Helga Weissová, da Terezín i disegni di una bambina - Vita a Terezín
Trasporto e "Chiusa"
Il
24 novembre 1941 arrivò a Terezín il primo trasporto proveniente
da Praga. Si trattava del comando impegnato nella riconversione della città in
ghetto, composto da 342 uomini. In poco tempo furono deportate 7.000 persone a
Terezín provenienti dalle grandi città del Protettorato, Praga e Brünn.
I prigionieri alloggiavano nelle caserme in quanto nella città vivevano ancora
dei civili. Il 16 febbraio 1942 venne sciolto il Comune e tutti i civili furono
costretti a lasciare la città. Terezín era ormai un ghetto. Sin
dall’inizio del 1942 arrivarono, a cadenza periodica, trasporti di massa degli
ebrei dalle diverse città della Boemia e della Moravia. Dal territorio del
Protettorato furono deportati circa 74.000 ebrei a Terezín. Dopo la conferenza
di Wannsee (20 gennaio 1942) i nazisti estesero le funzioni di Terezín: la città
doveva diventare un ghetto per gli ebrei tedeschi e austriaci di oltre 65 anni e
per quelli di elevata visibilità (artisti, scrittori, scienziati, detti Prominenten).
I primi ebrei tedeschi, dei complessivi 43.000 deportati, arrivarono il 2 giugno
1942. all’inizio i binari non portavano fino al Ghetto e i treni si fermavano
tre km prima, nella cittadina di Bohusovice, cosicché i prigionieri dovevano
portare i 50 kg del loro bagaglio a piedi fino a Terezín . all’arrivo i
nuovi internati venivano registrati in una apposita sezione, la cosiddetta
“chiusa”. Il passaggio durava un giorno: tra l’altro venivano sottoposti a
un controllo corporale alla ricerca di beni preziosi. Tutto il bagaglio doveva
essere controllato e in gran parte veniva sequestrato. Dopo tali operazioni
veniva assegnato loro un posto negli alloggi dei prigionieri. spesso questa
“chiusa” era solo il luogo di smistamento per l’invio verso i campi di
sterminio. Complessivamente passarono da Terezín 150.000 persone.
Vita quotidiana a Terezín
Gli alloggi
– I prigionieri furono internati sia nelle caserme, sia nelle abitazioni della
città, inclusi soffitte, cantine e cortili. Uomini e donne vivevano in alloggi
separati arredati con letti a castelli a tre piani, un tavolo, scaffalature e un
gancio per gli effetti personali. Fino all’età di 12 anni le ragazze stavano
con le madri e i ragazzi con i padri; per i ragazzi do oltre 12 anni esistevano
alloggi particolari. Le persone erano completamente spogliate della loro
privacy. Le stanze erano sovraffollate (100 – 400 persone per stanza).
L’apice della presenza di internati si registra il 18 settembre 1942: in una
città che prima della guerra ospitava 7.000 persone, ora dovevano viverne
58.497.
L’organizzazione della giornata
– Gli internati erano sottoposti a innumerevoli divieti e regolamenti. Era
vietato il contatto tra uomini e donne, come l’utilizzo del marciapiedi e il
possesso di preziosi. In certi periodi ci fu il coprifuoco, era vietato
accendere la luce, spedire e ricevere lettere. Per sopravvivere a Terezín era
importante osservare i divieti, ma anche tentare di eludere la sorveglianza per
poter organizzare lo scambio di beni di prima necessità.
Il
vitto
– A Terezín scarseggiava il vitto e le razioni alimentari erano
insufficienti rispetto al fabbisogno motivato dal pesante lavoro. Per il vitto
di scarsa qualità e privo di principi nutritivi, i prigionieri persero fino a
un terzo del proprio peso. La debolezza esponeva i prigionieri a molte malattie.
Il
lavoro
– Tranne gli ammalati e i vecchi, tutti i prigionieri, dai 15 anni in su,
erano obbligati a lavorare. Talvolta il lavoro era anche un vantaggio, in quanto
permetteva di ottenere razioni di cibo più sostanziose, oppure perché
procrastinava la deportazione verso i campi della morte. Un elevato numero di
prigionieri era impegnato nell’amministrazione, nella sanità, nella cura
degli anziani e nei laboratori. Particolarmente ambiti erano i posti di lavoro
nell’agricoltura, nelle cucine e in tutti i luoghi che avevano a che fare con
la produzione di cibo. Altri prigionieri costituivano gli impianti idraulici e
fognari. Il binario da Bohusovice verso il Ghetto fu costruito dai prigionieri,
così come anche il crematorio.
Cultura nel ghetto di Terezín
Il
ghetto di Terezín si distingue per una vita culturale molto articolata e di
alto livello. Nel primo periodo il comando nazista impedì qualsiasi attività
artistica. Nella seconda metà del 1942 i nazisti utilizzarono l’arte come
alibi e come coperture al fine di occultare la sorte che ormai avevano destinato
agli ebrei. Per gli internati del Ghetto questo “tempo libero”, dopo otto
ore di lavoro, offrì lo possibilità di mantenere vivo il proprio spirito anche
in queste tragiche condizioni. Nelle soffitte, nelle cantine, nei cortili e
sotto le rampe si recitavano poesie, si rappresentavano spettacoli teatrali e di
cabaret, si cantavano canzoni. Durante queste poche ore gli internati
dimenticavano lo fame e lo miseria aspettando con ansia il prossimo concerto, lo
prossima rappresentazione. Per gli artisti si trattava di una attività contro
il regime. Nell'ambito della musica c'erano personalità rilevanti come il
compositore Victor Ullmann ("L'imperatore di Atlantide"), Gideon Klein,
Hans Krasa ("BRUNDIBAR"), Pavel Haas e altri. Uno degli eventi più
significativi fu lo rappresentazione del REQUIEM di Verdi con quattro solisti
professionisti e con un coro di 150 elementi, sotto lo guida del direttore
Rafael Schächter. Questi artisti avevano cantato il loro stesso requiem,
infatti, poco dopo, furono deportati ad Auschwitz. Ma gli artisti non si
lasciavano scoraggiare: la decisione di continuare a fare cultura restò
immutata. Anche il campo delle arti visive conobbe una notevole fioritura. I
pittori Leo Haas, Otto Ungar, Karel Fleischmann, impegnati nella Zeichenstube
(studio) del Ghetto per lo produzione di disegni, mappe, ma anche opere di arti
visive su commissione del comando tedesco, utilizzavano i materiali a loro
disposizione per ritrarre di nascosto scene della vita quotidiana del Ghetto.
Nel 1944 le SS scoprirono una parte di queste opere, accusarono i pittori come
"divulgatori di propaganda d'orrore" e li rinchiusero, insieme alle
loro famiglie, nella tristemente nota Kleine Festung. Anche i bambini
partecipavano al programma culturale degli adulti oppure realizzavano produzioni
proprie. Nell'alloggio per ragazzi L417 ,
sotto la
direzione del quindicenne Petr Ginz, usciva il settimanale VEDEM
(IN PRIMA LINEA)
con
disegni, reportages, esperienze personali, barzellette, spesso con attacchi
satirici contro l'amministrazione del lager, poesie e saggi di scrittori cechi.
I disegni dei bambini di Terezín nacquero soprattutto sotto lo guida della
pittrice e insegnante d'arte Friedl Dicker - Brandeis. Nel blocco L417 teneva
lezioni di pittura destinate ai ragazzi, che erano spinti a lavorare seguendo la
loro fantasia. Qui dipinsero i loro sogni e il loro mondo ormai perduto. Helga
Weissova non fece parte di questo gruppo: spinta dal padre e comunque
rispondendo ad una esigenza personale, si concentrò sulla rappresentazione di
ciò che vedeva, trasferendo nei suoi disegni la vita quotidiana del campo di Terezín.
VEDEM"
Il giornale segreto del ragazzi di Terezín
Dal
1942
al 1944, un gruppo di ragazzi ebrei tra i 13 e i 15 anni produsse un settimanale
dal titolo VEDEM (IN PRIMA LINEA) all'interno
del campo di concentramento di Terezín. Gli scrittori, gli
artisti e i curatori ne hanno messo insieme i numeri
copiandoli a mano nel buio dei loro alloggi, che chiamavano scherzosamente lo
"Repubblica di Shkid". Il materiale è stato salvato da uno dei
ragazzi sopravvissuto all'Olocausto, ma per 50 anni non fu divulgato perché
censurato in Cecoslovacchia. Per lo prima volta nel 1995 questa incredibile
documentazione è stata pubblicata in ceco, tedesco e inglese. VEDEM getta un penetrante sguardo sul
mondo dei ragazzi strappati dalla loro tranquilla infanzia, separati
dalle loro famiglie per cadere nella macchina della morte nazista.
Il sopravvissuto Jiri Brady ricorda:
"Nella tragica lotta per lo sopravvivenza,
l'autogestione imposta dai nazisti a Terezín cercò di aiutare i bambini
internati. Venivano sistemati in edifici dove le loro condizioni di vita erano
molto migliori rispetto alle celle della Fortezza ... lo ero uno di quei bambini (...) Per pura fortuna mi
trovai tra i ragazzi che furono guidati da Valtr Eisinger. In una piccola stanza
piena di tavolacci a tre piani creò per noi un nuovo e affascinante mondo tra
le mura del ghetto. I ragazzi svilupparono dei talenti che non avevano
immaginato di avere e fu sempre n che nacque lo rivista clandestina dei ragazzi
di Terezín. (...) Circa 100 ragazzi passarono attraverso il gruppo di Eisinger,
ma solo 15 riuscirono a vedere la Liberazione. Uno di loro è Zdenek Taussig che
riuscì a recuperare le riviste a Terezín e oggi vive negli Stati Uniti.
Taussig mi consegnò le riviste a Praga nel 1945 e, prima di emigrare in Canada,
le passai a Kurt Kotouc che, come Taussig, aveva preso parte alla realizzazione
di VEDEM a Terezin".
Il libro
"We are children, just the some. Vedem , the secret magazine by the boys of
Terezin" è stato curato da Zdenek Taussig , Kurt
Kotouc e Marie Rut Krizkova, e pubblicato dalla Jewish Publication Society
Philadelphia-Jerusalem (1930 Chestnut Street - Philadelphia, PA 19103 U.S.A.)
Sogni e visioni
In un ambiente ostile come il campo di concentramento i prigionieri cercarono comunque di sostenersi a vicenda. La vivacità delle attività culturali contribuiva in modo determinante ad alimentare lo speranza di un futuro migliore. Ma furono anche i sogni, i desideri e le speranze ad infondere ai deportati lo forza di sopravvivere. La scena conclusiva di uno degli spettacoli di cabaret che furono rappresentati a Terezín, includeva una semplice canzone; gli, attori la cantavano tenendosi per mano e avvicinandosi al bordo del palcoscenico. Divenne subito l'inno di Terezín:
Se
vogliamo, ce la facciamo, |
mano nella mano, strettamente uniti, |
nonostante i tempi duri |
abbiamo dell'humor nel cuore. |
Ogni giorno traslochiamo |
per far spazio ai nuovi arrivati. |
È permesso scrivere solo trenta parole |
sì,
lo vita comincia domani, |
il
giorno si avvicina, |
prepariamo
il nostro piccolo bagaglio |
e torniamo a casa. |
Se vogliamo, ce la facciamo |
mano nella mano, strettamente uniti |
ridiamo sulle rovine del Ghetto |
"L'opera di abbellimento"
Numerosi governi e anche lo Croce Rossa Internazionale avevano chiesto ai nazisti di poter visitare un campo per i prigionieri ebrei. L'ufficio centrale per lo sicurezza del Reich (RSHA) ordinò quindi una operazione di abbellimento del Ghetto di Terezín che doveva apparire una città regalata dal Führer agli ebrei. Nella primavera del 1944 furono abbattute le barriere in legno e il Ghetto fu denominato luogo di insediamento ebraico. Sulla piazza del mercato nacque un piccolo giardino con un padiglione per concerti e con diverse panchine; vi fu anche allestito un parco giochi per bambini e un bar. Negli ambienti della palestra furono allestite una biblioteca e una sala per lo preghiera. I negozi furono rimodernati per creare l'illusione di una città normale. Le abitazioni dei Prominenten vennero arredate con mobilio portato per l'occasione. Al crematorio si installò una zona di sepoltura per urne e nel cimitero furono erette delle lapidi. Il 23 giugno 1944 ebbe luogo lo visita della delegazione della Croce Rossa Internazionale. In questa occasione i prigionieri poterono circolare più liberamente all'interno del Ghetto, nel quale fu addirittura aperta una banca dove veniva diffusa una speciale valuta le cui banconote riproducevano l'immagine di Mosè con le tavole della Legge. Al bar sedevano persone scelte, la giostra del parco funzionava, dopo la prova generale del giorno precedente, per la seconda e ultima volta; le razioni di cibo erano migliorate e alcuni internati ricevettero nuovi abiti. Ad alcuni bambini fu data della cioccolata proprio nel momento in cui passava le delegazione. Per non disturbare la delegazione con immagini di internati dimagriti, furono deportati ad Auschwitz, alla fine di maggio, 7.503 prigionieri. Anche il film "Hitler regala una città agli ebrei! è da interpretare come azione di propaganda. Dopo le visite e alla fine delle riprese del film, si riattivò il meccanismo di deportazione verso Auschwitz e la vita dei prigionieri di Terezín ricadde nell'orrore. I nazisti raggiunsero così il loro obiettivo: il rapporto redatto dalla delegazione della Croce Rossa Internazionale, caduta nell'inganno, convinse l'opinione pubblica di tutto il mondo.
Malattie e morte
Per
la salute degli internati erano impegnati altri prigionieri medici o infermieri.
Le cure erano inizialmente molto primitive, mentre col tempo furono auto
organizzati servizi quali piccoli ospedali e ambulanze che garantivano una
copertura sanitaria. Continuavano tuttavia ad essere molto scarsi i medicinali e
la salvaguardia delle condizioni igieniche necessarie. Stenti, fame e
sovraffollamento erano terreno fertile per il dilagare di malattie infettive
come diarrea, tifo, tubercolosi. Nel febbraio 1943 erano ammalate oltre 13.000
persone, ovvero un prigioniero su tre. I vecchi, deboli, ammalati e scossi dalla
loro sorte, perivano facilmente a causa di queste patologie. Nel settembre 1942
si registrò una mortalità media giornaliera di 130 persone. A Terezín
morirono circa 35.000 prigionieri. Dei 15.000 bambini ne sopravvisse solo un
centinaio. Anche Helga Weissová venne deportata da Terezín
ad Auschwitz insieme a sua madre, pochi giorni dopo il trasferimento del padre.
Helga e sua madre superarono la selezione e furono costrette a lavorare
nell'industria bellica presso Dresda: il padre, invece, fu avviato subito alla
camera a gas. Nell'aprile del 1945 furono trasferite su di un vagone merci a
Mauthausen dove vissero, ormai esauste, i giorni della
Liberazione.
da I lager dei bambini - Il Giorno della Memoria - 2003 "Disegna ciò che vedi" - Mostra dei dipinti di Helga Weissová, distribuita da Studio Pro Forma - Carpi, traduzioni di Matthias Durchfeld, Roberta Gibertoni, Annalisa Melodi, a cura della Città di Cinisello Balsamo, Settore Socioeducativo