IL 19° Reggimento Bersaglieri 

UN' EPOPEA DA RICORDARE: Il 19° REGGIMENTO NELLA RITIRATA DEL NOVEMBRE 1917 Elio Ricciardi  

L'ultima battaglia in Carnia e Cadore

     

Dal diario del Reggimento ANNO 1917.
Costituitosi, il 15 febbraio, il 19° reggimento, viene posto alla dipendenza del comando del sottosettore val Degano e destina il XLI battaglione alla difesa della regione Pierabec (pale Linc - Casera Walz - Stretta Sissanis - Stretta Fleons), il XLII alla regione Pizforchia (T. Col. Pantano) - Volaia (Pecul alto - forcella Ombladet) ed il XL V alla regione Navagiust (Navagiust alto e basso - Bordaglia bassa). Fino all'inizio dell'offensiva austro - tedesca dell'ottobre, i riparti in linea esplicano la loro attività con azioni di pattuglie ed attendono alla costruzione d'importanti opere di difesa. Il 28 ottobre, il 19° bersaglieri, lascia le posizioni fino allora saldamente mantenute; alcuni riparti raggiungono quelle tra Col Maggiore e Staipe Vas; altri, Casera Torio ed altri, col comando di reggimento, si portano, il mattino del 29, ad Ovaro.

  Il Ten.Col, Alvise Pantano prestò servizio
- con il 20° btg. del 3° rgt. bersaglieri, dal principio fino al 10 ottobre de1 1915 come Capitano e poi da Maggiore, prima come Comandante di cp. e poi di btg. nell'alta valle del Cordevole, operando generalmente al di sopra dei 2000 metri in cruentissime operazioni offensive, come sul Col di Lana, dove venne ferito e ricoverato in ospedale;
- con il 4° rgt. Bersaglieri dal 15 aprile al 18 maggio del 1916, quando riprese servizio in Val d 'Isonzo e sul Monte Nero;
- dal 19 maggio 1916 come Comandante del 42° btg. bersaglieri autonomo nel Trentino; prima partecipando ai combattimenti per i quali il Passo Buole sarà detto "le Termopili d'Italia", poi nella zona della Val Lagarina fino al febbraio 1917 quando il battaglione fu inviato in Carnia alle dipendenze della 26° divisione (Gen. Vincenzo Boveri), formando con i battaglioni 41° 42° e 45° il 19° rgt. bersaglieri che, suddiviso in più settori difensivi venne schierato sulla displuviale alpina alla testa della Valle del Degano, o Canale di Gorto (Forni Avoltri, Rigolato, Comeglians).
Il Ten.Col, Pantano ebbe alle dipendenze un settore comprendente il M. Coglians (m. 2780 la cima più alta verso ovest dopo il Passo di Monte Croce Carnico e prima del Peralba ), con il 42° btg., un btg. alpini, 2 btg. di fanteria e 3 gruppi di artiglieria. Un settore dove non vi furono grandi operazioni militari, ma ugualmente impegnativo per lo stillicidio di perdite dovute a scontri minori ed alle proibitive condizioni ambientali, con tormente di neve e valanghe.

Nei 2 anni in cui opera per battaglioni autonomi poi come reggimento il 19° lascia sul campo 107 morti fra truppa e ufficiali e un più consistente numero di feriti 525 (nel 1916) e ca. 400 dispersi (nel 1917)

  Il periodo più interessante però è quello che comincia il 28 ottobre 1917 alle ore 16 quando, come per gli altri reparti, giunse, inaspettato l'ordine per il 19° reggimento di abbandonare le posizioni nel massimo silenzio alle 20,00 per riunirsi ed iniziare la ritirata (Caporetto). Inizia il periodo più epico nel quale il reggimento dopo ben 16 giorni di marce estenuanti, anche senza dormire e senza mangiare, inframmezzate da combattimenti giunge fino nella pianura vicentina. Ho definito incredibile la ritirata del 19° rgt. e malgrado l'autorevolezza della relazione del Comandante del reggimento e per inquadrare meglio i fatti, ho ritenuto opportuno documentarmi presso l'Archivio dell'Ufficio Storico dello SME.
La 26a div. (i resti) fu spezzata in 2 gruppi tattici:
Il primo del Brigadiere Vincenzo Boveri dei Fanti della Brigata Lazio col 19° Bersaglieri (Col. Marelli Guglielmo), l’11° bersaglieri (Gino Graziani) al punto di contatto con la IV armata del Cadore, fanti e alpini.
Il secondo del Brigadiere Adolfo Danise (già comandante della Brigata Catanzaro all’epoca della decimazione) con il 16° Bersaglieri (Col. Ronca Alessandro), il 47° (2a e 3a cp.) e il 56° battaglione autonomo bersaglieri, reparti d’assalto e alpini del Susa (magg. Zanetti).
 

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Le "memorie storiche" dell'epoca confermano quanto scritto dalla relazione e pertanto cercherò di sintetizzare quella incredibile epopea. Il 28 sera il reggimento muove in perfetto ordine per Ovaro e Prato Carnico dove giunge la mattina del 29 occupando posizioni difensive predisposte e dove, dal Sindaco di Ovaro, il Ten.Col. Pantano viene informato della gravità della situazione conseguente a quanto avvenuto a Caporetto. Particolarmente penoso era stato l'incontro con turbe abbrutite di soldati di reparti disgregatisi e la visione di depositi in fiamme ed abbandonati. La mattina del 30, dopo aver passato la notte all'addiaccio sotto la pioggia nelle posizioni difensive, il reggimento si dirige a Sauris, sopra i 1200 metri, giungendovi in serata, passando per M. Forchia (m. 1901) e percorrendo complessivamente nel pieno di una tormenta di neve un dislivello in salita di circa 1500 metri.

  Il giorno 31 il reggimento giunge a Casera Mediana ed il giorno successivo si sistema a difesa su una posizione comprendente Col Marende, la Forcella Croce di Tragonia ed il Monte Bivera (m. 2474). Le posizioni a nord di Col Marende fino alla Forcella Lavardet erano tenute dall' 11 ° rgt. bersaglieri. Sono luoghi che conosco bene per averli più volte percorsi d'estate e mi sono chiesto come possano essere stati raggiunti da un reggimento intero, con la tormenta di neve e carico dell'equipaggiamento e dell'armamento di reparto. Il reggimento tiene le posizioni, arrestando il nemico fino alla sera del 4 novembre. La mattina del 3 i bersaglieri ricevono il rancio trasportato con i muli da Forni di Sopra: erano già 36 ore che avevano terminato le 4 giornate di viveri di riserva portate al seguito. Il carreggio e le salmerie del reggimento erano stati avviati da Ovaro a Forni di Sopra passando per Ampezzo (ancora difesa dai nostri fino al 2 novembre), cioè per il fondo valle. Il giorno 2 era giunto a Forni di Sopra il 42° btg. passando per Casera Razzo, Vigo di Cadore (dalla valle del Piave) e il Passo della Mauria. Nella sera del 4 il reggimento lascia la linea difensiva del M. Bivera e per Forni di Sopra raggiunge il mattino del 5 il Passo della Mauria (soprastante Lorenzago), sistemandosi a difesa con altri reparti e rimanendovi all' addiaccio nella neve fino al giorno 6. Ripreso il cammino si ferma dopo pochi chilometri ad est di Lorenzago dove resta, sempre in difesa ed all'addiaccio, fino alle 12 del giorno 7 novembre quando riprende il cammino lungo la valle del Piave. A Calalzo riceve l'ordine di prendere posizione a sbarramento della parte occidentale della valle del Piave dal fiume al M. Brente (m. 1785). La posizione, sistemata a difesa nella notte, è investita in forze verso le 12 e resiste fino alle 20 anche grazie all'esplosione di un grande deposito di munizioni che, fatto saltare anche per non farlo cadere in mano al nemico, continua ad esplodere per 5 ore. Il reggimento, dopo essersi raccolto scendendo nella notte dagli scoscendimenti del M. Brente, percorre altri 30 Km. giungendo alle 10,30 a Longarone dove, dopo 30 ore di digiuno, può ricevere il rancio durante il quale giungono improvvise raffiche di mitragliatrici dal M. Toc. E' la prima parte di una compagnia tedesca appena giunta agli ordini del Ten. Rommel, il futuro Generale. Come meglio vedremo in seguito si trattava di un battaglione da montagna tedesco, del Wurtemberg, che giungeva dalla Valle del Vajont, alla testa di una Brigata da montagna austriaca per sbarrare la strada alle forze italiane in ripiegamento lungo la Valle del Piave.

Dal diario del Reggimento ANNO 1917.
Il 30 ottobre il reggimento continua a ripiegare; per Sauris di Sotto e Casera Mediana si porta a Casera Razzo. Il 31, i riparti che il giorno precedente erano giunti a Sauris di Sotto e con i quali marcia anche il comando di reggimento, si dirigono a Casera Mediana, attendendo alla sistemazione difensiva del tratto di linea tra Col Merenda e Creta Forata (Passo Tragonia e val Mesta), ad eccezione del XLII battaglione che raggiunge Forni di Sopra.
Il 2 novembre, tutto il 19° retrocede a circa 2 km. e mezzo ad est di Lorenzago. Ripresa la marcia, si arresta nuovamente a Calalzo, prendendo posizione a sud di Vallesella, fra la sponda destra del Piave ed il M. Brenta Un ulteriore ripiegamento, iniziato alla sera dell'8, porta il reggimento fino ad Ospitale, il 9 a Longarone ed il 10 a Bolzano Bellunese.

  Longarone rigurgitava di armati, riferisce il Pantano: vi erano due Brigate di fanteria “'Lazio" e "Reggio" molto ordinate, almeno quattro battaglioni alpini, il 38° btg. dell'8° e una parte dell' 11° rgt. bersaglieri, reparti di artiglieria e una grande quantità di sbandati di tutte le armi. I resti dell'8° e dell' 11° rgt. Bersaglieri erano già passati superando Ponte nelle Alpi. Sappiamo infatti che l '8° svolse azioni di retroguardia anche a Farra d'Alpago ed a Ponte nelle Alpi. Sappiamo inoltre che 1'11°, giunto a Tai di Cadore, proseguì su autocarri. A Longarone era quindi rimasta probabilmente una parte che non era stata autocarrata, e doveva esserci stato anche il 7° Bersaglieri, avendo combattuto nella zona (oltre al 48° autonomo). La strada per Ponte nelle Alpi era intasata ed anzi si cominciava a sentire un rigurgito. Correva voce che il nemico avesse già raggiunto Ponte nelle Alpi. Verso le 12 giunse infatti da Belluno una staffetta al galoppo portando l'avviso della necessità di tentare di scavalcare i monti per Forcella Tanzòn (circa 1850 metri partendo dai 475 di Longarone), scendendo su Bolzano Bellunese. Il più elevato in grado, Gen. Nassi, come gli altri comandanti, ritenne l'impresa impraticabile e decise di forzare il passaggio con un attacco in massa nel fondo valle durante la notte. Consente comunque al 19° (del Col. Marelli) di tentare l'impresa. Il reggimento, dopo aver contribuito ai combattimenti contro le forze nemiche provenienti dalla Valle del Vajont subendo 21 morti e 37 feriti, verso le ore 16, con alcune guide "requisite" sul posto, affronta la via dei monti portando a spalla anche l'armamento pesante di reparto e, nonostante il terreno difficile, la neve alta, la tormenta e la notte buia, i primi uomini giungono a Bolzano Bellunese alle 17 del giorno 10.
Difficile è calcolare quanti bersaglieri  siano riusciti in questa impresa incredibile. Consideriamo che prima della ritirata il 19° reggimento, incluse le compagnie mitraglieri, le salmerie ed il carreggio di rinforzo (per complessivi 480 muli) aveva una forza di circa 3400 uomini. Circa 500 dovrebbero essersi posti in salvo precedendo il reggimento per le strade di fondo valle: quelli del carreggio e delle salmerie e 32 uomini che il giorno 7 erano stati ricoverati, febbricitanti, a Vigo di Cadore in un ospedaletto da campo in ripiegamento. Le perdite fino al giorno 9 novembre dovrebbero corrispondere a 423, inclusi tre plotoni dati in rinforzo all'artiglieria a Longarone. Scrive poi il Pantano: «La marcia da Longarone a Feltre, che durò senza interruzione 42 ore e quella per Valstagna, che durò altre 23 ore, inflisse al reggimento le maggiori perdite. Oltre 200 uomini rimasero per la via trattenuti a viva forza dalla stanchezza e dal sonno invincibile ... ».   Il Ten.Col. Pantano li precede per organizzare la sosta del reggimento. Viene invece a sapere della necessità di proseguire senza soste in quanto, a causa dell'avanzata nemica, per le 22 è prevista la distruzione del ponte sul Cordevole per Santa Giustina. Prega alcune donne di Bolzano Bellunese, che si erano avvicinate ai bersaglieri, di procurare qualcosa da mangiare per i reparti, man mano che giungevano dal sentiero. Non fa comunque affidamento sull'esito di tale richiesta. Quanti non fuggivano profughi avevano comunque da pensare a sè stessi. Narra invece la relazione del Pantano « Invece seppi poi, dagli ufficiali del reggimento che quei poveri contadini portarono ai bersaglieri pane, e sacchi di castagne, e ceste di mele, e perfino un vinello di canne e cioè tutto quello che potevano avere. E di ciò serbo sempre grande riconoscenza per quei generosi montanari». I reparti del 19° continuano a scendere dai monti fino all'inizio del mattino dell' 11, proseguendo il cammino verso Feltre con continui scontri a fuoco contro le avanguardie nemiche. Arriva anche il Gen. Enrico Nassi che nella notte sul 10, fallito il tentativo degli altri reparti di Longarone di superare lo sbarramento nemico nel fondo valle del Piave, si è accodato al 19° come qualche altro militare. Finalmente, nel pomeriggio a Feltre il reggimento può sostare ricevendo cibo a sufficienza. Dopo sole sei ore, nella notte sul 12, deve ripartire per Artèn, Arsiè, Cismòn del Grappa e Valstagna, appena in tempo prima che la strada venga sbarrata dagli Austriaci giunti a Fonzaso dalla Val Cismòn. Sono molti giorni che i bersaglieri camminano senza dormire. Molti dormono camminando e si sentono russare, o cadono addormentati e non si riesce a svegliarli. Più di tutto servirà per rianimarli, risollevandone il morale, la vista dei lavori che fervono nella Valle del Brenta per la nuova linea difensiva, con il rumore di molte perforatrici. A Valstagna il reggimento si ferma per mangiare, proseguendo subito per ferrovia fino a Rosà, dove giunge nella notte sul 14 novembre. Solo nella sera è però possibile accantonarlo nei cascinali della
Il 19° non ottenne alcun riconoscimento ufficiale per la sua straordinaria tenacia e per il suo eroismo, nonostante gli sforzi del suo Comandante e di Benito Mussolini, che aveva scritto nel febbraio del 18' sull'impresa del 19° in un articolo del Popolo d'Italia del quale era Direttore. L'articolo, intitolato "Fiamme Cremisi", parlava del valore nella stessa ritirata del 4° e del 21 ° reggimento e terminava così: « E finalmente vediamo Te, o fiero Bersagliere del 19°, ripiegare ordinato con una marcia fantastica, di massiccio in massiccio, dal Degano al Grappa; Ti vediamo ( ... ). Ti vediamo estrema retroguardia di tutto l'Esercito Italiano, rientrare ultimo fra tutti, più fiero di tutti, nelle nuove linee della Patria per offrirle ancora il tuo braccio ed il tuo cuore».   zona in quanto, durante il giorno: «lungo i fossi, sui margini della strada ferrata, sui campi di mota, sui prati fradici di acqua, la truppa fu preda del sonno più violento». Dopo pochi giorni comunque il reggimento è già impiegato in linea. Dovrebbero quindi essere giunti a Valstagna circa 2200 uomini, il 65%. Fra i ricordi è anche quello di un battaglione bersaglieri che aveva tentato di sottrarsi attraverso i monti, con un'impresa ritenuta impossibile, e che era dovuto tornare indietro. Erano i bersaglieri del 19°, presumibilmente fra i 50 e i 100, che non ce l'avevano fatta. Evidentemente nessuno di loro, ma anche degli altri che ne erano a conoscenza, aveva rivelato che per la via dei monti c'era un reggimento ancora in marcia. Elio Ricciardi
 

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