1.
La nascita dello Stato e' il punto di passaggio dallo stato di natura/eta' primitiva all'eta' civile dove 'civile' sta insieme per 'cittadino' e 'civilizzato' (pag.63).
Se lo Stato sia sempre esistito dipende dalla definizione che se ne da': l'estensione di un concetto e' inversamente proporzionale al numero delle sue connotazioni, l'enfasi sulle analogie piuttosto che sulle differenze e' decisiva per vedere la continuita' piuttosto che la discontinuita' fra lo Stato moderno e gli ordinamenti precedenti (pag.59).
Oggi il sistema politico e' un sottosistema del sistema sociale, lo Stato nell'eta' moderna si e' degradato a parte della societa', la sociologia politica e' una parte della sociologia generale (pagg.51-52); la dottrina dei diritti individuali e il principio che il governo e' per l'individuo e non viceversa, sono divenuti (idealmente) irreversibili (pag.55).
Con Machiavelli, "Stato" viene usato come genere, "repubblica" come specie (una delle forme di governo); per gli antichi l'unico termine di genere era invece civitas (pagg.56-57).
2.
Il significato di societa' civile come "sfera dei rapporti sociali distinta dalla sfera dei rapporti politici" (pag.24) deriva da Hegel e Marx, talora paese reale/paese legale (pag.25), talaltra luogo di formazione delle domande (input) contro luogo di definizione delle risposte (output), dove l'ingovernabilita' (aumento delle domande senza risposte) genera crisi di legittimita' (pag.26): la societa' civile, in questi casi (periodi di crisi istituzionale) e' il luogo dove si formano i poteri di fatto (pag.27).
In negativo, societa' civile e' tutto cio' su cui non si esercita il potere statale: non-statale come pre-statale (associazioni), anti-statale (nel significato assiologico di gruppi per l'emancipazione del potere politico, contropoteri), post-statale (nel significato insieme assiologico e cronologico di ideale che sorge dalla dissoluzione dello Stato).
L'Autore distingue tre modelli:
- il modello aristotelico, caratterizzato dalla dicotomia famiglia/stato;
- il modello giusnaturalistico, dove la dicotomia diventa stato di natura/stato civile;
- il modello hegeliano dove vi e' progressione tra famiglia, societa' civile, stato.
La societa' civile nel modello hegeliano e' una forma incompiuta di Stato (pag.31), nel modello hobbesiano e' l'antitesi dello stato di natura (pag.35), ed e' utilizzata comunemente anche in contrapposizione al potere religioso (pag.36); con Ferguson (in positivo) e Rousseau (in negativo) l'aggettivo 'civile' assume il significato di 'civilizzato' (pagg.38-39).
Bobbio rileva due processi contraddittori: lo Stato che si fa societa' (dallo Stato sociale fino allo Stato totalitario) e la societa' che si fa Stato (fino all'estinzione dello Stato); i due processi sono rappresentati rispettivamente dalle figure del cittadino protetto e del cittadino partecipante (pag.42).
3.
Legittimita' ed obbligo politico sono problemi intimamente connessi: "l'obbedienza e' dovuta soltanto al comando del potere legittimo" (pag.81); l'obbedienza e il diritto di resistenza possono essere attivi o soltanto passivi.
Secondo i positivisti il potere effettivo e' anche quello legittimo; Kelsen distingue quattro limiti al potere statale (pag.86): limiti spaziali (territorio), personali (popolo), temporali (dall'emanazione all'abrogazione di ciascuna legge), materiali: materie oggettivamente non regolamentabili (Spinoza: il sovrano non puo' far mangiare l'erba a un tavolo), materie rese indisponibili dall'ordinamento (diritti civili).
Bobbio distingue a sua volta i limiti del potere politico, che sono giuridici, dai limiti al potere politico, che derivano dalla presenza piu' o meno forte del non-Stato (pag.113).
La legge e' generale e costante, e pertanto superiore al giudizio caso per caso del governante: il costituzionalismo e' la teoria dei limiti del potere, che sono (pag.92) interni (rapporti fra governanti e governati) ed esterni (rapporti fra gli Stati); lo Stato universale avrebbe solo limiti interni (pag.95).
4.
Dittatura ha avuto per secoli una connotazione positiva, il dittatore era si' straordinario (stato di necessita'), ma temporaneo e legittimo (pag.151); il despota e' legittimo ma non temporaneo, il tiranno non e' legittimo: il tiranno non rispetta le leggi, il despota sopprime i corpi intermedi. Il termine 'dittatura del proletariato' non era valutativo, tutti gli Stati essendo dittature o domini di classi (pag.157).
Le forme di governo possono essere autocratiche o democratiche, a seconda che l'ordinamento giuridico venga creato e modificato dall'alto o dal basso (pag.97). La rivoluzione copernicana e' il riconoscimento dei diritti dell'uomo e del cittadino (pag.108).
Lo Stato eudemonologico (che comprende in se' lo Stato confessionale e lo Stato interventista, pag.115) si propone il fine della felicita' dei sudditi; l'eta' moderna si caratterizza al contrario e per la secolarizzazione (Stato laico) e per la liberalizzazione.
Temi ricorrenti sono il problema dell'origine dello Stato e il problema della sua fine (che e' cosa diversa dalla crisi dello Stato, che riguarda solo uno Stato particolare, pag.118). L'ideale della fine dello Stato implica una concezione negativa dello stesso (come male non necessario, pag.120); se, viceversa, lo Stato e' un male necessario, l'ideale della sua fine viene meno (e' meglio dell'anarchia) ed assume la figura dello Stato minimo (pag.121).
5.
La dicotomia fra (diritto) pubblico e privato riflette l'avvenuta differenziazione sociale e sancisce la supremazia del primo termine sul secondo (pag.5); nel suo uso descrittivo essa comprende altre dicotomie:
- societa' di eguali e di diseguali (governanti e governati, societa' economica e societa' politica);
- legge e contratto (stato di natura e stato civile, vincoli derogabili e inderogabili, pag.9);
- giustizia commutativa (ugual valore degli scambi in societa' di uguali) e giustizia distributiva (a ciascuno secondo il merito, il bisogno, il lavoro, in societa' di diseguali).
Casi limite: la famiglia (societa' di disuguali retta dalla giustizia distributiva) e la societa' internazionale
(societa' formalmente di uguali retta dalla giustizia commutativa, pag.10).
Nel suo significato valutativo, la dicotomia pubblico/privato si risolve nella concezione del primato del privato (resistenza del diritto di proprieta', concezione liberale dello Stato, pag.14) o del primato del pubblico (il tutto viene prima delle parti, Stato interventista, Stato totale, primato della politica sull'economia, primato dell'organizzazione verticale o diretta dall'alto sull'organizzazione orizzontale o ordine sociale spontaneo, pag.16).
La privatizzazione del pubblico nelle societa' industriali piu' avanzate si manifesta nella contrattazione collettiva (sindacati) e nei rapporti fra i partiti: lo Stato e' il luogo dove si compongono, si scompongono e si ricompongono i conflitti, attraverso accordi rinnovati "rappresentazione moderna della tradizionale figura del contratto sociale" (pag.17). In un altro significato, infine, pubblico si contrappone a segreto (pag.18).
Si vedano anche in questo sito gli argomenti filosofici sulla politica e sulla democrazia.