Quarta Parte – Guerra!
Era
passato da poco il mezzogiorno del 16 agosto, ero stato privo di sensi per
quasi trenta ore.
Mentre
ascoltavo il rapporto dei miei due tenenti il dolore alla testa si andava
sempre più attenuando e così anche il senso di vertigine.Ad un certo punto un
rombo cupo e ritmato invase il cielo sopra di noi ed un vento forte e regolare
cominciò a strapazzare il telo antipioggia della tenda.
“Un
elicottero?” chiesi ai due che sembravano stupiti quanto me.Uscimmo all’aperto
con la faccia all’insù e scorgemmo immobile sopra di noi un elicottero come
quelli del soccorso alpino.Stava calando con un verricello un cassone grande
quanto un’automobile proprio al centro del pianoro.Una volta che il gigantesco
contenitore si fu adagiato a terra, il cavo d’acciaio lo abbandonò con un
sibilo e il velivolo cabrò di lato scomparendo oltre il costone.
“Che
ce ne facciamo di una jeep?”domandò Fulmine mentre ci avvicinavamo alla cassa.
Presi
il coltellino svizzero, affilato come un rasoio, che mi portavo sempre appresso
nella tasca della divisa e tagliai i legacci di nylon che serravano il
coperchio del cassone sulla sua struttura.Fulmine e Vittorio lo sollevarono e
lo appoggiarono a terra.All’interno
rinvenimmo una gran quantità di elmetti di kevlar grigi.
“Distribuiteli
alla truppa”ordinai a due istruttori che si trovavano nei pressi.
“Ce
ne sono anche di neri!”esclamò Fulmine mentre frugava ancora nel cassone.
“Possiamo prenderli?”
Mi
sporsi anch’io nell’interno della cassa e ne raccolsi uno per me.Me lo calzai
in testa guardando Vittorio con aria interrogativa.
“Ti
sta un incanto!” fece lui mostrandomi il pollice.Me lo tolsi e lo fissai al
cinturone.Ci dirigemmo verso le trincee con i nostri nuovi elmetti che ci
ballonzolavano sulle chiappe.Lì incontrai Antonio che scrutava con il binocolo
la vetta dell’Ortigara.
“Ciao
Antonio.Si muove qualcosa?”
“Ehi,Tommaso,come
stai?”
“Bene,
ora ho solo un cerchio alla testa.Che fanno i nostri amici dall’altra parte?”
“Mah,credo
si stiano addestrando.Li vedo muoversi oltre il costone ma per la maggior parte
sono coperti dalle rocce”
“Non
saranno così idioti da ritentare un assalto frontale.Non ci sperare.”
Presi
il mio binocolo e mi misi ad osservare anch’io le postazioni nemiche, imitato
subito da Fulmine e da Vittorio.
“Signor
Capitano!Signor Capitano Torquemada!”urlava un istruttore dal pianoro reggendo
per un angolo un grosso sacco di plastica nera.Tornammo tutti e quattro verso
il cassone con lo sguardo fisso sul sacco che sembrava uno di quei body-bag che
i militari usano per metterci i loro caduti.I due istruttori che lo avevano
estratto dal fondo della cassa si scostarono per lasciarmelo ispezionare.Sul
sacco, con un pennarello a vernice bianca, qualcuno aveva scritto
<munizionamento da montagna-tipo B>.Feci scorrere la cerniera ed
all’interno trovammo circa duecento lattine da 500 sferette ed una
considerevole quantità di bombolette d’aria compressa. Sostituii subito la
bomboletta della mia pistola con una di quelle nuove ed aprii una confezione di
sferette. Queste non erano della solita plastica gialla, ma di un materiale
scuro che poteva essere titanio.
Guardai
gli altri con aria interrogativa ma nessuno seppe darmi una risposta.Ne infilai
una nel caricatore della mia Beretta ed ordinai ad un istruttore di tenersi
stretto al torace il suo elmetto.Egli eseguì e, da circa cinque metri di distanza,
io puntai e feci fuoco.Il ragazzo lanciò un grido di sorpresa e si sollevò
letteralmente da terra ruzzolando all’indietro a gambe per aria.Si rialzò
stordito ed alle nostre domande rispose dicendo che gli pareva di aver preso un
terribile calcio frontale in pieno petto.L’elmetto non aveva un graffio, anche
se grondava un denso liquido rosso scuro che pareva proprio sangue.
“Portami
un AR70 ed un volontario disposto a farsi sparare a venti metri in cambio del
grado di sottotenente” dissi ad un altro istruttore mentre il primo continuava
a massaggiarsi il petto indolenzito.
“Tommaso”
fece Vittorio preoccupato “Forse è meglio non rischiare, se qualcuno si fa male
poi…”
“Taci!”risposi
a denti stretti “Non capisci che se hanno inviato a noi queste munizioni vuol
dire che anche il nemico ne è in possesso? Evidentemente si è deciso di fare un
salto di qualità ed io non intendo fare la figura del bamboccio che non si
sente all’altezza.”
L’istruttore
al quale avevo richiesto fucile e volontario stava tornando con tutti e due.Il
ragazzo, manco a dirlo era un incursore, mi salutò scattando sull’attenti.Gli
spiegai tutto per filo e per segno e gli domandai se era sempre disposto a fare
da cavia.”Signorsì,Signore!” urlò questi con quanto fiato aveva in gola.La mia
testa gemette di dolore per la strillata. L’incursore si allontanò di
venticinque passi lungo il pianoro e si voltò rimettendosi
sull’attenti.Sostituii la bomboletta d’aria compressa azzurra con una delle
nuove di colore rosso e caricai l’AR70 con il nuovo munizionamento.Una folla di
soldati ed ufficiali si era assiepata alle mie spalle incuriosita
dall’esperimento.Mi arrotolai la tracolla del fucile intorno al braccio
sinistro, girai al contrario il mio berretto e puntai l’arma in direzione del
petto del volontario.Sparai.Dal torace del ragazzo si propagò una nuvoletta
vaporizzata rossa.Il giovane guardò con un’espressione stupita il punto dove il
proiettile aveva impattato, poi cadde sulle ginocchia e, dopo un lungo istante
in cui pareva stesse pregando, crollò con la faccia nell’erba.Per un momento
restammo tutti in totale silenzio, poi ci lanciammo verso il malcapitato che
non dava segni di vita.Fui il primo a raggiungerlo.Lo girai sulla schiena e gli
aprii la tuta da combattimento.
Il
proiettile non l’aveva oltrepassata ma l’impatto era stato fortissimo.Il
“sangue” si rivelò essere la solita vernice, ma sul pettorale del ragazzo si
stava rendendo sempre più visibile una vasta macchia rossastra . Sarebbe
diventata un ematoma di tutto rispetto.Mentre il medico lo palpava alla ricerca
di qualche costola rotta il ragazzo riprese i sensi tossendo e massaggiandosi
la parte colpita.Inarcandosi per il dolore si rimise in piedi.Il medico mi
assicurò che non doveva avere nulla di rotto.
Vittorio
si agitava come un’anima in pena, sbuffando e parlottando con Fulmine che non
gli prestava molta attenzione affascinato com’era dalla nuova potenza di fuoco.
“Che
hai da agitarti?”gli chiesi seccamente.
“Come
che cos’ho? Se una botta del genere ti prende in faccia o addirittura in un
occhio ti accoppa sicuro. Secondo me è meglio finirla qui, prima che sia troppo
tardi”
A
quel punto quasi tutti gli uomini del reparto, ad eccezione delle sole
sentinelle, si trovavano attorno a noi.
“Se
Tornado ci ha inviato questo tipo di munizioni per me va bene così”feci io
cercando di smorzare il tono della polemica.Un borbottio d’approvazione si
sollevò dalla truppa.
“Come
va bene così?.A me mi sa che la botta in testa ti ha un po’ rimbambito.Ma
possibile che non te ne rendi conto? Questi ragazzi sono venuti qua per
partecipare ad una specie di gioco, non per fare una guerra vera!Hai pur visto
cosa ha fatto il nuovo “munizionamento da montagna di tipo B” a quel ragazzo
là. Immagina se al posto di essere a venti metri gli fosse stato sparato a bruciapelo.Gli
avrebbe sfondato la cassa toracica!” Un uguale borbottio d’approvazione si
sollevò dalla truppa.
“Adesso
non esagerare” dissi prendendolo per un braccio e trascinandolo verso la mia
tenda “Non facciamo polemiche davanti alla truppa” Vittorio si divincolò
platealmente ed insistette con le sue rimostranze.
“No,
parliamone qui!Cosa c’è da tenere nascosto agli altri?Sono sempre dei nostri
Camerati, o te lo sei dimenticato, tutto preso come sei a giocare a fare il
Comandante? Camerati, questa storia si è spinta troppo in là. Per me è meglio
smetterla prima di farsi male.”
Mi
sembrava incredibile che proprio Vittorio mi attaccasse così apertamente mentre
nessun’altro ufficiale aveva sollevato obiezioni.Non capivo dove intendesse
andare a parare.Rasentava il disfattismo.
“Adesso
basta,Tenente!”sbottai sottolineando il suo grado inferiore al mio “Mi pare
proprio che tu stia esagerando con la tua insubordinazione.” Poi balzai sul
cassone e mi rivolsi agli uomini.
“Camerati,
come avete visto Tornado ci ha inviato il modo giusto per impedire ai nemici di
tentare la frode come durante l’ultimo assalto.Possiamo a buon titolo supporre
che anche loro posseggano un munizionamento simile al nostro, ma dovremmo farci
spaventare da questo? Poco fa li abbiamo osservati addestrarsi ed ora capisco
che stavano provando le nuove munizioni.Cosa dovremmo fare?Cosa possiamo fare?
Il Tenente Vittorio suggerisce di piantare tutto e tornare a valle per paura di
prenderci una palla che colpisce con la forza di un pugno. Bhe, in fondo
sarebbe la cosa più facile e forse la cosa più saggia.Se è questo che volete
non sarò certo io a fermarvi. Ah…gia che ci siamo potremmo anche abbandonare la
lotta per evitare di affrontare i rossi armati di scudi e bastoni.Oppure…non lo
so, mi viene in mente così, potremmo lasciare la Nazione e trasferirci tutti in
qualche isoletta tranquilla.Ma si , che ce ne fotte a noi.Eravamo venuti qui
per giocare e sempre per gioco ci siamo addestrati. Ora sono le due di
pomeriggio, se ci diamo da fare per le nove di questa sera possiamo essere
tutti in stazione ad Asiago.E domani…tutti a casa dalla mamma.”
Feci
una pausa fissando i ragazzi in silenzio sotto di me.Vittorio scrollava il capo
in estremo dissenso.Presi fiato e proseguii nel mio discorso.
“Oppure
, possiamo tentare di vincere.O anche di perdere, in fondo dove sta la
differenza?In certe situazioni, cari amici, non conta tanto l’esito della
battaglia quanto l’avervi partecipato.Negli anni a venire saremo troppo
impegnati nella nostra militanza per conservare i ricordi della nostra
gioventù, ma questi giorni sull’Altipiano li ricorderemo bene.” Mi strappai
teatralmente le bende dalla testa mettendo a nudo la parte rasata del capo ove
svettava la ferita ricucita alla benemeglio.
“Nelle
serate d’inverno, in birreria o con le nostre famiglie, mostreremo con orgoglio
le nostre cicatrici e diremo <queste le ho ricevute sull’Ortigara in quell’epico
agosto dell’anno duemila>.E nei vostri discorsi anche i volti a voi così
familiarmente noti rivivranno.Il Direttore, Tornado ed Antonio, Fulmine e
Tommaso. E tutti i Camerati che si trovano ora sdraiati sulle spiagge al caldo
si sentiranno maledetti e menomati nella loro virilità per non aver potuto
partecipare alla nostra Battaglia sull’Altipiano.Nel bando di partecipazione
di Tornado, che se siete qui avete sicuramente tutti letto sul sito, ci ha
definiti gli “Eletti”.Pochi Eletti fra migliaia.Noi pochi….noi felici pochi!
Noi..manipolo di fratelli. Perché chiunque da oggi verserà il suo sangue con
me sarà mio fratello e non vedo nessuno, per quanto umile di nascita, che
non abbia un lampo di nobiltà negli occhi.Assaliamo il nemico dunque e le
nostre gesta saranno da oggi ricordate....fino alla fine del mondo!”
“Boia
chi mollaaa!”urlò Fulmine con le lacrime agli occhi alzando al cielo il suo
fucile.
Una
miriade di braccia tese si alzarono di scatto nel Saluto Romano ed il nostro
grido di battaglia riecheggiò per tutto l’Altipiano.Le sentinelle nelle trincee
ci riferirono poi che il nemico, sentendo il nostro urlo di sfida, si era
rintanato nelle sue postazioni.Ero felice e raggiante.Presi nota mentalmente di
ringraziare mio padre per avermi indotto a seguire studi classici.Questa volta
senza Shakespeare non me la sarei cavata.
Mi
riproposi di utilizzarlo ancora se se ne fosse presentata l’opportunità.Fulmine
proseguiva nella sua opera di eccitazione della truppa ed io mi rivolsi a lui
in tono canzonatorio.
“Fulmine,
non ti spaventa l’idea di beccarti una palla in fronte?”
“Per
la messa, Tommaso, dovessimo io e te soli combattere questa epica battaglia
assalirei il nemico a morsi”
Scesi
dalla cassa acclamato come un condottiero e mi diressi verso la mia tenda.Ad un
tratto avvertii una mano che mi prendeva per una spalla obbligandomi a
voltarmi.Era Vittorio trasfigurato dall’ira.Il ragazzo era rosso fuoco e gli
occhi parevano volergli schizzare fuori dalle orbite.Mi si avvicinò e mi urlò
in faccia tutto il suo disprezzo.
“Sei
un bastardo,Tommaso.Molti di quei ragazzi si faranno del male e forse qualcuno
morirà solo perché a te è rimasto in mente un fottuto brano dell’Enrico V.
Ma tu devi avere la tua parte di gloria, il grande Torquemada non può abbandonare
la partita. Mi fai schifo!” Sferrò un pugno con l’intenzione di colpirmi in
piena faccia. Glielo bloccai e gli torsi il braccio dietro alla schiena fino
a sentire lo schiocco sordo della spalla che si lussava.Vittorio emise un
grido roco, più di impotenza che di dolore.Lo spinsi lontano da me e dissi
“Tenente, siete sollevato dal vostro incarico per insubordinazione.”poi, rivolgendomi
a due istruttori che avevano osservato la scena, gridai “Prendete in consegna
il Tenente e mettetelo agli arresti”.I due scattarono sugli attenti e portarono
via il mio ex amico.
Arrivato
nella tenda mi medicai la ferita alla testa e la protessi con una garza meno
ingombrante del bendaggio precedente.Mi misi l’elmetto e gli occhiali scuri
(ora le orecchie potevano sorreggere le stanghette) e tornai verso il
cassone.Fulmine mi raggiunse fuori di se dall’eccitazione.
“Adesso
cosa facciamo,Tommy?”
“Fatti
riconsegnare tutte le vecchie munizioni e bombolette e distribuisci quelle
nuove.Fra mezz’ora voglio dare d’assalto all’Ortigara.Ah, a proposito, guarda
che Vittorio è agli arresti, quindi conferma a quel Camerata che si era offerto
volontario che è stato nominato sottotenente sul campo come avevo promesso.
Affidagli
il comando di una squadra di assaltatori della nostra Compagnia.Dagli quella di
Vittorio.”
Fulmine
annuì e corse via, anche se a sentire della punizione di Vittorio il sorriso
gli era morto sulle labbra.
Raggiunsi
le trincee dove, come in un dejà vu, trovai Antonio che scrutava le postazioni
nemiche col binocolo. Ci salutammo con un cenno del capo e mi misi anch’io in
osservazione.Il nemico era affaccendato come prima nelle sue manovre e non
pareva attendersi attacchi.
Riunii
gli ufficiali per illustrare loro il piano che avevo in mente. Il tragitto da
compiere, tranne per un breve tratto iniziale in discesa, era tutto in salita
fino a quota 2105.Offriva anche pochi ripari nel nostro senso di marcia, ve ne
erano molti di più a favore del nemico. Secondo i miei calcoli se avessimo
conquistato la vetta dell’Ortigara avremmo vinto la partita.Contavo di
sviluppare l’attacco basandomi sulla mia superiorità numerica di uomini
rispetto all’avversario.Mostrai ai miei ufficiali come intendevo attaccare il
nemico.
Gli incursori e gli assaltatori, poco più di settanta uomini, avrebbero dovuto conquistare la prima linea di trincee e liberarla per accogliere i duecento fucilieri.Una volta rintanati li dentro avremmo lanciato tutti insieme l’assalto finale alla seconda linea di trincee per poi dilagare sulla vetta della montagna.Nessuno ebbe niente da obiettare.Io, Fulmine ed Antonio guidavamo l’avanguardia.Valerio doveva restare indietro con i fucilieri.
Arrivati
a cinquanta metri dalla prima linea avversaria cominciammo a sentir fischiare
le pallottole sopra di noi.Ci lanciammo a terra con gli elmetti ben calcati
sulla testa.
“In
ordine sparso.State giù.”ordinai gridando a pieni polmoni “Capitano Romanagens!”
“Si
Tommaso. Dimmi”urlò di rimando l’ufficiale.
“Fuoco
di copertura al mio segnale”
“Va
bene” rispose l’altro alzando e riabbassando al testa velocemente.
Se
gli incursori di Antonio avessero fatto il loro dovere sarei piombato con i
miei cinquanta assaltatori sulla prima linea avversaria con una furia
dirompente.Nel frattempo le pallottole del nemico mi fischiavano sempre più
vicino.
“Come
ti chiami?” chiesi al ragazzo alla mia destra.
“Mi
chiamo Marco,Signore” rispose lui.
“Bene,
Marco, passa voce alla tua destra che
appena inizia il fuoco di sbarramento carichiamo”
“Signorsì,
Signore”fece lui voltandosi per comunicare il messaggio al Camerata successivo.
Fulmine
era alla mia sinistra e gli dissi di fare la stessa cosa.Non avevo idea di
quanti dei nostri fossero stati colpiti, di sicuro qualcuno lo era stato perché
avevo contato almeno una mezza dozzina di botti tipici della palla che colpisce
un elmetto.Respirai a fondo ed urlai il comando ad Antonio.
“Fuoco
di copertura!” grido lui ai suoi ragazzi “Fuoco a volontà!”
Ci
alzammo di scatto lanciandoci verso la trincea avversaria.
“Con
noi!” urlai con quanto fiato avevo in gola.Percorremmo una trentina di metri
protetti dal fuoco di Antonio poi, quando era ormai troppo tardi per tornare
indietro, accadde l’irreparabile.Oltrepassando una roccia entrammo nella linea
di tiro di una mitragliatrice che ci sparava addosso da una decina di metri.
“A
terra!” urlai rotolando di lato dietro ad un masso mentre un inferno di palle
decimava i miei uomini.
Il
ragazzo che si chiamava Marco lasciò cadere il fucile a terra portandosi le
mani alla bocca.Un copioso fiotto di sangue misto a vernice misto a tronconi di
dente gli colava lungo i polsi fino ai gomiti della divisa.
“A
terra Marco, a terra per l’amor di Dio!” gli urlai ma il poveretto restava
fermo in piedi barcollando ed emettendo un gemito basso ed infinito.Si voltò a
guardarmi come in trance ed io vidi l’orrenda caverna nera che aveva preso il
posto della sua bocca. “Gnignor Gnaitano?” mi chiese prima di essere investito
da una seconda raffica.La prima palla lo colpi al ginocchio che si spezzò come
un rametto secco.La seconda lo prese allo stomaco provocandogli un trauma tale
da far sì che la sua vescica si rilasciasse di colpo.Guardai inorridito la
macchia scura che si formò velocemente al cavallo dei suoi pantaloni.La terza
palla lo prese ad uno zigomo facendogli schizzare l’occhio sinistro fuori
dall’orbita, ancora attaccato però al nervo ottico.Si può ancora aggiustare
pensai come in un sogno.Non è rotto.Non è rotto.La quarta palla lo prese alla
spalla destra facendolo piroettare come una ballerina.L’occhio si comportò
esattamente come la pallina di un tamburello.
In
fine il ragazzo cadde a terra in una pozza di sangue.In quel preciso istante
compresi chi è un eroe.Un eroe non è, nella maggioranza dei casi, una persona
che scientemente compie un atto di valore straordinario.Un eroe è un uomo
frastornato che, oltrepassati lo sbigottimento e la paura, sente dentro di se
un vuoto infinito ed un silenzio totale.Dal fondo di questo silenzio, a poco a
poco e come da lontano, sente crescere una rabbia primordiale, un desiderio
irrinunciabile di far tacere la fonte delle sue emozioni.Sente arrivare questa
rabbia, fate solo un piccolo sforzo di immaginazione, come se udisse l’acqua di
una diga che va velocemente e potentemente a riempire le sue condotte.Poi la
rabbia esce dal suo budello e d’innanzi alla sua furia tutto esplode.L’uomo si
alza in piedi e da quel momento tutte le sue azioni vengono da lui vissute al
rallentatore mentre la sua mente, solo la sua mente, viaggia alla velocità
della luce.Molto lentamente afferra il suo fucile per la canna e si lancia
contro la mitraglia.Il soldato dietro al pezzo lo vede e corregge il
puntamento.Fa fuoco ma le palle sembrano non voler toccare la mostruosa
creatura che sta abbattendosi su di lui.Nella fretta del maneggìo la macchina
mortale si inceppa ed a nulla servono gli strattoni convulsi del mitragliere.
Nel frattempo l’uomo che brandisce il fucile come una mazza è a tre metri,è a
due metri , alza il calcio dell’arma verso il cielo e l’abbatte contro il suo
nemico.Questi, d’istinto, prova a proteggersi con un braccio e l’uomo col
fucile sente spezzarsi il radio e poi l’ulna prima che la sua micidiale mazzata
colpisca di sbieco il viso del suo avversario facendolo a brandelli.Il
mitragliere cade a terra mentre l’altro, come impazzito,continua a percuoterlo
col calcio del fucile.Questa azione, nella vita reale, è durata meno di dieci
secondi ma, nella testa dell’uomo si è protratta per molti minuti.Quando si
rende conto che il nemico non è altro che una spugna imbevuta di sangue, l’uomo
imbraccia il fucile nel modo corretto ed avanza verso la trincea avversaria
sparando un’unica raffica infinita.I soldati nemici, che erano rimasti immobili
ad osservare l’azione (un po’ come rimane immobile una lepre nel mezzo di una
via di campagna quando nottetempo viene abbagliata dai fari dell’auto che la
ucciderà), non fanno in tempo a capire che la loro ora è giunta che le raffiche
dell’uomo in corsa stanno già percotendo i loro petti,le loro braccia,le loro
teste.Oppure se ne erano resi conto ,ma l’immane potenza dell’uomo-eroe li
aveva ipnotizzati al punto da essere felici di cadere per mano sua.In omaggio
al capobranco.A questo punto tutto diventa confuso nella mente dell’uomo e si
siede a terra non accorgendosi nemmeno che, spronati dal suo gesto, i suoi
uomini stanno irrompendo nella trincea nemica facendo scempio degli avversari.
Nelle file di questi ultimi si diffonde il panico e, chi può, abbandona le armi
e fugge via oltre il costone, lontano dai suoi stessi Camerati e soprattutto
lontano dal nemico. Se Fulmine non me lo avesse giurato, non avrei mai creduto
di essere stato io a compiere quell’azione. Mentre me ne stavo seduto inebetito
nella trincea i fucilieri di Valerio davano d’assalto alla retroguardia
nemica.Fulmine si era impossessato della mitraglia ed urlando come un demonio
saltava di qua e di là falciando il nemico in rotta.
Alle
ore 15.00 di giovedì 17 agosto la quota 2105 dell’Ortigara era nelle nostre
mani.Dei 290 ragazzi partiti dal Passo dell’Agnella ne restavano 180.Gli altri
erano fuori gioco ed una decina di loro era ferita in modo veramente grave.Il
ragazzo che si chiamava Marco era fra la vita e la morte.L’elicottero rifece la
sua comparsa trasportando una specie di gabbia che portava venti barelle.Gli
istruttori vi inserirono i ragazzi feriti e il grosso velivolo se ne andò.I
“morti” di entrambi gli schieramenti vennero condotti ai rispettivi Campi dopo
aver tolto loro le piastrine.Facendo
bene i calcoli, Antonio mi comunicò che al nemico restavano non più di 67
uomini.Cercai di ordinare qualcosa a Fulmine ma era talmente zuppo di
adrenalina che non mi diede nemmeno retta.Il suo novello sottotenente, tale
Riccardo, fu lieto di eseguire l’ordine di avvertire tutti gli ufficiali di
schierare il reparto con assetto difensivo verso la Valsugana.Fu con immenso
piacere che rinvenimmo e sequestrammo una vera e propria cucina da campo
fornitissima.Dopo tre giorni di panini ,finalmente un piatto caldo.I ragazzi
del Genio si rivelarono degli ottimi cuochi e riuscirono a preparare pollo e
patate per tutti.Noi ufficiali cenammo nelle trincee insieme ai nostri Camerati
di truppa.
Con
questo espediente riuscii anche ad auscultare il polso dell’umore dei
soldati.Nella riunione degli ufficiali che seguì la cena si parlò proprio di
questo.Pareva proprio che i nostri ragazzi non fossero per nulla intimoriti
dalla sorte capitata ai loro commilitoni feriti.Erano invece orgogliosi di aver
partecipato alla conquista della quota 2105.Questa volta le funeste previsioni
di Vittorio non si erano avverate.Non completamente almeno.
L’unica
cosa che ci lasciava sbalorditi era la totale assenza di comunicazioni da parte
di Tornado. Giungemmo alla conclusione che fosse troppo occupato per la
questione dei veri feriti per pensare ad emettere comunicati. Ci ritirammo nei
nostri alloggi ed io lasciai a Fulmine l’incombenza di stabilire i turni per
l’ufficiale di picchetto, per la ronda e per le sentinelle.Dopo tempo
immemorabile la notte passò tranquilla e la mattina ci ritrovammo tutti per
l’alzabandiera.Dopo la colazione mi ritrovai con Fulmine ed Antonio per
decidere se fosse il caso di rinforzare le trincee almeno per tener occupati i
soldati.Mentre ci arrovellavamo su questo vitale interrogativo un fuciliere
arrivò correndo a perdifiato.
“Signor
Capitano Torquemada! Signor Capitano Torquemada!”
“Dimmi,Camerata,
cosa succede”
“Il
Passo dell’Agnella…..sono lì ….minchia quanti sono!”
“Che
cazzo stai dicendo,soldato? Prendi fiato e ricomincia da capo.Cosa succede al
Passo dell’Agnella?”
“Ci
sono centinaia di nemici.Stanno venendo qui.”
Un
conato di vomito mi aggredì violentemente lo stomaco.Come era
possibile?Centinaia di nemici?
“Fulmine”dissi
con un filo di voce “Fai suonare l’allarme e capovolgi il fronte.”
Mi
diressi di corsa verso il cippo commemorativo della Grande Guerra da cui si
poteva osservare il Passo.Presi il binocolo ed osservai la colonna di uomini
che effettivamente sostava sul pianoro della sella.Potevano essere 250/300
uomini, ma avevano le divise grigie e non brune.Lasciai cadere il binocolo che
oscillò legato alla sua bindella.Rinforzi? Feci cenno agli ufficiali che
stavano organizzando il trasferimento del fronte di fermare tutto. Antonio e
Fulmine mi raggiunsero con aria interrogativa.Mentre osservavamo le truppe
stanziate sul Passo dell’Agnella uno di loro a cavallo di una moto discese dal
Passo e si diresse verso di noi. Era un istruttore con una moto da trial. Con
delle evoluzioni degne di un professionista arrivò fino al cippo dove mi
trovavo.Mi porse un dispaccio sigillato con la celtica ghignante e, dopo avermi
salutato, fece piroettare la moto su se stessa e tornò verso il passo.Aprii il
dispaccio e ne diedi lettura agli altri due.
DA COMANDANTE CAMPO AUDAX2000 =SEDE=
AT COMANDO TRUPPE ALTIPIANO =SEDE=
PERCO COMANDANTE GENERALE =SEDE=
Pregasi
voler disporre affinché rinforzi costituiti da numero sei compagnie fucilieri
vengano assegnate at comando ufficiali esistenti.Est imperativo fermare
controffensiva ingenti forze nemiche stimate in numero venti compagnie
assaltatori provenienti Borgo Valsugana. Est imperativo tenere quota 2105 fino
at 26/08/00 data in cui verrete rilevati rincalzi freschi.
FINE-TORNADO
Ripiegai
il dispaccio e dissi a Fulmine di mandare un istruttore a prelevare i nostri
rinforzi.
“Venti
Compagnie.” fece Antonio preoccupato “Cazzo, Tommaso,ma sono mille uomini!”
“Una
passeggiata”sbottai io “Hai visto come si dovranno arrampicare per venire su da
Borgo?Ancora un paio di gradi di pendenza e dovrebbero salire in cordata”
“E
se passano dalla Cima Dodici o dal Cuvel?”
“E
se passano dalla Cima Dodici o dal Cuvel? Mamma mia che paura!”ripetei
scimmiottandolo.Mi pentii subito di aver sfottuto il Capitano Romanagens, era
un ottimo ufficiale anche se poco incline allo scherzo. “Dai, Antonio, non fare
quella faccia. Se attaccano dalla Dodici abbiamo quasi cinquecento uomini e
centinai di metri di trincee per fermarli.Anzi, sai che facciamo? Prendiamo
subito i trecento fucilieri che Tornado ci ha mandato, li dividiamo in squadre
di trenta e li affidiamo ai tuoi ragazzi del Genio.Sotto la tua guida
miglioreranno la nostra linea difensiva e gli facciamo anche riattare quelle stanze
scavate nella roccia che gli austriaci avevano così ben costruito.Visto che
dobbiamo star qui ancora otto giorni necessitiamo assolutamente di un circolo
ufficiali.O no?”
“Naturalmente”
rispose Antonio risollevato anche dall’incombenza affidatagli.Conoscendolo
sospettavo che la sua mente stesse già pianificando il lavoro da
svolgere.Tornammo al centro del pianoro ed a metà strada venimmo raggiunti da
Fulmine che confermò di aver inviato Persilli dai nuovi venuti.
Dopo
cena chiamai a rapporto tutti gli ufficiali per discutere delle importanti
novità accadute nell’arco della giornata. Rilessi ed illustrai l’ultimo
dispaccio di Tornado indicando su una mappa i punti ove il nemico avrebbe
presumibilmente tentato lo sfondamento.Distribuii gli opuscoli dove veniva
spiegato il funzionamento delle nuove armi che avevamo ricevuto via elicottero.
Nel pomeriggio, infatti, il velivolo era ricomparso trasportando un’altra cassa
gigante.All’interno, oltre al famigerato munizionamento di tipo B, trovammo
granate e sei mortai.Le granate altro non erano che delle sfere di plastica
della grandezza di un’arancia nella quale si potevano incastrare una trentina
di sferette tipo B.Ciò che si otteneva assomigliava ad un grosso lampone che,
una volta mandato a cozzare contro un ostacolo, liberava le palle lanciandole in tutte le direzioni.Era
sicuramente un’arma micidiale. I mortai, funzionanti a molla, servivano
semplicemente per lanciare le granate più lontano di quanto si potesse fare a
mano.A meno di non essere Babe Ruth o Joe DiMaggio.Decidemmo inoltre di
dividere il comando dei fucilieri, ormai più di quattrocento, affidandone la
supervisione ai capitani Valerio ed IlNero dotandoli dello speciale incarico
formale.Con gli incursori e gli assaltatori, rimasti in cinquantadue, creammo
una speciale compagnia chiamata “la temeraria” e ne affidai il comando al
capitano Principe, un tipo veramente cazzuto. Compito della temeraria era
quello di pattugliare da quota 2105 a quota 2003 ,passando dalla 2103 nord,
oltre che a tenere d’occhio il Cuvel da cui si poteva osservare discretamente
la Cima Dodici. Avevo notato che, per tutto il tempo della riunione, Fulmine ed
Antonio avevano mantenuto un atteggiamento burlesco.Si scambiavano sorrisetti
di complicità tornando subito seri se li osservavo
direttamente.L’atteggiamento, quasi usuale per Fulmine, era alquanto strano se
tenuto da Antonio.
“Ebbene?”
domandai loro una volta giunti alla fine della riunione “Si può sapere cos’è
che vi diverte tanto? Ho qualcosa di ridicolo scritto sulla schiena?”
“Nulla
di ridicolo.” Rispose Fulmine alzandosi “Tutt’altro che ridicolo direi.”
Venne
verso di me reggendo tra le mani un cofanetto largo e piatto di colore blu.
“Questo
ce l’ha dato uno degli istruttori arrivati stamattina.Te lo manda Tornado.”
“Che
cos’è?” domandai incuriosito.Il cofanetto conteneva una celtica ghignante d’oro
con fronde d’alloro incrociate appesa ad un nastro tricolore.Mentre osservavo
la decorazione con un groppo in gola Antonio si alzò a sua volta reggendo un
foglietto e dandone lettura.
“Con
Decreto del Direttore 18 agosto 2000 e' stata conferita la celtica d'oro al
valore al Capitano degli Assaltatori DeTorquemada Tomàs con la seguente
motivazione:
<durante
l’eroico assalto delle nostre fanterie alla quota 2105 del Monte Ortigara, il
Capitano DeTorquemada Tomàs, alla testa dei suoi uomini, si veniva a trovare
sotto il fuoco di una mitraglia. Resosi conto del mortale pericolo che i suoi
soldati correvano e vedendoli cadere attorno a lui, armato del solo fucile in
dotazione, si lanciava con impeto verso la postazione avversaria espugnandola,
nonostante l’intenso fuoco che questa stava su di lui scaricando.>
Splendido
esempio d’elevatissimo senso del dovere, sprezzo del pericolo e grande
abnegazione.
Campomulo,
lì 18 agosto 2000.”
Tutti
gli ufficiali si alzarono in piedi applaudendo. Mentre stavo ancora
ringraziando i miei ufficiali per la loro approvazione per la faccenda della
decorazione, un istruttore entrò trafelato nella tenda dello Stato Maggiore.
“Comandante…Comandante…
il tenente Vittorio è fuggito!Ha ferito la sentinella con un coltello e si è
messo a correre giù verso il Cuvel. I Camerati nelle trincee gli hanno sparato
dietro e devono anche averlo colpito, perché lo si è visto cadere e rotolare
giù per un bel pezzo di declivio.Poi però si è rialzato ed è scomparso
nell’oscurità.”
“Bastardo!”ruggì
Principe “Tommaso, lasciami andare con la temeraria! Ci pensiamo noi a
riportarlo indietro.”
Com’era
possibile? Vittorio poteva forse essere una spia del nemico? Certo, fin dall’inizio
era sempre stato un po’ negativista, ma fra questo e l’essere una spia….
Eppure.
Ripensai
a tanti particolari, piccole sfumature, cose insignificanti che prese
singolarmente non volevano dir nulla ma che, oggettivamente, ricollegandole con
un unico filo conduttore……No, non era possibile! Non potevo crederci.
Certamente era strano che avesse scelto di fuggire verso il Cuvel,
attraversando le sentinelle nelle trincee, piuttosto che verso il Passo
dell’Agnella dove non avrebbe incontrato nessuno fino ad Asiago.
“Allora,
Tommaso” insistette Principe “Più aspettiamo e più vantaggio gli diamo!”
In
ogni modo, traditore o no, era pur sempre un evaso ed andava riacciuffato.
“Vai
Principe” sospirai a malincuore “prendilo e riportalo qui.”
“Signorsì,
Signore!” urlò il possente Camerata fiondandosi fuori della tenda.Il silenzio
della notte fu disturbato dai brevi fischi della temeraria che iniziava la
caccia.
Il
ragazzo correva a rotta di collo nella parziale oscurità, mitigata dai tre
quarti di luna che splendevano nel cielo limpido.Il gomito gli doleva
terribilmente per quella maledetta palla di titanio sparata sicuramente a cazzo
storto e che lo aveva beccato solo per sfiga.Doveva aver leso qualche nervo
perché, al posto di scomparire del tutto, il dolore si stava trasformando in un
intorpidimento che prendeva quasi tutto il braccio.
Si
fermò a riprendere fiato.Quegli imbecilli lassù non lo avrebbero certo
inseguito. Aveva visto arrivare i rinforzi e questo lo aveva convinto che
Torquemada sapesse ormai delle venti compagnie che il bombardiere aveva messo
insieme.Gli organizzatori erano fin troppo zelanti nel non concedere mai troppo
vantaggio a nessuna delle due parti. In ogni caso quel pallone gonfiato di
Tommaso non avrebbe certo rischiato un suo reparto inviandolo verso una zona
che poteva essere potenzialmente occupata da mille uomini. Il pensiero riandò a
quando, mesi prima, il bombardiere aveva saputo del progetto Audax2000 e lo
aveva fatto iscrivere attraverso il sito di forzanuova.net anziché dal canale mIRQ
segreto con il quale si erano iscritti tutti i suoi Camerati. Ricordava ancora
i violenti pugni sulle spalle che doveva beccarsi ogni volta che salutava con
“sieg heil” o con “got mit uns”.Venti pugni per ogni errore.Era persino stato
costretto a tagliarsi i baffi ed a farsi crescere i capelli.E tutto questo per
niente.La sua missione era fallita miseramente.D’accordo, era riuscito a far
cacciare qualcuno con prove false o con la sobillazione, ma aveva mancato il
suo obiettivo principale. Cazzo, ci era andato così vicino. Con l’arrivo delle
nuove munizioni era quasi riuscito a far perdere il controllo della situazione
a quel tronfio somaro di Torquemada. Se ci fosse stato un altro al comando
sicuramente avrebbe perso almeno metà degli uomini, spaventati come sarebbero
stati di farsi del male con le sfere al titanio. Ed invece quel porco era
saltato fuori con quella cagata della battaglia d’Azincourt! Dio quanto lo
odiava. Ed aveva addirittura osato catturare il bombardiere. Fortunatamente il
giorno dopo, nel casino provocato dall’assalto delle sue schutz staffeln, era
riuscito a liberarlo tramortendo la sentinella. E quei somari non avevano avuto
il minimo sospetto.Ora però avrebbe dovuto affrontarlo ed il bombardiere
difficilmente perdonava coloro che fallivano. Una volta al suo cospetto avrebbe
dovuto implorarlo di concedergli un’ultima possibilità. Se gli avesse concesso
un paio di compagnie della loro wehrmacht gliela avrebbe fatta vedere lui a
quei buffoni.Si massaggiò il braccio destro, ormai completamente paralizzato, e
si avviò di buon passo verso la gola formata dal Cuvel e dalla Cima Dodici.
Arrivato
all’imboccatura della valle da dietro un masso comparvero due ragazzi in divisa
bruna che gli intimarono l’alt.
“Parola
d’ordine, Kamerad!” gli gridò uno dei due tenendolo sotto tiro col suo fucile.
“Blitzkrieg!”rispose
prontamente il ragazzo.
“Herr
Oberleutnant!” fece il primo scattando sull’attenti.
Vittorio
si avvicinò ed inspiegabilmente i due soldati lasciarono cadere le armi ed
alzarono le mani.
“Che
cosa fate? Sono dei vostri!” esclamò il ragazzo continuando ad avanzare.Solo
quando fu più vicino notò le due lame brunite che premevano contro la gola dei
suoi Camerati. Si girò di scatto sbattendo la faccia contro il granitico torace
di Principe.
“Aspetta,
posso spiegare”farfugliò reggendosi il braccio offeso “Fa tutto parte di un
piano di Tommaso, del mio amico Tommaso.Si si, mi ha mandato lui qui a spiare
il nemico.Certo a te non l’ha detto….”
Un
manrovescio da un quintale lo colpì in piena faccia e l’anello d’oro di
Principe gli devastò le labbra. Drogato di terrore, Vittorio non se ne rese
nemmeno conto e continuò nel suo delirio.
“Dai,
ascoltami un momento….Tommaso mi ha incaricato di spiare il nemico e mi ha
inviat…”
Un
secondo manrovescio di sinistro gli ruppe il setto nasale.In realtà fu una
fortuna che Principe non portasse anelli alla mano sinistra. Il naso di
Vittorio era comunque tutto spostato sulla destra.Incredibilmente egli credeva
ancora di poter convincere il capitano della sua fantomatica missione, anche se
le idee cominciavano a confonderglisi.Così come la vista.
“Ne
ne, nen fere kesì! Te pesse speghère egni kese.Te deke che Temmese…”
Un
montante al fegato lo fece piegare in due, postura ottimale per una ginocchiata
in pieno volto.Colpo che non si fece attendere e che lo risollevo diritto come
un fuso.La mascella pencolava di lato, stufa di stare attaccata a
quell’antipatica di una mandibola. Una cascata di sangue, vomito e saliva
sgorgò dalla bocca di Vittorio, gli occhi si ribaltarono all’indietro nelle
orbite e svenne contro il petto del Capitano Principe.
“Noo,
che schifo!” fece questi spostandosi e lasciandolo cadere a terra “Mi ha
sporcato la divisa, questo traditore bastardo porco! E porco bastardo!”
“Ehi
Principe!” fecero i due assaltatori che continuavano a tenere i due Kameraden
sotto la minaccia delle loro lame “Di 'sti due che ne facciamo?”
“Legateli,
imbavagliateli e portiamoceli appresso.Ma porca troia, adesso sto stronzo mi
tocca trasportarlo!”. Prese Vittorio per il cinturone della tuta da
combattimento e lo sollevò come fosse una valigia.
“Te
la do io la guerra lampo.A calci nel culo te la do.Come diceva mio nonno
buonanima ,I no pasaran! O il Piave o tutti accoppati!” Dopo mezz’ora la
temeraria rientrò fra le sue postazioni fischiettando l’Inno di Mameli fra gli
applausi di tutti i Camerati presenti.Tommaso, Fulmine ed Antonio attendevano
Principe in mezzo al pianoro.
Guardai
il Comandante della temeraria che portava il borsone-Vittorio come se fosse
vuoto.Aveva la divisa imbrattata di sangue ma, chissà perché, qualcosa mi
diceva che non fosse il suo. Con un sorriso smagliante lasciò cadere il fagotto
ai miei piedi, scattò sull’attento e salutandomi militarmente gridò “Capitano
Principe a rapporto,Signore! Il verme traditore, bastardo porco, è stato
catturato e riportato al campo come da ordine di consegna, Signore!” Guardai
Vittorio immobile per terra “Cosa gli è successo?”
“Il
verme traditore, porco bastardo, è caduto scappando,Signore!”
“Certo,come
no! E’ rotolato giù dall’Ortigara fino a Borgo Valsugana, poi è rimbalzato a
Primaluna e da lì è saltellato fino a Trento dove un treno lo ha preso in pieno
scaraventandolo sul Vezzena da cui è scapicollato fino al Cuvel. Se non lo
bloccavate a calci in bocca avrebbe fatto tutto il giro delle Tofane.”
“Ah
bhe…sissignore, e poi abbiamo beccato due nemichetti!” Due assaltatori
sospinsero i prigionieri al mio cospetto.Erano ovviamente impauriti, ma nemmeno
più di tanto.Per una frazione di secondo pensai di affidarli a Principe affinché
li interrogasse, poi tornai in me. Forse avrebbe ottenuto le informazioni delle
quali i due erano a conoscenza, ma sarebbero stati violati tutti gli articoli
della Convenzione di Ginevra in una sola notte. Decisi di consegnarli a Fulmine
che tuttalpiù li avrebbe fucilati evitando loro inutili sofferenze. Inviai, con
poche speranze, Vittorio all’infermeria da campo ed i due prigionieri furono
legati ad una catena nell’attesa che una delle grotte fosse preparata come
cella.
“Noi
ci facciamo un giro.”disse Principe con l’aria di chi la sa lunga “Magari ne
becchiamo qualcun altro”
“Porta
i tuoi ragazzi a dormire, piuttosto.Domani ci sarà un sacco di lavoro per
tutti.”
“Va
bene, Comandante” Sottolineò la parola comandante per far intendere che avrebbe
eseguito l’ordine contro voglia.Prima di andare a dormire passai
dall’infermeria ed il dottore mi rassicurò affermando che Vittorio non aveva
subito lesioni gravi.La mascella non era rotta ma solo lussata ed era stata
risistemata nella sua sede naturale.Due incisivi erano spezzati e con quelli
non si poteva fare nulla, così come per il naso.Il paramedico glielo aveva
raddrizzato ma non sarebbe stato mai più come prima.Le labbra erano state
cucite con un solo punto di sutura e si sarebbero presto sgonfiate.Al momento
sembravano due braciole. Mi avviai verso la tenda pensando a come sarebbe stato
felice l’assicuratore di Tornado quando tutti questi feriti gli avessero
presentato il conto.Controllai comunque nel mio portafoglio se avessi ancora la
cedola che avevo ricevuto al mio arrivo.C’era. Presi la motivazione della
medaglia e la rilessi tre o quattro volte prima di riporla nuovamente nel
portafoglio.Il cielo era ora completamente coperto, il giorno successivo non
avremmo avuto bel tempo.Mi sbagliavo. Durante quel che restava della notte un
vento caldo proveniente da nord aveva spazzato via le nuvole ed
all’alzabandiera il sole splendeva ad est del creato.Mentre Fulmine mi elencava
la forza presente notai che i Camerati della temeraria avevano apportato delle
modifiche alle loro divise. Dei gladi bruniti cerchiati d’alloro erano comparsi
sui colletti delle loro uniformi ed al posto dei berretti d’ordinanza portavano
un basco nero con un fregio che in distanza non distinguevo ma che non era
quello dei parà. Meditai su chi potesse essere lo “spacciatore” di fregi,
sicuramente un istruttore, ma decisi che in fondo non me ne importava un fico
secco.Se a Principe piaceva distinguere i suoi “temerari” dagli altri non sarei
certo stato io a far polemica.Al “rompete le righe” mi si avvicinò baldanzoso
domandandomi che ne pensassi delle sue trasformazioni. Le giustificò dicendo
che sarebbero state di sprone per tutti, ma io sapevo che non era quello il
vero motivo. Si mise sull’attenti mentre io ispezionavo la sua realizzazione.
Il fregio sul basco era un’àncora fra foglie d’alloro, almeno così sembravano,
dominata da un’ aquila.Il simbolo non mi era nuovo e tutto mi fu più chiaro
quando notai la placchetta metallica azzurra applicata sul braccio destro sotto
la celtica ghignante. Vi spiccavano un teschio con una rosa tra i denti ed una
grande “X” rossa alla cui destra c’era una a . La didascalia diceva
“flottiglia M.A.S”. Sorrisi.
“Un
po’ lontano dal Mediterraneo, eh marinaio?”
Rispose
indicando altri due stemmi metallici sul petto, all’altezza del cuore.Una era
un’àncora contornata da una catena, che mi pareva fosse stata attribuita a quei
reparti che dopo l’otto settembre del ’43 erano rimasti fedeli all’Asse.
L’altro era un’altra “X” rossa contornata d’alloro con sovrammontato un gladio
fiammeggiante.Non lo avevo mai visto e chiesi spiegazioni a Principe.
“E’
il simbolo del Battaglione Guastatori Alpini “Valanga”, Signore!”
“Guastatori
alpini “Valanga”? Ne voglio uno anch’io in ricordo della mia azione nella
guerra simulata”
“Certamente,
Signore! Chiederò a …”
“No!
Zitto lì! Non voglio sapere chi è il tuo pusher!”
Ce
ne andammo ridacchiando verso le trincee dove Antonio stava organizzando i suoi
uomini per i lavori di miglioramento delle difese. Ci illustrò per filo e per
segno come intendeva procedere.Nel suo progetto mancavano solo una
cattedrale,uno stadio ed un autosilo a sei piani.Gli augurammo buona fortuna e
ci dirigemmo verso Fulmine che stava percuotendo un mitragliere con il suo
frustino.
“Sei
un deficiente!” urlava Fulmine fuori di se “ Ti ho detto raffiche brevi!
Capisci bre-vi ? Vuol dire che devi tirare il grilletto per un secondo e poi
mollarlo! Così puoi aggiustare il tiro. Non devi star li aggrappato alla
mitraglia a sucarti tutti i duecento colpi uno in fila all’altro!Adesso li vai
a cercare giù per il pendio ed attento a non tirar su merda di capra.
Deficiente!” e giù un’altra frustata.
“Tenente
Fulmine,venite un attimo qui!”sbottai lanciando a Principe un’occhiata
d’intesa. Il flagellatore arrivò di corsa schiaffandosi esageratamente
sull’attenti.
“Comandi
Signor Comandante”
“Principe…..strozzalo.”
Il marinaio alpino si sporse in avanti ringhiando ed alzando la mani come
fossero artigli. Sembrava un orco. Fulmine face un passo indietro perdendo la
sua aria marziale.
“Alt!”
feci io “Lo strozzerai più tardi. Adesso gli devo parlare.” Principe si
ricompose mantenendo comunque un’aria feroce.
“Caro
Fulmine” gli dissi in tono paternalistico passandogli un braccio intorno al
collo e stringendoglielo un po’. Il tenente non tentò nemmeno di
divincolarsi.Osservava Principe con preoccupazione. “Qui non siamo sul Bounty.
Non puoi andartene in giro frustando i Camerati. Se combinano cazzate puniscili
come da regolamento, che ne so, fagli scavare una buca e poi fagliela ricoprire,
ma non li devi frustare. Sono stato chiaro? Fai segno di si con la testa o ti
do in pasto a Principe.” Fulmine eseguì prontamente ed io lo mollai.
“Bravo
ragazzo!” poi notando che il mitragliere se la rideva di gusto aggiunsi “E tu
che cazzo ti ridi? Prendi quel badile e scava una buca di almeno un metro e
mezzo di profondità. Quando avrai finito il Signor Tenente ti dirà che ci devi
fare.” Fulmine e Principe parlottavano e dall’espressione del Comandante della
Temeraria capii subito che stava descrivendo al tenente i suoi nuovi orpelli.
“Principe!”
dissi “Procurane uno anche a Fulmine di quegli stemmetti.Anche lui è un
valangatore.Adesso venite tutti e due con me che andiamo ad interrogare i
prigionieri”.Sui loro volti si dipinse un ghigno famelico e Principe cominciò a
fregarsi le mani.
“Ho
detto interrogare.Se poi il mio metodo dovesse fallire proveremo il vostro.”
Mentre ci dirigevamo verso la tenda dello Stato Maggiore illustrai ai miei due
Camerati come intendevo procedere.Un istruttore fu inviato a prelevare uno solo
dei prigionieri mentre io e Fulmine lo attendevamo nella tenda.Il prigioniero
fu fatto sedere sulla sedia di fronte alla mia scrivania da campo. Io mi ero
seduto composto dietro di essa mentre fulmine se ne stava mezzo seduto sul lato
destro con una gamba a penzoloni. Il ragazzo ci fissava con aria di sfida.
“Nome,Cognome,Grado
e Reparto per il verbale” iniziai guardando il prestampato d’interrogatorio.
“Del numero di matricola ce ne freghiamo”.Fulmine cominciò a giocherellare con
uno stiletto.
“Piero
Pipetta, fuciliere scelto, Schutz Staffeln.” Rispose il giovane.
“Piero
Pipetta? Mmm…sempre meglio di Pinco Pallino.Dunque , non ti faccio perdere
tempo, indicami su questa mappa dove sono dislocati i vostri reparti. Se
collabori tu ed il tuo Camerata ,che in questo momento dovrebbe essere sotto
interrogatorio del Capitano Principe…Non è vero tenente?”Guardai Fulmine con
aria interrogativa come per avere conferma di quanto avevo detto.Fulmine annui
senza mai staccare lo sguardo dal prigioniero.
“Dunque…se
collabori, o se collabora lui, ci limiteremo a tenerci le vostre armi e vi
rimanderemo ai vostri reparti.Se non collaborerete saremo costretti a passare a
metodi meno delicati.Questo ufficiale alla mia destra è un esperto nell’arte di
far parlare la gente.Nella vita civile era noto come il mostro di Lecco. Ma non
voglio spaventarti narrandoti le sue sordide gesta, mi basta dirti che ha
studiato da urologo. Allora, indicami dove sono i vostri reparti.”
“Piero
Pipetta, fuciliere scelto, Schutz Staffeln.” Ripeté il ragazzo con un sorriso
beffardo.
“Ho
capito. Sei un duro. Va bene, io ti capisco sai, anche io nella tua situazione
mi comporterei nello stesso modo.Allora rilancio l’offerta.Se ci dai le
informazioni che cerchiamo vi lasciamo andare con un nostro cimelio, che so…un
elmetto oppure una pistola da ufficiale, in modo che al vostro rientro nessuno
possa sospettare che siete stati catturati. Direte di aver inseguito un
ufficiale nemico e che lo avete conciato per le feste. Direte che poi è riuscito
a fuggire ma che avete il tal oggetto a riprova di quanto asserite. Voglio
rovinarmi, vi lascerò tenere anche le vostre armi così non dovrete
giustificarne la mancanza.Allora che ne dici?”
“Il
mio nome è Piero Pipetta e sono un fuciliere scelto delle Schutz Staffeln. E tu
mi puoi solo baciare il culo.”Fece il soldato sputandomi contro.Fulmine fece
l’atto di infilzarlo con lo stiletto ed io, come convenuto, lo fermai.Assunsi
un tono serio e minaccioso.
“Adesso
mi hai stufato. Io ho tentato d’essere gentile con te, ma vedo che non serve a
nulla. Forse è meglio che di te si occupino Fulmine e Principe. Ti ricordi di
Principe? E’ l’ufficiale che vi ha catturati questa notte.
E
non è una persona gentile.Di Fulmine ti ho già parlato.Io sono il Comandante di
questo reparto e non ho tempo da perdere” Mi alzai in piedi strattonando una
funicella con il ginocchio. La funicella correva, invisibile al prigioniero,
lungo il fondo della tenda ed una volta tirata provocava la caduta di una
lattina al di fuori dell’alloggiamento. Un urlo di dolore disumano si levò
dall’ esterno. Poi un altro ed un altro ancora sempre più affievoliti.Un
vociare confuso si alzò dal campo ed un istruttore irruppe nella tenda.
“Signor
Comandante….Signor Comandante. Il capitano Principe ha ucciso il prigioniero
strappandogli la carotide con le mani nude. E’ impazzito ed ha sete di sangue.
Si sta dirigendo qui applaudito da tutto il reparto.Che cosa possiamo fare?
Vuole uccidere anche l’altro che è qui con lei.” Crollai di schianto sulla sedia
portandomi le mani al volto.
“Dio
mio” mormorai “Lo ha rifatto.Fulmine ti avevo detto di tenerlo sotto Prozac!”
Fulmine fece spallucce.
Il
prigioniero aveva gli occhi sbarrati, sudava copiosamente e deglutiva in
continuazione.
“Ehi,
che cazzo state combinando? Io sono un prigioniero militare, non potete mica
fare così.Finche si scherza si scherza….ho i miei diritti….cazzoo!”
L’istruttore
fu acchiappato alle spalle e volò fuori della tenda. Principe strappò i lembi
che fungevano da porta e si palesò trascinandosi appresso quattro istruttori.
Grondava sangue dalle mani e dalla bocca, come se avesse sbranato qualcuno. Si
era addirittura messo un grembiale da macellaio, ormai tutto intriso di sangue
a sua volta. Mi coprii gli occhi ed abbassai lo sguardo cercando di reprimere
il riso.
“Datelo
a meeee!” urlò Principe agitando platealmente le braccia come in una
sceneggiata napoletana“Gli voglio strappare il cuore!”
Il
prigioniero, bianco in volto come un cencio, si girò verso di me, prese una
penna dalla scrivania e cominciò a disegnare cerchi e numeri sulla mappa. Era
come un fiume che rompe gli argini ed in un tempo brevissimo ci illustrò
minuziosamente la situazione tattica avversaria.Quando, dopo pochi minuti, il
prigioniero fu legato nuovamente a fianco del suo compagno, questi lo osservò
con aria interrogativa. Non si era mai mosso da lì.Fulmine, Principe ed i suoi
“temerari” si rotolavano per terra ridendo a crepapelle.
Dopo
che Principe ebbe finito di ripulirsi dalla vernice estratta dalle pallottole e
Fulmine di spiegare al mitragliere-scavatore come avrebbe dovuto riempire la
buca appena ultimata, tornammo a trovare Antonio ed i suoi “genietti”. Il
lavoro procedeva alacremente, le grotte erano diventate stanze ben pulite e con
il legno delle due casse portate dall’elicottero erano state realizzate porte e
persiane. La porta della cella era stata rinforzata con grossi bulloni e
borchie.Antonio mi assicurò che per il primo pomeriggio sarebbe stata pronta,
così come il circolo ufficiali.Aveva anche inviato un portaordini al Campo
Audax2000 con la richiesta di sacchi di tela, da riempire di terra, per
rifinire meglio le trincee.
Come
ultima incombenza, prima del pranzo, si doveva interrogare Vittorio.Ci recammo
in infermeria dove egli si trovava legato con delle cinghie contenitive alla
branda. Avere le informazioni non fu un problema, infatti appena scorse
Principe ci raccontò tutto quel che c’era da sapere.Fu invece abbastanza
problematico capire ciò che farfugliava, costretto com’era a parlare con la
mascella bloccata.
Dopo
pranzo mi appartai nella tenda dello Stato Maggiore per scrivere a Tornado il
rapporto concernente lo spione traditore.Gli descrissi la situazione con
dovizia di particolari assicurandogli che entro 48 ore glielo avrei inviato per
l’espulsione da Audax2000.Non potevo certo immaginare che 48 ore dopo nessuno
avrebbe più potuto lasciare la quota 2105 dell’Ortigara.
Nel
pomeriggio andai a presenziare la dimostrazione organizzata da Fulmine: i tiri
con le mitraglie e con i mortai. Tutti avevano imparato alla perfezione anche
se Fulmine doveva aver avuto diversi travasi di bile, almeno a giudicare dalle
numerose buche richiuse disseminate per il campo. Prima di cena Principe
rientrò con i suoi uomini dalla ricognizione fatta per verificare le informazioni
del prigioniero.Tenemmo una breve riunione nel nostro nuovo circolo ufficiali.
Antonio aveva svolto un lavoro egregio.Il Comandante della temeraria confermò
tutte le informazioni in nostro possesso aggiungendo che aveva visto dei mortai
simili ai nostri ma grandi il doppio.Evidentemente il bombardiere aveva in
mente di cannoneggiarci per bene prima di assaltarci.Non era un problema da
poco, infatti il pianoro era relativamente poco esteso rendendo quindi alta la
concentrazione dei soldati e se mortai più grandi significavano granate più
grosse era un guaione coi baffi.
Ci
spremevano le meningi per trovare una soluzione.Come sempre la risposta giusta
si nascondeva dietro le cose più ovvie, ma fu Fulmine a pensarci.
“Perché
non usiamo delle reti? Mettiamo anche che la palla sia grande il doppio della
nostre, quanto potrà pesare? Al massimo sugli ottocento grammi. Se noi copriamo
i punti più importanti con delle reti quando il proiettile impatta la rete si
flette e quello non scoppia. Potremmo persino ciularci le sferette e la
bomboletta d’aria compressa e riutilizzarle per le nostre granate.”
Restammo
tutti a bocca aperta. Fulmine aveva sempre dimostrato un coraggio da leone ma
fino ad allora non aveva mai contribuito alle questioni tattiche.Anzi, le aveva
sempre considerate un po’ noiose.Ma le sorprese non erano ancora finite,
infatti aggiunse “Ovviamente non possiamo richiedere delle semplici reti a
Tornado perché fiuterebbe l’imbroglio, ma se noi gli chiediamo quelle reti
mimetiche che usano anche nell’esercito magari non pensa all’uso che ne
vogliamo fare”. Tutti acclamarono Fulmine ed io mi misi a compilare
immediatamente il modulo per la richiesta.Chiesi anche cavi,carrucole e
sostegni.
“Principe,
manda due dei tuoi uomini al Campo Audax2000. Meglio non usare un semplice
portaordini vista l’importanza strategica di questa roba.Di loro di volare come
falchi.Se tutto va bene per domani riusciremo ad averle insieme ai sacchi di
tela.”
Quella
sera cenammo al circolo ufficiali ridendo dei fatti della giornata e Principe
dovette ripetere molte volte la gag del maniaco squartatore usata
nell’interrogatorio.Non c’era nulla da fare, possedeva un talento naturale.
La
mattina successiva, dopo l’alzabandiera, riapparve l’elicottero con il solito
cassone.Lo depositò a terra e poi atterrò a sua volta.Dall’elicottero, oltre ai
due piloti, scesero i messaggeri da noi inviati e Don Alfredo che veniva a
celebrare la Santa Messa della domenica. Fu una funzione bellissima e toccante.
Un luogo come la vetta dell’Ortigara, il Calvario delle penne mozze, ti fa
sentire vicino a Dio in un modo molto particolare.
Eravamo
tutti molto commossi ed io e Fulmine sfoggiavamo i nostri nuovi stemmini del
Battaglione “Valanga”.Per l’occasione avevo fatto decorare la nostra bandiera
con la mia medaglia.
Ripartito
Don Alfredo ci lanciammo verso il cassone e lo aprimmo. Tornado non aveva
dimenticato nulla.
Per
tutta la mattina, il pomeriggio e buona parte della sera lavorammo freneticamente
per completare le nostre difese anti-artiglieria. Antonio aveva progettato
addirittura un sistema di contrappesi che rendeva l’operazione di facile ed
immediato utilizzo.L’onore del collaudo fu ovviamente attribuito a Fulmine.
“Prova
ora!” gridò Antonio. Fulmine tirò una leva e, come se fosse lo spinnaker di una
barca da regata, il sistema di reti si sollevò a protezione delle trincee e di
circa metà del pianoro.Spinse la leva e come per incanto le reti si riavvolsero
su loro stesse.Applausi e fischi festanti si protrassero per un bel pezzo.
Dopo
cena organizzammo i compiti per il giorno dopo.Principe con la temeraria
sarebbe sceso al Cuvel all’alba per controllare che stavano facendo quei vecchi
burloni in divisa bruna, mentre Valerio ed IlNero avrebbero dovuto studiare una
turnazione in modo da avere sempre almeno duecento fucilieri in trincea. Io e
Fulmine avremmo pensato a dove dislocare i mortai per avere la massima
copertura, mentre Antonio avrebbe fatto mettere i sacchi di terra sulle
trincee.
Andammo
a dormire ignari di passare l’ultima notte tranquilla sull’Ortigara.