11° REGGIMENTO BERSAGLIERI
MEDAGLIA D'ORO
23 ottobre 1911: Sciara Sciat
Per
due giorni fu lotta corpo a corpo al termine dei quali di cinque compagnie (1000
uomini) ne restavano la metà. Un bersagliere della 4a compagnia del
capitano Bruchi, rimasta con solo 25 uomini e senza munizioni, cos'ì si rivolse
al suo comandante " siamo tutti feriti... arrendiamoci". La
risposta non si fece attendere "
La 4a non si arrende, inastate le baionette, moriremo tutti qui "
Quelli che non morirono, compreso il Bruchi furono condotti al campo turco e
questi tenuto per ultimo dovette assistere all'assassinio di tutti i suoi
uomini. Quando fu il suo turno estrasse dal gambale una piccola rivoltella e si
uccise. Non venne mai ritrovato il suo corpo. Nella moschea e nel villaggio di
Henni e nel cimitero di Chui, gli italiani poterono constatare l'inaudita
ferocia del nemico e i corrispondenti esteri, guardando i soldati barbaramente
mutilati nelle giornate del 23 e 26 ottobre, denunziarono al mondo civile le
barbarie degli arabi e dei turchi della cui sorte esso si era fino allora
preoccupato e lagnato.
Così scriveva un corrispondente " ..allora è avvenuta la più terribile carneficina che si possa immaginare. Si sono tagliati i piedi, strappate le mani, crocifissi. Un bersagliere ha la bocca squartata fino alle orecchie... un terzo le palpebre cucite. In una casa furono trovati due cadaveri cui avevano strappato gli occhi e questi erano infissi con dei chiodi al muro! Quando si pensi che due ore prima di cadere.... avevano diviso il rancio con gli arabi che dovevano torturarli ".
e un altro del Journal "Ho visto, in
una sola moschea, diciassette italiani crocifissi, con i corpi ridotti allo
stato di cenci sanguinolenti ed informi; ma i cui volti serbano ancora le tracce
di un'infernale agonia. Si è passati per il collo di questi disgraziati una
lunga canna e le braccia riposano su questa canna. Sono stati poi inchiodati al
muro, e morirono a piccolo fuoco, fra sofferenze inenarrabili.
Dipingervi il
quadro orrendo di queste carni decomposte, che pendono pietosamente sulla
muraglia insanguinata è impossibile. In un angolo un altro corpo è crocifisso,
ma siccome era quello di un ufficiale, si sono raffinate le sue sofferenze. Gli
si cucirono gli occhi. Tutti i cadaveri, ben inteso, erano mutilati, evirati, in
modo indescrivibile ed i corpi apparivano, gonfi come informi carogne. Ma non è
tutto! Nel cimitero di Chui, che serviva di rifugio ai turchi e donde tiravano,
da lontano potemmo vedere un altro spettacolo. Sotto la porta stessa di fronte
alle trincee italiane, cinque soldati erano stati sepolti fino alle spalle; le
teste emergevano dalla sabbia, nera del loro sangue: teste orribili a vedersi;
vi si leggevano tutte le torture della fame e della sete. Debbo ancora parlarvi
di tutti gli altri orrori, debbo descrivere tutti quegli altri corpi che sono
stati trovati sparsi nei palmeti fra i cadaveri degli indigeni? Lo spettacolo è
indescrivibile. È un calvario spaventoso, del quale ho seguito le fasi con le
lagrime agli occhi, pieno d'immensa pietà, pensando alle madri di quei
disgraziati figliuoli.
Cadeva a Sciarasciat il 23 ottobre 1911 anche
Giuseppe Milani la cui targa compare nel cimitero di S. Vittore nel Veronese che
un attento navigatore, S. Trevisan, ci ha mandato e che postiamo a ricordo di
tutti i caduti mai abbastanza ricordati.
A
"loro tutti" verrà decretata la medaglia d'oro
(R.D. 12 novembre 1911)
"per essersi particolarmente distinto per prove di mirabile valore e di esemplare fermezza nel fatto d'arme del 23 Ottobre davanti a Tripoli"
e la possibilità un mese dopo a ranghi ricostituiti di attaccare gli arabi nelle oasi di Ain Zara e Henni e di vendicare i compagni caduti