezione delle proposte provenienti dagli Enti Locali che tengano conto degli indirizzi e delle priorità del QCS.


Progetti integrati


Il QCS 2000-2006 definisce i progetti integrati come quell'insieme di azioni che attraversano diversi settori, ma puntano a un obiettivo comune di sviluppo del territorio e necessitano di un approccio attuativo unitario e coerente.

Hanno una duplice finalità:
assicurare un adeguato riconoscimento agli interventi;
• elaborare un sistema in grado di semplificare la gestione e consentire il raggiungimento degli obiettivi nei tempi previsti.

In termini operativi e su scala regionale, i Progetti Integrati Territoriali sono finalizzati allo sviluppo di una determinata area e ci si attende che intervengano su un tema, un oggetto o una risorsa che presenta elementi di criticità o di opportunità e rispetto alla quale il PIT si dimostra lo strumento più adeguato.
I progetti integrati sono caratterizzati dai seguenti elementi:
• definizione dell'idea-forza, della strategia di progetto e degli obiettivi
• identificazione dell'ambito territoriale o tematico di riferimento
• individuazione del soggetto responsabile del progetto
• identificazione delle procedure di gestione e monitoraggio
Ogni Autorità di gestione regionale ha seguito un proprio iter nella definizione e individuazione degli stessi. I più diffusi sono:
• PIT (progetti integrati territoriali)
• PIS (progetti integrati settoriali)
• PIF (progetti integrati di filiera)
• PIR (progetti integrati regionali)
• PISU (progetti integrati di sviluppo urbano)
Poi ve ne sono altri che costituiscono strumenti per la promozione di iniziative per lo sviluppo locale, come il PIOS, utilizzati nel nostro territorio del Consorzio Metropiliest, che raggruppa 13 comuni della Provincia palermitana. Infatti la Mission di questa società eè quella di coordinare ed attivare, predisponendo tutte le azioni necessari a tale scopo, il progetto di sviluppo territoriale dell’area comprensiorale denominata area metropolitana est utilizzando a tale scopo i fondi strutturali comunitari, ed indirizzando le proprie iniziative alla creazione, al sostegno ed alla promozione delle condizioni per lo sviluppo socio-economico, occupazionale ed al miglioramento della qualità della vita.
I Progetti Integrati Territoriali (PIT) costituiscono una modalità operativa di attuazione del POR per consentire che una serie di azioni – appartenenti a misure diverse di uno o più assi – siano esplicitamente collegate tra loro e finalizzate a un comune obiettivo di sviluppo. I progetti integrati si configurano, quindi, quali insiemi di azioni pubbliche e private articolate mediante integrazione progettuale, in un determinato ambito territoriale.
Ci si attende che i PIT producano più progetti di investimento concentrati sui luoghi ritenuti cruciali per lo sviluppo, aumentando la probabilità di ottenere effetti incisivi, ossia un maggior livello di efficacia. Si ritiene inoltre che più i progetti saranno assimilabili a pacchetti di azioni aventi una loro specifica identità, più facile sarà mantenere una coerenza interna, un grado di concentrazione elevato e un’agevole verificabilità degli effetti prodotti. I PIT dovranno considerare il mantenimento e la tutela delle risorse che concorrono a formare il patrimonio che caratterizza identità ambientale, sociale, culturale ed economica del territorio ove insistono.
Sono finalità particolari dei PIT:
• il già richiamato rispetto del principio di sostenibilità;
• la crescita occupazionale dell’economia locale;
• capacità di attivare risorse economiche private e derivanti da altre forme di finanziamento non direttamente di origine regionale.

In termini generali il Progetto integrato territoriale viene definito come “un complesso di azioni intersettoriali, strettamente coerenti e collegate tra di loro, che convergono verso un comune obiettivo di sviluppo del territorio e giustificano un approccio attuativo unitario”.
Si tratta, in breve, di individuare un’idea forza di sviluppo esplicitata e condivisa da diversi attori della realtà locale. Ne deriva che i promotori del PIT dovranno dimostrare la priorità del tema, dell’oggetto o della risorsa individuata, rispetto all’ambito di intervento.

Descrizione delle misure

Le misure dell’Asse V sono:
• Misura 5.01 – Infrastrutture urbane strategiche e servizi rari e innovativi;
• Misura 5.02 – Riqualificazione urbana e miglioramento della qualità della vita;
• Misura 5.04 – Potenziamento del sistema dei trasporti urbani,
• Misura 5.05 – Reti finalizzate al miglioramento dell’offerta di città

Misura 5.01 - Infrastrutture urbane strategiche e servizi rari e innovativi

La misura prevede interventi finalizzati al rafforzamento del ruolo delle città di Catania, Messina e Palermo in quanto centri di promozione della crescita, della produttività e dell’occupazione. Tali interventi riguardano in particolare l’ampliamento ed il potenziamento della dotazione di servizi alla collettività ed alle imprese. L’ obiettivo specifico è quello di raggiungere il miglioramento dell’articolazione funzionale e della qualità del sistema urbano regionale, aumentando la competitività e la produttività dei sistemi economici territoriali con la creazione di strumenti di supporto all’impresa; migliorando la fruibilità del sistema sanitario regionale a vantaggio dell’intera popolazione regionale; promovendo il sistema culturale da favorire anche la localizzazione di nuove iniziative nelle aree urbane.
La finalità è quella di dotare le città metropolitane siciliane di infrastrutture strategiche, individuando tre campi di intervento: infrastrutture di supporto al sistema produttivo, sistema sanitario, istituzioni culturali ed artistiche.
La misura è attuata attraverso le seguenti sottomisure:
a) Interventi strategici di potenziamento, qualificazione e riorganizzazione funzionale e gestionale di attività terziarie innovative e di livello elevato connesse alle specificità dei diversi contesti produttivi di riferimento.
Questa sottomisura ha lo scopo di dotare le tre aree metropolitane siciliane di strutture specifiche a supporto del sistema produttivo in particolare con il potenziamento e/o la nuova predisposizione di servizi terziari avanzati, quali i centri fieristici.
b) Potenziamento di infrastrutture e dotazione di apparecchiature ad alta tecnologia per le diagnosi precoci di malattie ad alto impatto sociale da destinare ai tre poli sanitari regionali
Le grandi città metropolitane siciliane - oltre a presentare molti problemi che affliggono le metropoli europee quali congestione, disagio sociale, degrado ambientale, criminalità diffusa - presentano una condizione aggravata da una non adeguata politica di offerta dei servizi alle persone in campo sanitario, a fronte di crescenti bisogni sanitari delle famiglie. In questa ottica, attraverso il potenziamento dell'offerta di servizi alla persona si vuole rendere le città di Catania, Messina e Palermo, già poli di attrazione di utenza sanitaria regionale, luoghi di polarizzazione di "funzioni rare".
c) Infrastrutture per attività legate all’arte contemporanea e produzione di eventi collegati all’istituzione delle sedi dell’arte contemporanea
Il progetto di dotare l'Isola di spazi per l'Arte Contemporanea si configura come un’azione dotata di un carattere fortemente innovativo rispetto alla sua recente storia culturale sia per quanto riguarda il campo delle arti visive, sia per quello delle pratiche teatrali e dell'audiovisivo.

Gli interventi sono riservati alle città metropolitane di Palermo, Catania e Messina.

Misura 5.02 – Riqualificazione urbana e miglioramento della qualità della vita

La finalità della misura è la riqualificazione e il rinnovamento del tessuto edilizio ed urbanistico delle aree degradate e delle aree dismesse e in cui combattere la marginalità sociale nonché il recupero integrato dei centri storici.
Sono previste le seguenti azioni:
1. interventi di adeguamento funzionale del patrimonio urbanistico, riqualificazione degli spazi pubblici attraverso la realizzazione e il miglioramento delle infrastrutture sia primarie che secondarie quali strade, piazze, giardini, parchi urbani etc.; interventi mirati al miglioramento dell'edilizia pubblica (ad esclusione di quella residenziale) ed alla messa in sicurezza del patrimonio edilizio urbanistico ed ambientale;
2. Interventi di adeguamento - a norma (igienica, statica, di sicurezza, etc.)
3. Impianti ed attrezzature per il tempo libero e lo sport di livello comprensoriale, attraverso interventi finalizzati al completamento e adeguamento a norma, ivi comprese le attrezzature fisse e gli arredi;
4. Miglioramento delle strutture per i servizi di assistenza socio-economica attraverso interventi di adeguamento e completamento di immobili;
5. ristrutturazione e l’adeguamento funzionale di edifici, anche di interesse storico ed artistico per servizi ed attività culturali. In particolare si realizzeranno biblioteche di quartiere, Centri Territoriali per l’Educazione degli adulti e Università popolari, laboratori teatrali e musicali, atelier, spazi per l’esposizione, cineforum; Centri di animazione culturale a misura di bambini, anziani e giovani; Centri di promozione culturale delle risorse umane per categorie emarginate e a rischio di emarginazione; Centri di educazione alla legalità; Centri di aggregazione intercultura;
6. Interventi per la riqualificazione ed il recupero integrato dei centri storici al fine di tutelare e ripristinare l’integrità fisica e l’identità culturale delle città.

Al fine di favorire la massimizzazione dell’efficacia delle azioni di sviluppo, articolandole e differenziandole sul territorio, gli investimenti si realizzeranno nelle città capoluogo di provincia e nei centri urbani medi e minori.
Gli interventi potranno anche riguardare i centri minori qualora, in coerenza con la strategia del P.O.R., siano funzionali alla realizzazione di reti di servizio e siano all’interno di progetti integrati e dovranno comunque essere realizzati in almeno una delle seguenti aree:
- centri storici: sono quelli individuati dagli strumenti urbanistici generali dei comuni;
- aree degradate: quelle individuate dagli strumenti urbanistici generali dei comuni, ovvero da studi socio-economici e/o da rilevazioni statistiche che comprovino lo stato di degrado urbanistico, ambientale, sociale;
- aree dismesse: quelle individuate dagli strumenti urbanistici generali dei comuni, ovvero da studi socio-economici e/o da rilevazioni statistiche che comprovino l’attuale stato di “perdita” della funzione produttiva originaria.

Misura 5.04 – Potenziamento del sistema dei trasporti urbani

La misura tende al potenziamento del sistema dei trasporti rapidi di massa a guida vincolata. Gli interventi sono finalizzati all’aumento di standard qualitativi di vivibilità delle città metropolitane in stretta connessione con altri interventi infrastrutturali e rivolti anche al miglioramento dell’efficienza energetica ed al rispetto dell’ambiente. Altri obiettivi riguardano la riduzione del traffico automobilistico, la riduzione dei livelli di inquinamento acustico ed atmosferico, la riduzione dell’usura dei manti stradali con conseguente riduzione d’uso dei prodotti derivati dal petrolio e la riduzione delle patologie legate all’emissione di gas nocivi.
La misura trova altresì completamento funzionale anche con interventi di diminuzione del traffico urbano, dell’inquinamento acustico ed atmosferico, attraverso la promozione e la realizzazione, al di fuori del Piano regionale dei trasporti di percorsi ciclistici e ciclope donali protetti ed introduzione nei parcheggi di interscambio di sistemi di trasporto anche individuali ad energia alternativa o a zero emissione (Ambiti territoriali di riferimento: Città di Palermo, Catania, Messina).

Misura 5.05 – Reti finalizzate al miglioramento dell’offerta di città

Il potenziamento dell'offerta di città passa oggi sempre più dall'incremento della capacità di conoscere, interpretare e valutare in tempo reale le trasformazioni urbane e possedere quindi strumenti di ausilio alla decisione e di valutazione degli impatti e delle prestazioni. Tale necessità è avvertita sia a livello degli organi di governo che dei cittadini che degli operatori economici. La conseguenza è una forte crescita della domanda di informazioni e conoscenze integrate, comparabili, facilmente territorializzabili e disponibili per i diversi soggetti che compongono i sistemi urbani. I sistemi informativi territoriali, gli sportelli unici, i centri di documentazione, le reti civiche e i portali sono oggi potenti vettori dell'incremento dell'offerta di città e come tali vanno integrati per potenziarne ulterioriormente gli effetti.
La costruzione di un Sistema Informativo Territoriale Regionale risulta quindi indispensabile e funzionale alla conoscenza, interpretazione e gestione delle informazioni finalizzate alle trasformazioni territoriali, condivisibile a rete tra tutti i soggetti. La costituzione di un Sistema Informativo Territoriale Regionale (SITR) diffuso a rete sul territorio (con nodi regionali, provinciali e comunali) rappresenta un intervento strategico e strutturale per tutte quelle linee di intervento del POR che hanno come obiettivo la conoscenza delle risorse territoriali, la promozione di connessioni reticolari regionali e sovraregionali ed il potenziamento dei sistemi locali costruiti sulla rete delle città. L'azione sarà estesa a comuni di dimensioni comprese tra fra 10.000 e 30.000 abitanti con particolare riguardo a quei centri minori che costituiscono sistema locale con i centri medi al fine di garantire una maggiore articolazione territoriale capace di tenere conto delle diverse declinazioni dell'offerta di città. La misura stessa rappresenta quindi un progetto integrato territoriale di ampiezza regionale finalizzato alla promozione dell’offerta di città attraverso le infrastrutture ed i contenuti dell’Information and Communication Technology.

Le linee di intervento riguardano:
1) livello regionale, livello territoriale, Comuni medi e Capoluoghi di Provincia, comuni minori

Formazione di un Sistema Informativo Territoriale di coordinamento dei SIT già attivi nelle amministrazioni regionali, attraverso Dotazione di postazioni grafiche e web server per la gestione della cartografia; Dotazione di software finalizzato alla gestione della cartografia digitale e Connessione alla rete internet con modalità ad alta velocità (H-Adsl) o altra di tecnologia avanzata Quindi la dotazione per garantire una base comune di qualità dovrà essere così articolata:
• Sistema operativo di base, per collegamenti in rete, per server internet, per gestione SIT;
• Software SIT;
• Software per costruzione e gestione pagine web;
• fornitura delle specifiche tecniche per la dotazione di HW, SW e RETE dei nodi locali delle citta minori per la eventuale estensione del progetto.
• Software per elaborazione di immagini e per la compressione di immagini da distribuire in rete e per la gestione grafica;
• Alfabetizzazione informatica ed utilizzo Internet,
• Progettazione, realizzazione e gestione SIT, incluso il progetto del SIT regionale,
• Progettazione, realizzazione e gestione pagine WEB e SIT su WEB.

 

 

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