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Bertinoro
Municipio Bertinoro Piazza Libertà, 1 Tel. (0543) 469111 Fax 469232
Centro Residenziale Universitario Via Frangipane, 6 Tel. (0543) 445135 Fax 445231
Museo Arte Sacra Palazzo ex Vescovado
Pianta di Bertinoro
In posizione panoramica, a dominare piacevolmente la Via Emilia tra Cesena e Forlì, Bertinoro è situato sulle pendici di un colle di Monte Maggio. Ieri ed oggi noto per i suoi vigneti ed i suoi mitici vini ("Albana" in primis), già esistente nel secolo XI con il nome di "Castrum Bretenoni" fu sede di contea, poi contesa da cesenati, forlivesi, riminesi.
Nel 1558 passò nei territori dello Stato della Chiesa. Bertinoro conserva ancora, in buona parte l'aspetto medioevale. Vicende storiche riecheggiano tra le antiche e strette via e le vecchie mura, tra cui il ricordo di una Bertinoro ebraica legata allo studioso biblico Ovadià, che visse alcuni anni a Bertinoro, tra 1400 e 1500 prima di trasferirsi a Gerusalemme. Ovadià Ben Avraham Yarè, da Bertinoro, importanti esponenti degli studi biblici, non si dimenticò della sua terra d'origine (nacque a Bertinoro intorno al 1450) e nei suoi carteggi non a caso paragona i vigneti della sua cittadina natale a quelli di Gerusalemme. Assurta nel tempo al simpatico rango di "capitale dell'ospitalità romagnola", Bertinoro oggi non solo è sede di vivaci attività di imprenditoria diffusa e di eccellenze in campo vinicolo, ma anche del Centro Residenziale di Formazione, sede estiva dell'Università di Bologna e di Romagna. Il "cuore" di questo Centro è stato rispettosamente ricavato nella Rocca millenaria.
I Luoghi e le opere
Molte le cose da vedere e da gustare, in bella passeggiata a Bertinoro.
Si sale dunque la stretta via che porta alla piazza principale, piazza della Libertà. Ecco il Palazzo Comunale, da oltre sei secoli testimone delle vicende della cittadina, edificato da Pino degli Ordelaffi nel 1306. Sul Palazzo svetta la Torre dell'Orologio, preesistente: sembra avesse addirittura la funzione di "faro" per i naviganti per la sua visibilità dal mare e dalla costa. Che Bertinoro sia davvero una "terrazza" sulla piana romagnola, lo dimostra lo spiazzo dirimpetto al Palazzo Comunale. Lo sguardo corre libero verso il mare, mentre a pochi passi troneggia la "Colonna delle Anella". Dalla piazza i gaudenti possono scendere alla "Cà de Bè", poiché Bertinoro è ricca di enoteche e gastronomia. Ma non mancano pregevoli edifici e testimonianze storiche ed artistiche. Bertinoro ha in dote una bella Cattedrale, di stile bramantesco, che tra le altre opere custodisce un Crocefisso ligneo del 500, notevole opera di un pellegrino ignoto. E merita davvero una visita la millenaria Rocca, che ospitò nel 1177 Federico Barbarossa e via via personaggi e signorie famose. Ulteriori lavori alla Rocca si debbono, nel corso del '400, ai Malatesta cesenati e nel '600 ad opera del vescovo Innocenzo Massimo. La fortezza è poi divenuta sede del Vescovado di Bertinoro ed attualmente ospita, tra l'altro, il "Centro per lo studio e la conservazione dell'arredo liturgico e del costume religioso", una delle raccolte più interessanti di oggetti ed arredi sia artistici, sia soprattutto di carattere religioso e di culto.
Feste e appuntamenti
La leggenda racconta che Gallia Placidia, assaggiato un sorso di dolce albana abbia detto: "Sei degna di berti in oro". Leggenda a parte, l'albana di Bertinoro, delizioso "nettare" di color biondo è giustamente considerata uno dei migliori vini italiani, insieme ai suoi confratelli Sangiovese, Trebbiano e Pagadebit. Bertinoro è un inno al buon vino, per le aziende, per le sue feste al tempo della vendemmia. Un artistico "monumento al vignaiolo", ed una artistica campagna dedicata all'albana di Romagna sono anch'essi segni della vocazione di questo dolce colle. Un sommesso consiglio: se il robusto sangiovese "chiama" la piadina, l'albana "chiama" la ciambella: è un bere, e un mangiare, davvero squisito.
Storia della colonna delle Anella
Ben altra storia, rispetto alla "colonna infame" di manzoniana memoria, la "colonna delle anella" è il simbolo dell'ospitalità di Bertinoro e della Romagna. E' una tradizione bella e curiosa. Si racconta dunque che anticamente le famiglie nobili della cittadina si disputassero accanitamente, per motivi di ospitalità, o di prestigio, i forestieri che sostavano. Per porre fine alle dispute, intorno al 1300, fu dunque eretta una Colonna con tanti anelli quanti erano le famiglie del tempo. Il forestiero che attaccava il suo cavallo ad uno degli anelli, era ospite della famiglia corrispondente. Rimossa per "lavori in corso" del 1500 e poi dimenticata, la Colonna fu ritrovata, a pezzi, durante altri lavori riguardanti il Palazzo Comunale. Ritrovate le antiche fondamenta, nell'alta e centrale Piazza della Libertà la Colonna fu ricostruita, com'era e dov'era, per volontà della cittadinanza e con il concorso di tutta la Romagna, il 5 settembre del I926. Da allora ogni anno, la prima domenica di settembre si tiene la Festa dell'ospitalità. Un apposito Comitato sceglie gli ospiti e questi dovranno lasciare non già il cavallo, ma il loro biglietto in uno degli anelli. I forestieri non sanno di chi saranno ospiti, in questa piacevole lotteria della buona ospitalità, ma sono certi di trovare piatti e libagioni indimenticabili in buona compagnia.
La storia del comune
La comparsa dell'uomo nel territorio del comune data dalla prima età del ferro. Il primo nucleo abitato si formò ai piedi dell'ultimo contrafforte pre-appenninico, fra le località di Casticciano e Fratta; ricevette un ulteriore impulso dalla costruzione della Via Emilia, che determinò la formazione di vari posti di guardia. Pare che questo primo centro abitato venisse elevato a municipio romano col nome di Forum Truentinorum; di certo la sua distruzione avvenne tra il IV ed il V secolo, all'epoca delle invasioni barbariche, quando la popolazione si ritirò in luoghi più riparati e sicuri e cioè sul monte Cesubeo, quello dell'attuale Bertinoro, indicato fin verso l'anno 1000 con il nome di Castrum Cesubeum.
La sua attuale denominazione, quella cioè di Castrum Brittinori, si trova sotto il Regno di Ottone III, che gli conferì il titolo di contea e lo separò dalle altre città formanti l'esarcato. L'origine del toponimo è legata a varie leggende popolari: la più amata dai bertinoresi narra di Galla Placidia, sorella dell'Imperatore Teodosio che, volendo esaltare la bontà del vino "albana" offertole in una rozza brocca, si vuole esclamasse: "Non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di BERTI IN ORO!"
Le principali attrattive
Bertinoro è un tipico esempio di cittadella medioevale, la cui struttura monocentrica, con il suo centro urbano originariamente raccolto intorno alla Rocca, diventa bicentrica quando nel 1306 fu costruito, come sede del Comune, un magnifico palazzo di stile fra il Bizantino ed il Romano. Ancora si conservano, in gran parte, vestigia delle antiche mura e dei numerosi torrioni e porte. Di queste ultime, due solamente si presentano ben conservate: Porta San Romano, ad arco acuto, detta anche dei tre Santi (che eressero le loro celle nelle adiacenze della stessa porta) e Porta San Francesco, eretta nel secolo XV, che trasse il titolo dal vicino convento, divenuto poi mulino dell'olio.
La Rocca
La data di costruzione della Rocca è incerta, tuttavia si fa risalire la sua presenza intorno all'anno 1000. Essa fu fin da quei tempi, grazie alla sua posizione privilegiata, una delle opere difensive più temute ed un sicuro rifugio per i primi Conti.
L'antico maniero era ben demarcato dalla linea di merli ghibellini (ancora visibili in alcuni punti) che girava attorno ai muri perimetrali, i quali appoggiavano su ampie scarpate. Questa linea era interrotta da quattro alte torri, che sorgevano agli angoli. La torre maschia era all'angolo nord-est. La torre rivolta a nord era munita di ponte levatoio che dava accesso ad un viadotto, lungo il quale si perveniva ad altra torre distante una cinquantina di metri e che stava a protezione della sottostante porta del Soccorso. Dalla torre rivolta a sud e trasformata poi come ingresso principale, si dipartiva un sistema difensivo di mura e di torrioni che si congiungeva in basso con le mura castellane. Il vuoto delle larghe scarpate, fra i vari usi, aveva anche quello di prigione. Nel cortile interno, un vasto cisternone costruito a volte e a colonnato a guisa di tempio, raccoglieva le acque piovane. Nelle stanze attorno al cortile erano alloggiati i soldati, mentre l'abitazione del castellano era all'interno e non sovrastava la linea dei merli. Va ricordato infine come dal sotterraneo, scavate nel tufo, si staccavano alcune gallerie, oggi in parte crollate o chiuse, che portavano fuori dal recinto delle mura, fungendo da uscite di sicurezza. Nel 1177 l'imperatore Federico Barbarossa vi dimorò con tutta la sua corte e le sue milizie. In seguito fu dimora di illustri personaggi (quali gli Sforza e i Borgia) fino al 1584, quando divenne residenza vescovile.
Centro per lo Studio e la Conservazione dell'Arredo Liturgico e del Costume Religioso
Ha sede al piano nobile della Rocca Vescovile ed è stato inaugurato nel 1985.
La Pieve di San Donato a Polenta
Dal giorno in cui Giosuè Carducci la fece oggetto del suo canto "La Chiesa di Polenta", l'umile chiesa romanica del villaggio di Polenta assurse a fama nazionale. Quando poi l'interrogativo posto dal Poeta "forse qui Dante inginocchiassi?" per alcuni divenne quasi certezza ed il piccolo paese fu battezzato col nome di "Polenta di Dante", si amò dar volo alla fantasia e si asserì implicitamente che il divino Poeta qui era stato ospite dei polentani, signori di Ravenna. A Polenta ogni anno nel nome e nel ricordo di Dante e di Carducci affluiscono da ogni dove i visitatori ed i turisti. La chiesa di San Donato è ricordata per la prima volta, tra i documenti attualmente noti, in una pergamena del 24 luglio 911. Molti autorevoli storici concordano nel ritenere che le parti originali a noi arrivate (colonne, capitelli, cripta) debbano assegnarsi a quella primitiva chiesa, perciò non posteriormente alla fine del secolo IX. Ulteriori documenti, ma sempre del medesimo secolo X, ricordano ancora la Pieve. Dopo il mille il ricordo documentato della Chiesa diventa sempre più frequente, ma non v'è scritto antico che dia una descrizione qualsiasi dell'edificio, nelle sue particolarità.
Bisogna attendere i primi anni del secolo XVIII e più precisamente l'anno 1705, come ricorda una epigrafe posta sopra l'ingresso, per sapere di radicali lavori di restauro, che devono considerarsi quasi un rifacimento. Un secondo restauro della chiesa fu effettuato nel 1890. La cripta, che era stata scoperta il 20 settembre di quell'anno, ebbe l'attuale sistemazione. Successivamente nel 1898 furono iniziati i lavori di ricostruzione della torre campanaria, che ebbero termine l'anno successivo. Oggi la Pieve si presenta a forma basilicale con travature scoperte e con la navata centrale non sopraelevata, ma col tetto in continuazione con quelle laterali. Le colonne sono grosse e rotonde, a strati di mattone e di pietra locale, e sono sormontate da capitelli che formano la parte più caratteristica dello storico monumento. Essi sono a forma di cubo, alcuni a semplice smussatura, altri invece con bassorilievi riproducenti disegni geometrici, arabeschi, figure grottesche di animali e di uomini, che ricordano caratteri di arti diverse, dalla longobarda alla bizantina.
Palazzo Comunale
Il palazzo, che per oltre sei secoli è stato testimone di tutte le vicende politiche ed amministrative di Bertinoro, fu edificato nel 1306 da Pino degli Ordelaffi, come sede del Governatore e del Comune (alcuni particolari fanno ritenere che vi fosse in precedenza un altro palazzo). L'edificio si eleva di un solo piano su un fronte di 40 metri e poggia su otto colonne di stile Bizantino e Romano. Successivamente subì numerose trasformazioni, sino ad arrivare al 1934, quando prese l'attuale aspetto. L'ingresso è dato da uno scalone che immette direttamente nella sala centrale, chiamata "del popolo". Qui si raccoglieva la cittadinanza per esprimere la sua volontà in occasione di grandi avvenimenti. La seconda sala era detta "sala magna" ed era riservata al Governatore per feste e ricevimenti. Al suo interno sono conservate sei tele, opere del pittore A. Zambianchi di Forlì; per questo viene comunemente chiamata sala "dei quadri". Da quest'ultima si accede ad una saletta che costituiva l'ufficio del Governatore ed oggi comunemente chiamata "del fuoco", perché è l'unica che abbia conservato il vasto focolare.
La Cattedrale
Originariamente piccolo oratorio dedicato a Santa Caterina, alla fine del 1500 fu abbattuto ed interamente riedificato nella veste in cui si presenta l'attuale Cattedrale. Di stile bramantesco, la chiesa è a tre navate ed al suo interno conserva pregevoli opere d'arte, come il quadro di S. Caterina d'Alessandria, di autore ignoto, e un Crocefisso scolpito in legno, di un solo pezzo, che sembra risalire alla fine del 1500.
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