ANITA

                  1821-1849

                   3a parte

«Se vi fu colpa, io l'ebbi intiera! E.. vi fu colpa! Sì!...sì, l'annodavano due cuori con amore immenso, e s'infrangeva l'esistenza d'un innocente!.. Essa è morta! Io infelice! E lui vendicato...Sì! Vendicato!» 

Dalle memorie di Garibaldi    
... mi invitò a sorbire un caffè a casa sua. Entrammo, e la prima persona che si offrì al mio sguardo fu quella giovine che mi aveva fatto sbarcare. Era Anita! La futura madre dei miei figli! La futura compagna della mia vita, nella buona e nella cattiva sorte! La donna il cui coraggio tante volte avrei desiderato avere! Restammo entrambi estatici, silenziosi, guardandoci reciprocamente, come due persone che non credono di vedersi davvero per la prima volta e cercano l'uno nei lineamenti dell'altro qualche cosa che agevoli una reminiscenza. Finalmente le rivolsi la parola, e le dissi: «Tu devi essere mia». Parlavo poco il portoghese, e perciò pronunciai queste parole in italiano. Comunque fui magnetico nella mia insolenza. Con quella frase avevo stretto un nodo, sancito una sentenza che la sola morte avrebbe potuto infrangere! lo avevo incontrato un tesoro proibito, ma era un tesoro di grande pregio!  Se vi fu colpa, io l'ebbi intera! E ... vi fu colpa! Sì. perché mentre due cuori si univano con amore immenso. si infrangeva allo stesso tempo l'esistenza di un innocente. Adesso mentre scrivo queste memorie, Anita è morta, io infelice. Si, e lui è vendicato ... Sì! Vendicato! lo mi resi conto del gran male che avevo fatto quando,. sperando che fosse ancora in vita, strinsi invece il polso di un cadavere: in quel momento, dieci anni dopo averla conosciuta, piansi di disperazione! lo sbagliai molto, e sbagliai io solo!

Garibaldi è convinto (non per motivi religiosi essendo un massone o quasi), di aver infranto comunque un tabù nel rubare la donna d'altri (forse una remora sociale dell'800 o la sua stessa fede politica... o comunque la fede della madre -cattolica- a cui è molto legato). E per analogia (contrappasso) come lei ha lasciato il marito (morente) così è costretto Garibaldi a lasciarla nelle paludi ravennati per espiare !!!.
 

Lo scrittore francese A. Dumas, che lesse quelle righe prima della sua pubblicazione, disse al Generale che le frasi erano vaghe e che andavano precisate o tolte. Garibaldi, riferisce Dumas, per tutta risposta allargò le braccia e replicò: "Bisogna che rimangano così". Alla morte di Anita, si racconta che Garibaldi piangesse stringendo nelle mani il polso di lei e non volesse abbandonarla. A fatica il fedelissimo Leggero lo convinse a riprendere la fuga e a mettersi in salvo «Generale, dovete farlo. Per i vostri figli, per l'Italia....»

“Mais fogo, mais fogo!”

commento del curatore delle memorie: Il racconto dello straordinario incontro tra Garibaldi e Anita richiede qualche chiarimento. Preso dall'enfasi della narrazione, infatti, il Generale non ha chiarito alcuni particolari importanti. Innanzi tutto una domanda: qual era la terribile colpa a cui accenna? È semplice: quella di aver portato via Anita al suo legittimo marito. Quando infatti Garibaldi la vide per la prima volta, Anita non era libera, ma era sposata a un calzolaio (o pescatore) del paese, tale Manuel Duarte de Aguiar. Lei aveva diciotto o vent'anni (incerta la nascita 1819 o 182l), il marito undici di più. Il loro non era un matrimonio d'amore bensì riparatore imposto dalla madre di Anita. Quattro anni prima, quando la ragazza aveva tra i quattordici e i sedici anni, un giovane di cui non si è mai conosciuto il nome l'aveva aggredita in un luogo deserto. Anita s'era difesa energicamente colpendo tra l'altro l'aggressore con una frustata al volto. Quindi aveva riferito ogni cosa ai genitori. Il fatto aveva suscitato scalpore e la madre per mettere fine alle chiacchiere aveva dato la figlia in sposa a Duarte  

 “Mais fogo, mais fogo!”

Travessia por terra de dois navios da Marinha de Guerra da República Rio-Grandense. Dotados de gigantescas rodas e puxados por centenas de bois, os navios foram transportados por 80 km, da Lagoa dos Patos até Tramandaí, num dos maiores feitos militares da história.

Ma a Laguna come vi era arrivato Garibaldi?. Nel prosieguo della guerra che interessava il Brasile Meridionale in una fase favorevole si decise, fra i ribelli del Rio Grande do Sul, di allargare la guerra alla vicina provincia (Santa Catarina 60.000 abitanti su una superficie all’incirca come quella della Sicilia) che già da marzo del 1839 (Lajes) s'era ribellata al governo centrale dell’Imperatore. Santa Catarina aveva un buon porto sul mare, Laguna appunto, che faceva comodo ai Riograndesi. Il comando della spedizione veniva affidato al Col. David Canabarro e quello di mare a Garibaldi. Dalla Laguna di Porto Alegre, la Lagoa dos Patos, comunque non era possibile uscire per la vigilanza dei natanti di Rio de Janeiro sulle bocche (Rio Grande). "Se non dalla porta, usciremo dalla finestra", pensò Garibaldi al quale il vocabolo "impossibile" parve sempre un non senso.  
     
Era la stagione delle piogge con i fiumi in piena e l’idea geniale fu di andare verso l’interno con due lancioni della marina Farroupilhana, il Pardo e il Seival, su per il fiume Capivari, portarli quindi via terra fino al fiume Tramandai che sfociava nell’Atlantico. Vengono trovati 200 buoi, cosa non difficile allora, e molto personale civile. Il 5 luglio le barche alleggerite vengono fatte adagiare su due enormi carri tratti poi fuori dalle acque. Attraverso campi arati navigano per 54 miglia "... dando un insolito spettacolo in quelle contrade." Il viaggio pur fra mille difficoltà ha fine il 14 quando le barche entrano in Atlantico grazie all'alta mare. Là nel mondo australe però è inverno e il mare è mosso. A causa del mare in tempesta e dell'eccessivo carico il Pardo, governato da Garibaldi, si rovesciò. Annegarono 16 dei 30 componenti dell'equipaggio, tra cui gli amici Mutru e Carniglia; il nizzardo fu l'unico italiano superstite. Garibaldi passò allora sulla Seival ma contro aveva ora 4 lancioni imperiali e un brigantino. Con uno stratagemma si fece inseguire in un canale dove nel fitto della boscaglia aveva nascosto i suoi uomini che catturarono due imbarcazioni. Vista la mala parata il resto posticcio della flottiglia imperiale se la diede a gambe levate sapendo che anche sul fronte di terra i ribelli avevano trovato la strada libera. Il 25 luglio 1839, le truppe imperiali si ritirarono e l'esercito riograndese entrò trionfale nella città e si instaurò la Republica Juiliana (da Luglio). Il governo di Rio de Janeiro prese allora misure energiche, inviando 12 navi e 3 lancioni al comando del maresciallo Francisco Josè Souza Suares de Andrea. La strategia imperiale era quella di porre il blocco a Laguna e di eliminare una volta per tutte quello che era sembrato un semplice disordine locale. Il generale Texeira che comandava l'avanguardia repubblicana aveva si ricacciato a terra il nemico fino a Porto Alegre ma si insignoreggiava nei paesetti: la fortuna che sorrideva ai repubblicani sarebbe stata cosa breve; «ma essi - dice Garibaldi - benché prodi in guerra, non seppero coltivare la benevolenza dei « Catarinesi; e per giunta l'insufficienza dei mezzi fece perdere i benefici di quella brillante «campagna».

Il 15 novembre si presentarono davanti a Laguna 16 navi !! con 33 cannoni e l'esercito brasiliano riconquistò senza sforzo la città. I repubblicani (circa 500) si diedero alla fuga sugli altipiani dove si svolsero altre battaglie con fortune alterne nella selva. Ma veniamo all’incontro e agli sviluppi della storia d'amore di Josè. La vita da nomade lo ha portato molte volte a contatto con signore come di giovinette tanto che smessi gli abiti del guerrigliero gli si attribuisce un’aria da viveur e tombeur de femmes. Da bordo del lancione Garibaldi gira il cannocchiale fra le case e la vede. Sceso a terra qualcuno gli offre un caffè e a servirlo è proprio lei quella che aveva visto, la donna della sua vita. Questa la versione ufficiale: qualcuno dice che la sua casa non era visibile dal porto. “Avevo bisogno d’una donna che mi amasse subito!… sì, una donna!, e trovai Anita, la più perfetta delle creature… Da quel giorno non ho desiderato più niente".
Ana Maria Ribeiro da Silva de Jesus detta Aninia (pronuncia) appartiene a una famiglia di modesta estrazione sociale, discendente da portoghesi immigrati dalle Azzorre nel primo '700, come gran parte dei classificati brasiliani nativi (non indios). Il padre, Bento  Ribeiro da Silva, ha lavorato come allevatore di bestiame nell'interno, presso Lajes, poi si è trasferito sul mare con la moglie, Maria Antonia de Jesùs Antunes. I primi tre figli sono nati a Coxillas, Aninia e due fratelli nascono a Morrinhos. Morti il padre e tre maschi, la madre, con tre femmine, si trasferisce a Carniza. A 14 o 15 anni, il 30 agosto del 1835, Aninia sposa a Laguna Manuel Duarte (data certa).

 

casa di Anita a Laguna

Garibaldi:"Un uomo libero vale per dieci schiavi"

     
L'AMORE PER MANUELA

La famiglia di Bento Gonçalves aveva grandi possedimenti nella provincia di Camacuã (Fiume omonimo) contigua alla lagoa dos Patos o lago delle anatre. Le estancias o fazendas erano case di campagna, fattorie e in quella alla foce del fiume, della sorella di Bento, Antonia, si nascondevano i guerriglieri come Garibaldi. Un’altra sorella stava all'Arroio e Bento alla Fazenda Cristal distante 30 km. Fu qui nelle fazendas che Garibaldi conobbe la nipote di Bento, Manuela. A Camacuã avvennero scontri con gl'imperiali, già narrati nel 2° capitolo: Garibaldi se ne stava con pochi uomini che erano impegnati a spegnere gli incendi appiccati dagli uomini di Francisco de Abreu detto Moringue e lui e il cuoco tennero testa a 150 avversari uccidendone e ferendone molti, compreso Moringue, fatto questo che causò la precipitosa fuga di tutti gli altri. Garibaldi ebbe 8 feriti e nella relazione al governatore scrisse: "Un uomo libero vale per dieci schiavi". All'estancia di Donna Anna lo si credette morto (la notizia era falsa), ma egli gustò la felicità di sapere che la vergine Manuela (chi la dice bionda con occhi azzurri) chiedeva di lui, perché si era accorata al funebre annunzio. “Bellissime erano le Riograndesi, come bella era la popolazione. Non indifferenti erano pure le schiave di colore” diceva lui nelle memorie. In "La rivoluzione riograndense” carteggio inedito di Luigi Rossetti e G. B. Cuneo, 1837-1840. Firenze, Valmartine Editore, 1973" si narra del desiderio di Garibaldi di metter su casa e famiglia e sposare Manuela, e anche dell'impossibilitá di farlo. Era la fine del 1938 “Uma dessas jovens, Manoela, era a senhora absoluta do meu coração: sem esperança de poder possuí-la, ainda assim não poderia deixar de a amar. Era desposada (promessa sposa) de um dos filhos de Bento Gonçalves (Joaquim)”. Naturalmente non è vero. La chiamavano la rivoluzione degli straccioni ma dovevano avere la puzza sotto il naso quando, pur avendo bisogno di Garibaldi e ricevendolo nelle loro case, lo trattavano come un paria, uno della servitù, um aventureiro, um homem indigno de desposar uma sinhazinha de família tradicional como Manoela. Lo chiarì un nipote di Manoela de Paula Ferreira, Otacilio. Manuela morirà però a 84 anni nel 1904 a Pelotas senza essersi mai spostata fedele ai ricordi dell'italiano e sempre informata sulle sue avventure.

Oltre ad essere menzionata nella Memorie "di Garibaldi" di Dumas padre, il personaggio Manuela compare in “Garibaldi & Manuela" di Joshua Guimaraes, ne "La casa delle sette donne"- "A Casa das Sete Mulheres" e " Un faro nella Pampa -"Um Farol no Pampa" entrambe di Leticia Wierzchowski. La grande "invenzione" de "La casa delle sette donne" è l'incontro di Manuela con Anita ed il parto di Anita assistito da Manuela. Questa fantasia o invenzione è inserita tra altri fatti veramente accaduti: Anita dopo Curitibanos partorì Menotti a São Simão (e questo è vero) mentre la partecipazione di Manuela è pura fantasia narrativa ma il suo inserimento ha dato maggior poesia alla "storia". In veritá, Manuela non rivide mai piu' Garibaldi dal momento che egli partì dalla Estancia con i lancioni verso Santa Catarina (Laguna), dove conobbe Anita.

Lo stratagemma del cambio di bacino idrografico (sempre ambientato in Brasile) è stato ripreso nel film Fitzcarraldo in cui si trascina addirittura un traghetto fluviale lungo le pendici d'una montagna

 

Cuneo non dedica praticamente nulla al racconto dell'incontro fra Anita e Giuseppe così come ad altre storie d'amore che all'epoca non dovevano interessare molto il pubblico ma disturbavano l'entourage di Garibaldi. Oggi si chiamerebbe gossip ma all'epoca, abbinate a un personaggio epico e pubblico come lui potevano essere controproducenti. Anche in seguito le travagliate storie di sesso dell'"Eroe" resteranno sempre molto a margine della sua vita politica e militare. Cuneo quindi tralascia completamente la storia d'amore, se mai c'è stata, e/o in che forma, con Manuela  o Manoela de Paula Ferreira nipote di Bento Gonçalves

Essa, a belíssima filha do Continente, Garibaldi conhecera, no início do ano, na própria estância da família de Bento Gonçalves. Era sobrinha do então presidente da República Rio-Grandense, filha de outra das suas irmãs, dona Maria Manuela. Garibaldi mesmo é que afirma, em outra passagem das Memórias, que na estância de dona Ana havia três moças, "uma mais graciosa do que a outra" (una più bella dell’altra), na verdade três irmãs; no entanto, "uma delas, Manuela, dominava absolutamente a minha alma. Não deixei de amá-la, embora sem esperança, porque estava prometida a um filho do presidente."

I patemi d’animo di Garibaldi erano sempre visti dai suoi collaboratori come una malattia ma sotto le memorie spunta il suo senso di vuoto e d’abbandono specialmente dopo il naufragio del Rio Pardo. ... E volta il binocolo al molo di Laguna da  su l’Itaparica verso le case  osservando una fanciulla che cammina per strada….

 
     
....“Eu andava pelo tombadilho do Itaparica, quando decidi procurar uma mulher que me tirasse daquela insuportável e tediosa situação. Lancei um olhar às habitações da Barra, situada na entrada sul de Laguna. Com a luneta avistei uma jovem e pedi que me transportassem até ela. Desembarquei e dirigi-me às residências onde estava o motivo da minha viagem. Não a encontrei, mas um homem que conheci logo após meu desembarque convidou-me para tomar café em sua casa. Entramos e a primeira pessoa que avistei era aquela que eu procurava: Anita, a mãe dos meus filhos, a companheira da minha vida, na boa e má sorte, a mulher com a coragem que eu sempre quis ter. Ambos ficamos estáticos e silenciosos, olhando-nos um ao outro como duas pessoas que já se encontraram e tentam reconhecer reminiscências nas fisionomias... Finalmente cumprimentei-a e disse-lhe em italiano: Tu devi essere mia. (Você deve ser minha). Fui magnético na minha insolência e tinha atado naquele momento as nossas existências, dando um nó que só a morte poderia desfazer.”  

A. Scirocco Giuseppe Garibaldi ….. L'unica descrizione che c'è rimasta di chi l'ha conosciuta in Brasile la descrive alta di statura, robusta, con seni lunghi e turgidi, viso ovale un po' lentigginoso, grandi occhi neri, capelli neri sciolti. A Roma, nel 1849, a Gustav Hoffstetter, appare «di carnagione molto scura e dai lineamenti interessanti; snella e delicata nella persona. E' una donna forte. A prima vista - aggiunge - si riconosceva l'amazzone, in lei». Difatti, secondo il costume locale, cavalca benissimo. Si imbarca sul Rio Pardo per la scorreria corsara. Nella baia di Imbituba «l'amazzone brasiliana» prende «parte gloriosa» all'arduo combattimento. Durante la sfortunata difesa di Laguna lei stessa spara la prima cannonata contro la flotta nemica preponderante, «animando colla voce le ciurme sbigottite». “Mais fogo, mais fogo!” Garibaldi la manda a chiedere rinforzi a Canabarro, ingiungendole di inviare la risposta per mezzo di un portaordini: essa va, passando sulla laguna alta sulla barca, sprezzante del pericolo, e porta personalmente la risposta negativa, che convince il capitano alla ritirata e gli fa mettere in salvo le munizioni. Con Anita a fianco, «il mio tesoro, non men fervida di me per la sacrosanta causa dei popoli e per una vita avventurosa», il Nizzardo si mette a cavallo, agli ordini di Texeira. Essa si è figurata «le battaglie come un trastullo, i disagi della vita del campo come un passatempo». Il suo eroe non è da meno. Il Nizzardo, responsabile della flotta, lasciò il comando effettivo della Legione al Col. Angelo Mancini (che passò poi al nemico), affiancato dal T. Col. Anzani e dal maggiore Danuzio. Anzani, di poco più giovane di Garibaldi (era nato in Brianza nel 1809), dopo avere iniziato gli studi universitari a Pavia, conquistato da ideali di libertà aveva abbandonato il Lombardo-Veneto governato dall'Austria, trasferendosi a Parigi. Negli anni '30 aveva combattuto in Portogallo e in Spagna in favore dei costituzionali, ed era stato ferito alla testa e al petto, rimanendo cagionevole di salute. Rientrato per breve tempo in patria, nel 1839 era emigrato in Sudamerica, dedicandosi al commercio. Garibaldi lo aveva conosciuto nel Rio Grande nel 1841, e lo aveva rivisto al Salto, al ritorno dalla Costa Brava. Era rimasto impressionato dalla fede negli ideali nazionali, dall'austerità del carattere, dal senso del dovere che dava fermezza al suo comportamento, nonché dal!' esperienza militare maturata nella penisola iberica. Gli era sembrato l'uomo capace di educare la Legione alla disciplina, e nel luglio lo aveva chiamato da Buenos Aires (dove nel frattempo si era trasferito), riportandolo all'impegno politico. «Fu un vero tesoro per la Legione - avrebbe riconosciuto -; ed io, pochissimo organizzatore, fui ben fortunato di avere presso di me quell'amico e fratello d'armi impareggiabile. Con lui alla direzione del corpo io ero certo del buon andamento di ogni cosa». In effetti al suo arrivo la Legione venne ordinata in otto compagnie, si procedette a un'epurazione, diversi ufficiali inferiori furono allontanati.

   
Anita sarà poi protagonista di alcuni fatti specifici che contribuiranno a farne una eroina in un certo senso ancor più famosa del nizzardo. Nella battaglia di “Forquilhas”(Curitibanos) del 12 gennaio 1840 Anita viene fatta prigioniera da Melo Albuquerque. Alla notizia che fra i morti c'è Giuseppe Garibaldi ottiene da questo comandante il permesso caritatevole di cercare fra i caduti ancora in loco (Garibaldi era solo ferito). Anita non lo trova e approfittando della distrazione delle guardie, afferra un cavallo e fugge. Si ricongiunge con lui a Vacaria (Rio Grande). Il 16 settembre 1840 nasce il loro primo figlio al quale danno il nome di Menotti, in onore del patriota modenese Ciro Menotti. Manca però di tutto. Fa ancora freddo e Garibaldi uscito per procurarsi qualcosa da vestirlo lascia la moglie che viene assalita nella sua casa. Come era solita fare, dopo la morte dei pochi fedelissimi, improvvisa una fuga attraverso la finestra col bambino in braccio che soffre già per una caduta durante la gravidanza. Salta su un cavallo e si nasconde in una foresta dove alla fine Garibaldi la ritrova. Sono gli ultimi mesi che Garibaldi passa in Rio Grande do Sul in condizioni penosissime per una causa che ben presto è lui stesso a voler dimenticare. Una vicenda tutta in chiaroscuro. Chiede di essere lasciato libero e per ricompensa a S. Gabriel gli viene data una mandria di 900 capi con la quale si incammina verso Montevideo, porto per la macellazione e l’esportazione di carne salata. Seicento chilometri con mandriani infidi e la natura selvaggia che non si prestava come nel west ai lunghi spostamenti. Metà dei capi muoiono nell'attraversare il Rio Negro. Cinquanta giorni impiegarono sfamandosi con le bestie e altre ne morirono. Alla fine coi capi rimasti pagò i mandriani e a lui restarono le pelli. Era il Giugno del 1841 e a Montevideo era inverno.  

Le tre età di Garibaldi

 
 
     
Non starò qui a raccontare altre vicende dell'Uruguay (in parte già citate nell'altro capitolo) ma solo alcune legate alla sua famiglia nel lasso di tempo che la capitale risultava in guerra con l'Argentina di Rosas. A Montevideo, Anita e Josè, regolarizzano la loro posizione, si sposano nella chiesa di San Francesco d’Assisi il 26 marzo 1842 (forse alla notizia della morte di Duarte). Avevano intanto affittato una modesta casetta: una cucina dal soffitto basso e annerito dal fumo, due camerette, un terrazzino da cui si vedeva il porto, e un cortile con un pozzo. Era tutto ciò che Anita desiderava (e che potevano permettersi), indifferente agli agi e alle ricchezze, rotta a tutte le difficoltà della vita, ma felice di un’esistenza che le permette di ritrovare ogni giorno l’uomo a cui ha dedicato la vita. Garibaldi sbarca il lunario con tanti mestieri, per cui non è portato, poi finisce come precettore di matematica, storia e geografia nel collegio diretto da Don Paolo Semidei (còrso e suo testimone di nozze citato da qualcuno come spretato). Nasce Rosita nel 1943 poi Teresita (1845) e infine Ricciotti 1847 ma la miseria è nera: non ci sono sedie sufficienti  (neanche a Caprera ci saranno anni dopo: si vede ch'era un vizio di famiglia o l'assenza dell'Ikea) e mancano perfino le candele. – scrive Jesse White Mario -“Affettuosissima, e con l’ amore devoto di una schiava  pronta a qualsiasi sacrificio per l’uomo adorato, Anita diventa selvaggia , allorché presa dall’incubo della gelosia. Ella non tollerava rivali e quando sospettava di averne una, si presentava al marito con due pistole in mano, una da scaricare contro di lui, l’altra contro il rivale” (c'era poco da scherzare con questa donna).  Nel 1843 il sig. Francesco Agell, uno tra i più rispettabili negozianti di Montevideo, indirizzatosi al Ministero della guerra, facevagli sapere che nella casa di Garibaldi, del capo della Legione Italiana (formazione militare provvisoria che concorreva alla difesa della città), del capo della flotta nazionale, dell’uomo infine che ogni giorno dava la sua vita per Montevideo, non s’accendeva di notte il lume perché nella razione del soldato – unica cosa sulla quale Garibaldi contasse per vivere – non erano comprese le candele !!!. Il ministro mandò per mezzo del suo aiutante di campo G. M. Torres, 100 patacconi (500 lire) a Garibaldi, il quale ritenendo per sè la metà di questa somma, restituì l'altra, affinché fosse recata alla casa d'una vedova, che secondo lui, ne aveva maggiore bisogno.  

Per il matrimonio religioso, vedi sotto, qualcuno dice che Anita non era sposata e che le invocazioni di Garibaldi alla morte di Anita fossero indirizzate oltre che al suo “fidanzato” al padre di lei !!!.

Estratto dell’atto di matrimonio: Certifico: que en el Libro primero de matrimonios de esta Parroquia al folio diez y nueve vuelto, se lee la partida quo trascriho: En veinte y seis de marzo di mil ocho cientos cuarenta y dos: Don Zenon Aspiazù, mi lugar Teniente Cura de esta Parroquia de San Francisco de Asis en Montevideo, autorizó el matrimonio que in facie Ecclesiae contrajó por palabras de presente Don José Garibaldi, « natural de Italia, hijo legitimo de Don Domingo Garibaldi y de Dona Rosa Raimunda; con Dona Ana Maria de Jesus, natural de la Laguna en el Brasil, hija legitima de Don Benito Riveiro de Silva y de Dona Maria Antonia de Jesus, habiendo el Senor Provisor y Vicario General dispensado dos conciliares proclamas y practicado lo demas que previene el derecho : no recibieron las benediciones nuptiales por ser tiempo que la Iglesia no jas imparte. Fueron testigos de su otorgamiento Don Pablo Semidei y Dona Feliciana Garcia Villagran : lo que por verdad firmo yo el Cura Rector - Lorenzo A.  Fernandez.

     
250 lire ecco l'unica somma che Garibaldi ebbe dalla Repubblica !!. Egli non fu mai diversamente calzato dei soldati, sovente i di lui amici dovettero ricorrere a dei sotterfugi per fargli cambiare gli abiti già logori. Egli aveva amici tutti gli abitanti di Montevideo, giammai vi fu uomo più di lui universalmente amato, ed era questo ben naturale, Garibaldi sempre il primo al combattimento, lo era egualmente a raddolcire i mali della guerra. Quando recavasi negli uffici del governo era per domandare la grazia d'un cospiratore, o per chiedere soccorsi in favore di qualche infelice; ed è all'intervento di Garibaldi che il sig. Michele Haedo condannato dalle leggi della Repubblica, dovette la vita. L’Uruguay, quando arrivò Garibaldi era già da anni terra di migrazione: Baschi, Spagnoli, Portoghesi, Francesi e Italiani. Montevideo che, dopo anni di guerre si preparava ad affrontare un assedio, contava 31.000 abitanti nell’ordine: Bianchi di vecchia immigrazione o Uruguayani, 6324, francesi, 4205 italiani, 3406 spagnoli, 2553 argentini, 659 portoghesi, 609 inglesi e 492 brasiliani e molti africani (20 anni dopo poi arriveranno anche gli Svizzeri a Colonia Suiza a produrre lo Sbrinz che oggi viene spacciato per parmesan o regianito).  

Garibaldi chiede di conferire con Carlo Alberto a Roverbella

dossier completo Garibaldi http://digilander.libero.it/trombealvento/indicecuriosi/garibaldi.htm

Sia gli Italiani (Genova) che gli argentini erano esuli. Montevideo viveva della lavorazione delle carni, salate perché non esisteva ancora il frigorifero, delle pelli e della lana. Si importava tutto e il naviglio batteva in prevalenza bandiera francese. La politica fra i Liberali (colorados) di Rivera e i Blancos (conservatori dell’interno) di Oribe aveva spaccato il paese. Oribe vantava anche una amicizia personale col dittatore argentino Rosas. Il 6 dicembre 1842 ad Arroyo Grande i due contendenti si affrontarono ad armi pari. Oribe risultò vincitore e tutte le terre occidentali fino a Corrientes passarono sotto il controllo di Rosas avversato dai francesi. Oribe viveva ormai da anni sotto l’ala protettrice di Rosas. Prendere Montevideo con la forza era come voler dichiarare guerra a mezza Europa. Gli stessi inglesi che vantavano uno di “loro” irlandese al comando della flotta navale argentina li dissuasero. Si arruolarono i Francesi (3.000) ma anche gli argentini che rischiavano di loro e gli Italiani, che costituirono una legione al comando di Garibaldi inalberante uno stendardo nero con al centro un Vesuvio. Fantasia illimitata, senza freni come la disciplina. Premio d’arruolamento 25.000 capi di bestiame e un “pezzo” di terra di 40x40 km., condizioni che stavano entrambe nel mondo dei sogni, un superenalotto d'epoca. Aveva così inizio il lungo assedio (7 anni). L’assedio di Montevideo anche se mitigato da traffici clandestini di contrabbando e pirateschi ha il suo strascico di epidemie e di morti. Gli assediati avevano patito la fame, la sete, la carestia, erano stati colpiti da malattie infettive e soprattutto i più deboli, gli anziani e i bambini erano morti. Tra questi, anche la a piccola Rosita morta a poco più di due anni d’età di scarlattina. Anita era impazzita di dolore, aveva delirato per giorni e giorni, fino al punto in cui Josè aveva dovuto portarla con sé, in guerra, per starle vicino in qualche modo. Partecipa alla famosa battaglia di San Antonio del Salto dove Garibaldi, con soli 190 uomini, sconfigge 1.500 avversari del generale Oribe. Ma è l’ultima volta. Garibaldi spinto dalle notizie incoraggianti che arrivano dalla penisola (e dall’Europa in fiamme) decide di tornare in Patria. Anita si imbarca qualche mese prima di lui, il 27 dicembre 1847, insieme ai figli Menotti, Teresita e Ricciotti, accompagnata da un giovane ufficiale della Legione, Medici, e sbarca a Genova.  

Morte Anita

Alla fine del ‘48, e Garibaldi entra a Roma con la sua pittoresca legione. “uomini– scrive lo scultore inglese Gibson – abbronzati dal sole, coi capelli lunghi e arruffati, e i cappelli conici ornati da piume nere e ondeggianti, coi visi allampanati bianchi di polvere e incorniciati da barba incolta, con le gambe nude, che si accalcano intorno al loro capo, che, montato su un cavallo bianco, era perfettamente statuario nella sua bellezza virile”.

     

Secondo l'uso Brasiliano i cognomi "acquistati" o acquisiti come i Da Silva identificano persone che vengono dall'interno, dalla Selva, dalla foresta e Da Costa quelle che abitano lungo il mare. Portandosi dietro i cognomi di padre e madre non è infrequente che uno si chiami xxxxx Da Silva e Costa frutto di un incontro d'amore a metà strada ??!!

 

Anita sta male

Poi raggiunge Nizza, e va a vivere con la madre di Garibaldi, con cui non avrà un buon rapporto. Donna Rosa è una fervente cattolica praticante, la guarda con sospetto, perché sa del precedente matrimonio della “brasiliana”, e non è del tutto convinta che lei sia vedova. Anita per diversi mesi convive malissimo con quella suocera diffidente e ostile e se non fosse per i bambini se ne tornerebbe in Brasile. Ma aspetta con ansia il suo Josè, che è partito in aprile del '48 con la nave “Speranza” insieme a 61 legionari italiani. Garibaldi approda a Nizza il 21 giugno 1848. Il ritorno e la guerra http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/garibaldiritorno.htm .     

"I garibaldini",dirà Pisacane, Capo di S.M. della Mazzininana Repubblica Romana del 1849“sono una massa di briganti“

   

Dumas osserva Garibaldi che si riposa

L’Uruguay, invaso e ridotto a lungo alla sola Montevideo, diventa la "Nouvelle Troie" (1850) la Nuova Troia da difendere dagli invasori. L’efficace conio di Alexandre Dumas lega per la prima volta la figura del nizzardo a quella del pubblicista e scrittore francese che sarà il più prestigioso tra i biografi di Garibaldi e coronerà una lunga amicizia.  Montevideo ou une Nouvelle Troie est une œuvre de circonstance, un pamphlet d'une brûlante actualité qui succède à de longs débats à la Chambre des députés sur la «question de la Plata», inscrite et réinscrite à l'ordre du jour, débats toujours suivis dans la presse par d'ardentes polémiques sur la position que la France devait adopter à propos de Montevideo, terre «quasiment française» assiégée depuis 1843 par des troupes placées sous les ordres du dictateur argentin Juan Manuel de Posas. Inspiré par le général Pacheco y Obes, venu à Paris défendre la cause de son pays, Dumas, prompt aux coups d'éclat, fasciné par l'action, s'engage résolument à ses côtés, soutenant de sa plume les nobles combats des Montevidéens. Alexandre Dumas -

 

la lingua di Garibaldi  http://www.garibaldirosario.org/html/IT/lingua esocieta.htm

 
Alexandre Dumas (noto anche come Dumas “padre”), nasce il 24 luglio del 1802 a Villers-Cotteréts. Figlio d'un generale  Napoleonico morto nel 1806 vive in miseria covando un odio atavico contro i borboni (Orleans) specialmente quando anche il padrino viene ucciso. Dopo aver lavorato come scrivano e fattorino in uno studio notarile a Villers, poi a Crépy-en-VaIois, Dumas si trasferisce a Parigi, ottenendo un impiego presso la cancelleria del duca di Orleans, proprio il futuro re Luigi Filippo. E’ del 1828 il suo esordio ufficiale con “Henri III et sa Cour” commedia. Seguono “Christine”, sulle vicende amorose della regina di Svezia. Coinvolto nei moti repubblicani, Dumas parte alla volta della Svizzera e poi per un viaggio nel Mediterraneo di cui pubblicherà i ricordi. Era un genere molto in voga nell’800. “Impressions de voyage”: (“Suisse”, “Quinze jours au Sinai”, “Midi de la France”, “Une année à Florence” e“Excursions sur les bords du Rhin”, “Russie”. Il nome e la ricchezza lo riportano in patria. E’ invece del 1844 “Les Trois Mousquetaires” (i tre moschettieri) per il quale è universalmente conosciuto coi seguiti. Il 28 agosto dello stesso anno sul “Journal des Débats” esce la 1a puntata del “Comte de Monte-Cristo”. Firma contratti a iosa per nuove opere e non mantiene gli impegni tanto da essere costretto a scritturare ghost writer. L’avvento di Napoleone III gli porta sfortuna e deve lasciare la Francia per Bruxelles. Nella primavera del 1860 Dumas si imbarca per l’ennesimo viaggio quando a Genova si ritrova sulla spiaggia coi Mille. Diventerà l’ombra di Garibaldi e direttore degli scavi archeologici a Napoli. Segue la saga dei romanzi e dei saggi sul sud e su Garibaldi. Tra il 1862 e il 1864 escono i 10 volumi di storia “Les Bourbons de Naple” e “De l’orgine de brigandage, des causes de sa persi stance et des moyens de le détruire”, e “La San Felice” sulla rivoluzione napoletana del 1799. Dumas viaggia ancora in Italia e in Germania. Rientra in Francia ospite, ormai incredibilmente povero, del figlio Alexandre (la signora delle camelie), affermato romanziere. Muore a Puys il 5 dicembre 1870. E' sepolto nel Pantheon a Parigi dal 2002. Altre sue opere Les Mémoires de Garibaldi e Viva Garibaldi. Un’odissea di vita.  

 

Per saperne di più

http://en.wikipedia.org/wiki/Panth%C3%A9on,_Paris  

Pantheon

http://www.liberolibro.it/anita-garibaldi-dieci-anni-damore-e-di-guerra/ 
http://www.pampasonline.com.br/tradicao/tradicao_revolucaofarroupilha.htm

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