I LUOGHI DELLA MEMORIA

2a parte, quelli del nemico...... >>>> 1a parte

…... e Creso rispose: "Sovrano, ho agito così per la tua felicità  e  per la mia rovina: di tutto questo il colpevole fu il dio dei Greci, che mi esortò alla guerra. Perché nessuno è così folle da preferire la guerra alla pace: in pace i figli seppelliscono i padri, in guerra sono i padri a seppellire i figli. Ma piaceva forse a un dio che le cose andassero come sono andate" Libro 1 - par 85 - 87" di Erodoto

 

Sacrario tedesco di QUERO -  Col Maor.

Raccoglie i resti di 3.232 austriaci e 229 tedeschi. Opera dell'architetto Robert Tischler, capo della sezione cimiteri e sacrari militari, è stato costruito negli anni 1936-39. Morto nel 1960, Tischler è autore dei sacrari tedeschi in Italia di Feltre, Pordoi e Merano e di decine di altri in Europa.

http://web.genie.it/utenti/c/cmgquero/cmgquero/italia.htm 

   

Sacrario tedesco del Pordoi

 

Raccoglie i resti di 8.582 soldati della grande guerra e 847 della seconda. La costruzione fu iniziata prima della IIa Guerra Mondiale. La cripta era già stata ultimata quando scoppiò la II Guerra Mondiale ed i lavori di ultimazione furono interrotti. Ripresi i lavori nel 1956 il sacrario fu inaugurato il 19.9.1959 Dopo questa data trovarono qui sepoltura anche i caduti dell'ultima Guerra Mondiale. Il sacrario è articolato su tre piani ben distinti. Il primo piano è costituito da un vasto muro perimetrale di oltre 54 metri di diametro che racchiude una fascia di terreno larga metri 8,50 nella quale riposano gli 847 caduti. Il secondo piano è formato da un terrazzo circondato da un muro di circa 30 metri di diametro ed alto 5 metri, nel cui centro si eleva una costruzione ottagonale alta metri 8,50 (terzo piano). Nella parte superiore delle pareti strette aperture a finestrella permettono alla luce del giorno di illuminare l'interno della sala al cui centro è situato un piedistallo con una lampada votiva. 

   

Wegscheid bei Linz - Traun (a sx, a dx Braunau )

 

Il cimitero Militare Internazionale di Guerra si trova alla periferia della città di Linz, capoluogo della Regione dell'Alta Austria e già nel Comune di Traun che è situato nei pressi della stazione ferroviaria di Kleinmiinchen in località Wegscheid. Nel cimitero Militare, costruito a fianco dell'allora campo di prigionia, vi sono sepolti 5.163  soldati di varie nazionalità. Nel riquadro italiano del cimitero Militare sono custoditi i resti mortali di 1.360 militari, deceduti in prigionia. Indirizzo Traun, Lessingstrasse 34

     

 

OSSARIO AUSTROUNGARICO DELL'ASINARA

Quella dell'Asinara è una storia lunga e tragica. Comincia, per i prigionieri austroungarici, nel 1914 a seguito delle tre offensive lanciate contro la Serbia e delle successive controffensive serbe, l'ultima delle quali, culminata con la ripresa di Belgrado che portò alla cattura di 40.000 austroungarici (in tutto i prigionieri austroungarici dei serbi furono circa 76.000 e di questi fino a ottobre 1915 ne morirono di colera, malattie e congelamento circa 29.000 !!!). Nell'ottobre del ‘15 Austria, Germania e Bulgaria attaccarono questa questa volta la Serbia a tenaglia impedendo ai serbi sconfitti una facile ritirata verso la Grecia. I serbi, nella ritirata, passata sotto il nome di marcia della morte, portarono con sé, senza averne i mezzi, circa 50.000 prigionieri (di varie nazionalità soggette tedesche, italiane comprese) e attraversarono in fuga il Montenegro e l'Albania giungendo fino a Valona. Qui arrivarono circa 24.000 prigionieri sopravvissuti (una violenta epidemia, oltre a stenti inenarrabili, aveva colpito gli sventurati nel corso della marcia della morte), che furono consegnati agli italiani, mentre un altro troncone dell'esercito serbo in fuga arrivò a Durazzo e poi fu trasportato a Corfù per essere riorganizzato dai francesi. I prigionieri austroungarici presi in carico dagli italiani dovevano, una volta ristabiliti, essere consegnati alla Francia, a seguito di accordi intercorsi con la Serbia.

 

Gli Italiani li trasportarono quindi all'Isola dell’Asinara (Lazzaretto di fine '800) con un ponte navale nel periodo che va da dicembre 1915 a metà gennaio 1916. Qui giunti morirono altri 5.000 prigionieri (sempre a causa del colera e degli stenti subiti per la lunga marcia). Di molti non si conobbero nemmeno i nomi. Nel corso del solo viaggio di trasferimento da Valona all’Asinara ne furono gettati a mare, morti, circa 1.500. A luglio del 1916 i prigionieri guariti - circa 16.000 ( perché gli italiani trattennero gli ufficiali, i prigionieri di lingua italiana e tedesca se germanici*) furono consegnati alla Francia. Tra i trattenuti i sud-tirolesi (di lingua tedesca e di lingua italiana) di cui si è trovata una esile traccia nel Bollettino dei Richiamati edito nel periodo della guerra. Da notizie dell’aprile 1916 tra i sopravvissuti ci furono circa 300 prigionieri di nazionalità italiana (trentini e dalmati). Di alcuni soldati trentini sono stati rintracciati i nominativi, consentendo una ricostruzione della nostra storia, così come dei soldati austriaci dell’attuale Sud-Tirol Alto-Adige fatti prigionieri dall’esercito italiano successivamente dal luglio 1916 al novembre 1918 e morti all’Asinara per malattia. Ma la storia dei campi di concentramento dell’Asinara non finisce qui. Dal novembre 1918 ai primi mesi del 1919 furono tradotti nei campi di concentramento dell’Asinara circa 300 trentini ex-prigionieri dei russi che, rientrati in Italia per riabbracciare le proprie famiglie, furono bloccati ad Innsbruck dall’Esercito italiano in quanto sospettati di propaganda bolscevica e tradotti quindi all’Asinara per un periodo di “osservazione”, prima della loro definitiva liberazione a seguito di pressanti richieste del Vescovo di Trento. S.E. Mons. Celestino Endrici. copyright Giovanni Terranova

     

L’Ammiraglio Revel fece murare a Brindisi una lapide che recitava
DAL DICEMBRE MCMXV (1915) AL FEBBRAIO MCMXVI (1916) LE NAVI
D’ITALIA CON 584 CROCIERE PROTESSERO L’ESODO DELL’ESERCITO
SERBO E CON 202 VIAGGI TRASSERO IN SALVO 115.000 DEI 185.000
PROFUGHI CHE DALLA OPPOSTA SPONDA TENDEVANO LA MANO

  Giovanni Terranova da qualche anno si dedica ad attività di ricerca storica sui soldati trentini che combatterono nelle file dell’esercito austro-ungarico nel corso della prima guerra mondiale. Nel corso delle ricerche e delle numerose visite sull’isola dell’Asinara, Terranova ha voluto ricordare tutti i caduti che riposano nell’Ossario dell’Asinara (a fianco sue foto) ed in particolar modo, anche a nome delle comunità trentine e sud-tirolesi, i caduti identificati come appartenenti a dette comunità, deponendo delle corone di fiori in loro ricordo. Per l’attività svolta è stato insignito dalla Croce Nera del Tirolo (Schwarzes Kreuz) della Ehrenkreuz di 1^ classe. Sull’argomento Giovanni Terranova sta preparando un libro.
     
Da Mine e Spie del Com.te G. Pagano di Melito…...Con l’esodo dell’Esercito Serbo, la Marina Italiana scrisse una pagina immortale. Animatore Luigi di Savoia, esecutori impareggiabili l’Ammiraglio Cutinelli e lo S.M. della Il Squadra. Mancherei ad un dovere se qui non ne ricordassi i nomi additandoli come esempio alle future generazioni di Ufficiali di Marina. Capitano di Vascello Piero Orsini, Capo di S.M.; Capitano di Fregata Mario Grenet, Sottocapo di S.M.; Tenenti di Vascello Antoldi, Bafile, Filippini, Lovisetto ed in ultimo Montefinale che, addetto alla radiotelegrafia, prestò opera continua, instancabile e di enorme portata per la riuscita delle operazioni. Più ammirevole nucleo di intelletti, più cordiale coesione non mi accadde di vedere mai più nei Comandi che si succedettero a Brindisi. Chi obiettivamente ricorda, sa che io dico il vero. Indico questi nomi di Superiori e compagni, alla ammirazione della Marina ed alla riconoscenza della Patria. Potrei aggiungere, alla riconoscenza dei Serbi…. .Ad essi però potrebbe applicarsi la definizione che dava della riconoscenza un uomo politico di tempi trascorsi: La riconoscenza degli umani, egli diceva, è la espressione dei benefici futuri!….». A guerra finita tutti volevano il merito di quella impresa forse unica nella storia.

>> citato - Soldati e prigionieri...- di Giovanna Procacci >>

 

All'inizio - nel dicembre 1915 -la maggior parte dei prigionieri austriaci catturati dai serbi fu inviata dall'Albania nell'isola dell' Asinara, dove si venne così a costituire il nucleo più ingente, di circa 30000 soldati e 600 ufficiali (le cifre sono riferite da S. Sonnino, Diario I9I4-I9I6, II, a cura di P. Pastorelli, Bari I972, p. 286, alla data IO dicembre 1915; altre fonti parlano di circa 25000 uomini). Già durante il viaggio in mare dall' Albania si erano sviluppati sulla nave casi di colera. Giunti a terra, i prigionieri si trovarono di fronte un'isola disabitata, senza acqua e senza nessuna costruzione in pietra; i malati furono ospitati in tende, situate tra i cespugli, mentre gli altri andarono a rifugiarsi sulla montagna. Data l'assenza di qualsiasi organizzazione ospedaliera, la mancanza di cibo e di ricoveri, il numero delle morti fu nei primi giorni altissimo. Prima del 6 gennaio erano morti già 1300 prigionieri (lettera di Salandra a Sonnino del 6 gennaio 1916, in S. Sonnino, Carteggio I9I4-I9I6, a cura di P.Pastorelli, Bari 1974, pp. 661 sg.). Il 7 gennaio si verificarono 128 morti, 168 l'Il, 181 il 12, e così via per le prime tre settimane di gennaio; la situazione migliorò in seguito, ma ancora a marzo risultava una media di circa IO morti al giorno, soprattutto per tubercolosi (dal 6 gennaio al 13 luglio si registrarono 1424 morti): cfr. Ministero della Guerra, Comando del Corpo di Stato Maggiore, Ufficio Storico, G. C. Ferrari, Relazione del campo di prigionieri colerosi all'isola dell'Asinara nel I91'5-I6, Roma 1929, pp. 18 sgg., 26-45, 122 (Ferrari era il generale comandante il presidio dell' Asinara). Cfr. anche Mortara, La salute pubblica in Italia cit., pp. 385 sgg.
Una denuncia del trattamento disumano riservato ai prigionieri austriaci e del regime disciplinare durissimo imposto dal comandante generale Ferrari fu pubblicata sull'«Avanti!» il 28 settembre 1919; l'autore era un capitano italiano vissuto nell'isola (L'ecatombe dell'isola dell'Asinara. L'episodio più triste e pietoso della guerra europea. Quindicimila vittime del colera. Il regime del bastone tra i prigionieri). In seguito, parte dei detenuti sopravvissuti furono ceduti alla Francia (nonostante l'iniziale posizione contraria di Sonnino: cfr. Diario, II cit., p. 296, e Id., Diario I9I6-I922, IIl, a cura di P. Pastorelli, Bari I972, p. 8) e parte furono smistati nei vari campi.

     

Rifornimento acqua trincee

  Nota del sito: A Durazzo demmo assistenza ai circa 180.000 soldati serbi in fuga inviando a S. Giovanni di Medua 29.000 tonn di derrate. Lo sgombero richiese 80 piroscafi (la metà italiani), e in 202 viaggi fino al febbraio 1916 furono traghettati a Corfù (la Grecia non era belligerante) i resti decimati dell'armata serba. La scorta delle navi alleate non impedì agli Austriaci di affondare dalla base fortificata delle Bocche di Cattaro 6 piroscafi e due navi da guerra italiane. L'operazione si svolse sotto il comando del Duca degli Abruzzi Luigi Amedeo comandante la flotta dell'Adriatico. L'incalzare degli eserciti dell'Alleanza, ci vide poi  costretti a trincerarci in Valona.

per un ulteriore approfondimento http://www.cimeetrincee.it/sacrari.htm  http://www.storiaefuturo.com/it/numero_25/memoria/11_asinara-prigionieri~1390.html   

    Alcuni piccoli cimiteri austroungarici non citati in altre sezioni
Bruneck Brunico - Waldfriedhof Bruneck (821 Gefallene). Durante il grande conflitto a Brunico erano ospitati diversi ospedali militari in cui morirono numerosi soldati feriti, malati e prigionieri di guerra. Un ufficiale del genio che prestava li servizio, l'architetto ed ingegnere A. Brechthold di Bregenz, allestì il cimitero nel terreno assegnatoli dalla comunità in modo tale che si inserisse con armonia nell'ambiente del bosco. Qui sono sepolti 669 soldati austroungarici, 103 prigionieri russi, 13 serbi e 7 rumeni. I 77 soldati italiani che vi erano stati sepolti furono trasferiti nel 1932 nell'ossario del Pocòl, mentre i 45 soldati tedeschi furono traslati al Pordoi.

 

  Sankt Jakob bei Bozen (3.938 gefallene und verstorbene Soldaten von 1848-1945): Cimitero di S. Giacomo presso Bolzano: è diviso in due parti: italiana (1945 esumati e trasportati a Colle Isarco e a Burgusio) e austro-tedesca (che contiene anche una croce a ricordo dei prigionieri russi morti in prigionia )
Fogliano Cimitero Austro-Ungarico di Fogliano Redipuglia costruito ad un km circa dal Sacrario raccoglie le salme di 14.550 soldati Austro-Ungheresi,
Dobbiaco - Naßwand bei Toblach (1.259 Krieger aus neun Nationen) Monte Piana e Burg di S. Candido (Innichen)
Tonezza del Cimone: Cimitero Austro-Ungarico del Cimone raccoglie le salme di oltre 1000 austro-ungarici
Feltre Cimitero germanico (Belluno, 4.201 Gefallene der k.u.k. Armee, vor allem aus den Kämpfen um den Mt. Grappa, wird vom Oberösterreichischen Verein betreut) raccoglie 273 caduti, tra i quali anche austriaci.
Prosecco (Bei Triest mit 5.733 Gefallenen aus dem Ersten Weltkrieg, wird vom Oberösterreichischen Verein betreut) Cimitero Militare Austriaco che ospita circa 5050 caduti della Grande Guerra
Aurisina: Cimitero militare austro-ungarico di Aurisina Stazione Trieste dove sono sepolti 1934 soldati

Per motivi di spazio, di fruibilità del navigatore e di affollata contingente circostanza, non mi è stato possibile indicare e mostrare  tutti i luoghi di questo conflitto in cui si è consumata una tragedia (e che vide cippi eretti a ricordo, a migliaia) che andava oltre le pur funeste intenzioni e le condizioni già disastrose della guerra. Non voglio per questo dire che su altri fronti ciò non si sia verificato, ma quello che qui successe per noi divenne d'ora in poi, come il Mrzli di Giugno, la "routine" quotidiana. E' questo che descrivo l'assalto del Basson (dalla località lungo la val d'Assa che da Asiago porta a Longarone). Qui sorge il cippo del 115° Reggimento Fanteria Treviso del Col. Riveri e qui sorgerà anche la Cappella di S.Zita dedicata e ispirata da Zita di Borbone Parma, l'"Italiana", ultima Imperatrice d'Austria.

 

La difesa del Veneto era affidata allora al V C.d.A  (T.Gen Aliprando) costituito dalla IX divisione (T. Gen. Ferrari), XV div. (T. Gen. Lenchantin) XXXIV (T. Gen. Oro) e truppe d'armata a disposizione 4° Bersaglieri, 5° art. camp., 22° Cav. Catania. L'area era divisa in 3 settori Agno-Astico, Assa, Brenta-Cismon. Gli intervalli fra i forti austriaci erano difesi da Standschutzen, minori d'età o ultra 55enni. I Forti avevano mura in calcestruzzo spesse mentre quelli italiani a fronte di una minore difesa schieravano artiglierie più grosse e distruttive. Tutto questo non servì più a nulla quando si posizionarono, defilate, artiglierie di calibro ancora maggiore (si arrivò al 420mm) che implacabili colpivano un "nemico" che non poteva spostarsi. La sotto era l'inferno.

LA STRAGE DEL BASSON - 25 AGOSTO 1915

     
Il Tenente Johann Konrad, Ufficiale del genio tiene un diario degli avvenimenti dell'agosto 1915 e così racconta le vicende di quei giorni che precedono l'attacco. (Dal volume "Standschutzen Verteidigen Tirol")   - 17 agosto 1915: Il fuoco delle artiglierie nemiche continua con veemenza inaudita. Il solo forte Verle viene colpito in questo giorno da oltre 300 colpi di grossi calibri e subisce gravi danni alla copertura ed enormi brecce nelle mura antistanti il nemico.

  -18 agosto: Il fuoco nemico contro i nostri forti e le postazioni di fanteria continua ininterrottamente. Anche le vie di comunicazione, alle nostre spalle, vengono tenute sotto un pesante fuoco di grossi e medi calibri.
-19 agosto: Gli Italiani colpiscono con tenacia incessante le nostre opere fortificate ed i capisaldi. I reparti posti sotto il mio comando vengono fatti ripiegare entro le trincee delle singole compagnie. Con due pattuglie di genieri riesco a mettere in efficienza l'acquedotto di Monterovere e la strada. Si riesce a completare la posizione n. 9 di Costa Alta sotto un pesante fuoco nemico. Il cannoneggiamento contro le nostre opere e postazioni continua ininterrotto dal 20 al 24 agosto, con forza e potenza indescrivibili. Il forte Verle assomiglia ad un masso di cemento sforacchiato con grosse fenditure sul tetto. La sua guarnigione giace sotto le spaventose detonazioni ed i gas esplosivi. Su Cima Vezzena (Forte Spitz), il comandante, Aspirante Schwarz, resiste con la sua guarnigione sbigottita, mentre le cupole corazzate, sotto i pesanti fendenti, si sbriciolano come gusci di noce. Gli Italiani si preparano certamente ad un pesante e potente attacco che permetta loro di occupare in una sola volta il settore di Lavarone e quindi aprirsi la via verso il cuore del Trentino, cioè Trento.
Come giunge la sera del 24 agosto, il nemico crede di aver annientato sufficientemente le nostre difese e sia giunto il momento di lanciare le sue fanterie. Un massiccio concentramento di fuoco da parte di tutte le artiglierie italiane, doveva cancellare, nella previsione, l'ultima resistenza delle guarnigioni.
Verso le 22, la piccola ma coraggiosa guarnigione di Cima Vezzena informa che sta per essere avvicinata da grandi masse di fanti nemici. Immediatamente la notizia si diffonde e viene trasmessa a tutti i comandi di posizione. Quando le avanguardie italiane vengono a trovarsi a circa 800 passi dalle nostre prime postazioni, si dà ordine di aprire il fuoco. Nello stesso istante inizia il fuoco anche da parte delle nostre artiglierie di copertura di tutto l'altipiano di Vezzena. Con accanimento gli Italiani cercano di far proseguire le loro punte avanzate lanciando all'assalto continuamente nuove riserve. Ma verso le ore l, l'attacco lanciato dapprima lungo la linea Cima Vezzena - Verle, è troncato, ed alle nostre artiglierie non rimane che tenere sotto il loro fuoco le masse in ripiegamento continuo
. pag 43-45 Liber-Leitempergher

Nel contempo ci si accorge che forti raggruppamenti di fanteria italiana si stanno lanciando contro le nostre difese del caposaldo del Basson, per cui le artiglierie di fortezza e di campagna vi dirigono subito il loro fuoco di sbarramento.... Liber T., Leitempergher U., Kozlovic A., 1914-1918 La grande guerra sugli altipiani

     
Dalla relazione ufficiale Italiana del 1929

(L’ESERCITO ITALIANO NELLA GRANDE GUERRA, Volume II, 1° tomo - Le Operazioni del 1915) :«L’attacco della linea Cima di Vezzena - Cost’Alta, per il quale il comando della 34a Div. aveva fin dal 14 agosto predisposto lo schieramento delle truppe (pag 326) ed iniziato la preparazione d’art., fu fissato per la notte sul 25 ( ordine di op. n. 14 all 161 ). Il sottosettore sud doveva svolgere azione dimostrativa contro la linea Cost’Alta-Basson, quello nord azione risolutiva contro la linea strada del Termine - Cima di Vezzena.

  ”.... Verso le 22,30 del 24 agosto, il 115° fanteria (col. Riveri) iniziò l’avanzata. Il II° btg. era diretto contro il Basson, il III° contro Cost’Alta, il I° era in seconda linea. Superata senza difficoltà una prima zona di reticolati (ove i guastatori erano riusciti ad aprire alcuni varchi fra le ore 21 e 22) e una prima linea di trinceramenti, occupati da poche forze che si ritirarono, il comandante del reggimento dette il segnale dell’assalto. I due battaglioni si slanciarono, ma vennero arrestati da un nuovo reticolato intatto e da violento fuoco di fucileria e mitragliatrici. Si tentò di praticare dei passaggi in questo secondo reticolato, si fece avanzare anche il I° btg. Intanto i riflettori nemici precisarono la posizione delle truppe del 115°, che vennero così fatte segno a nutrito fuoco di artiglieria dai forti. Il reggimento, in formazione densa sotto i reticolati, non desistette dai tentativi di aprirsi un varco, finché le forti perdite non lo costrinsero a ripiegare nelle posizioni di partenza”.  Intanto alle ore 24 anche la brig. Ivrea (m. gen. Murari) iniziava l’avanzata. Erano in prima linea il III/161°, il I/162° e il btg. alp. V. Brenta. Prima di giungere ai reticolati furono fatti segno a violento fuoco di fucileria dal nemico, vigile pel precedente attacco della nostra ala sinistra. Constatata l’impossibilità di superare la fascia di reticolati, considerate le perdite già sensibili, le truppe vennero fatte ritirare nelle posizioni di partenza.
     

 

Di come siano andati veramente i fatti (il Colonnello Riveri venne fatto prigioniero) si disquisì molto enfatizzando, come già succedeva in altri fronti quei piccoli progressi in grandi fortune. A ciò era impegnato l'apparato militare e quello giornalistico propagandistico, mentre Cadorna faceva saltare migliaia di teste non essendo affatto contento della conduzione e dell'andamento del conflitto. Si disse che il Colonnello fece accompagnare l'assalto con la banda e si disquisisce anche sul repertorio se doveva mancare questa o quella musica. Si disquisisce della citazione che ne usci se i reticolati si dovevano aprire coi petti visto che non avevamo altro a disposizione.

Gli Austriaci nel tempo ammisero che erano saltati diversi ordini di trincee, cosa che nella storiografia fece poi dire per anni che avevamo conquistato non solo le trincee ma anche i forti con pregiudizio del fronte degli altopiani mentre a saltare erano solo stati i nervi dei difensori del Luserna fatti poi segno dei colpi degli affiancanti Verle e Belvedere.

<<< Foto Coll. Giovanni Terranova

    Ai superstiti del 115° reggimento Fanteria

Gabriele D’Annunzio *
“ .. sono ricevuto dal generale Oro: tarchiato, rosso, baffi grigi, tipo di vecchio soldato di stampo piemontese, con un naso che ricorda quello di Vittorio Emanuele II – Ma è un meridionale, della provincia di Salerno. Affabile, paterno, bonario. Mi racconta l’episodio della bandiera del Regg. 115, che gli Austriaci pretendono di aver presa a Vezzena – Mi mostra la fotografia della vera bandiera, con le macchie di sangue, con la lancia storta e rotta da una palla. Desidera che io spieghi in un nuovo messaggio ai Trentini la verità, perché gli Austriaci hanno portato a Trento la bandiera apocrifa, con grandi allegrezze e dimostrazioni. Bisognerebbe aggiungere ai messaggi le fotografie convincenti – Il generale apre un taccuino e mi racconta alcuni atti d’incredibile valore da lui raccolti – Ha un sincero calore, un grande amore per i suoi soldati.
Mi accomiato. Sono invitato alla mensa per questa sera.
…..
Quando esco (dalla mensa), la luna è nel cielo. Pace sui monti. Grandi ombre tranquille.”

  “Soldati d’Italia, sta per ricorrere, in questa sera stessa ricorre il trigesimo dell’assalto eroico che rese per sempre glorioso il vostro Reggimento nei fasti del valore latino.
Il plenilunio del 24 agosto rimarrà memorabile, in tutta quest’alpe combattuta e in tutta la patria commossa, come il sole famoso che rischiarò taluna delle grandi battaglie campali del mondo; ché là dove il cuore dell’uomo supera il limite della sua virtù e si fa più che umano nel sacrificio, là splende per sempre una vetta sublime.
E un pugno di prodi allora vale un esercito innumerevole, un valico angusto vale una lunga linea di battaglia, una piccola altura trincerata vale un vasto ordine di fortificazioni insuperabili.
Il breve piano di Maratona non è nell’immagine degli uomini più luminoso della smisurata fronte che oggi si stende dal Baltico alla Volinia?
Il vostro Basson, vostro perché posseduto dal vostro animo e dal vostro sangue, ha la forma d’un tumulo ignudo, irto ancora di reticolati recisi e di trincee sconvolte. Io lo vidi l’altrieri, dalla ridotta 1506, biancheggiare nella sua sterilità quasi di cenere, e mi parve più insigne d’un mausoleo marmoreo. Là non giova porre un monumento fastoso, ma sì una semplice stela di pietra su cui sieno incisi i nomi dei 33 ufficiali e dei 1048 soldati caduti combattendo, eroi tutti, dal primo all’ultimo, eguali tutti nell’impeto e nella fermezza, nella passione e nell’abnegazione, tenaci ed audaci, resistenti e ardenti.
Siano benedetti e glorificati nel profondo cuore d’Italia! Siate voi benedetti e glorificati, superstiti dei battaglioni formidabili che non balenarono mai per un attimo sotto il fuoco scrosciante di tre forti e tennero sempre alzata la bandiera sul culmine del loro coraggio invitto.
La vostra bandiera, su cui rimangono come segni di santità le tracce sanguigne di due martiri, del sottotenente De Blasio e del Tenente Colonnello Marchetti, caduti per sostenerla, voi la pianterete o prima o poi su la cima di Vezzena.
Questo vi domandano i vostri morti che stanotte, sotto il cielo splendido come quel cielo d’agosto, erreranno su per le trincee del Basson silenzioso. Questo nel trigesimo vi domandano le anime dei vostri morti per essere placate, per poter dormire in pace sotto la terra redenta.
E volgete oggi un pensiero d’amore e di dolore al triste prigioniero lontano, al Colonnello Riveri, condottiero di tempra antica, che i Bronzetti vorrebbero per fratello, assalitore della medesima razza, di quelli che, lanciati verso la morte e la gloria, non possono più tornare indietro. Pensate alla sua solitudine e alla sua angoscia.
Ma quando il suo cuore ripalpiterà di gioia, il suo sguardo rilampeggerà d’orgoglio?
Quando egli saprà che su Luserna, su Busa di Verle, su Costa Alta, su tutte le fortificazioni nemiche, sventola il tricolore e che il suo 115°, guidato dal nuovo comandante e dai nuovi ufficiali, superò il prodigio del 25 agosto.
Questo noi vogliamo, questo noi giuriamo, questo noi compiremo, per l’anima santa dei nostri morti.
Viva il 115°! Viva l’Italia! Viva il Re! “
Gabriele D’Annunzio

<<<< Cippo 115° Treviso - Foto Giovanni Terranova

    DAL DIARIO STORICO DELLA BRIGATA TREVISO 115/116°
* dopo il volo su Trento avvenuto il 20 settembre 1915 si trattenne a Campolongo per la rievocazione del Basson. Partito da Asiago a bordo di un «Maurin Farman», di fabbricazione italiana, D’Annunzio lanciò il 20/9 nei pressi del "Buonconsiglio" 21 sacchetti di stoffa contenente un lungo messaggio ai Trentini, definiti «fratelli in Dante eterno»
D’Annunzio – Taccuini LXXXIII – 1915 - Trento – Asiago – Note per discorsi Casare di Campolongo 24 settembre 1915

per  cortese segnalazione di Franco Minoia dal Diario del 115° reggimento della Bigata Treviso

 
  25 Agosto [1915] – (…) Il Reggimento (i resti) si riunisce a Campo Rosà: assume il Comando del Reggimento il T. Colonnello Curti Cav. Alessandro (ufficiale più alto in grado). Il Capitano Giacosa Sig. Augusto assume il Comando del 1° Battaglione; il Tenente di Milizia Territoriale Fantoni assume il Comando del 2°; il Capitano Savardo Cesare quello del 3° e il Capitano Peloso Luigi le funzioni di Aiutante Maggiore in 1ª.
Passati alla verifica delle perdite venne constatato quanto segue:
Ufficiali Morti: 7 Morti
Ufficiali dispersi: 14 Dispersi
Ufficiali feriti: 12 Feriti
Il T. Col. Curti Cav. Alessandro e il S. Tenente Franceschelli Sig. Armando, feriti leggermente, fanno servizio al Corpo.
Perdite riscontrate nella Truppa:
Sul diario sono indicate le perdite subite da ogni singola Compagnia ripartite in morti, feriti e dispersi. Vi è un errore di 81 uomini nella somma dei dispersi di Truppa che venne calcolato in 560 anziché in 641. Detto errore si trasferì anche sul totale generale della perdite indicato in 1041 anziché 1122 e 33 ufficiali anziché 36

 

Bronzo alla bandiera del 115° reggimento fanteria

"Per l'ardimento e la sprezzante fierezza dimostrati in un'aspra giornata di battaglia dai suoi mirabili fanti, che pugnavano e stoicamente cadevano attorno alla bandiera sventolante nel più folto della mischia (Basson, 25 agosto 1915" B.U. anno 1920 disp. 47

gli ultimi imperi

   
  All’inizio delle ostilità la brigata è dislocata fra Marostica Bassano e Mason alle dipendenze della 34° div.. Inviata il 25 maggio nei dintorni di Thiene, il 3 giugno è in prima linea sull’altopiano di Asiago, nella zona Costesin Campo Rosà Ghertele Mandriolo. Quivi fino al 23 agosto i suoi reparti si alternano fra periodi di linea e riposo. Il 25 il 115° agisce dimostrativamente per agevolare l’attacco della Brigata Ivrea (161/162°) contro le posizioni di Malga Alta e M. Basson: gli attacchi condotti con estrema violenza e più volte rinnovati da tutti i reparti si infrangono contro le robuste difese passive del nemico che reagisce attivamente con fuoco di mitragliatrici e con intenso tiro delle artiglierie dei forti ancora efficienti di Luserna e Busa Verle sì che il 115° reggimento è obbligato a ripiegare sulle posizioni di partenza di Campo Rosà dopo aver perduto 36 ufficiali e 1041 militari di truppa. L’eroica sua condotta in questa azione è compensata colla concessione al reggimento della medaglia di Bronzo al valor militare. La brigata permane tutto l’anno nella zona ove, oltre i quotidiani lavori di rafforzamento, esegue frequenti azioni dimostrative e di pattuglie, fra le quali sono di maggior rilievo quelle svolte dal 19 al 21 ottobre e dal 4 al 6 dicembre. Alle prime vi attende il 116° il quale riesce a guadagnare qualche tratto di trinceramento avversario nella zona di Millegrobe che il nemico tenta invano di riprendere il giorno 29
     
Resa del forte di Luserna (dove operavano pochi artiglieri, gendarmi, guardia di finanza, ragazzi dai 16 ai 18 anni e uomini dai 50 ai 65). Liber T., Leitempergher U., Kozlovic A., 1914-1918 La grande guerra sugli altipiani  

(per un  approfondimento migliore  http://www.cimeetrincee.it/cimiterimil.htm  )  http://www.trentinograndeguerra.it/context.jsp?ID_LINK=74&page=1&area=5&id_context=328  

  Dopo tre giorni d’ininterrotto fuoco italiano, “la povera gente sepolta viva …non aveva più mezzi di comunicazione per chiedere aiuto. Del resto, un soccorso sarebbe stato impossibile portarlo,… la resistenza era inutile e la morte certa, tanto più che nel forte, era opinione generale che esso fosse circondato dalle truppe italiane. Si temeva da un momento all’altro lo scoppio del deposito della munizione e della benzina. La luce era scarsa, l’aria opaca, asfissiante…” Il comandante e i pochi ufficiali, temendo “una rivolta dei soldati i quali, sepolti vivi, non ubbidivano più, né si potevano calmare”, decisero la resa e ne lessero nel libro di servizio le modalità prescritte: issare la bandiera bianca (un lenzuolo), distruggere documenti, denari, viveri, fucili, mitragliatrici e cannoncini, far uscire dal forte due ufficiali per la consegna”. Gli incaricati attesero per ore l’arrivo degli ufficiali italiani. “D’un tratto venne invece una fitta pioggia di proiettili. Erano i forti austriaci vicini che colpivano quello di Luserna…Dopo qualche minuto giunse una pattuglia di tedeschi che, arrampicatisi sul forte, ne strappò la bandiera bianca”. Il comandante, “più morto che vivo, si portò nella vicina fortezza di Costalta dove fu legato e condotto a Trento dal comandante di fortezza. A questi domandò il permesso e l’arma per suicidarsi. Il poveretto che era sporco e nero come il carbone, dava segno di pazzia e fu perciò condotto all’ospedale. Fu rinchiuso e venne ordinato il processo contro di lui ed i suoi ufficiali, per vigliaccheria e resa di una piazza forte senza essere stati costretti dalla necessità.” La sentenza di assoluzione non fu confermata e il processo fu rifatto altre due volte con la stessa assoluzione, ma “non si finì, perché nel 1918, in autunno, l’armistizio lo troncò” (pp. 26-30).
 

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