Schede tematiche
Il "Mein Kampf" di Adolf Hitler
Ecco alcuni punti fondamentali del
pensiero di Hitler, tratti dal Mein Kampf (1925), innanzi tutto il rapporto fra
Stato, razza e nazione. Hitler afferma in primo luogo che l’unica autentica
concezione nazionale è quella razzista, che «riconosce il valore dell’umanità nei suoi primordiali
elementi di razza». L’umanità è divisa in razze ma non tutte le razze sono
uguali, esiste un’eterna Volontà che domina l’Universo ed essa esige la
vittoria del migliore e del più forte, la subordinazione del peggiore e del più
debole. Nella misura in cui si verificheranno determinate condizioni, la razza
ariana sarà destinata a dominare su tutte le altre, perlomeno a partire dal
vecchio continente. Premessa, questa, indispensabile per un futuro più lontano
in cui l’umanità sarà dominata da «una razza superiore, una razza di
padroni, che disporrà dei mezzi e delle possibilità di tutto il globo». Razza
e nazione si identificano nel pensiero di Hitler; a sua volta l’elemento
unificante della razza-nazione non è costituito dalla lingua ma soltanto dal
sangue. Allo scopo di preservare la purezza del sangue, cioè della razza, lo
strumento principale è rappresentato dallo Stato. Lo Stato costituisce la
premessa per la formazione di una civiltà umana superiore ma non ne è la
causa; quest’ultima è da ricercarsi nella presenza di «una razza idonea alla
civiltà»; questa è la razza ariana. Non è quindi lo Stato in sé a
determinare un alto livello di civiltà, ma è la razza che garantisce questo
sviluppo, che “condizione” per la costruzione di una civiltà superiore. «Noi
nazionalsocialisti […] dobbiamo distinguere con la massima nettezza fra lo
Stato, che è un recipiente e la razza, che è il contenuto. Questo recipiente
ha un senso solo se è capace di contenere e salvaguardare il contenuto; in caso
diverso non ha valore». Ē compito dello Stato inoltre preservare la
purezza della razza, controllando la procreazione: soltanto gli individui sani
possono generare, mentre devono essere sterilizzate le coppie affette da «visibili
malattie» o portatrici «di tare ereditarie». Qual è quindi la razza
superiore in Europa, sviluppatasi all’interno di un idoneo recipiente statale?
il popolo tedesco non ha ancora la patente di razza superiore nell’Europa del
primo dopoguerra; ciò perché, secondo Hitler, «la nostra nazione tedesca non
è più formata su un nucleo razziale unitario […] All’opposto le
intossicazioni del sangue sofferte dal corpo della nostra nazione, specialmente
dopo la guerra dei Trent’anni, decomposero non solo il sangue tedesco, ma
anche l’anima tedesca». Tuttavia, la nazione tedesca ospita la stirpe del
domani, rappresentata dalla razza pura degli «uomini germanici del Nord […]
il più prezioso tesoro per il nostro avvenire». La Germania può quindi
candidarsi alla propria rinascita solamente se diretta da chi mette l’elemento
razziale al primo posto come i nazionalsocialisti, e può inoltre aspirare al
dominio sull’Europa e all’espansione verso Oriente, verso la Russia. La
nazione tedesca, allorché Hitler scrive il Mein Kampf, è sconfitta,
disgregata dall’inflazione e occupata da truppe straniere, come avviene nel
bacino della Ruhr. Hitler immerge l’insieme delle sue teorizzazioni in questa
pesante realtà, ma al tempo stesso vede nella decadenza razziale dei vincitori
le premesse per la vittoria del futuro Reich nazionalsocialista. Basti
considerare come Hitler descrive la situazione della Francia; «la Francia […]
dal punto di vista della razza, si va così rapidamente negrizzando che
si può parlare della nascita di uno Stato africano sul suolo europeo, che si
sta formando. Un formidabile, compatto territorio coloniale dal Reno al Congo,
popolato da una razza inferiore, formatasi a poco a poco da un costante
imbarbarimento». L’immediato futuro poteva riservare alla Germania una
situazione europea in cui, mentre l’Italia fascista avrebbe potuto diventare
un sicuro alleato, l’Inghilterra sarebbe stata indebolita dall’elemento ebraico
e dalla concorrenza degli Stati Uniti. In questo contesto, per assicurare lo
sviluppo della razza tedesca, «la più alta umanità della terra», i
nazionalsocialisti avrebbero dovuto conquistare il Lebensraum, lo «spazio
vitale», che andava ricercato a scapito della Russia. La conquista germanica a
Oriente non sarebbe stata un’impresa facile: gli avversari più pericolosi per
la rinascita della Germania, per il suo avvenire nazionalsocialista, per il
primato della ariana nel mondo, erano in agguato. Ebrei e marxisti, giudaismo e
bolscevismo, costituivano i nemici più pericolosi, erano le due componenti di
una medesima congiura internazionale, che aveva già distrutto dall’interno,
mediante la rivoluzione, nazioni quali la Germania. Da ogni angolo del Mein
Kampf sogghignano Ebrei in agguato: gli stessi dirigenti socialisti e
comunisti sono ebrei, Marx era ebreo. Lenin è un giudeo, Trosckij anche, quindi
i conti tornano. «Oggi l’ebreo» scrive Hitler «è il grande incitatore alla
totale distruzione della Germania. Dovunque si scrivono attacchi contro la
Germania, ne sono autori gli ebrei […] il pensiero del giudaismo è chiaro. La
bolscevizzazione della Germania, […] da parte della finanza mondiale ebraica
è solo considerata come il preludio della diffusione della tendenza ebraica
alla conquista del mondo». Gli
ebrei si proponevano di realizzare i loro fini (non esisteva forse secondo
Hitler una congiura mondiale ebraica?) anche attraverso la degenerazione
razziale dell’Europa già iniziata in Francia, «l’imbastardimento del
continente europeo nel suo punto centrale e rapire alla razza bianca le
fondamenta della sua esistenza infettandole con un’umanità inferiore». Il
primo, terribile compito che Hitler assegna al futuro Stato tedesco è quindi
quello di «eliminare gli ebrei». E Hitler rimpiange allora che già durante la
guerra non si sia avviata l’eliminazione dei caporioni ebraico-marxisti
tenendo «sotto i gas velenosi dodici o quindici migliaia di quegli ebraici
corruttori del popolo …». Avrebbe compensato tale «grave mancanza» con lo
sterminio di sei milioni di Ebrei nei lager.