Si, avete letto bene.Non parliamo del notissimo Compagno Peppone di guareschiana memoria, bensì del Compagno Pappone.La scena si svolge solo un po’ più in là di Brescello, a Modena,in uno dei tanti,troppi,centri sociali italiani.Forse se in un luogo di perdizione,soprattutto dell’igene,come quello ci fosse stato veramente un Don Camillo il verminoso Pappone non sarebbe riuscito nei suoi orrendi misfatti. Quindi,dopo le legnate fra i centri sociali Eternit e Samir di Treviso,ci giunge notizia anche di alcune loro edificanti attività ricreative come la pornografia.Ci piacerebbe sapere se l’amministrazione modenese ha,pur anche indirettamente,stanziato fondi pubblici a favore della simpatica attività di questo centro sociale.
Tornado™
Questo
scritto è stato preso dalla miling list movimento@edn.org
del centro sociale Leoncavallo di Milano in data 26/07/00.Per renderla meno
pesante alcuni pezzi sono stati stralciati (omissis).Il testo completo è
disponibile ciccando sul link in fondo alla pagina.
Quello
che segue è un testo che risale allo scorso autunno, che pubblicammo allora
come “allegato” al Foglio del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario.
Lo riproponiamo ora perché riteniamo che, benchè esso affronti fatti non certo
recenti e sicuramente ormai non più sconosciuti, possa costituire materiale per
il dibattito - quanto mai attuale ed urgente ora- sulle forme di maschilismo/sessismo
presenti, in forme palesi o striscianti, in molte realtà dell’antagonismo
sociale e politico, ma soprattutto, sulla necessità di una lotta delle compagne
che sappia porre con forza le discriminanti autenticamente rivoluzionarie,
assumendosi la sfida della costruzione di “centri sociali al femminile”. L’esperienza del Collettivo Pantere Rosse di
Modena, lungi dall’essere un episodio isolato, si connota, invece, anche alla
luce dei recenti fatti e delle prese di posizione sulla questione dello stupro,
come la punta di un iceberg, espressione sintomatica della degenerazione di
molti gruppi e luoghi del cosiddetto antagonismo ad opera dell’ideologia
borghese e maschilista che spesso corrode e corrompe sedicenti compagni e
rischia di annientare le energie ed il protagonismo di tante compagne
(OMISSIS)
Abbiamo
avuto modo di leggere, nei giorni scorsi, il comunicato dei compagni di Modena
Antagonista sulla loro fuoruscita dal centro sociale XXII Aprile di Modena.
Le
loro parole ci hanno confermato la bontà
delle ragioni che ci hanno portate, due anni fa, a fare la loro stessa
scelta, cioè ad andarcene e dissociarci completamente da una realtà che, aldilà
della retorica sui “compagni”, sull’
“antagonismo”, sulla “aggregazione alternativa”, sulla “diversità come
scelta di vita”, ci si è mostrata (due anni fa, non nelle ultime settimane),
col suo volto più squallido, quello di un becero maschilismo, improntato al
disprezzo per le donne e per il Collettivo Femminista nato all’interno del
Centro Sociale in particolare, con una serie di figuri che si auto definivano
“compagni”, che ci chiamavano abitualmente “pantegane rosse” e che, di
regola, mettevano in discussione la legittimità della stessa esistenza di un
collettivo femminista ogni volta che abbiamo tentato di porre in discussione
all’interno dell’assemblea (che avrebbe dovuto essere il momento di confronto
politico interno del Cs) le tematiche che affrontavamo come compagne.
(OMISSIS)
Quello
che, caso mai, ci stupisce, è la “lettera aperta al movimento” di Enrico
Semprini, una lettera che potremmo definire (anzi la definiamo proprio) la
lettera ipocrita di un personaggio ipocrita. Nella sua lettera, infatti,
Semprini, cerca di dare di sé l’immagine di un “compagno” sensibile e
“problematico” che ha commesso “un errore di sottovalutazione”, ma lo ha fatto
“in buona fede” e perché “un anno e mezzo fa” si era trovato davanti a dei
cattivoni (di cui noi chiaramente facevamo parte) ed ora si trova a subire una
situazione da lui non voluta. Beh, francamente la pensiamo in maniera molto
diversa.
Abbiamo
già prodotto un documento che ricostruiva il percorso che ci ha portate ad
uscire dal CS XXII Aprile, che abbiamo fatto circolare principalmente all’interno
del movimento femminista e che è stato pubblicato dal Foglio MFPR e dalla
Bollettina, lo metteremo anche in rete nei prossimi giorni per completezza di
conoscenza. Qui riassumiamo in breve e, per quanto ci riguarda, per l’ultima
volta (ne abbiamo anche le ovaie piene), i fatti. Nel’96 una compagna, da poco entrata nel Collettivo, ci
confidò di essere stata avvicinata, di fronte all’ingresso del CS, da un
“compagno” ben conosciuto e membro effettivo del CS stesso, che le aveva
offerto di partecipare alle riprese, gestite da certi suoi amici, di film porno,
per un compenso che poteva variare dai 5 ai 7 milioni, cifra sulla quale lui
avrebbe poi ricavato una percentuale. Non abbiamo reso subito pubblico il
fatto, primo perché la compagna in questione era comprensibilmente sconvolta e
terrorizzata dall’idea di parlarne in assemblea, di fronte ai compagni maschi
tra i quali il pappone aveva diversi amici e terrorizzata dall’idea di non essere creduta (e
qui sì che si può parlare a ragion veduta di “stupro psichico”) e,
secondo, perché noi stesse non avevamo ben chiara la posizione da prendere. In
poche parole, avevamo paura di prendere una posizione di tipo moralistico
anziché politico, di passare per bacchettone e sessuofobiche.
Nei
mesi seguenti abbiamo allora svolto un lavoro prevalentemente di studio ed
inchiesta che si intrecciava con un altro lavoro già avviato sulla
prostituzione che, notoriamente, a Modena è molto presente. Abbiamo letto e
dibattuto diversi libri che affrontavano il problema della pornografia e della
censura da un punto di vista femminile/femminista, soprattutto in riferimento
al dibattito in corso tra le diverse correnti del femminismo americano. Abbiamo
persino visionato collettivamente alcuni film porno per farci un’idea
diretta del contesto nel quale il corpo femminile veniva inserito. Abbiamo,
infine, prodotto un documento sulla questione: “Come i padroni”, nel quale
tiravamo le conclusioni del nostro lavoro (nei prossimi giorni provvederemo a
mettere in rete anche questo). A questo
punto abbiamo cercato più volte di convocare momenti di discussione misti per
presentare i nostri documenti sulla prostituzione e la pornografia e discuterli
anche insieme ai “compagni”. Il nostro obiettivo era quello di arrivare a
definire dei “paletti” condivisi su queste questioni, che ci permettessero poi
di affrontare in assemblea il caso specifico da un punto di vista politico,
senza scadere nei personalismi o in un dibattito astratto. Fin dall’inizio,
però, abbiamo potuto constatare che l’adesione ai momenti di confronto, per
certi “compagni”, era più l’occasione per mostrare un’accondiscendenza di
facciata, per sottolineare il loro “essere compagni al 100%”, piuttosto che una
vera volontà di confronto. Risultato: niente di niente. L’atteggiamento degli
pseudo compagni (alcuni dei quali, abbiamo saputo dopo, perfettamente a conoscenza dei “traffici”
del “compagno” pappone ) era, nella maggior parte dei casi, quello di
snobbare le discussioni, o di sfruttarle, per, appunto, mettere in discussione la
legittimità del Collettivo Femminista, rifiutando, loro sì, qualsiasi confronto
sul merito delle posizioni del Collettivo stesso. Campione di questa seconda
discussione era proprio il Semprini che, con la collaudata tecnica del colpo al
cerchio e poi alla botte, da un lato faceva mostra di non condividere appieno
le tesi degli antifemministi, il cui leader era, guarda caso, il “compagno”
pappone, dall’altro, però, accettava le loro argomentazioni e proponeva
improbabili “gruppi misti” di discussione astratta sul “rapporto uomo - donna”
genericamente inteso, nei quali
personaggi come il “compagno” pappone avrebbero avuto pari titolo con le
compagne a discutere quello che le donne dovevano o non dovevano fare per la
costruzione di un “immaginario comunista”. Capito il “compagno” Semprini? Nel corso del ‘ 97 la situazione del CS XXII
Aprile si è deteriorata notevolmente. Da un lato gli ultras che frequentavano
il CS soprattutto per la vicinanza con lo stadio, sono usciti dal centro in
quanto l’assemblea si era rifiutata a maggioranza di aderire alla loro
posizione sugli spacciatori davanti al centro stesso: “Bastoniamo tutti
quelli con la pelle scura e i riccioli, se qualcuno di loro non è uno
spacciatore verrà dalla nostra parte.”. Dall’altro, con l’uscita degli
ultras, il Semprini si è trovato ad essere quasi sempre in minoranza
nell’assemblea e ha cominciato a partecipare sempre meno alla gestione
effettiva del CS e a teorizzare che esisteva un “gruppo segreto” che si era
impadronito dell’assemblea. In questa
bella situazione siamo arrivate alla determinazione di affrontare apertamente
il problema, anche perché nel frattempo la compagna che era stata oggetto delle
profferte aveva acquistato confidenza nei propri mezzi ed era uscita dallo
stato di senso di colpa che sempre prende le donne che hanno subito abusi di
tipo sessuale.
Abbiamo
cercato di convocare un’assemblea in cui si discutesse del fatto e a cui
partecipassero anche il “compagno” pappone e perfino gli ultras. Questo
per dire quanto fosse lontana da noi qualsiasi ipotesi di “complotto”. Una
nostra compagna ha telefonato al “compagno” pappone per chiedergli di
essere presente e si è recata persino nel luogo dove si riunivano gli ultras
(riunioni a cui partecipava anche il Semprini) per invitarli. Non ha
specificato il contenuto dell’assemblea perché volevamo evitare che questa si
trasformasse in un processo, che si preparassero le solite difese d’ ufficio,
si portassero i soliti “testimoni a discarico” etc …Forse abbiamo sbagliato in
questo, ma attaccarsi a questo per giustificare quanto è avvenuto, come fa il
Semprini, è attaccarsi alla forma per nascondere il contenuto. E’ mostrare una
coda di paglia lunga un chilometro. In
sostanza, all’assemblea, a parte i soliti compagni e compagne che gestivano di
fatto le attività, si è presentato il solo Semprini, accompagnato dalla propria
compagna. I due si sono categoricamente rifiutati anche solo di stare ad
ascoltare la compagna che voleva raccontare la propria esperienza, adducendo
solo “questioni di metodo”, scaricando un torrente di invettive sulla compagna
che aveva gestito le comunicazioni fino a farla piangere e poi andandosene
affermando in tono minaccioso “ci vedremo la settimana prossima”.
Come
volevasi dimostrare, la settimana successiva l’assemblea era veramente
affollatissima, come afferma la “lettera aperta” del Semprini, e lo era perché
i due terzi dei presenti erano ultras mai visti prima in un’assemblea del CS o
nella gestione delle sue attività, chiamati a rinforzo dal Semprini e dal “compagno”
pappone.
(OMISSIS)
Capito
il Semprini che “compagno”? Qualcuna, o anche qualcuno, potrebbe veramente
distinguere questo delirio dalle oscene banalità degli estremisti della
supremazia dell’uomo sulla donna, quelli per intenderci, che considerano la donna
inferiore in quanto, appunto, preda delle emozioni e dei sentimenti e, quindi,
non razionale? Siamo proprio sicure che questo tipo di argomentazione non
troverebbe ospitalità in qualche gruppo neonazista tipo Forza Nuova?
E
che dire poi del presunto “stupro psichico” che noi avremmo attuato ai danni della
convivente del “compagno” pappone, quando tutti sanno che questo ha girato
alcune scene dei suoi filmini in una mansarda di proprietà del Semprini , il
quale aveva dato le chiavi per andarci a “scopare” con altre ragazze
all’insaputa di quella stessa convivente? Forse per il Semprini tutelare le compagne
da stupro psichico significa semplicemente nascondergli le cose che attengono
alle “faccende tra uomini”? Alla fine
dei conti, nonostante la ferma volontà del Semprini e soci di trasformare
l’assemblea in un processo al Collettivo Femminista e ai compagni che si erano
schierati dalla sua parte, grazie alla nostra cocciutaggine nel voler mantenere
la discussione sul punto vero, siamo riuscite a fare esprimere qualche pseudo
compagno sul busines del porno. Per la precisione: il “compagno” pappone,
nel corso dell’assemblea, ha cambiato versione 4 volte: prima ha negato di
avere fatto profferte, poi ha detto che si era trattato di uno scherzo, poi ha
detto che “se anche fosse vero io queste offerte le ho fatte davanti al centro
sociale e non al suo interno (?!?!?!)” e, infine, ha concluso che “e anche se
fosse non c’è niente di male, quello che fa uno fuori dal CS sono fatti suoi”.
Poi un altro pseudo compagno, nel silenzio imbarazzato dei più, ha appoggiato
il pappone dicendo che lui ad un busines del genere avrebbe partecipato
volentieri, ed infine è intervenuto il Semprini, perché, care compagne e cari
compagni, non è per niente vero che il “candido” Semprini, come tenta di fare
intendere nella sua “lettera aperta”, non abbia preso posizione sulla
questione, l’ha presa eccome.
(OMISSIS)
Insomma,
la conclusione è nota. Noi abbiamo chiesto all’assemblea di pronunciarsi su una
questione che consideravamo dirimente: la tollerabilità o meno, all’interno di
un centro sociale, delle attività del “compagno” pappone: la maggioranza
di un’assemblea drogata, capeggiata dal Semprini, si è schierata per il sì, e
noi, assieme ai compagni del Collettivo politico del CS, abbiamo preso e ce ne
siamo andate.
Francamente
del destino del XXII Aprile di Modena ce ne frega meno di niente, per noi è
morto quella sera e quella che gli è sopravvissuta in questi due anni è stata
una caricatura squallida e vergognosa.
Quelle
che, casomai, ci interessano, sono due cose:
Impedire
che personaggi come il Semprini, promotori e responsabili dello stato di
squallore del XXII Aprile, tentino di rifarsi una verginità sparando balle ed
atteggiandosi per quello che non sono, e, soprattutto, che tra le compagne che,
bene o male, come noi, agiscono nei centri sociali, o ne sono figlie, possa
svilupparsi il confronto e la lotta contro il maschilismo che è presente nel
Movimento Antagonista, e, anzi, lo permea fin nelle ossa, assumendo ora forme
eclatanti, come a Modena, ora forme sottili ed insidiose (come la
minimizzazione o il buttare tutto sul piano della morale o di una presunta
“libertà” di fare o non fare), le quali, tutte, convergono, però, a negare la
necessità ed il valore della battaglia per la libertà e l’autodeterminazione
delle donne e finiscono per riprodurre, anche all’interno dei CS e del
Movimento, il meccanismo patriarcale - capitalista di dominio degli uomini
sulle donne.
Modena,
ottobre 1999
COLLETTIVO
FEMMINISTA PANTERE ROSSE