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29 settembre 1911 l'Italia e l'Impero Ottomano sono ufficialmente
in guerra per la Tripolitania e la Cirenaica. Per evitare che il
Mediterraneo sia totalmente controllato da Francia e Inghilterra, per
avere uno sfogo (vicino) alla gran massa di italiani che sta
emigrando ai quattro angoli del mondo, ci apprestiamo, seppur
tardivamente, a ritentare l'ingresso nel club delle potenze coloniali.
L'Italia sa di avere di fronte un'ex in declino, con un
apparato militare antiquato e demotivato. La nostra flotta, che domina il mediterraneo
meridionale (canale di Sicilia e Jonio) non può evitare che su terra le cose si complichino
nonostante l'appoggio fin dove arriva il tiro dei cannoni. Quella che doveva
essere una passeggiata si trasforma in una lunga guerriglia, in un paese
fatto di sabbia e di sole, con basi offensive che
partono dall'interno desertico per noi sconosciuto e inesplorabile. Non
è escluso che a rifornirli fossero gli stessi inglesi dal vicino Egitto
oltre ai Francesi. L'Italia cerca allora di spostare la lotta in
zone più nevralgiche per l'Impero schierando la flotta davanti alle
coste turche. La flotta del sultano si rinserra nei Dardanelli ed
arriva a provocarne il blocco con notevole disappunto delle altre
potenze, Russia compresa, che se ne servono per i traffici
marittimi. Non resta che occupare le isole che fanno da corollario alla
Turchia per indurre il sultano ad una pace in tempi brevi. Nottetempo la
Regia Nave Pisa sbarca un contingente a Stampalia il 28 aprile 1912. Ci
si prepara alla conquista dell'isola più grande dell'arcipelago, Rodi.
Per l’attuazione di questa operazione che, indipendentemente dalla
reale consistenza delle forze nemiche, avrebbe comunque comportato uno
sforzo logistico non indifferente, Roma previde l’impiego, oltre alla
flotta, di due reggimenti di fanteria (il 34° e il 57°) concentrati a
Tobruk, rinforzati da due battaglioni di bersaglieri tratti dal 4° reggimento, da un battaglione di alpini, da 4 batterie d’artiglieria
(2 da campagna da 75 mm. e due da montagna da 70 mm. per un totale di 20
pezzi), da 2 sezioni di mitraglieri (equipaggiati con Vickers Maxim) e
da alcuni plotoni di genio e sanità. Il
contingente, che ammontava a circa 9.000 tra ufficiali e soldati, venne
posto al comando del T. Gen. Giovanni Battista Ameglio. Scortano i convogli
10 navi da battaglia. All'alba del 4 maggio gli italiani prendono terra senza incontrare eccessiva resistenza e alle 14 del 5
maggio il tricolore
sventola sul Castello dei cavalieri di Malta. Il Bey si è ritirato
nell'interno, a Psitos sulle alture, con 1500 uomini da cui è cacciato
solo il 17 dopo cruento scontro. L'azione italiana nell'Egeo non si
fermò a Rodi. Lo stesso giorno dello sbarco a Kalithea, i
cacciatorpediniere Nembo ed Aquilone occuparono l'isola di Lipsos. Dal 4
al 20 maggio, una dopo l'altra, furono occupate le isole di Kalkia,
Calimmo, Piscopi Loro, Patmos, Scarpanto, Cago, Nisiro, Simi e Kos. Per
rappresaglia all'occupazione di Rodi il giorno 8 maggio il Governo turco
decretò l'espulsione degli italiani dalle province dell'Asia Minore
eccettuati i preti, le monache, gli operai e le vedove, e per il giorno
20 che gli Italiani fossero espulsi da tutto il territorio dell'impero
concedendo loro quindici giorni per regolare i propri affari e dando
loro la facoltà di prendere la cittadinanza ottomana. Nessuno, tranne
gli israeliti, approfittò di questa concessione. L’occupazione di Rodi era costata alle forze italiane di mare e
di terra perdite decisamente contenute. Il 57° fanteria
lasciò sul campo 2 uomini ed ebbe 5 feriti, mentre il 4° reggimento
Bersaglieri perse un ufficiale e 5 uomini ed ebbe un totale di 28 feriti. Da
parte turca, i combattimenti sull’isola provocarono la morte di 23 tra
ufficiali e soldati e il ferimento di altri 48 uomini. Gli italiani
catturarono e fecero prigionieri 33 ufficiali e 950 soldati, oltre a 6 pezzi d’artiglieria,
750 fucili, munizioni, quadrupedi e carriaggi.
Nell'estate si intavolano trattative di pace che si
concludevano in Svizzera il 18 ottobre. Le isole restano a noi, a garanzia
del ritiro dalla Cirenaica (che non avverrà) in tempi brevi. I Bersaglieri, giunti a
Rodi, si sono accorti dell'immenso patrimonio archeologico che giace
semisepolto nei luoghi più antichi. Molti di loro si mettono a scavare e
riportano alla luce anche reperti preziosi che non possono essere
classificati come souvenir. Nel febbraio 1914 giungono al Ministro degli
esteri le
voci di quanto avviene. Il ministro, Marchese di S.
Giuliano, per sgombrare il campo da voci ed illazioni nomina una missione
ufficiale con a capo il giovane
archeologo Amedeo Maiuri. La
sua opera porterà all'isola la costituzione del Museo Archeologico.
Un nuovo fatto entra sulla scena in coincidenza con le nostre azioni. Grecia, Serbia,
Montenegro e Bulgaria muovono a loro volta guerra alla Turchia dai
balcani. La Grecia occupa
tutte le isole dell'Egeo escluso il Dodecanneso e la Serbia uno sbocco
al mare sull'Albania dal quale però si ritira l'anno successivo. Le vicende
internazionali stanno correndo più veloci di quanto noi si possa
pensare. La Turchia entra definitivamente nell'orbita tedesca, quindi potenzialmente
nostra alleata, in contrasto con i
nostri interessi. Dopo le false promesse di Vienna ora nulla ci lega
più agli Imperi Centrali. La guerriglia in Libia proseguirà per oltre dieci anni e
l'occupazione di Rodi e delle altre isole si concluderà l'8 settembre 1943.
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