Quello
che segue è un testo che risale allo scorso autunno, che pubblicammo allora
come “allegato” al Foglio del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario. Lo
riproponiamo ora perché riteniamo che, benchè esso affronti fatti non certo
recenti e sicuramente ormai non più sconosciuti, possa costituire materiale per
il dibattito - quanto mai attuale ed urgente ora- sulle forme di
maschilismo/sessismo presenti, in forme palesi o striscianti, in molte realtà
dell’antagonismo sociale e politico, ma soprattutto, sulla necessità di una
lotta delle compagne che sappia porre con forza le discriminanti autenticamente
rivoluzionarie, assumendosi la sfida della costruzione di “centri sociali al
femminile”. L’esperienza del Collettivo
Pantere Rosse di Modena, lungi dall’essere un episodio isolato, si connota,
invece, anche alla luce dei recenti fatti e delle prese di posizione sulla questione
dello stupro, come la punta di un iceberg, espressione sintomatica della
degenerazione di molti gruppi e luoghi del cosiddetto antagonismo ad opera
dell’ideologia borghese e maschilista che spesso corrode e corrompe sedicenti
compagni e rischia di annientare le energie ed il protagonismo di tante
compagne. Ma la lotta aspra e dura
condotta dalle compagne all’interno del CS XXII Aprile è anche l’espressione
della radicalità necessaria per il rovesciamento totale di questo sistema, a
partire dall’intransigenza verso tutte le forme del sistema borghese e
capitalistico che spesso si riproducono anche tra i compagni e le realtà di
movimento e dalla rottura di tutte le catene, materiali o ideologiche,
dell’oppressione femminile.
L’esperienza delle compagne di Modena è stato uno degli spunti di
dibattito all’interno dell’assemblea nazionale del MFPR dello scorso 21 maggio;
dal loro resoconto ha preso il via una discussione ampia e ricca sulla
“necessità di scatenare la ribellione delle compagne” per la costruzione di
“centri sociali al femminile”, in cui la direzione effettiva sia delle compagne
e di un’ideologia autenticamente rivoluzionaria che si ponga l’ obiettivo della
“rivoluzione nella rivoluzione”, dell’abbattimento di ogni concezione e pratica
che riproduca, esplicitamente o meno, concezioni e pratiche dell’ideologia
dominante.
Saranno
presto disponibili sia il verbale dell’assemblea, sia un documento che le
compagne di Modena stanno curando, con l’obiettivo di convocare a breve una
specifica assemblea su queste esperienze e sui temi ad esse connessi.
CONTRO
LE STORIACCE DEI CENTRI SOCIALI
SCATENIAMO
LA FURIA DELLE COMPAGNE
CENTRI
SOCIALI AL FEMMINILE
Pubblichiamo
un recente intervento del Collettivo Pantere Rosse di Modena, che ritorna con
la denuncia/ lotta contro le pesanti posizioni maschiliste/sessiste, con le
loro diverse sfaccettature –in questa occasione le compagne, in particolare,
bollano e smascherano le espressioni sottili ed insidiose di queste posizioni-
ma tutte reazionarie/ borghesi nella sostanza, presenti nel centro sociale di
Modena, ma non solo, visto che qualche mese fa si sono presentate in forme
identiche a Torino contro le compagne “Rosse fuoco”, e sono agenti, in forme
più o meno organiche, più o meno collettive, in altri centri sociali o
organismi antagonisti, ma che spesso, purtroppo, non escono neanche fuori.
Non
si tratta di fatti episodici, né passati, per questo ne riparliamo; ma ne
riparliamo soprattutto rivolgendoci alle compagne presenti nei centri sociali e
nei movimenti di opposizione: non si può subire in silenzio, in nome di una
falsa idea di “panni sporchi che si lavano tra compagni”, o, peggio, accettando
la versione “anti repressiva”, “anti moralistica”, “espressiva/liberatoria”, in
realtà interessata, di nuovi gestori liberal/borghesi di centri sociali che
vogliono usare l’antagonismo per avere solo propri spazi o opportunità
bassamente economiche, e che sono radicalmente contro le donne e una vera
rivoluzione. Né ci si può limitare a lamentarsi e denunciare; diceva una
vecchia canzone :”ma che ti lamenti, prendi il bastone e tira fuori i denti”.
Questo tipo di centri sociali vanno distrutti!!! Le compagne costruiscano nuovi
centri sociali “al femminile”, a direzione delle compagne, e di una vera
ideologia rivoluzionaria comunista che non si accontenta delle apparenze, delle
forme, ma pretende una reale lotta all’insieme delle concezioni e pratiche
borghesi/maschiliste. Questa è una
battaglia rivolta a tutte le compagne, che pur non subendo i pesanti fatti come
quelli di Modena o Torino, agiscono troppo spesso da “comparse”, sono in
“seconda fila”, non hanno un ruolo di decisione negli organismi, nel movimento,
nelle iniziative, delegano ai compagni.
La nostra risposta a tutto questo è il movimento femminista proletario
rivoluzionario, perché è necessaria la ribellione e la lotta e il protagonismo
delle donne, perché questa lotta sia espressione delle donne che effettivamente
in questa società non hanno nulla da perdere, perché vogliamo il rovesciamento
totale di questo sistema, e questo non è possibile eliminando solo alcune
catene e lasciando immutata la doppia catena dell’ oppressione, antica o
moderna che sia, delle donne.
Abbiamo
avuto modo di leggere, nei giorni scorsi, il comunicato dei compagni di Modena
Antagonista sulla loro fuoruscita dal centro sociale XXII Aprile di Modena.
Le
loro parole ci hanno confermato la bontà
delle ragioni che ci hanno portate, due anni fa, a fare la loro stessa
scelta, cioè ad andarcene e dissociarci completamente da una realtà che, aldilà
della retorica sui “compagni”, sull’
“antagonismo”, sulla “aggregazione alternativa”, sulla “diversità come
scelta di vita”, ci si è mostrata (due anni fa, non nelle ultime settimane),
col suo volto più squallido, quello di un becero maschilismo, improntato al
disprezzo per le donne e per il Collettivo Femminista nato all’interno del
Centro Sociale in particolare, con una serie di figuri che si auto definivano
“compagni”, che ci chiamavano abitualmente “pantegane rosse” e che, di regola,
mettevano in discussione la legittimità della stessa esistenza di un collettivo
femminista ogni volta che abbiamo tentato di porre in discussione all’interno
dell’assemblea (che avrebbe dovuto essere il momento di confronto politico
interno del Cs) le tematiche che affrontavamo come compagne.
Per
intenderci, l’argomentazione era sempre la stessa:” Non capisco perché
rifiutate il confronto con gli uomini e non li volete alle vostre riunioni” (e
questo, si badi bene, mentre cercavamo di esplicitare e discutere coi
“compagni” proprio il dibattito delle nostre riunioni), “ Ma cosa volete, a che
serve un collettivo femminista, non siamo tutti compagni?” e così via.. Per tornare alla questione specifica che ha causato l’allontanamento dei compagni
di Modena Antagonista dal XXII Aprile, in altre parole l’ospitalità gentilmente
concessa da quella struttura a gente che la utilizza per contattare ragazze per
girare film porno, dobbiamo dire di non essere stupite; siamo state noi a
segnalare per prime il problema e a tentare di discuterlo nel ‘97, e ci fa
piacere avere, oggi, conferma che avevamo visto giusto, che non siamo poi le
uniche a considerare necessaria la rottura, la denuncia e lo smascheramento
dello squallore sessista, maschilista e, in definitiva, reazionario,
organizzato in forma di Centro Sociale che è il XXII Aprile di Modena.
Quello
che, caso mai, ci stupisce, è la “lettera aperta al movimento” di Enrico
Semprini, una lettera che potremmo definire (anzi la definiamo proprio) la
lettera ipocrita di un personaggio ipocrita. Nella sua lettera, infatti,
Semprini, cerca di dare di sé l’immagine di un “compagno” sensibile e
“problematico” che ha commesso “un errore di sottovalutazione”, ma lo ha fatto
“in buona fede” e perché “un anno e mezzo fa” si era trovato davanti a dei
cattivoni (di cui noi chiaramente facevamo parte) ed ora si trova a subire una
situazione da lui non voluta. Beh, francamente la pensiamo in maniera molto
diversa.
Abbiamo
già prodotto un documento che ricostruiva il percorso che ci ha portate ad
uscire dal CS XXII Aprile, che abbiamo fatto circolare principalmente
all’interno del movimento femminista e che è stato pubblicato dal Foglio MFPR e
dalla Bollettina, lo metteremo anche in rete nei prossimi giorni per
completezza di conoscenza. Qui riassumiamo in breve e, per quanto ci riguarda,
per l’ultima volta (ne abbiamo anche le ovaie piene), i fatti. Nel’96 una compagna, da poco entrata nel
Collettivo, ci confidò di essere stata avvicinata, di fronte all’ingresso del
CS, da un “compagno” ben conosciuto e membro effettivo del CS stesso, che le
aveva offerto di partecipare alle riprese, gestite da certi suoi amici, di film
porno, per un compenso che poteva variare dai 5 ai 7 milioni, cifra sulla quale
lui avrebbe poi ricavato una percentuale. Non abbiamo reso subito pubblico il
fatto, primo perché la compagna in questione era comprensibilmente sconvolta e
terrorizzata dall’idea di parlarne in assemblea, di fronte ai compagni maschi
tra i quali il pappone aveva diversi amici e terrorizzata dall’idea di non
essere creduta (e qui sì che si può parlare a ragion veduta di “stupro
psichico”) e, secondo, perché noi stesse non avevamo ben chiara la posizione da
prendere. In poche parole, avevamo paura di prendere una posizione di tipo
moralistico anziché politico, di passare per bacchettone e sessuofobiche.
Nei
mesi seguenti abbiamo allora svolto un lavoro prevalentemente di studio ed
inchiesta che si intrecciava con un altro lavoro già avviato sulla
prostituzione che, notoriamente, a Modena è molto presente. Abbiamo letto e
dibattuto diversi libri che affrontavano il problema della pornografia e della
censura da un punto di vista femminile/femminista, soprattutto in riferimento
al dibattito in corso tra le diverse correnti del femminismo americano. Abbiamo
persino visionato collettivamente alcuni film porno per farci un’idea diretta
del contesto nel quale il corpo femminile veniva inserito. Abbiamo, infine,
prodotto un documento sulla questione: “Come i padroni”, nel quale tiravamo le
conclusioni del nostro lavoro (nei prossimi giorni provvederemo a mettere in
rete anche questo). A questo punto
abbiamo cercato più volte di convocare momenti di discussione misti per
presentare i nostri documenti sulla prostituzione e la pornografia e discuterli
anche insieme ai “compagni”. Il nostro obiettivo era quello di arrivare a
definire dei “paletti” condivisi su queste questioni, che ci permettessero poi
di affrontare in assemblea il caso specifico da un punto di vista politico,
senza scadere nei personalismi o in un dibattito astratto. Fin dall’inizio,
però, abbiamo potuto constatare che l’adesione ai momenti di confronto, per
certi “compagni”, era più l’occasione per mostrare un’accondiscendenza di
facciata, per sottolineare il loro “essere compagni al 100%”, piuttosto che una
vera volontà di confronto. Risultato: niente di niente. L’atteggiamento degli
pseudo compagni (alcuni dei quali, abbiamo saputo dopo, perfettamente a conoscenza dei “traffici”
del “compagno” pappone ) era, nella maggior parte dei casi, quello di snobbare
le discussioni, o di sfruttarle, per, appunto, mettere in discussione la
legittimità del Collettivo Femminista, rifiutando, loro sì, qualsiasi confronto
sul merito delle posizioni del Collettivo stesso. Campione di questa seconda discussione
era proprio il Semprini che, con la collaudata tecnica del colpo al cerchio e
poi alla botte, da un lato faceva mostra di non condividere appieno le tesi
degli antifemministi, il cui leader era, guarda caso, il “compagno” pappone,
dall’altro, però, accettava le loro argomentazioni e proponeva improbabili
“gruppi misti” di discussione astratta sul “rapporto uomo - donna”
genericamente inteso, nei quali
personaggi come il “compagno” pappone avrebbero avuto pari titolo con le
compagne a discutere quello che le donne dovevano o non dovevano fare per la
costruzione di un “immaginario comunista”. Capito il “compagno” Semprini? Nel corso del ‘ 97 la situazione del CS XXII
Aprile si è deteriorata notevolmente. Da un lato gli ultras che frequentavano
il CS soprattutto per la vicinanza con lo stadio, sono usciti dal centro in
quanto l’assemblea si era rifiutata a maggioranza di aderire alla loro
posizione sugli spacciatori davanti al centro stesso: “Bastoniamo tutti quelli
con la pelle scura e i riccioli, se qualcuno di loro non è uno spacciatore
verrà dalla nostra parte.”. Dall’altro, con l’uscita degli ultras, il Semprini
si è trovato ad essere quasi sempre in minoranza nell’assemblea e ha cominciato
a partecipare sempre meno alla gestione effettiva del CS e a teorizzare che
esisteva un “gruppo segreto” che si era impadronito dell’assemblea. In questa bella situazione siamo arrivate
alla determinazione di affrontare apertamente il problema, anche perché nel
frattempo la compagna che era stata oggetto delle profferte aveva acquistato
confidenza nei propri mezzi ed era uscita dallo stato di senso di colpa che
sempre prende le donne che hanno subito abusi di tipo sessuale.
Abbiamo
cercato di convocare un’assemblea in cui si discutesse del fatto e a cui
partecipassero anche il “compagno” pappone e perfino gli ultras. Questo per
dire quanto fosse lontana da noi qualsiasi ipotesi di “complotto”. Una nostra
compagna ha telefonato al “compagno” pappone per chiedergli di essere presente
e si è recata persino nel luogo dove si riunivano gli ultras (riunioni a cui
partecipava anche il Semprini) per invitarli. Non ha specificato il contenuto
dell’assemblea perché volevamo evitare che questa si trasformasse in un
processo, che si preparassero le solite difese d’ ufficio, si portassero i
soliti “testimoni a discarico” etc …Forse abbiamo sbagliato in questo, ma
attaccarsi a questo per giustificare quanto è avvenuto, come fa il Semprini, è
attaccarsi alla forma per nascondere il contenuto. E’ mostrare una coda di
paglia lunga un chilometro. In
sostanza, all’assemblea, a parte i soliti compagni e compagne che gestivano di
fatto le attività, si è presentato il solo Semprini, accompagnato dalla propria
compagna. I due si sono categoricamente rifiutati anche solo di stare ad ascoltare
la compagna che voleva raccontare la propria esperienza, adducendo solo
“questioni di metodo”, scaricando un torrente di invettive sulla compagna che
aveva gestito le comunicazioni fino a farla piangere e poi andandosene
affermando in tono minaccioso “ci vedremo la settimana prossima”.
Come
volevasi dimostrare, la settimana successiva l’assemblea era veramente
affollatissima, come afferma la “lettera aperta” del Semprini, e lo era perché
i due terzi dei presenti erano ultras mai visti prima in un’assemblea del CS o
nella gestione delle sue attività, chiamati a rinforzo dal Semprini e dal
“compagno” pappone.
Nella
sua “lettera aperta” il Semprini assume la posa di chi “si è assunto la
prerogativa di fare accuse” verso i pornografi, ma noi ci ricordiamo bene
dell’aria tronfia e arrogante con la quale aprì l’assemblea del 28 ottobre 97.
Ricordiamo altrettanto bene il documento da lui presentato quella sera (che
possiamo fornire a chiunque ce lo chieda), che rifiutava di affrontare la
questione che noi ponevamo come dirimente, cioè: “e’ legittimo o no, all’
interno di un centro sociale, che un “compagno” costruisca dei business fondati
sulla mercificazione del corpo femminile?” Al contrario, nel suo documento
Semprini teorizzava l’esistenza di una
“banda dei sei”, che voleva comandare nel CS, di cui alcune di noi avrebbero
fatto parte, ricostruiva in modo artefatto e fantasioso la storia recente del
CS e si lasciava andare a “chicche” come questa, riferita alla compagna che lui
aveva fatto piangere la settimana precedente:
“Tutti
possono confermare di avere assistito a crisi ISTERICHE da parte di alcuni di
questi. Abbiamo sempre sostenuto che ogni componente del CSA debba essere
capace di AUTOCONTROLLARSI ed è inammissibile che il centro sia gestito da chi
lascia soffocare la propria ragione dalle passioni. Una ragione annientata da
passioni è al pari di una ragione annientata da alcool o droga: in entrambi i
casi il soggetto è un pericolo per se stesso e per gli altri, necessita che
qualcuno lo controlli e lo domini e procura CAOS. Chi fra questi non ha dato spettacolo con crisi isteriche lo ha
fatto con le lacrime. Non abbiamo niente contro le lacrime, né possiamo
dimostrare che vengano usate esclusivamente per commuovere, ma anziché fare una
stupidata e poi piangere, è meglio pensarci prima e non farla e non piangerci:
poi uno che piange per le accuse che gli vengono rivolte, è uno che ammette che
tali scuse sono giuste e valide, perché se non lo fossero sarebbe capace di
difendersi” (tutte le maiuscole sono nel testo originale. NdR). Capito il Semprini che “compagno”? Qualcuna,
o anche qualcuno, potrebbe veramente distinguere questo delirio dalle oscene
banalità degli estremisti della supremazia dell’uomo sulla donna, quelli per
intenderci, che considerano la donna inferiore in quanto, appunto, preda delle
emozioni e dei sentimenti e, quindi, non razionale? Siamo proprio sicure che
questo tipo di argomentazione non troverebbe ospitalità in qualche gruppo
neonazista tipo Forza Nuova?
E
che dire poi del presunto “stupro psichico” che noi avremmo attuato ai danni
della convivente del “compagno” pappone, quando tutti sanno che questo ha
girato alcune scene dei suoi filmini in una mansarda di proprietà del Semprini
, il quale aveva dato le chiavi per andarci a “scopare” con altre ragazze
all’insaputa di quella stessa convivente? Forse per il Semprini tutelare le
compagne da stupro psichico significa semplicemente nascondergli le cose che
attengono alle “faccende tra uomini”?
Alla fine dei conti, nonostante la ferma volontà del Semprini e soci di
trasformare l’assemblea in un processo al Collettivo Femminista e ai compagni
che si erano schierati dalla sua parte, grazie alla nostra cocciutaggine nel
voler mantenere la discussione sul punto vero, siamo riuscite a fare esprimere
qualche pseudo compagno sul busines del porno. Per la precisione: il “compagno”
pappone, nel corso dell’assemblea, ha cambiato versione 4 volte: prima ha
negato di avere fatto profferte, poi ha detto che si era trattato di uno
scherzo, poi ha detto che “se anche fosse vero io queste offerte le ho fatte
davanti al centro sociale e non al suo interno (?!?!?!)” e, infine, ha concluso
che “e anche se fosse non c’è niente di male, quello che fa uno fuori dal CS
sono fatti suoi”. Poi un altro pseudo compagno, nel silenzio imbarazzato dei
più, ha appoggiato il pappone dicendo che lui ad un busines del genere avrebbe
partecipato volentieri, ed infine è intervenuto il Semprini, perché, care
compagne e cari compagni, non è per niente vero che il “candido” Semprini, come
tenta di fare intendere nella sua “lettera aperta”, non abbia preso posizione
sulla questione, l’ha presa eccome.
Dopo
che noi abbiamo sostenuto che un “compagno” del CS che sfrutta la
mercificazione del corpo femminile per il proprio interesse economico non fa
che riprodurre, anche all’interno dei centri sociali, i meccanismi di
funzionamento del capitale, fondati sulla messa al servizio della produzione di
plusvalore di tutto e sulla mercificazione di tutto, compresi gli esseri umani,
e mentre il castello “ideologico” dei pornografi cominciava a traballare, il
Semprini è intervenuto per appoggiare una specie di volantino presentato dalla
sua compagna che, ricopiando alcuni passi della STROSSEN, sosteneva che “la
pornografia va considerata un’espressione della liberazione sessuale della
donna” e che il centro sociale si deve schierare contro la “censura” (come se
di censura si stesse parlando) e ha concluso dicendo che “non si può escludere
dal centro sociale chi procaccia attori per film porno, perché allora dovremmo
escludere tutti quelli che procacciano attori, anche quelli che lo fanno per i
film di Walt Disney”. Capito il
“candido” Semprini?
Insomma,
la conclusione è nota. Noi abbiamo chiesto all’assemblea di pronunciarsi su una
questione che consideravamo dirimente: la tollerabilità o meno, all’interno di
un centro sociale, delle attività del “compagno” pappone: la maggioranza di
un’assemblea drogata, capeggiata dal Semprini, si è schierata per il sì, e noi,
assieme ai compagni del Collettivo politico del CS, abbiamo preso e ce ne siamo
andate.
Francamente
del destino del XXII Aprile di Modena ce ne frega meno di niente, per noi è
morto quella sera e quella che gli è sopravvissuta in questi due anni è stata
una caricatura squallida e vergognosa.
Quelle
che, casomai, ci interessano, sono due cose:
Impedire
che personaggi come il Semprini, promotori e responsabili dello stato di
squallore del XXII Aprile, tentino di rifarsi una verginità sparando balle ed
atteggiandosi per quello che non sono, e, soprattutto, che tra le compagne che,
bene o male, come noi, agiscono nei centri sociali, o ne sono figlie, possa
svilupparsi il confronto e la lotta contro il maschilismo che è presente nel
Movimento Antagonista, e, anzi, lo permea fin nelle ossa, assumendo ora forme
eclatanti, come a Modena, ora forme sottili ed insidiose (come la
minimizzazione o il buttare tutto sul piano della morale o di una presunta
“libertà” di fare o non fare), le quali, tutte, convergono, però, a negare la
necessità ed il valore della battaglia per la libertà e l’autodeterminazione
delle donne e finiscono per riprodurre, anche all’interno dei CS e del
Movimento, il meccanismo patriarcale - capitalista di dominio degli uomini
sulle donne.
Modena,
ottobre 1999
COLLETTIVO
FEMMINISTA PANTERE ROSSE