Monza - 25 aprile 2002 Solo un anno è passato da quando alcuni intrepidi ragazzi hanno cercato di violare il tempio della vergognosa vendetta rossa e del tradimento, avvicinandoci così, sempre più, anno dopo anno, giorno dopo giorno, via dopo via, piazza dopo piazza, ad arrivare in futuro a Milano in piazzale Loreto, per commemorare, per ricordare, che quel luogo, molti anni fa, fu solo l’inizio di una lunga serie di eccidi. In tutta Europa, dopo il 25 Aprile del 1945
si scatenava la furia contro i “vinti”, la caccia, la pulizia etnica, i miei pensieri
corrono veloci sugli uomini dell’ Armir, sacrificata per ordine di un loro stesso
connazionale nei Gulag sovietici, in fondo la maggioranza di loro erano solo soldati
che eseguivano degli ordini, per loro nessuna convenzione di Ginevra e per i carnefici
nessuna Norimberga… Istria e Dalmazia, migliaia di italiani, cittadini
di una terra svenduta dal tradimento, legati con il filo spinato, torturati, sommariamente
giustiziati e gettati negli abissi delle foibe carsiche dalle bande titine yugoslave,
senza dimenticare i molti altri martiri nei numerosi lager sparsi per il mondo. Ogni città, paese italiano ha conosciuto,
per oltre tre anni consecutivi, la vendetta dei “vincitori”, questo per quasi
200.000 volte. Ogni paese ricorda con una lapide un partigiano,
anche se fosse stato solo un affamato ladro di mucche preso a fucilate da un infuriato
fattore, riciclandone la memoria per l’occorrenza al titolo di “nobile difensore
della libertà” ma salvo che in alcuni rarissimi casi niente ricorda nelle nostre
città i caduti per l’onore della patria e la fedeltà in un ideale. Monza è un caso in cui non esiste nemmeno
il ricordo di un luogo specifico, perché gli assassini gettavano i corpi in un
canale, lontano da occhi indiscreti, che avrebbero potuto ricordare, per cancellare
anche dalla memoria l’ultimo luogo testimone di un crimine. Solamente nel breve
tratto che il canale Villoresi congiunge la città di Seregno a Monza, furono 40
i corpi estratti. Dopo 57 anni c’è ancora qualcuno che ricorda,
non dimentica e grida basta a questa vergognosa festa, se qualcosa dovrà essere,
sarà una giornata alla memoria della fine di una guerra civile e così facendo
il tricolore potrà sventolare, riprendendosi la dignità. I ragazzi monzesi ed alcuni altri amici, che
ancora testimoniano i valori di fedeltà ed onore alla patria, in questo 25 Aprile
2002, con coraggio ed orgoglio, hanno presidiato un ponte su quel canale…..bandiere,
fiori e croci (celtiche) e la consapevolezza che stavano compiendo una azione
unica, mai nella storia monzese si era sfidata la “festa” commemorando i caduti
della Repubblica Sociale Italiana con una manifestazione. Una grande lapide d’acciaio
inossidabile, saldamente fissata al parapetto di granito del ponte è stata deposta
da ignoti, recava inciso nel duro metallo queste parole: “Nella primavera del
1945, sul finire della guerra civile, questo inconsapevole canale traghettava
i corpi di coloro che caddero nella Repubblica Sociale Italiana per l'onore della
Patria. A perenne ricordo, i camerati monzesi”. Giornalisti, Polizia, Carabinieri, Vigili urbani, curiosi,
fotografi, tutti chini a guardare l’epigrafe sul lucido acciaio che splendeva
al sole circondato da grandi mazzi di fiori. Come in passato per i martiri dell’onore,
anche oggi la memoria deve essere occultata o demolita, fogli di carta coprivano
la lapide in attesa di chi avrebbe dovuto distruggerla, tutti noi ragazzi non
possiamo provare che simpatia per gli ignoti della lapide e solidarizziamo con
il contenuto della stessa. A me è toccato l’onore di pronunciare alcune parole
in apertura di questa commemorazione, stabilendo fin dal principio che nessuna
forza politica rappresentava questo momento perché era solo un unico ideale per
cui si sono immolati i martiri del Villoresi ed un unico ideale univa questi 50
ragazzi sul ponte. Un minuto di silenzio ha seguito le parole, un minuto di raccoglimento
e per chi lo ha voluto di preghiera, poi come tre salve di cannone, dopo che era
stato vivamente “sconsigliato”, si è alzato il “presente” a tutti i caduti
per l’onore d’Italia. In seguito, come ben insegnava Codreanu e fervido sostenitore
di questo Don Giulio Maria Tam, concludiamo così la riunione con un canto conclusivo
(“Claretta e Ben” dei 270 Bis). La tensione delle forze dell’ordine era alta ma mancava ancora
un dovere per noi: l’annuale visita nel piccolo campo dei caduti per l’onore,
presso il cimitero monzese. Questa volta un corteo ha attraversato i viottoli
sassosi del campo santo, guidati dalle bandiere, con il massimo raccoglimento
e serietà, fino ad un angolo in cui, sotto due maestosi abeti centenari, sono
sepolti i nostri caduti, al più anziano è stata affidato il compito di richiamare
il “presente” anche per loro dopo un breve discorso che ha toccato tutti
noi nell’animo. Non voglio ringraziare nessuno per la presenza a questa commemorazione
perché, da oggi fino agli anni a venire, sarà un dovere di ogni Camerata, testimoniare
la nostra presenza il giorno 25 Aprile e celebrare la memoria dei nostri caduti,
civili e militari. Luca Pilli | |
da "Il Giorno" - 26 aprile 2002 - "Denunciato <<l'altro>> 25 aprile" | |