Il campo di sterminio di GUSEN II 

di Bernard Aldebert

 

Presentazione

È con particolare emozione che la nostra Associazione presenta questo volume, che non è semplice memoria ma molto di più. Bernard Aldelbert, caricaturista della rivista francese "Ric et Rac" e fondatore di "La Dent de Lyon", ci racconta la sua drammatica storia di deportato: prima nel campo di Buchenwald, poi in quello di Mauthausen, quindi nel sottocampo di Gusen, nell'abitato di Langenstein, a 15 km da Linz. Qui vi rimane poco tempo perché trasferito a Gusen II, fino alla liberazione, il 5 maggio 1945, da parte dell'esercito americano. Per noi dell’ANED di Sesto S. Giovanni, città operaia protagonista dei grandi scioperi del marzo 1944, il dramma della deportazione a Gusen è un ricordo particolarmente doloroso: attraverso una recente ricerca storica abbiamo individuato 547 sestesi deportati nei lager nazisti, di cui 229 deceduti. Di queste vittime, 94 sono state trucidate proprio nel campo di Gusen II, e non meno di altri 150 sestesi hanno conosciuto, per brevi o lunghi periodi, la terribile realtà di questo luogo di morte. Purtroppo i dati forniti dalla Croce Rossa Internazionale non sono particolarmente esatti su quanti siano i morti di Gusen I e quanti quelli di Gusen II, in quanto i due campi vengono indicati come un unico luogo. Solo la ricercatrice francese Stèphanie Vitry, con il suo libro Les Morts de Gusen, camp de concentration autrichien (à partir du depouillement d'un registre de morts Avril 1943 - Mai 1945), è stata in grado di sottolineare la differenza tra Gusen I e Gusen II. Anche se Aldebert non cita mai date e nomi, siamo riusciti a stabilire con certezza il periodo in cui i cittadini sestesi furono deportati: i mesi di marzo e aprile del 1944. Nello stesso periodo, nella regione di Gusen, con l'autorizzazione personale di Hitler, si dava avvio al progetto "Bergkristall" (cristallo di rocca): la costruzione di una rete di gallerie per la creazione di officine per la produzione di armi, che ha coinvolto fin dall'inizio gli italiani. Nonostante le testimonianze dei deportati sopravvissuti a Gusen I e Gusen II, raccolte dall'ANED di Sesto S. Giovanni, non è facile comprendere, e far comprendere, l'inferno che questi uomini hanno dovuto patire. Dodici ore di lavoro in galleria, kapò e SS tra i più crudeli e sadici, ne hanno fatto un terrificante campo di morte tra quelli conosciuti. La forza della testimonianza di Aldebert deriva dalla sua grande capacità di visualizzare, sia con le parole che con le immagini, la "quotidianità" dell'esperienza sua e dei suoi compagni. Lo conferma, in un certo senso, nella sua presentazione Pierre Serge Choumoff, anch'egli internato a Gusen I, evidenziando che" questi testi non sono stati redatti per soddisfare un bisogno di espressione letteraria, ma riflettono la lingua che si parlava allora, un vero e proprio gergo". D'altronde questo volume non deve servire per appagare la curiosità verso un oscuro periodo storico; tale curiosità deve piuttosto servire a prendere coscienza delle atrocità che sono state commesse (ma che ancora oggi in varie parti del pianeta vengono perpetrate verso popolazioni civili inermi) sotto gli occhi di tutto il mondo e troppo spesso avvolte in un silenzio "complice". Non si può dimenticare il grande lavoro di ricerca svolto da Elisabeth Hölzl che ha raccolto, analizzato e organizzato gli scritti di Aldebert. Dopo il suo attento studio su questi documenti e su parecchio altro materiale concernente i campi di concentramento nazisti in Austria, Elisabeth Hölzl conclude la sua attenta analisi con il ringraziamento da parte di "una generazione che si arricchisce della memoria scritta di un'epoca che per fortuna non ha vissuto". Senza dubbio è una fortuna, ma questo non deve e non può esimere questa stessa generazione, ma anche quelle future, a conoscere, a comprendere e infine a condannare qualsiasi tipo di violenza, ma soprattutto quella che scaturisce dall'odio etnico, religioso e politico.

A.N.E.D. - Sesto S. Giovanni

Presentazione di Bernard Aldebert

Buchenwald, Mauthausen, Gusen I, Gusen II, nomi d'inferno come tanti altri: Bergen-Belsen, Dora, Dachau, Auschwitz, che si iscrivono in lettere di sangue sulla bandiera nera, col teschio, dei pirati. Nomi di vittorie tedesche nella storia di questa guerra che il grande Reich ha condotto contro la civiltà, nella storia del mondo di tutti i tempi e che gli uomini non dovranno mai più dimenticare. lo ho percorso tutta la via crucis che portava da Compiègne a Gusen II e porto la mia testimonianza su un cal­vario dove tanti dei nostri migliori compagni sono caduti per non avere mai dubitato. Ho disegnato e scritto queste pagine per dare un contributo all' educazione di coloro che non sanno o di coloro che hanno già dimenticato. Descrivo soprattutto l'ultimo campo di sterminio di Gusen II, conclusione del nostro doloroso viaggio. Andare oltre non è possibile. Non abbiamo toccato il limite dell'orrore? Dopo le sofferenze sopportate, il dolore che portiamo nei nostri cuori, non c'è permesso di sorridere quando sentiamo parlare del problema delle due Germanie. Il popolo tedesco, se ignora ciò che è accaduto nei campi di concentramento non dice il vero perché esso era fatalmente informato dai suoi soldati che erano i nostri guardiani assieme alle SS; anche i civili mobilitati qui al lavoro ci comandavano, ed erano testimoni passivi dei massacri a cui noi eravamo votati. Se abbiamo trovato alcuni esempi di umanità tra i civili o i militari, non erano però abbastanza numerosi per redimere la somma del dolore che ci veniva inflitto. Noi siamo stati alla scuola dell'odio; così ora lo portiamo a tutto un popolo e a coloro che agirono con troppo lassismo e servilismo - chi per paura, chi per cupidigia - complici ignobili della cricca di canaglie che si erano presi per padroni. I concerti di protesta, i "mea culpa", le professioni di fede che montano ora in Germania, non copriranno mai il rantolo dei nostri fratelli, che abbiamo ancora presente nelle orecchie. Le cappelle espiatorie, che vengono erette a Dachau o altrove, non ci restituiranno mai i nostri compagni. Noi conosciamo meglio di tutti gli altri la musica tedesca. Non troveremo delle verità che ci plachino finché non venga il giorno in cui sapremo che i responsabili, con coloro che furono i nostri tiranni, avranno espiato. Reclamiamo che il Lager dove abbiamo lasciato 9.000 dei nostri sia popolato da questi assassini e dai loro complici, che essi vivano ciò che noi abbiamo vissuto e che ne crepino tanti quanti i nostri fratelli. Se c'è una giustizia - non vogliamo ancora dubitarne - si applichi la legge del taglione, freddamente, senza passione, ma in tutto il suo rigore. Ascoltate la voce dei nostri morti che reclamano vendetta.

Bernard Aldebert, 1946

"Dedico questo libro alla memoria dei miei cari compagni che caddero e morirono ignorati sul cammino del nostro calvario di cui il vento ha disperso per sempre le ceneri nel cielo nero della Germania".

Bernard Aldebert (1909-1974) ha lavorato come caricaturista per la rivista "Ric et Rac". Nel 1939 ha fondato la rivista "La Dent del Lyon". Viene arrestato il 15-11-1943. Il 22 agosto 1945 ha iniziato a scrivere queste memorie, di nuovo  pubblicate da Selene Edizioni nel 2002 con la preziosa collaborazione dell'A.N.E.D. di Sesto San Giovanni

Da "Bernard Aldebert, Il campo di sterminio di GUSEN II dall'orrore della morte al dolore del ricordo", a cura di Elisabeth Hölzl, Selene  Edizioni, 2002

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