PLEZZO - L'ALTRA CAPORETTO
ROMMEL IN CARNIA
L'ULTIMA DIFESA ITALIANA DELLA CLAUTANA E DI S. OSVALDO - LA STRADA DEGLI ALPINI E IL PONTE COLOMBER
|
“Risuonò il grido, senza canto, agli ultimi di Caporetto, il 6,7,8 novembre 1917. Poi il silenzio memore della storia” |
|
Da "Fanterie all'attacco" di E. Rommel Longanesi 1972 L'avvicinamento... | ||
Nella zona delle Prealpi Carniche si trovarono a operare le tre divisioni (26° Battistoni, 36° Taranto e 63° Rocca) del XII Corpo d’Armata, che nel corso del ripiegamento verso il Piave restarono isolate in una impervia regione montuosa, lontane dalle grandi vie di comunicazione, tagliate fuori dalle direttrici di ritirata della II e III armata nella pianura veneta; prive di collegamenti e di direttive, dovettero gestire in proprio la loro guerra, decidere di volta in volta le loro scelte tattiche e la via da seguire per una possibile ma improbabile salvezza oltre che opporsi a un nemico. Il passaggio della guerra fu rapido, pochi giorni soltanto: non linee di difesa attrezzate, non trincee, scarsissimo appoggio di artiglieria, ma solo una successione di combattimenti di corpo a corpo per contenere l’avanzata di un avversario determinato, imbaldanzito (e deciso a tagliare la ritirata alla IV armata del Cadore) e di disperati tentativi di reparti in ritirata di sottrarsi alla prigionia. Questo rettangolo di terra di Carnia e di Giulia, delimitato a est dall'Isonzo e a Ovest dal Piave misura in linea retta solo 100 km (ma sul terreno un universo di valli, fiumi e montagne incantate), e poggia la base a sud sulla pianura veneto/friulana per una linea strategica pedecollinare di 50 km di lunghezza che va da Barcis al ponte di Ragogna/Pinzano (Tagliamento). Il 3 novembre quando gli austro tedeschi passarono l’Isonzo entrarono in azione anche le armate austro-tedesche del Trentino di Conrad, che il giorno 5 si ripresero Cortina d'Ampezzo. Quello stesso giorno alle 17 iniziò il ripiegamento dal Cadore della IV armata del Gen. Robilant verso il punto strategico di Longarone. Quando al comandante del XII C.d.A, Tassoni, fu chiaro che lo sbocco nella pianura veneta era impraticabile perchè ormai occupato, l’unica strada per far defluire i soldati dalla Carnia rimase la Meduno-Barcis-Cimolais-Longarone (sul Piave), attraverso il passo di S. Osvaldo, prima che le retroguardie della IV armata vi passassero oltre. L'unica alternativa era la scorciatoia Chievolis - Tramonti- Claut - Cimolais sul tracciato della strada degli Alpini costruita nel 1912. Pioveva in pianura e nevicava in montagna: scarseggiavano viveri e munizioni. La “marcia degli spettri” di soldati e civili come dipinto da Sironi (sopra) era iniziata. | Il Comando supremo dell’esercito tedesco inviò
un’armata composta da 7 divisioni che già avevano dato buona prova sul
campo di battaglia. Un’offensiva congiunta dei due alleati sul fronte
dell’Alto Isonzo doveva portare al desiderato alleggerimento. Obiettivo
dell’operazione doveva essere quello di respingere gli italiani al di là
della frontiera (vecchia) dell’Impero, magari oltre il Tagliamento. Il
battaglione da montagna del Wurttemberg entra a far parte della 14a Armata
di nuova formazione e viene assegnato al Corpo Alpino Tedesco (o Alpenkorps)
della
1a brigata Jaeger bavarese. Il giorno 18 ottobre 1917 partiamo dalla zona di radunata
nei pressi di Kranj verso il fronte. …. Durante questa marcia
di avvicinamento ogni tappa dev’essere raggiunta prima dell’alba e la
truppa sistemata in accantonamenti quanto mai scomodi e stretti ancora
prima che faccia chiaro per sottrarsi a un’eventuale osservazione aerea.
Il mio distaccamento (di tre) è composto da tre compagnie da montagna e da
una compagnia mitragliatrici. La località di Kneza è situata a 8 km a est del fronte di Tolmino. Nel pomeriggio del 21 ottobre
(Sabato), il maggiore Sproesser effettua con i comandanti dei
distaccamenti una ricognizione sul terreno di radunata per l’attacco
assegnatoci. Si tratta del ripidissimo pendio nord del monte Buzenika
(Quota 509), situato un chilometro e mezzo a sud di Tolmino, che dalla
vetta sprofonda verso l’Isonzo.
Cosi cominciava il racconto di Rommel della sua avventura italiana. Il compito dell’Alpenkorps era di prendere il Kuk e il Matajur, terza linea di difesa Italiana prima della pianura. Rommel in quel momento era un tenente in attesa di nomina a capitano. Gli furono affidate 4 !! compagnie delle 10 (equivalenti a un nostro reggimento) del battaglione -WGB (Wurtenbergische Gebirgsbataillon !!!) del maggiore Sprosser. Ma noi lasciamo il suo racconto di Caporetto per spingerci oltre. Dopo tre giorni di battaglia e la conquista del Matajur, il WGB entra venerdì 27 a Cividale, coprendo combattendo 50 km in 3 giorni. Il Torre viene passato il giorno 29 e il 31 Rommel è sul Tagliamento… turno di riposo… L’inseguimento... lo sconosciuto, ma già famoso, tenente di carriera Erwin Rommel, riceve ora l'incarico di fare da avanguardia alla Jaeger e di raggiungere in fretta Longarone sul Piave per tagliare la strada alle truppe del Cadore che si stanno ritirando verso il Monte Grappa (in effetti fino al giorno 4 l’ordine di ritirata della 4° armata non era operativo e quindi c’era una piccola speranza di inchiodare le retroguardie o di cogliere il grosso ancora sulla linea fortificata Cadore Maè). Torniamo alle parole di Rommel …Nei giorni successivi, tutti i tentativi di forzare un attraversamento del Tagliamento falliscono. Solo nella notte sul 3 novembre, il battaglione Redl del 4° reggimento di fanteria bosniaca riesce a mettere piede sulla riva occidentale nei paraggi di Cornino. Tra il 1 ed i 2 novembre i Bosniaci di Redl occuparo prima l'Isolotto del Clapat in mezzo al fiume, quindi si slanciano verso le sparute compagnie della Brigata Lombardia trincerate sulla riva destra del Tagliamento. |
|
Vincere una battaglia magari non |
Il giorno
3
novembre, il mio battaglione cessa di far parte del Alpenkorps e riceve
l’incarico, inquadrato come avanguardia della 22a divisione fucilieri, di
forzare per Meduno - Claut il passaggio delle Alpi Carniche e di
raggiungere nel minor tempo possibile la valle superiore del Piave presso
Longarone allo scopo di sbarrare alle forze italiane schierate sul fronte
delle Dolomiti la via della ritirata verso sud. Il battaglione da montagna
è uno dei primi a varcare il Tagliamento presso Cornino sui resti ancora
agibili del ponte ferroviario. Grossi pattuglioni montati su biciclette
ripiegabili italiane di preda bellica vengono mandati in perlustrazione
verso Meduno. Non ci si ferma quindi sul Tagliamento come prevedevano i piani che gli Austriaci non hanno ancora deciso di rompere o modificare. Il fatto che la 14a armata fosse a targa tedesca non esentava da discussioni all’interno degli alti comandi. Otto Von Below era tedesco, Krauss col suo I corpo era Austriaco. Per evitare discussioni sullo sfruttamento del successo a cui gli ufficiali tedeschi si erano attenuti e votati (rispetto ai più prudenti austriaci) si chiese l’avvallo del Capo di S.M.G. Austriaco Arz presente al fronte che assentì. Quando è ancora notte (4 nov.), il WGB passa sul ponte ferroviario di Cornino (semidistrutto). Un solo obiettivo ha in mente ora Rommel non fermarsi più fino a Cimolais. La strada più corta passa da Travesio, Meduno, Chievolis (sui laghi di Tramonti) e quello che poteva essere l’ignoto, ma che si scoprirà poi conosciuto come la strada militare degli alpini che conduceva da Chievolis a Forcella Clautana, Cimolais e Passo S. Osvaldo penultimo ostacolo prima della valle del Piave. |
|
-
dal diario di Oscar Bonomi, classe 1898, Aspirante ufficiale del Btg Val
Fella dell'8° alpini (36° div.) Dalla relazione di inchiesta sui fatti di
Caporetto |
Il combattimento di Meduno -Dal
Libro di Tullio Trevisan Gli ultimi giorni dell'armata perduta- Ed.Gaspari
Udine pag 52 La 36ª e 63ª
Divisione (resti) s'erano infatti riunite in Val d’Arzino e il 5-6
novembre combatterono la più sanguinosa battaglia della ritirata verso il
Piave: la battaglia di Pradis. Una colonna di queste Divisioni fuggì alla
triste sorte in quanto il giorno 5 era stata avviata verso la Val Meduna;
raggiunto Tramonti di Sotto, alcuni reparti proseguirono per Chievolis (6
novembre), Val Silisia e la Forcella Clautana, proprio proprio mentre
l’intera Val Meduna veniva occupata dalle truppe austro-tedesche. Nei
dintorni di Meduno un cippo commemora il sacrificio di reparti del 16°
reggimento bersaglieri. |
|
- Da Cesco Tomaselli - La battaglia di Pradis - |
||
|
Nella notte dal 29 al 30 (domenica e lunedì) la 36a Divisione passò il Tagliamento e si schierò, fronte a est, a difesa del fiume, fra Trasaghis e Mena: aveva alla sua sinistra, da Mena sino al ponte di Tolmezzo, la 63° divisione del generale Rocca, traslocata in fretta da sud da Palmanova per chiudere la falla che s’era aperta fra la conca di Plezzo e le alture di Gemona. Da quel momento le due divisioni ebbero in comune la fronte e la sorte. Isolate dalla pianura, ormai invasa dal nemico, non avevano che una sola via di scampo: la strada dell’Arzino, che per Pielungo e Clauzetto porta alla valle del Meduna (verso la pianura). Ma il Tagliamento resisteva a sud o era già stato varcato dagli invasori? Chi aveva in mano i ponti di Pinzano, di Spilimbergo, e della Delizia ? La risposta a questi quesiti non sarebbe mai più pervenuta: giunse invece, nelle prime ore del 4 novembre, un ordine di ritirata, nel quale si accennava a un precedente ordine mai arrivato. Il movimento cominciò a scaglioni, sotto la protezione del forte di monte Festa che continuava a resistere bravamente. Aprivano la marcia due battaglioni di alpini friulani, il Gemona e il Vai Fella: il grosso era composto di fanti, bersaglieri, di cavalleggeri e di altri alpini, truppe eccellenti, temprate da due anni di guerra sul Carso e sugli Altipiani. I Tedeschi forzato Cornino, per la comoda strada pedemontana di Forgaria e Vito d’Asio spingevano la divisione dei cacciatori imperiali verso Clauzetto fino dal mattino del 5 scantonando nella valle dell’Arzino. Il nemico aveva manovrato in modo da sorprendere i nostri alla svolta della valle. La via di scampo era chiusa: bisognava che i nostri se l'aprissero con le armi. Tragiche giornate del 5 e del 6 novembre alla stretta di Pielungo e ai pascoli di Pradis, quanti Italiani, oltre ai superstiti, conoscono la vostra gloria sanguinosa ? Dai combattenti, completamente circondati, nessun messaggio poteva giungere: occorreva aspettare le notizie dal nemico.Il costone di Pradis, fra monte Pala e monte Dagn, fu guarnito da una miriade di mitragliatrici disposte a semicerchio: intanto due battaglioni della guardia prussiana risalivano la strada di Pielungo, incontro agli Italiani. Era il mezzogiorno del 5 novembre. |
|
Strada degli Alpini
http://www.parcodolomitifriulane.it/linea58/download/Strada_degli_Alpini.pdf
|
A.n.a Ass.Naz. Alpini Spilimbergo De Carli Bruno: … Lo stato d' animo delle truppe era di profonda depressione e scoramento in quanto il cerchio del nemico si stava chiudendo e l' unica via di scampo era di tentar di guadagnar la salvezza lungo la direttrice Pielungo-Pradis-Clauzetto . dal diario di un ufficiale si legge: ˙Commovente fu l' occupazione del paese da parte del nostro Battaglione del quale parecchi erano nativi di Pielungo . Quelli del posto entravano nelle proprie case a riabbracciare i loro cari e poi in fretta tornavano in linea per continuare a combattere. Ricordo con vero orgoglio di italiano quella gente che senza paura ci seguì per un tratto di strada aiutandoci a portare i carichi e incitandoci alla lotta. Sembra incredibile che le truppe germaniche, così lontane dalle loro basi, riuscissero a passare dalla Val d' Arzino alla Val Meduna risalendo la Val Silisia fino alle Tronconere , dimostrando un' eccezionale conoscenza topografica. Eppure fu proprio così: la loro ricognizione aerea aveva stampato migliaia di foto del territorio e distribuite fino alla più piccola unità col rischio di svelare anche i piani. La sera del 6 novembre il WGB si scontrò con le difese italiane attestate a Forcella Clautana , con alcuni reparti di alpini del Battaglione Monte Canin e bersaglieri del 16° abbarbicati sulle pendici del Monte Resettum e del Monte Dosaip che segnano il colle. Nella giornata dell' 8 Claut e Cimolais furono occupate. Gli italiani lasciano una retroguardia sul passo di S. Osvaldo sovrastante Cimolais , ultimo colle verso la valle del Piave. Lo sbarramento del S. Osvaldo trovava i capisaldi sul Monte Cornetto e Lodina e per questo motivo i tedeschi tentarono l' aggiramento a destra ed a sinistra, attraverso Forcella Lodina ed attraverso casera Ferron . Chi effettuò l' attacco frontale risolutore fu il tenente Rommel. In questo assalto rischiò la pelle egli stesso, come ricorda in "Fanterie all' attacco" e per il fuoco di fucileria dovette velocemente ripararsi fra le sbrecciate mura di una chiesetta poco sotto il passo. Vinte le ultime resistenze, la strada per la valle del Piave era aperta. La sera del 9 novembre si attestò sotto Longarone per tagliare la ritirata agli ultimi italiani della 4a armata. | |
Württembergischen Gebirgsbataillon |
Ma torniamo al dettaglio del
racconto. Forcella Clautana Una Brigata di Alpini in retroguardia rallenta a Chievolis il cammino delle avanguardie tedesche. - Il 6 novembre Alpini del 5°, Bersaglieri ed artiglieri oppongono strenua resistenza, arrendendosi solo quando hanno finito le munizioni. - Martedì 7 novembre, il WGB è a Forcella Clautana. Al centro della Forcella stanno gli arditi del XVIII° reparto d'assalto, alla sinistra la 34°- 35° e 36° compagnia del battaglione alpino Val Susa, a destra, sulle pendici del Monte Resettum, due compagnie di bersaglieri del 16°, con 6 cannoni da montagna. Sono le truppe di retroguardia dei resti della 26° divisione, che hanno il compito di trattenere il nemico il più a lungo possibile. Alle 19 il primo assalto. Gli italiani si difendono con ordine, non arretrano, pur subendo gravi perdite. Dal diario di Rommel: "Concedo un po' di riposo ai miei uomini e nel frattempo vado a dare una occhiata... Riesco a trovare degli appostamenti favorevoli per le mitragliatrici, distanti poche centinaia di metri dal passo" si replica a mezzanotte col buio. Ancora Rommel: ".. sono scocciato. E' il primo assalto dall'inizio della guerra che mi va male. Duro lavoro di ore andato in fumo. Una ripetizione dell'azione sembra senza speranza." |
|
Dipende dalla 1ª Brigata Jäger bavarese del Corpo alpino tedesco (Alpenkorps) inquadrata nel III Corpo bavarese Stein Comandante: Maggiore Theodor Sproesser Era composto da: - Comando di battaglione - Compagnia trasmissioni - Compagnia mortai leggeri da trincea - Compagnia complementi - 3 reparti (Abteilungen) formati cd. da 2 compagnie da montagna e da una compagnia mitragliatrici Comandanti di reparto: Tenente Erwin Rommel, Tenente Schiellein, Tenente Wahrenberger |
Nella giornata dell’8 novembre erano confluiti nella zona di Cimolais molti reparti superstiti del XII C.d.A. Preclusa ogni possibilità di scendere verso la pianura. Tutti i superstiti delle battaglie di Pradis, di Meduno, di Tramonti, di Barcis e di Forcella Clautana avevano tentato di raggiungere la Valle del Piave per unirsi alla 4a Armata. Da poco erano passate le salmerie della 36a e della 63a divisione con la 155a compagnia del M. Canin e 4 battaglioni della brigata Benevento (della 36a), che avevano lasciato la Val d’Arzino il giorno 5 ed erano scesi a Claut per la Forcella Caserata; erano seguiti poi i difensori della Forcella Clautana (colonna Danise della 26a divisione), che provenivano dalla Val Meduna e avevano per due giorni contenuto l’attacco nemico sul valico che si apre sulla conca di Claut; infine la colonna De Negri, risalita da Barcis lungo la Val Cellina. Le condizioni degli uomini erano al limite della resistenza, le munizioni stavano esaurendosi. Forse mancò anche un Comando presente sul posto e capace di tempestive decisioni; infatti il Comando del XII Corpo d’Armata e anche quello della 26a erano già a Longarone e non esisteva alcun sistema di collegamento, di catena comando. Considerata l’impossibilità di ogni tentativo di difesa nella piana di Pinedo (confluenza della Val Cimoliana e della Val Settimana con la Val Cellina), fu accelerato il ritiro, mentre fu inviato solo un modesto contingente (2 compagnie del X battaglione del 7° bersaglieri della 4 Armata al comando del maggiore Omero Santini), per un’estrema resistenza sul Passo di S. Osvaldo, ultimo valico prima di scendere lungo la Val Vajont nella Valle del Piave. Il X battaglione bersaglieri faceva parte di un dispositivo di retroguardia creato dal generale Marocco della fortezza Cadore Maè con il 38° Btg. bersaglieri, gli alpini del Fenestrelle, e 2 battaglioni del 46° fanteria. | |
|
- Mercoledì 8 novembre, nel
buio pesto, una pattuglia tedesca sale a Forcella Clautana per saggiare la
resistenza italiana ed ha una sorpresa: il passo è vuoto, nessuna traccia
dei difensori che hanno approfittato della notte per sganciarsi. Riprende
l'inseguimento, i tedeschi alle 14 entrano a Claut dove una pattuglia
dell'8° bersaglieri, 2 ufficiali e 30 uomini, tenta una resistenza subito
vinta. Intanto la ritirata della retroguardia italiana prosegue, ordini e
contrordini si susseguono: viene approntata una nuova linea di resistenza
al passo di San Osvaldo sopra Cimolais, l'ultimo prima di Longarone. La
sera dell'8 il gruppo del maggiore Sproesser raggiunge l'avanguardia di
Rommel a Cimolais. - Giovedì 9 novembre, freddo e neve che taglia la faccia, alle 5 del mattino le truppe da entrambe le parti sono in attesa. Di fronte al passo San Osvaldo ancora Rommel e la sua avanguardia, mentre un’altra compagnia tenta l'aggiramento passando sui roccioni alti del Monte Cornetto: è un disastro. La neve fresca tradisce gli attaccanti che scivolano nei dirupi. La linea di difesa italiana è composta solo da due compagnie Bersaglieri del X battaglione (7°), che viene investito dalle raffiche delle mitragliatrici sui lati e di fronte, mentre le truppe tedesche si fanno sotto. Alle 9,45 gli attaccanti riescono a penetrare ed a disorganizzare la difesa e catturano 4 ufficiali e 120 soldati, gli altri si ritirarono verso Longarone. |
|
Estratto degli ordini emanati dal comando di battaglione verso mezzanotte: « Mentre la 3 compagnia attaccherà al mattino del 9 novembre, partendo dal margine occidentale di Cimolais, i distaccamenti del battaglione da montagna del Wùrttemberg aggireranno le posizioni nemiche a ovest di Cimolais seguendo i percorsi a fianco indicati: distaccamento Rommel (la e 2a compagnia fucilieri, l compagnia mitraglieri). passando per il monte Lodina (salirà in quota prima dell’alba); distaccamento Schiellein (4a e 6 compagnia fucilieri, 2a compagnia mitraglieri), passando per il monte Cornetto (1793) - monte Certen (1882) - Erto; distaccamento Gossler (5a compagnia fucilieri, 3a compagnia mitraglieri), passando per Quota 995 - Quota 1483 - Erto ». |
Rommel: Comincia già a far buio quando raggiungiamo la sponda orientale del torrente Celina, subito a est di Cimolais. Il letto sabbioso del corso d’acqua, largo varie centinaia di metri, è quasi asciutto. Sembra che il nemico si sia allontanato nella direzione di Longarone. La località di Cimolais, a quanto pare, non è occupata dall’avversario. Con i ciclisti varco il torrente su di un ampio fronte. Non si sente un solo colpo di fucile. Subito dopo, il tenente Streicher ed io entriamo a cavallo a Cimolais. Il sindaco ci saluta con squisita cortesia. Dice che è stato già preparato tutto per le truppe tedesche. Poi vorrebbe consegnarmi subito la chiave del municipio. Dobbiamo fidarci di lui? Che non si tratti di una trappola del nemico?. Tanto per essere sicuro, mando alcuni ciclisti a perlustrare un tratto della strada che in direzione ovest porta a Longarone. | |
Il distaccamento Rommel, stanco morto, entra nel paese e si accantona nella parte sud. (Se non s'è capito Rommel parla di se sempre in terza persona) |
||
Anche la strada militare che dalle pendici di Roeda si incunea lungo il fianco sinistro della valle del Vajont venne costruita tra il 1911 e il 1912. Il tracciato, scavato in roccia a colpi di mina, collegava Erto a Longarone attraverso Dogna. Lo scavalco della gola fu realizzato mediante un’ardita struttura in cemento armato, il Colomber (vedi sopra), che si guadagnò allora la fama del ponte più alto d’Italia (135 metri). Il Ponte verrà poi eliminato dalla diga che si innalzerà a 270 metri. |
Elementi di sicurezza vengono disposti sulla strada di Longarone e sulla mulattiera che porta a Fornace. Gli alloggi sono decenti, il vitto abbondante. Dopo le enormi fatiche sopportate dai fucilieri (32 h ininterrotte di combattimento e marcia) alcune ore di sonno sono indispensabili per ridare a questi uomini il vigore combattivo. Chissà che cosa ci aspetta nella valle del Piave distante ormai solo dieci chilometri? Nella parte nord di Cimolais si accantonano il comando del battaglione da montagna del Wurttemberg, la compagnia collegamenti, il distaccamento Schiellein (4a e 6a compagnia fucilieri, 2a compagnia mitraglieri) e il I battaglione IR 26° reggimento fucilieri. Quest’ultimo provvede alle misure di sicurezza in direzione nord. Nel frattempo è calata la notte. I ciclisti del distaccamento Rommel agli ordini del tenente Schoeffel segnalano che il nemico ha preso posizione sulle pendici del monte Lodina (1996 metri) e del monte Cornetto (1793 metri) e si sta trincerando alacremente. La segnalazione viene inoltrata al comando di battaglione. |
|
L’arrampicata notturna sul massiccio montano roccioso e dirupato, alto 2.000 metri (1400 di dislivello), con il distaccamento Rommel completamente esausto mi appare irrealizzabile. Perciò mi reco poco dopo mezzanotte dal maggiore Sproesser e lo prego di modificare l’ordine. Gli propongo di attaccare frontalmente al mattino del 9 con tutto il distaccamento. Il maggiore Sproesser modifica parzialmente di malavoglia, l’ordine nel senso che solo una compagnia del distaccamento Rommel deve effettuare l’aggiramento del monte Lodina, mentre le altre compagnie rimangono a mia disposizione per l’attacco frontale. | ||
ROMMEL A LONGARONE |
IL PONTE DEL COLOMBER - troppo facile
I fucilieri avanzano ansimanti sotto il peso degli zaini, delle
mitragliatrici leggere e pesanti. Il distaccamento Rommel raggiunge ormai
una lunghezza di vari chilometri. Ogni fuciliere sa che deve mettercela
tutta per superare il nemico, che il successo dipende dalla velocità
dell’inseguimento. Dopo Erto la valle si restringe di nuovo. La strada
scende verso la gola del Vajont. Quattro chilometri ci separano ancora
dalla valle del Piave, il nostro obiettivo. Davanti a noi si stende la
parte più difficile del terreno: la gola del Vajont, lunga 3,5 km e
straordinariamente profonda e stretta. La strada, scavata con le mine
nelle pareti rocciose verticali, alte 2/300 metri, prosegue all’inizio sul
lato nord. Il centro della gola è attraversato da un ponte lungo 40 metri,
150 metri al di sopra del torrente montano che scende rombando verso la
valle. Vi sono varie gole laterali, tutte superate da ponti (piccoli).
Spesso la strada s’infila in lunghe gallerie. Una bella mina nel punto
adatto basterebbe per sbarrare per vari giorni la strada verso Longarone.
Anzi, una sola mitragliatrice, piazzata all’ingresso di una delle
gallerie, potrebbe trattenerci per molto tempo. A dir la verità, tutto
questo avrei potuto rilevarlo dalla lettura della carta topografica, ma
finora non ho avuto tempo di studiarla a fondo. |
|
|
Rommel negli anni '40 trasse profitto dal fatto che le sue campagne precedenti avevano comportato operazioni fluide e mobili. Coglieva al volo qualsiasi opportunità. In tutto il corso della sua vita riuscì sempre a prendere rapidamente le decisioni, agire con determinazione e come diceva Liddel Hart "di ricordare con chiarezza e raccontare con vivacità !!!" (Liddel Hart si riferisce forse a quella degenere abitudine di scrivere le proprie memorie che è la cosa peggiore che una persona possa fare Lidell Hart compreso. A questa tentazione non sfuggì neanche Rommel. Lo aveva fatto Garibaldi raccontandoci un sacco di panzane e lo fanno sempre in molti con lo stesso risultato). Cominciava già a delinearsi in lui anche quella tendenza alla precipitazione per cui in seguito sarebbe stato criticato. La sua presenza in prima linea e a volte oltre fu una costante anche da Feldmaresciallo " Dove c'è Rommel, c'è il fronte" si diceva. Questo era il credo di Rommel. Vincere una battaglia magari non decide le sorti della guerra, ma perderla non porta a nessun risultato. |
|
|
Torna |