TESTIMONIANZE di SOPRAVVISSUTI

Pietro Pascoli: I Deportati - pagine di vita vissuta (1960)

presentazione di Ferruccio Parri

Capitolo 10 - Conclusioni

 

La tragedia dei deportati in Germania, che non ha precedenti nella storia del mondo, pone alcune domande sul piano storico, politico ed umano, che richiedono una risposta.

1) Di chi è la «colpa» di questa tragedia spaventosa se tutti sono stati «esecutori di ordini superiori»? È forse un uomo solo il colpevole - Adolfo Hitler - posto al vertice della gerarchia nazista? E donde ha tratto quest'uomo, diciamo noi, tanta autorità da piegare un intero esercito, un popolo intero, ai suoi voleri? Di chi è dunque, la colpa?

2) Quali furono gli «obiettivi dell'operazione Lager» e come ha potuto compiersi ai giorni nostri un misfatto di così vaste proporzioni - dodici milioni di esseri umani, di ogni lingua e condizione, inermi, indifesi, finiti per fame, a colpi di pistola alla nuca e nelle camere a gas - in una Nazione, che, sotto altri aspetti, rivela un indice di alta maturità nella scala dei valori umani?

3) Esiste, sotto quali aspetti ed in quali misure, una «responsabilità collettiva» del popolo tedesco in questa tragedia?

4) Risponde realmente ad uno stato di necessità la «cortina del silenzio» calata dalle sfere ufficiali in Italia ed altrove, per tanti anni su questo dramma storico?

5) «Quali insegnamenti» dovremo trarre per il bene dei popoli dalle terribili esperienze dei Lager?

A questi interrogativi possiamo dare le seguenti risposte:

1) La tragedia dei deportati in Germania, considerata sotto l'aspetto astratto, è una espressione drammatica, sconvolgente, dell'uomo dei nostri tempi: un uomo ancora semi-barbaro, sotto molti aspetti, che obbedisce, in determinate situazioni, alle sue tendenze ancestrali, egocentriche, sia esso concepito come individuo o come espressione dinamica di una comunità organizzata; giacché :in ultima analisi, è pur sempre l'uomo che costruisce, coi suoi valori positivi e negativi, consci ed inconsci, l'inestricabile trama della sua Storia. Portato questo assunto sul piano positivo, sul piano dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale, che stanno alla base della convivenza umana e dei rapporti tra i popoli, in pace e in guerra, è chiaro che la tragedia dei deportati assume la configurazione morale e giuridica del «crimine di guerra» e del «delitto di lesa umanità»; crimine ordito con freddo calcolo politico e militare per fini di dominio ed in obbedienza al mito della razza. Una responsabilità, sotto questo profilo, esiste dunque, e va addebitata senza alcun dubbio ai mandanti ed agli esecutori insieme. È dei mandanti, vale a dire Adolfo Hitler ed i suoi immediati collaboratori, per aver escogitati i piani ed ordita la tragedia nei più minuti particolari; è degli esecutori, insieme, giacché nessun uomo è tenuto ad assecondare una pazzia, a compiere cioè un sacrilegio contro il proprio simile e contro l'umanità per un dovere di disciplina, in omaggio al principio della «cieca obbedienza». All'infuori di questa tesi non c'è che la legge della giungla e la concezione della guerra totale o si cade nel trascendentale. Ma è d'uopo aggiungere, qui, che la norma deve valere per tutti, altrimenti il giudice corre il rischio, in un dato momento, di prendere il posto dell'imputato davanti alla pubblica accusa rappresentata dalla Coscienza universale. Il caso specifico ce l'ha messo sott'occhio la stessa guerra coi fatti di Hiroshima, dove l'azione ha sconfinato, essa pure, nel «crimine di guerra» e nel «delitto di lesa umanità», i cui effetti perniciosi si fanno ancora sentire; ma nessun processo è stato celebrato a carico dei colpevoli, perché si è trattato dei... vincitori! La condanna di quel crimine è stata proclamata dinanzi al mondo dal «complesso di colpa» che ha vinto l'esecutore materiale dei fatti, scaturito in lui dal conflitto che si agita nei profondi recessi della sua Personalità tra l'Io razionale ed il Super-lo, che lo trascina da anni, dominato da incubi e da visioni allucinanti, dagli uffici di Polizia agli Ospedali psichiatrici del Texas - E si potrebbe anche citare, tra i delitti contro l'umanità, il bombardamento di Dresda, avvenuto nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 1945, ad opera dell'aviazione Alleata, con lancio di bombe al fosforo - storicamente documentato - che costò la vita a 300.000 abitanti. Questa analogia tra i crimini di guerra, sia pure di proporzioni e natura diversi, non assolve però i nazisti dai delitti commessi nei Lager, ma ci dà soltanto il quadro sconcertante dell'Umanità dei nostri tempi.      

2) Il fenomeno della deportazione in Germania, che qui puntualizziamo, doveva rispondere, nella mente diabolica del Führer e dei suoi gerarchi, a tre obbiettivi fondamentali, all'infuori dei quali non ci può essere un'altra spiegazione valida:

- Sfruttare le energie fisiche e psichiche dei prigionieri politici e razziali, fino ai limiti estremi, per potenziare, col lavoro forzato, la macchina bellica e l'economia del Reich;

- Togliere di mezzo tutti questi nemici con un processo di sistematica eliminazione, scientificamente elaborato, nella suprema illusione di «dar via libera» al regime nazista nel mondo;

- Eliminare, col «genocidio», una stirpe - gli Ebrei - in obbedienza al principio primitivo della purezza del sangue, per una presunzione di superiorità e per odio di razza.

Come ha potuto compiersi, vien da chiederei ora, un misfatto di così vaste proporzioni? Questo misfatto ha potuto compiersi, evidentemente, per il concorso di più fattori che hanno operato nella stessa direzione, e cioè:

- Il regime politico - militare, caratterizzato da una tirannia oligarchica e spietata, che ha trascinato nella sua orbita infuocata, per un fenomeno di psicosi collettiva, la stragrande maggioranza del popolo tedesco, formando così un blocco granitico, lanciato alla conquista del mondo.

- L'innato senso di disciplina di questo popolo, che si trasforma nella vita militare in «cieca obbedienza»;

- Lo spirito militarista, l'orgoglio nazionale e di razza, la tendenza di egemonia e la presunzione di superiorità che conducono questo popolo a. proclamarsi «eletto», e quindi in diritto di distruggere, di dominare e di fecondare le stirpi inferiori.

- L'accentuato carattere di «ambivalenza» del tedesco, che può condurre ai vertici opposti: capace. cioè di produrre le più alte manifestazioni dello spirito umano e di sconfinare nel crimine più orrendo e nella brutalità organizzata. Adolfo Hitler, in definitiva, ha potuto attuare l'operazione Lager facendo leva sui «complessi atavici», vale a dire sull'«humus» del popolo tedesco, giacché da solo, come fu proclamato al processo di Norimberga, non avrebbe potuto compiere i delitti consumati nei campi di sterminio.

- Né vale voler restringere le responsabilità di queste stragi a pochi uomini insensati, inumani ­Hitler, Himmler, Globke, Eichmann, Heydrich, Kaltenbrunner e altri - come si tenta di fare oggi nel mondo, per motivi facilmente comprensibili; in verità tutta una complessa organizzazione fu creata e messa in moto nel Terzo Reich per attuare l'insano disegno, che si identificava nella determinazione calcolata di voler «liquidare» i nemici politici e razziali del nazismo, alla quale migliaia e migliaia di persone hanno dato il loro contributo attivo, cosciente, entusiasta, con un sadismo rivoltante, che sta ad indicare i profondi valori negativi congeniti nella razza teutonica.

3) A questo punto sorge la domanda più difficile, alla quale cercheremo di rispondere, in qualità di superstiti, con meditata obiettività e con l'onestà dei sentimenti e delle intenzioni che ha caratterizzato tutta questa opera di vita vissuta. È responsabile il popolo tedesco, sotto quale profilo ed in quale misura, della tragedia dei deportati? Lì per lì si direbbe: «no», giacché non si può ovviamente far carico ad un popolo della sua indole naturale e dei suoi caratteri peculiari, negativi, che stanno alla base della sua costituzione mentale e della sua anima collettiva; né, d'altra parte, questo popolo poteva esercitare un controllo, in regime di dittatura, sull’operato delle gerarchie naziste, e tanto meno sul Führer, considerato dalla maggioranza un semi-Dio: guida suprema ed infallibile della Nazione, in pace ed in guerra. Ma è proprio quest'ultima considerazione che chiama in causa buona parte del popolo tedesco nella tragedia dei deportati. Questo popolo, attraverso i suoi elementi qualificativi, aveva cultura, intelligenza, capacità di analisi e di giudizio più che sufficienti per valutare l'uomo cui erano affidati i destini della Nazione: per valutare cioè la sua indole, la sua dottrina, i suoi metodi, i suoi fini; ma questo giudizio, che poteva fermare in tempo utile la catastrofe che pesava sul mondo, si maturò invece - salvo le eccezioni luminose qui documentate ed oramai acquisite alla Storia - soltanto con la sconfitta militare... Inoltre, gruppi ed elementi interessati vanno ancora oggi affermando nel mondo, per minimizzare le responsabilità, che il popolo tedesco «ignorava» quanto avvenisse nei campi della fame e dello sterminio, entro i recinti spinati; alla stessa maniera che i maggiori colpevoli si proclamarono innocenti ai processi di Norimberga e di Gerusalemme per aver agito in obbedienza a «ordini superiori» ; o perché «ignoravano» addirittura una tale tragedia... Gerarchi e buona parte del popolo tedesco non ignoravano affatto il dramma che si svolgeva nei campi di concentramento per prigionieri politici e razziali, giacché i primi furono gli organizzatori e gli esecutori dei delitti; ed il secondo, vale a dire il popolo, era edotto del martirio subito da questa categoria di prigionieri per continui contatti che elementi civili e militari, e, spesso, la stessa popolazione, avevano con questi prigionieri: nei Lager, sui cantieri di lavoro, lungo i famosi «trasporti» e nelle marce della morte. D'altra parte si può osservare che ancora oggi il popolo tedesco, nella Germania occidentale, è «diviso» sul giudizio del nazismo, espressione di un nazionalismo esasperato e di una malata concezione ideologica, in perfetta antitesi con l'evoluzione dei tempi e del pensiero umano, universale; e sono molti ancora in Germania che ignorano «deliberatamente» le atrocità consumate nei campi di sterminio, e si giunge persino a negare, dinanzi all'evidenza, che fossero esistite le camere a gas... Se quanto è stato fin qui esposto e documentato è vero - come è vero - ne deriva che almeno una parte del popolo tedesco è responsabile, indirettamente, sul piano storico, del dramma vissuto dai deportati nella Germania hitleriana.

4) La cortina del silenzio.

Le sfere, ufficiali, in Italia ed altrove, hanno calato, per quindici anni, la cortina del silenzio sul dramma dei deportati in Germania, per far «dimenticare», come si dice; e nella convinzione che togliere il dito dalla piaga significhi porre un rimedio efficace ai mali del mondo. Questo sipario ufficiale, che punta sulla instabilità psichica del mondo latino e sulla labilità di carattere degli italiani, rivela invece un atteggiamento di opportunità politica contingente, che si inserisce nella gigantesca battaglia ideologica che divide - ai nostri giorni - gli uomini ed i popoli dei due emisferi. Ma un tale atteggiamento, secondo noi, non risponde ad uno stato di necessità, dal momento che immense forze politiche, religiose ed intellettuali sono orientale verso l'annosa ricerca di una soluzione pacifica, competitiva, dei problemi che dividono il mondo, guidate in ciò non tanto dalla buona volontà O da una supervisione del mondo, quanto invece dalla paura, vale a dire dall'imperativo scaturito dal progresso tecnico - scientifico, capace, con una guerra nucleare e biologica, di distruggere in pochi giorni gran parte del genere umano. Né vale ostinarsi a voler «ignorare» questo dramma storico, giacché esiste oramai una copiosa letteratura documentaria nel mondo su questo argomento scottante; e perché siamo in molti a ricordarlo, su ogni punto del globo, mossi non certamente dall'odio o da ostinati sentimenti di recriminazione, che nulla giovano alla distensione ed alla comprensione tra popoli; ma bensì per consegnare alla Storia dell'umanità testimonianze vive e dirette su questo dramma immane e per elevare un «monito», in nome dei nostri Morti, agli uomini responsabili che guidano il mondo, alle nuove ed alle future generazioni, affinché tanto male e tanto scempio di vite umane non abbiano più a ripetersi sul globo. L'effetto positivo ottenuto in Italia dalla cortina del silenzio calata sul dramma dei deportati, è questo: la gioventù studiosa, ed il pubblico in generale, ignorano tuttora la vera portata di questa tragedia; ed ignorano gli ideali che hanno ispirato i Combattenti della Libertà ad affrontare i rischi ed i disagi della Resistenza e lo sterminio nei Lager, giacché questo periodo storico, per le ragioni anzidetto, non è ancora penetrato nella Scuola e nella coscienza nazionale, mentre si rievocano con grande rilievo avvenimenti e uomini oramai lontani dai nostri tempi e dal nostro spirito. Per ultimo diremo che la cortina del silenzio, su questo argomento, ha lasciato insoluti i problemi degli ex deportati e delle famiglie dei Caduti: pensioni, assistenza medica, occupazione, riconoscimento morale, riparazioni per il lavoro coatto non pagato, per il martirio e per le malattie sofferti nei Lager, che hanno minato in ciascun superstite la resistenza fisica e psichica, con notevole perdita di capacità lavorativa: i problemi di una Categoria benemerita, che ha tutto dato senza nulla chiedere, che ha sofferto l'incredibile per un'Italia libera e degna delle sue tradizioni umanistiche. L'indennizzo accordato dal governo di Bonn, nel maggio scorso, a favore degli ex deportati politici italiani e dei familiari dei caduti, non ancora erogato agli interessati, si riduce, in definitiva, per la sua entità, ad un valore simbolico: si riduce cioè ad una «riparazione morale», che lascia aperto il problema nei suoi aspetti essenziali.

5) Infine, quali «insegnamenti» dovremo trarre per il bene dei popoli e degl'individui dalle crude esperienze dei Lager?

- Illuminare le nuove generazioni, ed in particolare la gioventù studiosa, sulle vicende e sui valori della Resistenza e sulle esperienze dei campi di sterminio, per formare una coscienza antifascista ed antinazista in Europa, quel baluardo di difesa contro ogni tentativo di rivincita di queste tendenze degenerative;

- Porre al bando la guerra sotto tutti i cieli, previo disarmo totale, controllato, ed istituzione di una armata internazionale - l'armata della pace - col preciso compito di impedire, con efficacia e tempestività, qualsiasi aggressione» su qualsiasi punto del globo;

- Creare una Federazione mondiale, guidata da un alto spirito di cooperazione e di solidarietà, capace di sollevare i popoli e gli individui dal terrore, dalla miseria e da ogni forma di servitù, nel rispetto delle sovranità etniche e nazionali e della persona umana;

- Costruire una Società moderna, dinamica, atta ad assicurare a tutti i suoi membri, con adeguate riforme di strutture e del costume, il pane, la casa, l'infanzia e la vecchiaia, e l'elevazione morale dell'uomo, su basi psicologiche, mediante lo sviluppo della sua Personalità, con una visione etica del mondo e della vita.

Una nuova Germania, ispirata alla solidarietà universale, potrà portare, coi suoi spiccati valori positivi, un contributo di primo ordine al processo evolutivo dei popoli, riparando così, nella maniera più degna e più efficiente, agli errori del suo recente passato.

fine

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