Giovanni Beruto

Uscito sottotenente dei Bersaglieri dalla scuola militare di Moderna, il valoroso ufficiale ascese nel Corpo in tutti i gradi fino a quello di generale. Fu uno tra i primi a partire per l'Eritrea, dove rimase sette anni, e combatté a Cassala*,  ad Abba Garima, a Coatit, e ad Adua meritandosi tre medaglie al V.M. Destinato al comando del battaglione ciclisti del 1° Bersaglieri, con questa unità da lui forgiata ed addestrata entrò nel 1915 in guerra ed alla testa dei suoi piumati salì alla conquista del Monte Sei Busi, che consacrò con il suo sangue. Guarito dopo lunghe cure, assunse il comando dell'11° Bersaglieri nel quale già combatteva Benito Mussolini e fu sul Kukla nella valle dell'Isonzo e del Coritenza, in Carnia e sul Carso a quota 144. Per la promozione a generale fu destinato alla brigata Cremona. Con essa e con altre unità raccolte sotto il suo comando il generale Beruto, nel Novembre 1917, tenne testa sul Monticano al nemico incalzante, lo arrestò e guadagnò così la quarta medaglia al valore e il comando dell'8a Divisione. Con questa e con la 3a Divisione (Pittaluga) entambe del 2° Corpo d'Armata Albricci, fu in Francia nel '18. Nelle Argonne e alla seconda Battaglia della Marna, l'ottava Divisione fu duramente provata ma nonostante le perdite subite, durante la battaglia del Chemin des Dames seppe riconfermare le alte virtù militari degli italiani. La promozione a generale di Corpo d'Armata, il passaggio nella riserva, e il conferimento della Medaglia d'oro per il lungo comando chiusero la sua nobile vita militare.

Il racconto di *Cassala

Nel giugno del 1890 un migliaio di Dervisci, calati fra le tribù dei Beni Amer, protette dall’Italia, razziava e devastava la regione di Degà (Agordat). Alcuni giorni dopo, il maggiore CORTESE, che comandava il presidio di Cheren, si mosse in aiuto dei Beni Amer con due colonne, una diretta su Degà, l’altra su Biscia. Quest’ultima, comandata del capitano FARA (B), raggiunti i razziatori la mattina del 27 giugno, li attaccò e li sbaragliò, uccidendone 250, ricuperando il bottino, conquistando 116 fucili e facendo numerosi prigionieri. Dopo questa vittoria, ad Agordat fu posto un presidio. La lezione ricevuta, tenne per circa due anni in rispetto i Dervisci: ma nel giugno del 1892 un migliaio di loro, uscito da Cassala, fece un’incursione nella valle del Mogareb. Contro di loro mosse, il 16 giugno, da Agordat, il capitano HIDALGO, il quale affrontati a Serabetì, li attaccò e li disperse, uccidendone 150.
Questo secondo successo assicurò la tranquillità per 18 mesi alla colonia italiana sulle frontiere del Sudan; ma verso la metà del dicembre del 1893 circa 10.000 Dervisci mossero da Cassala verso Agordat e giunsero in vista di quel forte il 21 di quel mese, fermandosi tra i villaggi di Algheden e Sabderat. A fronteggiarli corse il colonnello ARIMONDI (B), governatore interinale della colonia in assenza del generale BARATIERI (B) allora in Italia; aveva a sua disposizione il battaglione Fadda, il battaglione Galliano, lo quadrone Asmara (cap. FLAMORIN), lo squadrone Cheren (cap. CARCHIDIO), la batteria Ciccodicola, la batteria Bianchini e la banda del Barca del tenente MIANI; in complesso 42 ufficiali, 32 uomini di truppa italiana, 2106 ascarì, 213 cavalli e 8 cannoni, oltre la compagnia Persico con le bande delI’Acchelè-Guzai, in marcia verso Agordat. Comandante in seconda era il ten. col. CORTESE.
Verso il mezzogiorno del 21 dicembre 1892 ARIMONDI fece muovere all’attacco l’ala destra, ma questa, sopraffatta dal numero dei nemici, dopo un furioso combattimento, dovette ripiegare ordinatamente, lasciando una batteria e costringendo al ripiegamento anche l’ala sinistra. Verso le ore 13 però, entrate in azione le riserve, gli italiani passarono al contrattacco, respinsero i Dervisci, riconquistarono i pezzi e, dopo sanguinose mischie, misero in rotta completa il nemico, che fu inseguito per alcune ore. Brillanti furono i risultati della vittoria: i Dervisci lasciarono sul terreno 1000 morti, 72 bandiere e oltre 700 fucili; gli Italiani tre ufficiali morti, due feriti e 230 uomini di truppa morti e feriti. Fra i nemici morti si annoverò l’emiro Ahmet M, comandante supremo.
Per togliere ai Dervisci un’importantissima base d’operazione contro la Colonia Eritrea, il generale BARATIERI decise di assalire Cassala, sebbene questa città non fosse compresa nella nostra zona d’influenza, e il 12 luglio del 1894 radunò ad Agordat il corpo che doveva operare, composto del I Battaglione Indigeni del maggiore TURITTO (B) (3 compagnie coi capitani SEVERI, SPREAFICO e SANDRINI), del Il Battaglione Indigeni del maggiore HIDALGO (5 compagnie coi capitani MARTINELLI, BARBANTI, MAGNAGHI, ODDONE e il tenente BERUTO (B)), del III Battaglione Indigeni del capitano FOLCHI (3 compagnie coi capitani CASTELLAZZI e PERSICO e il tenente ANGHERÀ), della 2a compagnia Perini del IV Indigeni, dello squadrone Cheren (cap. CARCHIDIO), e della sezione d’artiglieria del tenente MANFREDINI, in tutto 1600 uomini, dei quali 56 ufficiali e 41 uomini di truppa bianca; in più 145 cavalli, 250 muli e 183 cammelli.
Partito il 13 luglio, il corpo d’operazione giunse il 16 nella gola di Sabderat, dove pose il campo e il 17 mattina mosse su Cassala e dopo una breve azione di cavalleria, assalì il campo mahdista e la città, che poi espugnarono a viva forza. Gli italiani perdettero il capitano CARCHIDIO, caduto durante una carica di cavalleria, e 27 soldati; 2 capi e 39 ascari furono feriti; presi 600 facili, 700 lame, 100 sciabole, 52 bandiere, 2 cannoni, quadrupedi. Il nemico, forte di 2000 fanti e 600 cavalli, fu inseguito verso I’Otbara. Per la presa di Cassala, dove fu lasciato il maggiore TURITTO con un migliaio di uomini, il BARATTIERI ricevette un’alta onorificenza militare e un telegramma di felicitazioni del sovrano. Da Cronologia.it B=bersagliere
 

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