PREMESSA
Le regioni della Comunità Europea ed
i loro abitanti non godono TUTTI delle stesse opportunità. I
divari regionali in termini di sviluppo economico e di livello di vita
sono da sempre una realtà in ogni Stato membro.
Ridurre le distanze tra le regioni è un obiettivo della Comunità
Europea, anche se un obiettivo a lungo termine ed i suoi risultati sono
spesso difficili da valutare. Per eliminare le differenze di sviluppo
tra le diverse regioni europee, l’Unione Europea ha messo a punto
la “politica di coesione economica e sociale”, un sistema
di interventi che aiuti le regioni più povere a svilupparsi.
All’inizio degli anni ‘90 le dieci regioni più ricche
della Comunità registravano un prodotto interno lordo (PIL) pro
capite di oltre 3 volte e mezzo quello delle regioni meno prospere.
Il tasso di disoccupazione delle dieci regioni più arretrate
era, in alcuni casi, quasi sette volte quello delle dieci regioni più
sviluppate. L’esperienza dimostra che il libero gioco dei fattori
economici non basta, da solo, a garantire uno sviluppo equilibrato e
tende invece spesso a ripercuotersi negativamente sulle regioni più
deboli, in particolare in un periodo di crisi e di trasformazioni come
quello che attraversa la Comunità Europea. Se si vuole stimolare
l’attività economica delle regioni meno progredite è
pertanto necessario combinare interventi pubblici ed investimenti privati.
Questo compito spetta innanzitutto agli Stati membri, che intervengono
con le proprie politiche regionali; i loro fondi costituiscono generalmente
il grosso delle risorse mobilitate in queste regioni. Ma la gravità
dei problemi e l’interdipendenza delle economie rendono talvolta
questo compito eccessivamente gravoso per gli Stati e le loro regioni,
soprattutto nei paesi meno prosperi. A ciò si aggiunga che la
politica di risanamento dei bilanci, avviata sin dall’inizio degli
anni ‘90, ha indotto la maggior parte degli Stati membri a ridurre
gli aiuti strutturali a favore delle regioni in difficoltà. La
Comunità promuove interventi in favore dei paesi meno ricchi,
supportando l’azione degli stati nazionali. L’apertura delle
frontiere, avvenuta nel 1993, ha comportato per le regioni svantaggiate
un ulteriore rischio: i benefici del mercato unico potrebbero ricadere,
infatti, soprattutto sulle regioni più capaci di attirare uomini
e capitali.
La Politica regionale dell'Unione resta quindi
indispensabile se si vuole favorire uno sviluppo armonioso dello spazio
comunitario. La sua azione deve permettere all'insieme delle regioni
europee di trarre pienamente vantaggio dalle opportunità del
mercato unico e contribuire al buon esito dell'Unione economica e monetaria
(UEM).
La Politica regionale europea è innanzitutto una politica di
solidarietà: essa vuole infatti stimolare a livello comunitario
gli interventi che consentiranno ai territori in maggiore difficoltà
di superare più facilmente il proprio svantaggio. Durante il
periodo 2000-2006 un terzo del bilancio comunitario (213 miliardi di
euro) proveniente dal contributo degli Stati membri sarà assegnato
alla Politica regionale e ripartito tra le regioni che ne hanno maggiormente
bisogno. E inoltre è considerata anche una politica concreta,
visibile agli occhi di tutti i cittadini europei, che sono i primi a
beneficiare degli interventi. Essa li aiuta infatti a trovare lavoro
e ad adeguarsi meglio ai mutamenti del mercato dell'occupazione, soprattutto
tramite la formazione. Questa politica consente ai singoli cittadini
di vivere meglio nella propria regione, contribuendo finanziariamente
agli sforzi delle autorità pubbliche che si dotano di nuove infrastrutture
e aiutano le imprese ad essere più competitive. Autostrade, aeroporti,
alcuni treni ad alta velocità sono strati costruiti o ammodernati
grazie al cofinanziamento dei Fondi europei, detti "Fondi strutturali",
e nel rispetto delle misure europee a favore dell'ambiente.
Sulla base giuridica il Trattato che istituisce
la Comunità, prevede agli articoli 2 e 3, che questa ha il compito,
fra l'altro, di "promuovere nell'insieme della Comunità
uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività
economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale,
il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione
economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri",
al fine di ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie
regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite o insulari, comprese
le zone rurali ed illustra la partecipazione della Commissione allo
sforzo di coesione tramite l'azione che essa svolge attraverso i fondi
a finalità strutturale. Inoltre, l'esecutivo europeo deve presentare
ogni tre anni una relazione sui progressi compiuti nella realizzazione
della coesione economica e sociale; tale relazione è corredata,
se del caso, di appropriate proposte sulle azioni future della Politica
regionale.
Quattro sono i Fondi strutturali che consentono
oggi all'Unione europea di concedere aiuti finanziari a programmi pluriennali
di sviluppo regionale negoziati fra le regioni, gli Stati membri e la
Commissione nonché ad iniziative ed azioni comunitarie specifiche,
specificamente:
• il Fondo europeo di sviluppo regionale
(FESR), che finanzia le infrastrutture, gli investimenti
produttivi intesi a creare posti lavoro, i progetti di sviluppo locale
e gli aiuti alle PMI;
• il Fondo sociale europeo (FSE),
che favorisce l'adeguamento della popolazione attiva ai mutamenti del
mercato dell'occupazione nonché l'inserimento professionale dei
disoccupati e delle categorie sfavorite, soprattutto finanziando le
azioni di formazione ed i sistemi di incentivi all'assunzione;
• il Fondo europeo agricolo di orientamento
e di garanzia (FEAOG - sezione "orientamento"),
che finanzia le azioni di sviluppo rurale e di aiuto agli agricoltori,
principalmente nelle regioni che presentano un ritardo nello sviluppo
ma anche nel quadro della Politica agricola comune (PAC) nel resto dell'Unione;
• lo Strumento finanziario di orientamento
della pesca (SFOP), che finanzia la riforma strutturale del
settore della pesca. |
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Ritornando ai fondi, inoltre,
un fondo speciale di solidarietà, il Fondo di coesione , intende
finanziare progetti ambientali e di miglioramento delle reti di trasporto
negli Stati membri dell'Unione il cui PIL è inferiore al 90%
della media europea. Attualmente gli Stati membri beneficiari del fondo
di Coesione son la Spagna, l’Orlanda, la Grecia e il Portogallo.
Le necessità dei dieci nuovi Stati membri sono enormi in tutti
i settori: infrastrutture, industria, servizi, PMI, agricoltura, ambiente.
Per il periodo 2000-2006, l'Unione ha preparato progressivamente l'entrata
di questi paesi instaurando documenti strategici di programmazione di
finanziamenti a favore di due nuovi Fondi:
• lo Strumento per le politiche strutturali di preadesione (ISPA),
che interviene nei dieci nuovi paesi sul modello del Fondo di coesione
per finanziare progetti nel settore dei trasporti e dell'ambiente;
• lo Strumento agricolo di preadesione (SAPARD),creato per sostenere
la preparazione di tali paesi alla PAC
Cenni storici
La necessità di garantire uno sviluppo armonioso riducendo le
disparità tra le varie regioni e il ritardo di quelle meno favorite
figurava sin dal 1957 nel preambolo del trattato di Roma, che prevedeva
già l'istituzione del FSE, nonché la Banca europea per
gli investimenti. Gli altri strumenti di aiuto allo sviluppo per gli
Stati membri hanno visto la luce man mano che la costruzione europea
si andava realizzando e che aderivano nuovi Stati membri. Nel 1962,
in occasione dell'accordo sulla Politica agricola comune , la Comunità
ha istituito il FEAOG. In seguito all'adesione nel 1973 del Regno Unito,
dell'Irlanda e della Danimarca, nel 1975 è nato il FESR. Quest'ultimo
ha contribuito in un primo tempo alla riconversione delle regioni in
declino industriale del Regno Unito ed a compensare gli scarsi vantaggi
che questo Stato membro traeva dalla PAC. Dopo l'adesione della Grecia,
poi della Spagna e del Portogallo, le prerogative di questo fondo si
sono progressivamente estese a tutte le regioni in ritardo di sviluppo.
L'Atto Unico ha introdotto per la prima volta nel 1986 un titolo specifico
nel concetto di coesione economica e sociale ed ha gettato le basi di
una vera e propria Politica regionale solidale. Nel 1992, il trattato
di Maastricht sull'Unione europea ha fatto della coesione economica
e sociale un obiettivo prioritario della Comunità, parallelamente
all'Unione economica e monetaria e al Mercato unico. Il Consiglio europeo
di Edimburgo del dicembre 1992 ha deciso un nuovo aumento del 40% degli
stanziamenti destinati alle azioni strutturali per il periodo 1994-1999.
Nel 1997, il trattato di Amsterdam ha confermato l'importanza strategica
della coesione. Parallelamente, questo trattato include una tematica
specifica sull'occupazione al fine di mettere in primo piano la necessità
di agire a livello europeo per diminuire il tasso di disoccupazione.
Agenda 2000
In occasione del Consiglio europeo di Berlino del marzo 1999, i capi
di stato e di governo hanno concluso un accordo politico sulla cosiddetta
Agenda 2000, un programma d'azione i cui obiettivi principali consistevano
nel rafforzare le politiche comunitarie e nel fornire all'Unione europea
un nuovo quadro finanziario per il periodo 2000-2006 tenendo conto soprattutto
dell'allargamento del 1° maggio 2004.
Attualmente, la Politica regionale si trova di fronte a tre sfide principali:
• la concorrenza, che è fortemente
aumentata in seguito alla liberalizzazione del commercio. Le imprese
si insediano dove trovano le condizioni per accrescere la propria competitività
(infrastrutture e servizi di qualità, lavoratori qualificati).
• la rivoluzione tecnologica e la società
dell'informazione, che richiedono una crescente capacità
di adattamento da parte delle persone, delle imprese e dei territori.
• l'allargamento : che ha rappresentato
contemporaneamente un'opportunità ed una sfida senza precedenti
per l'Unione.
La riforma della Politica regionale descritta nelle prospettive finanziarie
dell'Agenda 2000 ha favorito la concentrazione degli aiuti strutturali
sulle regioni in ritardo di sviluppo nonché un'attuazione semplificata
delle politiche. Gli Stati membri e le regioni sono ormai sempre più
in grado di prendere in mano il proprio futuro e di gestire direttamente
i fondi dell'Unione, la quale interviene ormai soltanto per coordinare
e controllare la conformità dell'utilizzo dei finanziamenti europei.
Infatti subito dopo l’adozione della normativa per il periodo
2000-2006, la Commissione europea ha indicato le priorità delle
nuove strategie di sviluppo economico e sociale, cui si ispirano i progetti
degli Stati e delle regioni. Queste tengono conto delle particolari
esperienze concrete, a livello nazionale e locale, che hanno avuto maggiore
efficacia nell’ambito dell’unione. Possiamo dire pertanto
che la proposta di un modello europeo di sviluppo regionale non rappresenta
un imposizione dall’alto, bensì un’opportunità
in un mondo sempre più globalizzato.
Gli obiettivi
L'esperienza dimostra che la politica regionale può essere efficace
soltanto se concentra i suoi interventi su pochi territori di dimensioni
abbastanza ampie. Questo è il motivo per il quale la normativa
sui Fondi strutturali del 1999 ha cercato di ridurre la dispersione
degli aiuti precisando i criteri di selezione delle regioni più
bisognose di interventi pubblici a sostegno del proprio sviluppo. Una
quota dei Fondi strutturali è assegnata ai gruppi sociali svantaggiati
presenti su tutto il territorio dell'Unione, senza criteri geografici
particolari. Il principio del "rafforzamento della coesione"
deve consentire all'Unione di accogliere progressivamente nuovi Stati
membri continuando però al tempo stesso a fornire ampio sostegno
alle sue aree depresse.
La Politica regionale quindi relativa ad Agenda 2000, al fine di utilizzare
i fondi disponibili in tale contesto nel modo più efficiente
si è deciso di concentrare l’uso riducendo il numero di
obiettivi da 6 a 3 e indirizzando quasi il 70 % dei finanziamenti totali
verso le regioni in ritardo di sviluppo. Dunque tali obiettivi sono:
1. Obiettivo: Regioni in ritardo di sviluppo
2. Obiettivo: Regioni in crisi strutturale
3. Obiettivo: Regioni che necessitano un sostegno per l'istruzione,
la formazione e l'occupazione (tutte le regioni tranne quelle
dell'obiettivo 1).
L’ Obiettivo 1,
promuove lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni
con ritardi nello sviluppo. In esso rientrano per il periodo 2000-2006
le regioni il cui prodotto interno lordo pro capite (il valore della
produzione economica totale diviso per la popolazione) è inferiore
al 75% della media dell'UE. Regioni con tale caratteristica si ritrovano
in 9 Stati membri e comprendono le zone più periferiche dell'UE,
come i dipartimenti francesi di oltremare, le Azzorre, Madera e le Isole
Canarie (tutti al di sotto della soglia del 75%). L'obiettivo 1, inoltre,
include le aree meno popolate della Finlandia e della Svezia, cui viene
garantito un aiuto particolare in virtù dei trattati con cui
tali paesi hanno aderito all'Unione nel 1995.
Regioni ammissibili all’Obiettivo
1
Nell’ Obiettivo 2,
rientrano quelle regioni in cui è necessario intervenire per
aiutare ad affrontare i problemi posti dalla crisi di determinate attività.
Di norma queste regioni sono caratterizzate da un elevato tasso di disoccupazione
dovuto al fatto che una percentuale consistente dei lavoratori era impiegata
proprio nelle industrie in declino. Lo scopo quindi è quello
di promuovere la riconversione economica e sociale delle aree di crisi
nei settori industriale e dei servizi, delle zone rurali in declino,
delle aree urbane in difficoltà e delle zone depresse che dipendono
dalla pesca.
Infine l’Obiettivo 3
fornisce un quadro di riferimento politico per tutte le misure dell'UE
volte a promuovere le risorse umane, cioè quelle iniziative,
che contribuiscono a migliorare le competenze professionali dei cittadini
(istruzione, formazione e occupazione).
Dunque i fondi strutturali sono uno degli strumenti finanziari
con cui l'Unione europea persegue la coesione e lo sviluppo economico
e sociale in tutte le sue regioni. Gli altri strumenti sono la Banca
europea per gli investimenti (BEI).
Gli interventi previsti dal nuovo ciclo di programmazione (settennio
2000-2006) sono caratterizzati dalla maggiore concentrazione
geografica e finanziaria, dalla gestione più decentrata, da controlli
rafforzati e dall'incremento dell'efficacia.
Infatti la Commissione europea non concede aiuti agli stati membri senza
prima verificare se i suoi programmi di sviluppo vengono realmente attuati.
Gli Stati membri designano, per ciascun programma, un'"autorità
di gestione", responsabile della selezione dei progetti, e un'
"autorità di pagamento", preposta alla certificazione
delle spese e alla presentazione delle domande di rimborso alla Commissione.
Le autorità di pagamento devono garantire che tutte le spese
dichiarate a titolo dei Fondi europei siano conformi alle norme comunitarie
in materia di ammissibilità nonché alle politiche comunitarie
concernenti, ad esempio, l'ambiente, le pari opportunità e le
sovvenzioni pubbliche. Se la Commissione constata che i controlli nazionali
sono insufficienti oppure riscontra irregolarità, può
sospendere i pagamenti, o addirittura chiedere la restituzione delle
somme già versate.
I Fondi strutturali non vengono assegnati direttamente a progetti scelti
dalla Commissione europea. Definite di comune intesa le grandi priorità
di un programma di sviluppo, la selezione dei progetti e la loro gestione
è di competenza esclusiva delle autorità nazionali e regionali.
Questo crescente decentramento è una delle principali novità
della fase in corso.
I progetti approvati vengono sovvenzionati in parte con fondi nazionali
(pubblici o privati) e in parte con fondi europei.
Lo sviluppo delle zone depresse è soprattutto compito dei singoli
Stati membri. L'Unione li aiuta soltanto a fare di più e di meglio
di quanto non sarebbero in grado di realizzare da soli. In ciò
consiste il valore aggiunto del suo intervento. |
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Procedura
e per la gestione finanziaria
1 Il bilancio dei Fondi strutturali e le regole fondamentali per il
loro impiego vengono decisi dal Consiglio europeo, ossia da tutti gli
Stati membri dell'Unione, in base a una proposta della Commissione concertata
con il Parlamento europeo. I Fondi strutturali sono
ripartiti per paese e per obiettivo. Le zone che possono beneficiarne
vengono stabilite, d'intesa con i vari paesi, dalla Commissione, che
propone orientamenti tematici comuni.
2 A seguito di tali decisioni, ciascuno Stato o regione elabora e riassume
in un piano le sue proposte a favore di zone in difficoltà o
di ceti deboli, con la partecipazione attiva, in questa fase, degli
operatori economici e sociali interessati.
3 Ciascuno Stato ne discute quindi i contenuti con quest'ultima
specificando l'entità delle risorse nazionali e comunitarie da
destinare alla loro realizzazione.
4 Quando le parti hanno raggiunto un accordo complessivo, la
Commissione adotta i piani (1) e i conseguenti programmi, versando agli
Stati un anticipo per passare alla fase operativa.
(1) Denominati Quadri comunitari di sostegno (QCS) o Documenti unici
di programmazione (DOCUP), a seconda che richiedano o meno una decisione
supplementare della Commissione per l'attuazione dei programmi.
5 I dettagli (denominati "complementi di programmazione")
vengono lasciati all'iniziativa delle autorità nazionali o regionali,
senza l'obbligo di consultare la Commissione, che viene comunque informata.
Siglate le intese, gli organismi responsabili possono quindi procedere
secondo modalità proprie (con bandi di gara per la presentazione
di progetti, la costruzione di infrastrutture ecc.).
6. Vagliati i progetti, le autorità responsabili selezionano
quelli che meglio corrispondono alle finalità del programma e
comunicano ai candidati le loro scelte
7 Le organizzazioni prescelte possono allora avviare il progetto,
che deve essere obbligatoriamente ultimato entro il termine in programma,
poiché la cadenza degli aiuti europei è fissata sin dall'inizio.
8 Lo stato di avanzamento dei programmi è sorvegliato
regolarmente dalle autorità competenti che ne danno notizia alla
Commissione europea, fornendole la prova (attraverso la certificazione
delle spese) che il denaro è stato impiegato nel migliore dei
modi. La Commissione verifica i sistemi di controllo messi in atto e
versa man mano i contribuiti previsti. Analizza l'andamento degli indicatori
di sorveglianza e gli studi di valutazione e promuove scambi tematici,
comunicando inoltre ai responsabili dei programmi le nuove priorità
comunitarie che hanno un'incidenza sullo sviluppo regionale.
QUADRO COMUNITARIO DI SOSTEGNO
PER LE REGIONI ITALIANE DELL’OBIETTIVO 1
Il Quadro comunitario di sostegno (QCS) è il documento approvato
dalla Commissione europea, d'intesa con lo Stato membro interessato,
sulla base della valutazione del Piano presentato dallo stesso Stato.
Il QCS contiene la fotografia della situazione di partenza, la strategia,
le priorità d'azione, gli obiettivi specifici, la ripartizione
delle risorse finanziarie, le condizioni di attuazione.
Il QCS è articolato in assi prioritari e attuato tramite uno
o più Programmi operativi.
In Italia, il processo formativo di tali documenti è stato avviato
nel dicembre 1998 con il coordinamento del Ministero del Tesoro, del
Bilancio e della Programmazione Economica (oggi Ministero dell'Economia
e delle Finanze). I soggetti coinvolti sono stati: regioni, amministrazioni
nazionali, enti locali e parti economiche e sociali.
Il processo si è concluso con l'elaborazione di questi documenti:
• Programma di sviluppo per il Mezzogiorno
(PSM)
• Programmi operativi regionali (POR)
• Programmi operativi nazionali (PON)
Il QCS 2000-2006 per le regioni italiane Obiettivo 1 comprende 7 POR
(Programmi operativi regionali) e 7 PON (Programmi operativi nazionali).
Le regioni dell'Obiettivo 1 sono quelle in ritardo
di sviluppo, cioè con un prodotto interno lordo pro-capite inferiore
al 75% della media comunitaria. Per quanto riguarda l'Italia, rientrano
nella categoria: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia
e, inoltre, il Molise, unica regione in sostegno transitorio.
Il QCS 2000-2006 per le regioni italiane obiettivo 1 è stato
approvato dalla Commissione europea il 1° agosto 2000.
Finalità del QCS è quello di coordinare gli interventi
e renderli più efficaci rispetto alla riduzione del ritardo economico-sociale
delle aree del Mezzogiorno d'Italia sulla base di quanto evidenziato
dalla strategia di sviluppo.
L'obiettivo globale è quello di conseguire un miglioramento permanente
del contesto economico, sociale e ambientale attraverso il conseguimento
di due obiettivi specifici:
• conseguire entro il quarto anno del settennio 2000-2006 un tasso
di crescita delle regioni meridionali significativamente superiore a
quello dell'Unione Europea;
• ridurre drasticamente il disagio sociale.
Tale obiettivo generale è strettamente legato alla realizzazione
di un forte aumento dell’occupazione regolare del Mezzogiorno,
all’aumento dei tassi di attività, alla riduzione del lavoro
sommerso, alla compressione della disoccupazione. Strumento primario
del QCS per la crescita è il miglioramento del contesto economico
del Mezzogiorno.
Si richiedono interventi volti a incidere sull’efficienza e la
qualità dei fattori produttivi, per stimolare una maggiore produttività
complessiva. I miglioramenti del contesto economico possono riferirsi
non solo agli aspetti direttamente legati agli incrementi di produttività
– in particolare al capitale fisico, umano e di conoscenza –
ma anche agli elementi che possono contribuire ad alimentare il processo
di sviluppo (ad esempio la sicurezza pubblica, la legalità e
le relazioni fiduciarie).
Il QCS si articola in sei assi prioritari di intervento
in piena sintonia con i principi generali di coerenza, concentrazione
ed integrazione:
Asse I - Valorizzazione delle risorse naturali
e ambientali (Risorse Naturali);
Asse II - Valorizzazione delle risorse culturali e storiche (Risorse
Culturali);
Asse III - Valorizzazione delle risorse umane (Risorse
Umane);
Asse IV - Potenziamento e valorizzazione dei sistemi locali di sviluppo
(Sistemi Locali di Sviluppo);
Asse V - Miglioramento della qualità delle città, delle
istituzioni locali e della vita associata (Città);
Asse VI - Rafforzamento delle reti e nodi di servizio (Reti
e Nodi di Servizio).
Finanziamenti
Le misure d'intervento previste dal QCS sono co-finanziate dai fondi
strutturali comunitari e da fondi nazionali pubblici e privati.
La strategia degli assi (dunque nella definizione degli obiettivi specifici
e nell'individuazione degli interventi di ciascun asse) si ispira ai
principi generali trasversali della sostenibilità ambientale
e della parità uomo-donna. I progetti previsti sono imperniati
sulla valorizzazione delle risorse naturali, culturali e umane, sulla
produzione locale, l'ambiente urbano, i trasporti e la società
dell'informazione.
I principi trasversali sono:
• sostenibilità ambientale
• promozione delle pari opportunità
L'Ambiente nel QCS
La strategia ambientale del QCS punta su:
• miglioramento
del contesto ambientale
• valorizzazione delle risorse naturali
• promozione di uno sviluppo che coniughi gli aspetti economici,
sociali e ambientali
In una prospettiva di sviluppo sostenibile, la valutazione ex-ante ambientale
è stata integrata nel QCS e ha contribuito a definirne le strategie,
gli obiettivi e le linee di intervento, che tengono conto di tre principi
generali:
• azione preventiva
• correzione alla fonte dei danni causati all'ambiente
• chi inquina paga
Per dare attuazione al principio della sostenibilità e favorire
l'integrazione della componente ambientale in tutti i settori di azione
dei fondi strutturali, il QCS ha previsto la costituzione delle Autorità
ambientali all'interno di ogni Programma Operativo.
Il coordinamento tra Autorità ambientali e Autorità di
gestione è garantito dalla Rete nazionale delle autorità
ambientali e delle autorità della programmazione dei fondi strutturali
comunitari. La Rete si occupa anche dell'elaborazione di criteri e metodologie
sugli aspetti ambientali dell'azione dei fondi strutturali.
Dunque il QCS individua un primo insieme di criteri e di indirizzi di
attuazione, che saranno ulteriormente specificati nei Programmi Operativi
e nei Complementi di programmazione attraverso una valutazione puntuale
degli strumenti adeguati a dare concretezza all'obiettivo della sostenibilità
ambientale (misure, criteri, meccanismi premiali, specifiche modalità
di attuazione).
Sviluppo
sostenibile...... |
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Analisi dei programmi operativi
I Programmi operativi
I Programmi Operativi (PO) sono documenti approvati dalla Commissione
ai fini dell'attuazione del Quadro Comunitario di Sostegno (QCS).
Ogni Programma Operativo comprende:
a) la descrizione più specifica della strategia
perseguita e delle priorità tematiche (gli assi prioritari) di
intervento così come individuate dal QCS;
b) la descrizione sintetica delle misure che
attuano le priorità specifiche (assi prioritari);
c) un piano finanziario, che, per ciascun
asse prioritario e per ogni anno, indica la ripartizione dei Fondi strutturali
e degli altri fondi impiegati;
d) le disposizioni di attuazione del Programma
Operativo.
I PO sono elaborati dalle relative Autorità di Gestione, e adottati
dalla Commissione europea con apposita Decisione.
Le informazioni fornite nei Programmi Operativi sono meglio dettagliate
nei Complementi di programmazione (CdP). Il CdP è infatti definito
come "il documento di attuazione della strategia
e degli assi prioritari del Programma Operativo, contenente gli
elementi dettagliati a livello di misure".
Ogni Complemento di Programmazione comprende:
a) la descrizione più nel dettaglio
delle misure fissate dal PO per l'attuazione dei corrispondenti
assi prioritari del Programma Operativo;
b) la definizione delle categorie di beneficiari
finali delle misure;
c) un piano finanziario, che indica la
ripartizione dei Fondi strutturali e degli altri fondi impiegati per
ogni anno a livello di ciascuna misura;
d) le misure che devono assicurare la pubblicità
del Programma Operativo;
e) la descrizione delle modalità.
Il CdP è elaborato e adottato dalla relativa Autorità
di Gestione, previo accordo del Comitato di Sorveglianza, e trasmesso
alla Commissione europea per informazione.
L’individuazione dei programmi operativi attuativi della strategia
di sviluppo e la conseguente attribuzione di compiti e di funzioni tra
i diversi livelli dell’amministrazione – centrale, regionale
e locale – persegue tre obiettivi:
- massimizzare lo scambio e la diffusione delle conoscenze tra le amministrazioni
centrali e regionali, oltre che locali, nella fase di programmazione
degli interventi;
- attribuire la gestione e l’attuazione dei programmi operativi
al livello di amministrazione che, tenendo conto dei tempi e delle modalità
del conferimento alle Regioni, e quindi alle autonomie locali;
- definire e rendere effettivamente applicabili metodi di valutazione
e di monitoraggio degli interventi programmati.
In questo quadro di obiettivi, alle Regioni è assegnato
un ruolo centrale, anche con riferimento alle linee di intervento per
la cui formulazione e attuazione vengono mantenuti rilevanti poteri
alle Amministrazioni centrali.
Programmi Operativi Regionali (POR)
In Italia le Regioni titolari di Programmi Operativi Regionali
nell'Obiettivo 1 sono Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna
e Sicilia. A queste si aggiunge il Molise in sostegno transitorio o
phasing out. L'Autorità di Gestione di
ciascun Programma è la rispettiva amministrazione regionale.
La finalità generale del Programma Operativo assume integralmente
l’obiettivo generale del QCS, che prevede la “riduzione
significativa del divario economico e sociale delle aree del Mezzogiorno,
in modo sostenibile, accrescendo le competitività di lungo periodo,
creando condizioni di accesso pieno e libero al lavoro, facendo leva
sui valori ambientali e di pari opportunità”
La strategia del programma tende prioritariamente a potenziare il tessuto
produttivo ed a creare le condizioni per un più efficace impatto
sulle variabili di rottura attraverso il potenziamento delle attività
di servizio alle imprese e della loro capacità innovativa.
La strategia regionale attribuisce pertanto grande importanza
alla realizzazione di progetti e programmi integrati territoriali. All’interno
dei POR, inoltre, è prevista la realizzazione di linee di intervento
attuate attraverso sottoprogrammi o singole misure la cui attuazione
è attribuita ad Amministrazioni di settore centrali: Protezione
civile, Energia (salvo fonti rinnovabili), Sviluppo locale (a meno di
patti territoriali e strumenti regionalizzati), Beni culturali ed attività
culturali, Innovazione nella Pubblica Amministrazione.
Programmi Operativi Nazionali (PON)
I Programmi Operativi Nazionali riguardanti l'Obiettivo 1 sono 7 e intervengono
su: ricerca, scuola, sicurezza, sviluppo locale, trasporti, pesca, assistenza
tecnica e azioni di sistema. Le Autorità di Gestione sono i ministeri
di riferimento: Istruzione, Università e Ricerca (per il PON
Ricerca e il PON Scuola), Interno, Attività Produttive, Infrastrutture
e Trasporti, Politiche Agricole e Forestali, Economia e Finanze.
Le linee di intervento a valenza nazionale da attuare attraverso Programmi
Operativi Nazionali dunque sono i seguenti:
- “Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno”;
- “Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico, Alta formazione”;
- “Trasporti”;
- “La Scuola per lo Sviluppo”;
- “Pesca”;
- “Sviluppo imprenditoriale locale”;
- “Assistenza Tecnica e Azioni di sistema”.
I Programmi operativi nazionali sono formulati e successivamente
attuati con la partecipazione delle Regioni, anche attraverso specifici
accordi di Programma, nell’impostazione delle linee programmatiche
e nella selezione delle priorità di intervento.
Organizzazione
Il QCS e i programmi operativi sono attuati sotto la responsabilità
di un soggetto: l'Autorità di gestione.
Si tratta di organismi pubblici o privati, nazionali, regionali o locali
designati dallo Stato membro per la gestione di un intervento finanziato
dai fondi comunitari. Quando lo Stato designa le Autorità, definisce
anche le modalità dei rapporti tra queste ultime e le Autorità
di pagamento, organismi incaricati di elaborare e presentare le richieste
e di ricevere i pagamenti dalla Commissione europea.
Le attività di sorveglianza mirano ad assicurare la progressiva
ed effettiva realizzazione degli interventi di azione comunitaria, sia
sul piano finanziario sia su quello reale e riguardano tutti i documenti
di programmazione dei fondi strutturali: QCS, PON e POR.
Le attività di controllo, insieme a quelle di sorveglianza, valutazione,
monitoraggio e comunicazione, sono parte integrante del processo di
attuazione del QCS e hanno l'obiettivo di rafforzare l'efficacia degli
interventi.
Le Autorità di gestione sono responsabili della regolarità
delle operazioni finanziate e dell'attuazione di misure di controllo
interno compatibili con il principio di sana gestione finanziaria.
Il controllo viene effettuato sia nella fase di gestione vera e propria
sia in momenti successivi e le Autorità devono garantire una
adeguata organizzazione interna degli uffici coinvolti nelle attività.
Le fasi di attuazione sottoposte a controllo sono:
• gestione
• situazione contabile-finanziaria
• efficacia del sistema di gestione e controllo
Inoltre l' accesso alle informazioni e alle opportunità offerte
dai fondi strutturali è fondamentale per l'efficacia dei programmi
e delle azioni cofinanziate dall'Unione europea.
Infatti le attività di informazione e pubblicità per QCS,
PON e POR sono di competenza delle Autorità di gestione e devono
essere realizzate attraverso Piani di Comunicazione. Il Piano di Comunicazione
di riferimento è quello elaborato all'interno del PON Atas: il
programma operativo nazionale di assistenza tecnica.
Le attività informative presentate nei Piani di comunicazione
devono garantire la trasparenza nei confronti dei beneficiari finali
e la diffusione presso l'opinione pubblica. |
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Programmi Operativi
Regionali (POR)
SICILIA Fondi
Strutturali: 3.857,946
di cui: FESR: 2.267,494
FSE: 756,469
FEOGA: 783,983
SFOP: 50,000
Risorse finanziarie indicative del programma (in milioni di euro)
Con decisione C(2000)2346 dell’8 agosto 2000, la Commissione Europea
ha approvato il Programma Operativo Regionale Sicilia 2000/2006 (POR).
Il POR Sicilia ha adattato la struttura organizzativa e concettuale
del QCS Italia 2000/2006 alle peculiarità ed alle esigenze della
regione. Le aree di intervento (assi prioritari: risorse naturali -
risorse culturali - risorse umane - sistemi locali di sviluppo - città
- reti e nodi di servizio) sono le stesse del QCS e degli altri programmi
operativi regionali, ma specifici sono i contenuti degli assi, le strategie,
le misure, opportunamente ritagliate sulle esigenze dello sviluppo della
Sicilia.
Il Complemento di Programmazione (CdP) rappresenta il documento attuativo
del POR. In particolare nel Complemento vanno descritte dettagliatamente
le misure di attuazione degli Assi, che nel POR erano rese ad un livello
di approfondimento meno circostanziato.
Le misure del POR Sicilia riprogrammato sono state ridotte a 60 provvedendo
ad alcuni accorpamenti e anche ad alcuni spostamenti di misure in altro
Asse rispetto all’originaria strutturazione. Altrettante ovviamente
le misure del Complemento di Programmazione, anche se è opportuno
notare che in diversi casi si fa ricorso a sottomisure per soddisfare
al meglio le esigenze operative.
Asse 5 ( analisi, strategia,
obiettivi, misure)
A me è stato affidato l’elaborazione del POR Sicilia
riguardante l’asse prioritario inerente al miglioramento della
qualità delle città, delle istituzioni locali e della
vita associata.
Analisi
Il sistema urbano del Mezzogiorno presenta una situazione di
ritardo rispetto al modello di sviluppo urbano che si sta dimostrando
più competitivo a livello europeo, con l'affermazione delle città
metropolitane e di "reti di città" di minori dimensioni,
che hanno dimostrato una maggiore capacità di articolazione funzionale,
un migliore equilibrio ambientale e sociale, minori fattori di congestione,
Tale ritardo costituisce un fattore di debolezza nello sviluppo dell’intero
territorio.
L’obiettivo di sviluppare un sistema di città coerente
con il territorio circostante, che valorizzi le potenzialità
di ciascuna area urbana in un disegno integrato, può essere perseguito
a partire da alcuni principali punti di forza ed opportunità
esistenti:
• i segnali di vitalità imprenditoriale riscontrati in
alcune aree urbane;
• la disponibilità di risorse non valorizzate ai fini dello
sviluppo economico e produttivo;
il progressivo miglioramento dell’efficienza dell’Amministrazione
delle città.
Strategia di asse
La strategia si basa sulla necessità di rafforzare il
sistema urbano del Mezzogiorno con una maggiore integrazione degli interventi
e uno sviluppo delle istituzioni economiche e sociali.
L’area prioritaria di intervento è quella di migliorare
il ruolo e le funzioni delle città nel proprio contesto territoriale,
che consenta di aumentare la competitività del sistema urbano
meridionale individuando e valorizzando il ruolo di ciascuna città
nel contesto regionale. In particolare la strategia mira a rafforzare
le funzioni di poli di crescita delle grandi città e il ruolo
di sostegno ai processi di sviluppo locale dei centri minori. La strategia
deve attuarsi nell’ambito di un disegno regionale; in tal senso
le Regioni identificano le potenzialità di ciascuna città
nel contesto più ampio del territorio regionale e scelgono su
quali città puntare (applicando il principio di concentrazione
degli interventi) per realizzare specifici progetti di sviluppo urbano
sostenibile, integrato e bilanciato con il resto territorio.
Ai fini di una strategia di sviluppo urbano, vengono considerati principalmente:
1. il miglioramento della qualità urbana,
soprattutto nelle grandi città, che rappresenta una condizione
necessaria per aumentare la capacità di attrazione di capitali
e la competitività economica e per ridurre il disagio sociale;
2. il rafforzamento del capitale sociale,
attraverso il miglioramento dell’offerta di servizi sociali, in
particolare per le fasce più deboli e per i soggetti a rischio
di emarginazione e di esclusione e la conseguente creazione di nuovi
posti di lavoro, valorizzando le opportunità offerte dallo sviluppo
dell’economia sociale e del terzo settore;
Dunque l’obiettivo globale dell’asse è quello
di “Migliorare l’articolazione funzionale
e la qualità del sistema urbano del Mezzogiorno attraverso la
definizione del ruolo delle città nel loro contesto regionale,
e in particolare: creare condizioni economiche, amministrative e sociali
adatte allo sviluppo imprenditoriale; aumentare la competitività
e la produttività strutturale dei sistemi economici territoriali;
favorire la localizzazione di nuove iniziative nelle aree urbane e metropolitane
specie nei servizi alle persone e alle imprese; riqualificare il contesto
urbano, con particolare attenzione per gli aspetti ambientali.”
L’asse mira essenzialmente al potenziamento del settore
economico- produttivo, ritenuto trainante rispetto a tutti gli altri
fattori che incidono sulla qualità urbana.
Linee di intervento
Nel quadro di un miglioramento del ruolo e delle funzioni delle
città nel proprio contesto territoriale, assumono particolare
rilievo interventi che siano rivolti a valorizzare la vocazione e le
potenzialità delle singole città e dei sistemi locali
che ad esse fanno riferimento, ad accrescere la capacità di attrazione
di investimenti esterni nelle grandi città e lo sviluppo di servizi
ed attività di supporto allo sviluppo locale nei centri minori.
Alcuni possibili ambiti di intervento sono:
- rafforzamento del marketing urbano, mediante azioni di promozione
delle opportunità e attrazione di finanziamenti privati;
- progettazione e realizzazione di iniziative per favorire la localizzazione
di funzioni avanzate e innovative nelle grandi città, anche riguardo
alla promozione del ruolo internazionale delle città;
- interventi di sostegno al miglioramento delle funzioni dei centri
minori, con offerte di servizi alle imprese e alle persone;
- promozione di iniziative di cooperazione tra città medie e
piccole nella gestione dei servizi pubblici, anche attraverso associazione
tecnologica e finanziaria con partner esterni.
Gli interventi per una migliore qualità urbana potranno far riferimento
al miglioramento della mobilità e alla riqualificazione urbana
(attraverso interventi che affrontino in una logica integrata le molteplici,
forme di degrado: edilizio, urbanistico, ambientale, economico, sociale).
Nel quadro della coerenza con la scelta delle città e la definizione
del loro ruolo, e nell’ottica della concentrazione e della integrazione
degli interventi, si dà priorità agli interventi in aree
delimitate (quartieri periferici, aree dismesse, centri storici).
Criteri e indirizzi per l’attuazione
La strategia di asse è attuata tenuto conto della definizione
del ruolo delle città nell’ambito di un disegno regionale
di sviluppo urbano equilibrato, e dalla conseguente scelta delle singole
città o sistemi di città su cui intervenire, effettuata
nell’ambito dei programmi operativi o dei complementi di programmazione
dalle rispettive autorità di gestione con il coinvolgimento dei
partner locali.
L’asse è attuato prioritariamente attraverso progetti
integrati che rispondono agli obiettivi dell’asse e, in particolare,
sono coerenti rispetto alla definizione del ruolo di ciascuna città
o sistema di città nel contesto regionale di appartenenza.
Al fine di assicurare la complementarietà degli ambiti
di intervento, le operazioni messe a punto a titolo dell'Iniziativa
Comunitaria URBAN dovranno essere raccordate con le strategie di sviluppo
urbano definite nei POR. I programmi operativi contengono l’impegno
da parte delle amministrazioni regionali ad applicare nei complementi
di programmazione criteri di selezione delle proposte provenienti dagli
Enti Locali che tengano conto degli indirizzi e delle priorità
del QCS.
Progetti integrati
Il QCS 2000-2006 definisce i progetti integrati come quell'insieme di
azioni che attraversano diversi settori, ma puntano a un obiettivo comune
di sviluppo del territorio e necessitano di un approccio attuativo unitario
e coerente.
Hanno una duplice finalità:
• assicurare
un adeguato riconoscimento agli interventi;
• elaborare un sistema in grado di semplificare la gestione e
consentire il raggiungimento degli obiettivi nei tempi previsti.
In termini operativi e su scala regionale, i Progetti Integrati Territoriali
sono finalizzati allo sviluppo di una determinata area e ci si attende
che intervengano su un tema, un oggetto o una risorsa che presenta elementi
di criticità o di opportunità e rispetto alla quale il
PIT si dimostra lo strumento più adeguato.
I progetti integrati sono caratterizzati dai seguenti elementi:
• definizione dell'idea-forza, della strategia di progetto e degli
obiettivi
• identificazione dell'ambito territoriale o tematico di riferimento
• individuazione del soggetto responsabile del progetto
• identificazione delle procedure di gestione e monitoraggio
Ogni Autorità di gestione regionale ha seguito un proprio iter
nella definizione e individuazione degli stessi. I più diffusi
sono:
• PIT (progetti integrati territoriali)
• PIS (progetti integrati settoriali)
• PIF (progetti integrati di filiera)
• PIR (progetti integrati regionali)
• PISU (progetti integrati di sviluppo urbano)
Poi ve ne sono altri che costituiscono strumenti per la promozione di
iniziative per lo sviluppo locale, come il PIOS,
utilizzati nel nostro territorio del Consorzio Metropiliest, che raggruppa
13 comuni della Provincia palermitana. Infatti la Mission di questa
società eè quella di coordinare ed attivare, predisponendo
tutte le azioni necessari a tale scopo, il progetto di sviluppo territoriale
dell’area comprensiorale denominata area metropolitana est utilizzando
a tale scopo i fondi strutturali comunitari, ed indirizzando le proprie
iniziative alla creazione, al sostegno ed alla promozione delle condizioni
per lo sviluppo socio-economico, occupazionale ed al miglioramento della
qualità della vita.
I Progetti Integrati Territoriali (PIT) costituiscono una modalità
operativa di attuazione del POR per consentire che una serie di azioni
– appartenenti a misure diverse di uno o più assi –
siano esplicitamente collegate tra loro e finalizzate a un comune obiettivo
di sviluppo. I progetti integrati si configurano, quindi, quali insiemi
di azioni pubbliche e private articolate mediante integrazione progettuale,
in un determinato ambito territoriale.
Ci si attende che i PIT producano più progetti di investimento
concentrati sui luoghi ritenuti cruciali per lo sviluppo, aumentando
la probabilità di ottenere effetti incisivi, ossia un maggior
livello di efficacia. Si ritiene inoltre che più i progetti saranno
assimilabili a pacchetti di azioni aventi una loro specifica identità,
più facile sarà mantenere una coerenza interna, un grado
di concentrazione elevato e un’agevole verificabilità degli
effetti prodotti. I PIT dovranno considerare il mantenimento e la tutela
delle risorse che concorrono a formare il patrimonio che caratterizza
identità ambientale, sociale, culturale ed economica del territorio
ove insistono.
Sono finalità particolari dei PIT:
• il già richiamato rispetto del principio di sostenibilità;
• la crescita occupazionale dell’economia locale;
• capacità di attivare risorse economiche private e derivanti
da altre forme di finanziamento non direttamente di origine regionale.
In termini generali il Progetto integrato territoriale viene
definito come “un complesso di azioni intersettoriali, strettamente
coerenti e collegate tra di loro, che convergono verso un comune obiettivo
di sviluppo del territorio e giustificano un approccio attuativo unitario”.
Si tratta, in breve, di individuare un’idea forza di sviluppo
esplicitata e condivisa da diversi attori della realtà locale.
Ne deriva che i promotori del PIT dovranno dimostrare la priorità
del tema, dell’oggetto o della risorsa individuata, rispetto all’ambito
di intervento.
Descrizione delle misure
Le misure dell’Asse V sono:
• Misura 5.01 – Infrastrutture urbane
strategiche e servizi rari e innovativi;
• Misura 5.02 – Riqualificazione urbana e miglioramento
della qualità della vita;
• Misura 5.04 – Potenziamento del sistema dei trasporti
urbani,
• Misura 5.05 – Reti finalizzate al miglioramento dell’offerta
di città
Misura 5.01 - Infrastrutture
urbane strategiche e servizi rari e innovativi
La misura prevede interventi finalizzati al rafforzamento del
ruolo delle città di Catania, Messina e Palermo in quanto centri
di promozione della crescita, della produttività e dell’occupazione.
Tali interventi riguardano in particolare l’ampliamento ed il
potenziamento della dotazione di servizi alla collettività ed
alle imprese. L’ obiettivo specifico è quello di raggiungere
il miglioramento dell’articolazione funzionale e della qualità
del sistema urbano regionale, aumentando la competitività e la
produttività dei sistemi economici territoriali con la creazione
di strumenti di supporto all’impresa; migliorando la fruibilità
del sistema sanitario regionale a vantaggio dell’intera popolazione
regionale; promovendo il sistema culturale da favorire anche la localizzazione
di nuove iniziative nelle aree urbane.
La finalità è quella di dotare le città metropolitane
siciliane di infrastrutture strategiche, individuando tre campi di intervento:
infrastrutture di supporto al sistema produttivo, sistema sanitario,
istituzioni culturali ed artistiche.
La misura è attuata attraverso le seguenti sottomisure:
a) Interventi strategici di potenziamento, qualificazione e riorganizzazione
funzionale e gestionale di attività terziarie innovative e di
livello elevato connesse alle specificità dei diversi contesti
produttivi di riferimento.
Questa sottomisura ha lo scopo di dotare le tre aree metropolitane siciliane
di strutture specifiche a supporto del sistema produttivo in particolare
con il potenziamento e/o la nuova predisposizione di servizi terziari
avanzati, quali i centri fieristici.
b) Potenziamento di infrastrutture e dotazione di apparecchiature ad
alta tecnologia per le diagnosi precoci di malattie ad alto impatto
sociale da destinare ai tre poli sanitari regionali
Le grandi città metropolitane siciliane - oltre a presentare
molti problemi che affliggono le metropoli europee quali congestione,
disagio sociale, degrado ambientale, criminalità diffusa - presentano
una condizione aggravata da una non adeguata politica di offerta dei
servizi alle persone in campo sanitario, a fronte di crescenti bisogni
sanitari delle famiglie. In questa ottica, attraverso il potenziamento
dell'offerta di servizi alla persona si vuole rendere le città
di Catania, Messina e Palermo, già poli di attrazione di utenza
sanitaria regionale, luoghi di polarizzazione di "funzioni rare".
c) Infrastrutture per attività legate all’arte contemporanea
e produzione di eventi collegati all’istituzione delle sedi dell’arte
contemporanea
Il progetto di dotare l'Isola di spazi per l'Arte Contemporanea si configura
come un’azione dotata di un carattere fortemente innovativo rispetto
alla sua recente storia culturale sia per quanto riguarda il campo delle
arti visive, sia per quello delle pratiche teatrali e dell'audiovisivo.
Gli interventi sono riservati alle città metropolitane
di Palermo, Catania e Messina.
Misura 5.02 – Riqualificazione
urbana e miglioramento della qualità della vita
La finalità della misura è la riqualificazione
e il rinnovamento del tessuto edilizio ed urbanistico delle aree degradate
e delle aree dismesse e in cui combattere la marginalità sociale
nonché il recupero integrato dei centri storici.
Sono previste le seguenti azioni:
1. interventi di adeguamento funzionale del patrimonio
urbanistico, riqualificazione degli spazi pubblici attraverso
la realizzazione e il miglioramento delle infrastrutture sia primarie
che secondarie quali strade, piazze, giardini, parchi urbani etc.; interventi
mirati al miglioramento dell'edilizia pubblica (ad esclusione di quella
residenziale) ed alla messa in sicurezza del patrimonio edilizio urbanistico
ed ambientale;
2. Interventi di adeguamento - a norma (igienica,
statica, di sicurezza, etc.)
3. Impianti ed attrezzature per il tempo libero
e lo sport di livello comprensoriale, attraverso interventi finalizzati
al completamento e adeguamento a norma, ivi comprese le attrezzature
fisse e gli arredi;
4. Miglioramento delle strutture per i servizi
di assistenza socio-economica attraverso interventi di adeguamento
e completamento di immobili;
5. ristrutturazione e l’adeguamento funzionale
di edifici, anche di interesse storico ed artistico per servizi
ed attività culturali. In particolare si realizzeranno biblioteche
di quartiere, Centri Territoriali per l’Educazione degli adulti
e Università popolari, laboratori teatrali e musicali, atelier,
spazi per l’esposizione, cineforum; Centri di animazione culturale
a misura di bambini, anziani e giovani; Centri di promozione culturale
delle risorse umane per categorie emarginate e a rischio di emarginazione;
Centri di educazione alla legalità; Centri di aggregazione intercultura;
6. Interventi per la riqualificazione ed il recupero
integrato dei centri storici al fine di tutelare e ripristinare l’integrità
fisica e l’identità culturale delle città.
Al fine di favorire la massimizzazione dell’efficacia
delle azioni di sviluppo, articolandole e differenziandole sul territorio,
gli investimenti si realizzeranno nelle città capoluogo di provincia
e nei centri urbani medi e minori.
Gli interventi potranno anche riguardare i centri minori qualora, in
coerenza con la strategia del P.O.R., siano funzionali alla realizzazione
di reti di servizio e siano all’interno di progetti integrati
e dovranno comunque essere realizzati in almeno una delle seguenti aree:
- centri storici: sono quelli individuati
dagli strumenti urbanistici generali dei comuni;
- aree degradate: quelle individuate dagli
strumenti urbanistici generali dei comuni, ovvero da studi socio-economici
e/o da rilevazioni statistiche che comprovino lo stato di degrado urbanistico,
ambientale, sociale;
- aree dismesse: quelle individuate dagli
strumenti urbanistici generali dei comuni, ovvero da studi socio-economici
e/o da rilevazioni statistiche che comprovino l’attuale stato
di “perdita” della funzione produttiva originaria.
Misura 5.04 – Potenziamento
del sistema dei trasporti urbani
La misura tende al potenziamento del sistema dei trasporti
rapidi di massa a guida vincolata. Gli interventi sono finalizzati all’aumento
di standard qualitativi di vivibilità delle città metropolitane
in stretta connessione con altri interventi infrastrutturali e rivolti
anche al miglioramento dell’efficienza energetica ed al rispetto
dell’ambiente. Altri obiettivi riguardano la riduzione del traffico
automobilistico, la riduzione dei livelli di inquinamento acustico ed
atmosferico, la riduzione dell’usura dei manti stradali con conseguente
riduzione d’uso dei prodotti derivati dal petrolio e la riduzione
delle patologie legate all’emissione di gas nocivi.
La misura trova altresì completamento funzionale anche con interventi
di diminuzione del traffico urbano, dell’inquinamento acustico
ed atmosferico, attraverso la promozione e la realizzazione, al di fuori
del Piano regionale dei trasporti di percorsi ciclistici e ciclope donali
protetti ed introduzione nei parcheggi di interscambio di sistemi di
trasporto anche individuali ad energia alternativa o a zero emissione
(Ambiti territoriali di riferimento: Città di Palermo, Catania,
Messina).
Misura 5.05 – Reti finalizzate
al miglioramento dell’offerta di città
Il potenziamento dell'offerta di città passa oggi sempre
più dall'incremento della capacità di conoscere, interpretare
e valutare in tempo reale le trasformazioni urbane e possedere quindi
strumenti di ausilio alla decisione e di valutazione degli impatti e
delle prestazioni. Tale necessità è avvertita sia a livello
degli organi di governo che dei cittadini che degli operatori economici.
La conseguenza è una forte crescita della domanda di informazioni
e conoscenze integrate, comparabili, facilmente territorializzabili
e disponibili per i diversi soggetti che compongono i sistemi urbani.
I sistemi informativi territoriali, gli sportelli unici, i centri di
documentazione, le reti civiche e i portali sono oggi potenti vettori
dell'incremento dell'offerta di città e come tali vanno integrati
per potenziarne ulterioriormente gli effetti.
La costruzione di un Sistema Informativo Territoriale Regionale risulta
quindi indispensabile e funzionale alla conoscenza, interpretazione
e gestione delle informazioni finalizzate alle trasformazioni territoriali,
condivisibile a rete tra tutti i soggetti. La costituzione di un Sistema
Informativo Territoriale Regionale (SITR) diffuso a rete sul territorio
(con nodi regionali, provinciali e comunali) rappresenta un intervento
strategico e strutturale per tutte quelle linee di intervento del POR
che hanno come obiettivo la conoscenza delle risorse territoriali, la
promozione di connessioni reticolari regionali e sovraregionali ed il
potenziamento dei sistemi locali costruiti sulla rete delle città.
L'azione sarà estesa a comuni di dimensioni comprese tra fra
10.000 e 30.000 abitanti con particolare riguardo a quei centri minori
che costituiscono sistema locale con i centri medi al fine di garantire
una maggiore articolazione territoriale capace di tenere conto delle
diverse declinazioni dell'offerta di città. La misura stessa
rappresenta quindi un progetto integrato territoriale di ampiezza regionale
finalizzato alla promozione dell’offerta di città attraverso
le infrastrutture ed i contenuti dell’Information and Communication
Technology.
Le linee di intervento riguardano:
1) livello regionale, livello territoriale, Comuni medi e Capoluoghi
di Provincia, comuni minori
Formazione di un Sistema Informativo Territoriale di coordinamento
dei SIT già attivi nelle amministrazioni regionali, attraverso
Dotazione di postazioni grafiche e web server per la gestione della
cartografia; Dotazione di software finalizzato alla gestione della cartografia
digitale e Connessione alla rete internet con modalità ad alta
velocità (H-Adsl) o altra di tecnologia avanzata Quindi la dotazione
per garantire una base comune di qualità dovrà essere
così articolata:
• Sistema operativo di base, per collegamenti in rete, per server
internet, per gestione SIT;
• Software SIT;
• Software per costruzione e gestione pagine web;
• fornitura delle specifiche tecniche per la dotazione di HW,
SW e RETE dei nodi locali delle citta minori per la eventuale estensione
del progetto.
• Software per elaborazione di immagini e per la compressione
di immagini da distribuire in rete e per la gestione grafica;
• Alfabetizzazione informatica ed utilizzo Internet,
• Progettazione, realizzazione e gestione SIT, incluso il progetto
del SIT regionale,
• Progettazione, realizzazione e gestione pagine WEB e SIT su
WEB.
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