pagine estetiche: lythium



Ad uno spettatore esterno l’ascolto dei Lythium può suscitare impressioni e reazioni completamente diverse, finanche opposte: chi si aspetta clamori eccessivi rimarrà deluso, mentre il classicista troppo sensibile e delicato storcerà il naso. In effetti, è difficile riuscire a classificare storicisticamente e musicologicamente questo gruppo sanremese. Ciononostante, alcune strutture ontologiche possiamo comunque fissarle, ovvero il tipo di sorgenti sonore, il mezzo linguistico utilizzato, il contenuto semantico, il loro pubblico d’elezione e i loro riferimenti indefettibili.
Innanzitutto, quindi: chi suona cosa e chi compone cosa?
Cinque sono i componenti complessivi, tutti di sesso maschile e nazionalità italiana. Agli effetti (anche se tutti sanno suonare almeno uno strumento musicale) solo quattro si dedicano all’esecuzione strumentale, e questa è già una scelta “forte”, non completamente condivisa da tutti i gruppi o da tutti i compositori/arrangiatori contemporanei, come ad esempio Jean-Michel Jarre o i Rondò Veneziano. Ma siamo fuori strada, giacché i Lythium non si sono rivolti alla musica neo-classica o para-classica, visto che tre degli strumenti coinvolti sono elettrici e devono essere utilizzati in un orizzonte fenomenologico diverso (due chitarre e un basso elettrici, rispettivamente Matteo Tacchi, Gabriele Faleschini e Mirko Vigini).
L’altro strumento musicale è naturalmente ritmico e non potendo essere meramente “una” percussione (e poi quale, nel vastissimo mare magnum organologico percussivo?), è una “batteria” di percussioni, per l’appunto. E oltre alla cosiddetta batteria classica, nata col jazz, Paolo La Cola inserisce volentieri effetti sonori funzionali alla partitura, ottenuti con altre semplici percussioni (bonghi, bodhràn, pandeiro…), anche artigianali, come un sonaglio fatto cogli epicarpi delle drupe di canforo (ancora da battezzare).
Rimane, infine, l’ultimo musicista (ultimo in senso logico e non cronologico), quello che sa suonare le sue corde vocali e/o compone testi e musiche (ma più spesso in collaborazione): Stefano Piro. Il mezzo espressivo utilizzato è la lingua italiana: è stata, forse, una scelta temeraria? L’inglese avrebbe probabilmente assicurato una diffusione universale (almeno se non pensiamo ai posteri), come fecero Jovanotti o Ivana Spagna; l’esperanto ne avrebbe fatto una sperimentazione elitaria, il dialetto sanremasco una sciatta e anacronistica applicazione locale e campanilistica: insomma, i nostri hanno preferito la sicurezza materna e hanno implicitamente eletto Garibaldi e Dante a loro padrini, trascurando le tentazioni ecclesiastiche del latino, pagane del greco antico o esotiche del sanscrito…
La forma delle canzoni è leopardiana, cioè libera, non metricamente intrappolata da rigide strutture prosodiche: sì, qualche assonanza qua e là arricchisce volentieri l’evoluzione vocale dei brani, ma riuscendo sempre simpatica, giammai molesta. Per quanto riguarda il contenuto, nomina sunt consequentia rerum, “Lythium” di nome e di fatto (Nirvana a parte): ascoltandoli, il corpo ascende in paradiso e l’anima sgambetta felicemente all’inferno, ovvero l’apparato uditivo è investito da un fascio di stimoli costruttivi, e quello psichico-cognitivo elabora nozioni originali e interessanti (sulle condizioni della società, sull’essenza dell’uomo… e di loro stessi, con impennate liriche e intimistiche e arditi sfoghi dissonanti e iconoclastici). I loro punti di riferimento sono logicamente determinati dalle covers che la committenza privata di alcuni locali ospitanti talvolta concede loro: Litfiba, Vinicio Capossela, Vasco Rossi, ma anche -perché no?- Domenico Modugno o Adriano Celentano, disinvoltamente arrangiati e reinterpretati.
Insomma, lo statuto dell’arte contemporanea non cessa di stupirci, e i Lythium ne sono un’ulteriore conferma, speriamo non transeunte, sopraffatti dalle sempre più ciniche e spietate ragioni commerciali dei monopoli industriali discografici, radiofonici, televisivi, informatici…


Lythium Homepage
La Moscaceca (è il nuovo gruppo con Yulka Bedeschi al posto di Stefano Piro)
Martinetti, Schopenhauer e i Lythium


[ home ]