L'ALTRA CAPORETTO
1917 - La rottura centrale del fronte carsico
La fine del 9° Bersaglieri e degli altri perduti sul fronte nord orientale
Paolo Gaspari: I nemici di Rommel I memoriali concordano nel descrivere un nemico (i tedeschi) che colpisce sempre ai fianchi o alle spalle, posizionato dietro una mitragliatrice leggera (portatile) in grado di sparare 550 colpi al minuto, un drappello che in fretta si ritira. Una manovra veloce e precisa a cui tutti, ufficiali e soldati, erano stati addestrati; manipoli di pochi uomini, una dozzina, due mitragliatrici, sette fucilieri a protezione con molte bombe a mano a disposizione. Il coordinamento della manovra dei diversi reparti era garantito da segnalazioni tramite razzi, segnali ottici, radio e il controllo dal cielo che permetteva di conoscere posizione ed entità delle truppe italiane. Tecnica nuova applicata per la prima volta sul Kalovrat (in Italia ma prima anche in Russia). Scrive Gaspari: «Di fronte a questa tattica e a questa potenza di fuoco di armi automatiche individuali gli italiani potevano opporre il solo addestramento avuto per la guerra di trincea: fermi a difesa, attenzione maniacale ad avere i collegamenti ai fianchi, mitragliatrici fisse, appoggio e protezione dell’artiglieria, camminamenti e gallerie per mettersi al riparo. Nessun addestramento alla manovra, nessuna esercitazione a rispondere a un attacco alle spalle, gravi deficienze nel reclutamento del personale addetto alle pistole …..Sola opportunità per l’esercito italiano era l’assalto alla baionetta, che i tedeschi evitavano" |
Si era al 9 ottobre (1917), la preparazione
austro-germanica dell’offensiva era in pieno svolgimento da alcune
settimane e quello, lo spostamento del 2° Bersaglieri dalla 50 alla 46a
divisione, era “il primo provvedimento” adottato dal Comando della 2a
armata per potenziare quella parte di fronte del IV Cda (Cavaciocchi div.
43/46/50) considerata più debole e a rischio. Al 2° si aggiunse il 9° dopo pochi
giorni quale riserva di un fronte che dal Monte Canin a Caporetto e da qui al
Kolovrat poi alla testa di ponte di Tolmino era meno che poco presidiato,
principalmente sui fondovalle considerati superflui.
Uno era a Plezzo l'altro fra Caporetto e Tolmino. Il 16 ottobre ai comandanti dei reggimenti bersaglieri venne assegnato
l’incarico “di riconoscerne il terreno (destra Isonzo e Kolovrat). Nel
caos che si andava formando nei comandi della 2a armata pur non dispiegati
diversamente i reparti passavano da Cda a Cda e cosi avvenne per i
bersaglieri in forza ora al VII cda di Bongiovanni neo costituito ma non
operativo. Compito principale di un reparto è tenere i collegamenti filo, se possibile, con l’unità superiore e dipendere da uno poi da un altro comando a decine di chilometri di distanza in poche ore vuol dire stendere fili che incrociano altri fili e che diventeranno inutili (ma qualcuno lasciava i vecchi per stenderne di nuovi non fosse mai che si ritornasse indietro). Compito del VII occuparsi della saldatura fra il IV e il XXVII dal Matajur (sella di Luico) al Kolovrat in crisi di uomini ed ancor più giù nella valle dell’Isonzo. I comandi del 2° e 9° ricevettero infatti l’incarico di eseguire studi sulla difesa della strada Pulfero Stupizza (Rotabile Cividale Caporetto) contro attacchi provenienti da Nord, e del fronte di Luico “contro attacchi provenienti dalla conca di Caporetto-Monte Nero. Il balletto dei cambi andò avanti giorno dopo giorno in un crescendo esasperato tra i tre Cda IV, XXVII e VII a seconda di dove si prevedesse la stoccata iniziale. Il IV non lo sapeva ma nella conca di Plezzo stava per essere investito da un uragano e ricevette in rinforzo solo una nuova Divisione, la 34° per garantire “con tutta urgenza” l’occupazione della stretta di Saga. Ma la notte del 23 a 4 ore dall’attacco marcia indietro 62a Div. (Brigata Salerno e 4a Brigata Bersaglieri) al suo posto ma molto più giù sotto il Matajur. |
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Giovanni Zulian, tenente della 661ª batteria d’assedio. … Nella fureria provvisoria c’è anche il telefono: è arrivato e trascritto il fonogramma dal Corpo d’Armata al Comando della 661ª batteria C.D.: l’ordine precisa che “non dobbiamo aprire il fuoco senza speciale autorizzazione”. È l’ordine che avevamo anche nella battaglia della Bainsizza. C’è sul tavolo anche una carta topografica e il sergente furiere Lenzi mi dice che i segni rossi che si vedono sui di essa segnano la posizione precisa delle batterie nemiche, dal Rombon a Tolmino. È stato un ufficiale superiore austriaco (veramente non dell’Austria, ma della Transilvania rumena) a darla ai nostri alti Comandi. E così anche la 661ª batteria sa che la notte del 23 ci sarà l’attacco e un’altra cosa molto interessante ci vien spiattellata: s’è inserita, tra il monte Nero e Tolmino, il tedesco (germanico) von Below colla sua XIV Armata, reduce dal “repulisti” russo. … Pioveva; si sapeva che alle due la battaglia sarebbe cominciata; conoscevamo le posizioni degli avversari; sapevamo da chi erano comandati i vari gruppi austriaci; in ordine Krauss, Stein, Berrer, Scotti; in seconda linea quelli di von Below. Sapevamo tutto di loro, non sapevamo gran che di noi: il Comando Supremo aveva dato un ordine, poi il conte Porro, Vice Capo di S.M,. non si era più visto. Al Comando della II Armata interinalmente è Montuori, ma si è alzato dal letto Capello; al Comando del IV C.d.A Cavaciocchi pretendeva che noi della 661ª batteria fossimo suoi; ma l’ordine scritto ci ordinava di restare a disposizione di Badoglio. I fili telefonici ci legavano al XXVII, ma un filo proibito l’abbiamo combinato col nostro solito IV. Sulle tracce della grande guerra http://www.grandeguerrafvg.org/page/content/menu/76/detail/99 | - Abramo Carriero
Bersagliere al 9° - 21.10.1917 Si dispose la costituzione della 34° divisione, quale riserva di C.d.A, con la Brigata “Foggia” e i Reggimenti Bersaglieri 2° e 9°. Questa divisione si sarebbe dovuta articolare in varie riserve parziali, dislocate nelle zone di più probabile impiego, in relazione alle caratteristiche montane del settore, alla ampiezza della fronte e alla necessità di coprire la stretta di Saga. Il 9° Bersaglieri doveva invece rimanere sempre dislocato in zona della 43° divisione (Gen.Farisoglio), pur dipendendo disciplinarmente e tatticamente dalla nuova 34° che completa lo staff (gen.Basso) il 23 !!!. Il 2° e il 9° bersaglieri erano quindi finiti molto più avanti oltre Caporetto sotto il Monte Nero (Drezenca - Vrsno) fuori da quella che sarà la linea principale d’attacco nemica. “unità per unità e ordine per ordine, alla vigilia di Caporetto il sistema militare italiano funzionò in maniera del tutto regolare a livello degli esecutori. La crisi riguardava essenzialmente i decisori”. Nel caso del 2° reggimento, il suo schieramento coincideva con la linea di resistenza a oltranza, dove in effetti svolse una preziosa funzione di rallentamento della spinta nemica e di appoggio delle unità in ripiegamento. I 12 Btg. Ciclisti per le continue voci che correvano che l'offensiva a Est fosse tutta una finta per attaccare in Trentino erano stati fatti arretrare alle spalle dell1a e 4a armata !!! (Lombardia e Veneto). Di 114 battaglioni di riserva 60 erano alle spalle della 3° armata che non subirà alcun attacco. La 47a divisione bersaglieri costituita dalle brigate bersaglieri I (6-12° Rgt.) e V (4-21° Rgt) aveva intanto portato avanti la 5a verso il Globocak ponendola a disposizione del VII Cda incaricato della difesa ad oltranza delle testate dello Judrio e del Natisone. La mattina del 24 ad offensiva in corso la 43a divisione chiese l’invio di 1 battaglione del 9° ma un’ora dopo la richiesta era lievitata a tutto il reggimento per impiegarli nella zona di Krasji. Un prigioniero austriaco convinse il comandante del 97° fanteria di essere sotto attacco di almeno 4 reggimenti nemici inducendolo a chiedere anche altri 2 battaglioni del 9° . In una fronte montuosa, quando le linee non corrono su dorsali o fiumi, ma solo su fondovalle, assicurarsi lo sbarramento di questa è cruciale, altrimenti tutto il resto della linea perde di significato difensivo. Quando si devono immaginare i due reggimenti Bersaglieri del IV Cda che abbandonano le posizioni a 48 ore dall'attacco, lasciando magari incustoditi i cavalli di frisia, le mine e il filo spinato dello sbarramento sul fondovalle d'Isonzo, rassicurati a parole di essere sostituiti da un'intera brigata ma in cuor loro certamente preoccupati (magari irrazionalmente: "mah, la nuova brigata verrà? e se non venisse? e se tutto rimanesse così abbandonato? e se la porta rimanesse aperta?") e poi si vedono nella mente i soli 400 uomini (anziché l'intera brigata come nelle intenzioni dell'armata) che li sostituiscono lasciare davvero, come nei peggiori timori dei bersaglieri, abbandonati e incustoditi i nidi di mitragliatrici, i cavalli di frisia, il filo spinato e lo sbarramento di fondovalle, non perché inadempienti o scellerati, ma semplicemente perché sono troppo pochi per tenere tutta la linea, si pensa a quanto opportuno sia stato per la fama di Badoglio stralciare le pagine del diario relative al 22 Ottobre. Peccato per lui che da altre fonti sia possibile leggere testualmente.-"il generale Badoglio ordinò di schierare un solo battaglione (che contava circa 400 uomini) fra Monte Pleca e l' Isonzo, su un fronte di circa 2 km, su un pendio ripido e boscoso, e di tenere gli altri cinque battaglioni in alto, sulla dorsale del Kolovrat e dietro ad essa. Ne risultò che nel fondovalle, indifeso, la XXVI divisione tedesca potè avanzare senza colpo ferire, giungendo fino a Caporetto e oltre. " |
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Dal diario storico del 16° REGGIMENTO BERSAGLIERI | ||
Diario storico del 16°
BERSAGLIERI - ANNO 1918 |
. Battaglioni
originari dal deposito del 10° Bersaglieri (di stanza in Albania dal
1914) numerazione XVI, XXXIV, XXXV (regg. bis) conservata fino al
5/1/1916. Da quella data i battaglioni assunsero la numerazione LVII
(57), LVIII (58) e LXIII (63). |
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Al LXTII viene poi conferita la medaglia di Bronzo al valore Militare con la seguente motivazione: | ||
Circolare Piacentini n. 978 dell’11 febbraio 1917 …. maggiori cure alla organizzazione del tiro di contropreparazione; altrettanto faranno i Comandi di C. d’Armata per quanto riguarda il tiro delle bombarde, e i tiri di sbarramento (6) delle artiglierie campali». (6) Per «fuoco di sbarramento in difensiva» si intendeva il tiro eseguito soprattutto da artiglierie leggere contro le ondate d’assalto della fanteria nemica sul davanti dei reticolati, per spezzarne l’impeto e fermarne la progressione. Barriere di fuoco venivano realizzate anche immediatamente a tergo delle colonne d’assalto, per isolare le prime schiere attaccanti dai rincalzi. Nella 2 Armata di Capello le predisposizioni per la difensiva erano: «Controbatteria solo in casi favorevolissimi, poca contropreparazione, sbarramento massimo a tempo giusto, occupazione delle trincee istantanea da parte delle fanterie di prima linea appena cessato il tiro di preparazione nemico. Questa mancanza di abitudine ad operare in difensiva non si riscontrava ad esempio nella 3a Armata dopo le dure prove delle controffensive nemiche del giugno e settembre 1917: “Fermi restando i criteri di rigorosa economia delle munizioni pei periodi di calma sulla fronte, va però inteso che ogni tentativo di attacco nemico deve essere fin dall’inizio e con ogni mezzo soffocato. Epperciò ai primi sintomi d’iniziativa avversaria in un settore che sembrano preludere all’attacco, tutti i pezzi aventi azione normale in quel settore dovranno immediatamente essere usati per sopraffare i mezzi offensivi e smontare l’attacco fin dal suo nascere. Si batteranno a preferenza le trincee antistanti, i luoghi di raccolta, gli appostamenti di bombarde e di mitragliatrici avanzate …. Se, a malgrado della nostra contropreparazione, riuscirà al nemico di sferrare l’assalto, il fuoco di sbarramento delle artiglierie leggere interverrà violentissimo e più ravvicinato che possibile alla nostra linea, anche a costo di toccarla con qualche colpo» Circolare della 3a Armata in data 6 sett. 1917. |
Il LXIII per un anno intero diede su un'aspra posizione continue prove
di ardimento, di abnegazione e di tenacia. Si distinse più specialmente
nel combattimento del 26-27 marzo 1916, riconquistando con impetuoso
valore un formidabile trincerone. (Pal Piccolo, 10 agosto 1915-10 agosto
1916). (Boll. Uff. anno 1920, disp. 47a) Contemporaneamente l'8a compagnia, di nuova costituzione, giunta in zona di guerra soltanto il 20 marzo, è inviata al passo del Cavallo, ove riconquista una posizione presa dal nemico e vi perde 31 bersaglieri. Per tutto l'anno, il reggimento permane nelle consuete posizioni alternando periodi di riposo e compiendo importanti lavori di sistemazione difensiva. ANNO 1917 Anche quest'anno troviamo il reggimento dislocato nel settore But-Degano (Carnia), ove esplica la sua consueta attività fino alla offensiva austro-tedesca dell'ottobre. Inizia allora, la notte del 26 il ripiegamento sulla linea Paularo-Paluzza. Il 2 novembre è ad Ampezzo. Dopo una permanenza nei pressi di Parma, il 26 dicembre il reggimento (i resti) si trasferisce nella zona Vigatto-Corcagnano-Alberi, passando alle dipendenze della 34a divisione. (vedi dettagli in altra pagina) - Abramo Carriero Bersagliere al 9° - 24.10.1917 mercoledì Alle ore 15, mentre i due battaglioni Bersaglieri stavano per arrivare al Krasji, vennero richiamati perché si disponessero “a cavallo dell’Isonzo fra Volnik e il Santuario sopra Caporetto”). Nel settore della 43° Divisione il precipitoso ordine di ripiegamento impartito dal generale Farisoglio verso le ore 15, in base ad una valutazione eccessivamente pessimistica della situazione, trovò esecuzione solo da parte del 223° Fanteria e di due battaglioni Bersaglieri del 9° Reggimento (non dal XXX che rimase isolato). I due battaglioni del 9° avviati al Krasji per riattivare la difesa nel punto dove aveva ceduto, vennero subito richiamati e dirottati al Volnik, a presidio della linea d’Armata. Questo dirottamento era consigliato dalla notizia che il nemico, superate le resistenze dinanzi a Tolmino, risaliva rapidamente l’Isonzo per il fondo valle. Ma non appena i due battaglioni giunsero in prossimità delle nuove posizioni, vennero fatti ulteriormente ripiegare: la situazione risultava ancora modificata dalla sopravvenuta interruzione del ponte di Caporetto e perciò i reparti furono avviati, per la sinistra Isonzo, a Ternova dove elementi del genio avevano già distrutto la passerella a nord dell’abitato e si accingevano a far saltare il ponte. Si riuscì a ritardare questa distruzione e così i due battaglioni potettero transitare sull’altra sponda del fiume da dove vennero avviati nella zona di M. Stol (Lo Stol m.1668 sta nella catena sopra Bergogna (valico Platischis) fra Caporetto e il passo Tanamea (valico Uccea) in base a disposizioni impartite dal comandante della 50°divisione. |
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Commissione d’inchiesta istituita dal governo il 12 gennaio
1918 per accertare le ragioni e le responsabilità del grave rovescio
militare. Le conclusioni cui pervenne la Commissione, riportate nel volume
II della relazione Dall’isonzo al Piave 24/10/1917 - 9/11/1917, furono
impietose verso l’Arma di artiglieria. Venne negata un’eccessiva disparità
tra il numero di bocche da fuoco messe in campo dalla 14a e 2a Armata
austro-tedesche e quelle a disposizione del 4°, 27°, 24°, 2° e 6° Corpo
d’Armata italiani schierati tra il Rombon ed il San Gabriele (2.485 pezzi
contro 2.199). Dimenticando che le artiglierie italiane, soprattutto i
grossi e medi calibri (cannoni da 120 e 149, mortai da 210 ed obici da
280) erano inferiori per gittata e cadenza di tiro agli opposti pezzi
degli Imperi Centrali e che comunque la 2a fosse l’armata italiana meglio
equipaggiata in fatto di bocche da fuoco, con più del doppio di medi
calibri (da 105 a 210 mm) in organico rispetto alla 3 Armata del Duca
d’Aosta. |
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