TERZO CAPITOLO

I Bersaglieri Marò della Decima Mas

Il battaglione Fulmine   

Dopo l'8 settembre 1943 al Nord, con i reparti rimasti in armi, si costituì l'Esercito Repubblicano. A questi si aggiunsero i richiamati, con i coscritti della nuova leva, i volontari e i soldati finiti in prigionia in Germania che avessero optato per la collaborazione. Molti bersaglieri dei disciolti battaglioni d'istruzione dei reggimenti o delle compagnie deposito confluirono a LA SPEZIA dove si andavano formando i reparti della Decima Mas di Junio Valerio Borghese.  Il 2° reggimento di marina della Xa venne quindi formato da Alpini e Bersaglieri che presero rispettivamente il nome di Valanga e Fulmine in battaglioni distinti. La Prima Compagnia è quella che raccoglie nei suoi ranghi nuclei provenienti dalle varie zone d'Italia, e che arruolatisi in gruppi, oppure arrivati singolarmente, trovano amici o conoscenti dei paesi loro vicini. Le provenienze sono le più disparate. Troviamo il gruppo che proviene dall'11° Reggimento bersaglieri, dal 31° carristi del disciolto Regio Esercito e qualcuno anche dalla Milizia. Ma l'ossatura principale sono i giovani che accorrono numerosi al richiamo di un così prestigioso reparto. Qualcuno di questi proviene anche da altri reparti della Decima.  La Compagnia, inizialmente dotata di un certo numero di biciclette, simbolo dei bersaglieri fin dall'inizio del secolo, le lascerà in caserma a Torino in vista del trasferimento nel Veneto. Il Fulmine indossava i panni della fanteria di marina, basco per tutti e innalzava solo sul gagliardetto le piume nere. Il suo motto era Scatto, Travolgo e Vinco. Quando il reparto raggiunse la consistenza sufficiente si trasferì, (Aprile del 44) a Pietrasanta dove si addestrò fino al 30 Giugno. Da qui raggiunse operativamente il Piemonte per operazioni di rastrellamento nelle valli frequentate dai partigiani. Le compagnie organiche previste erano tre. Una moto, una armi accompagnamento e una a piedi. L'operazione più importante in cui venne coinvolto fu la liberazione di Alba dalla occupazione partigiana il  5 novembre 1944.  All'organico del battaglione si era aggiunto alla fine dell'estate in Veneto la quarta compagnia composta di Volontari di Francia. Questi uomini erano Italiani emigrati in Francia che si erano presentati volontari dopo l'8 settembre al comando BETASOM (sommergibili italiani) di Bordeaux per essere incorporati nel battaglione Longobardo della Divisione Marina Atlantica della R.S.I.  Alla data del 6 giugno 1944 (sbarco in Normandia) il reparto era diviso in piccoli nuclei nell'artiglieria da costa tedesca che contrastava lo sbarco. 4oo uomini del Longobardo rientravano quindi in Italia il 18 Giugno al comando della Piazza Navale di Venezia. L'impiego in operazioni anti partigiane nella pianura Veneta, ne ridusse per defezioni l'organico di un terzo. I restanti dopo lo scorporo di un gruppo che passava alla Divisione SS italiana andarono a costituire la 4a compagnia del Fulmine. Con questi uomini alla fine del 44 il Fulmine iniziava in Italia Orientale un nuovo ciclo di lotta antipartigiana.  Dopo un primo impiego contro la Osoppo, a metà gennaio 1945 si scontrava a Selva di Tarnova coi partigiani di Tito. Rimasti accerchiati da oltre 2.000 uomini, resistettero per tre giorni fino all'arrivo dei soccorsi. La Divisione era in attesa del cambio quando alle prime ore del 19 Gennaio un numeroso nucleo di partigiani Jugoslavi attaccarono le posizioni tenute dal battaglione Fulmine. Durante il primo giorno di combattimenti, gli attaccanti non riuscirono ad avanzare e lamentarono circa 80 morti a fronte dei 12 del Fulmine. A causa di un guasto alle trasmissioni il battaglione non potè comunicare col Comando fino alle 11,30 e solo allora vennero allertati e mobilitati i battaglioni Valanga e Sagittario forti di circa 600 uomini che avanzarono fino al Monte San Gabriele dove i partigiani li bloccarono. Per sbloccare la situazione fu necessario l’intervento del glorioso Barbarigo  che il 20  attaccò conquistando il monte dopo diverse ore di combattimenti. Il giorno seguente i reparti del Barbarigo e del Valanga conquistarono il Monte San Daniele dove i partigiani si erano ritirati, mentre con l’appoggio di pochi carri armati tedeschi e un reparto di polizia tedesca il Sagittario avanzava da altra posizione verso Tarnova che veniva raggiunta e liberata nel pomeriggio. Che cosa era successo a Tarnova durante i 2 giorni d'assedio ?. Il 20 con l’aiuto dei mortai, i partigiani riuscirono a distruggere i bunker ed a penetrare nell’abitato causando numerose perdite fra i difensori (al termine della giornata il battaglione, forte al momento del primo attacco di 214 uomini, lamentava la perdita di 62 morti. Nella notte il Comandante, vista l’insostenibilità della situazione ordina una sortita verso sud tesa a rompere il sempre più premente accerchiamento. L’impresa riusci’ e 83 combattenti riuscirono a mettersi in salvo. Rimanevano ancora una cinquantina di marò che asserragliati in una casa, resistevano ad oltranza avendo perso i contatti con il resto del battaglione. I 48 assediati vennero liberati il giorno seguente dai reparti italo-tedeschi. Le perdite per il battaglione Fulmine furono di 86 Caduti e 65 feriti; per i partigiani titini si valuta attorno ai 250-300 fra morti e feriti . Dal diario di un superstite gli ultimi mesi del Fulmine

"La Prima e la Seconda Compagnia erano ridotte ad un totale di 58 uomini. Non sapevano, i Comandi, che cosa farne di esso. Molti volevano andare a far parte di altri Battaglioni, ma una voce bastò dal farli desistere dal proposito. Fu quella del Comandante. "No". Mai avremmo, e per nessun motivo, abbandonato quel glorioso Battaglione che ci aveva e che avevamo coperto di gloria, mai avremmo tradito la memoria dei nostri fratelli caduti per la difesa di Gorizia italiana. E difatti nessuno abbandonò quel Battaglione che aveva combattuto spargendo tanto sangue. Avemmo tutti una licenza premio di 15 giorni. Io e Mantini andammo a trascorrerla a Venezia. La caserma di Salcano rimase pressoché vuota. Rientrati in sede apprendemmo la fusione del nostro Battaglione con quello pur glorioso della Decima: "Il Castagnacci". Tentammo di andare verso Rovereto, ma la cosa fu impossibile a causa di un ponte fatto saltare. Dopo varie trattative, prima con i comandanti partigiani poi con quelli alleati, si decise, per evitare ulteriore spargimento di sangue, di ripiegare su Torrebelvicino, nei pressi di Schio.  Ci ammassammo al campo sportivo di Torrebelvicino, ancora provvisti di tutto l'armamento. Ci schierammo ed intonammo la canzone della Decima Flottiglia Mas. Al termine, il Comandante, con calde parole e visibilmente commosso, ci salutò e ci disse che l'opera che avevamo svolto non era stata vana, che la Patria ci era riconoscente e che ci augurava ogni bene ed ogni fortuna per noi e per le nostre famiglie. "Decima marinai" "Decima Comandante!" Quindi ci passò in rassegna e con lui il comandante americano ed il suo seguito, che nel frattempo erano venuti a prenderci in consegna. Il nostro Comandante aveva il braccio alzato nel fiero saluto romano, quello americano ed il suo seguito portavano la mano alla visiera nel saluto militare. Noi presentavamo le armi. E qui ci vorrebbe un lungo commento. Il gesto dell'ufficiale americano fu per noi vinti il più alto riconoscimento che potevamo avere. Non avrei mai creduto che un americano potesse avere parole amiche per il nemico sconfitto. Iniziammo quindi la consegna delle armi. Arrivò il mio turno. Baciai la mia pistola ed il mitra e portai le mani al volto per non far vedere che ero commosso. Volevo mostrarmi superbo, altero, ma il distacco fu più forte di me. Terminata la consegna delle armi si procedette alla perquisizione. Dopo aver dormito una notte all'addiaccio, partimmo con camions alleati per Vicenza. Pioveva a dirotto. Vi arrivammo verso le 13. Da Vicenza si parte, per la prigionia."  

 


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