" DATE A CESARE ………
LA QUESTIONE MERIDIONALE:MAFIA, GABELLE E GABELLOTTI

La mafia è una creatura del Risorgimento, senza questo non ci sarebbe stata

“Vi ha in molti paesi delle Fratellanze, specie di sette che dicono partiti, senza colore o scopo politico, senza riunione, senz'altro legame che quello della dipendenza da un capo, che qui è un possidente, là un arciprete. ... Sono tante specie di piccoli Governi nel Governo. Il popolo è venuto a tacita convenzione con i rei. Come accadono i furti, escono i mediatori ad offrire transazione pel ricuperamento degli oggetti involati. Il numero di tali accordi è infinito. Molti possidenti perciò hanno creduto meglio divenire oppressori, e s'iscrivono nei partiti” ??.

 

LA MAFIA (ACCENNI)

Sempre al periodo post unitario si fa ascendere il salto di qualità della mafia, le cui origini continuano ad essere avvolte dal mistero. Il primo documento in cui si allude a una cosca mafiosa è del 1837 : il procuratore generale, presso la gran corte criminale di Trapani Pietro Calà Ulloa scrive ai suoi superiori a Napoli, per segnalare strane fratellanze impegnate in attività criminali, come il riscatto di bestiame rubato, che corrompono anche impiegati pubblici
...vedi a fianco..... Il concetto di “mafioso” venne poi scritto per la prima volta nel titolo della commedia “I mafiosi della Vicaria” del 1860. Qui i mafiosi sono i detenuti più rispettabili in prigione. La Nuova Mafia, quella che conosciamo noi, formazione postunitaria, riflette quindi i cambi sociali del feudalesimo siciliano. Il nuovo governo piemontese si sovrappone ad una struttura sociale siciliana senza riuscire ad interagire con essa. Conseguenza di questi cambiamenti fu che nelle campagne i grossi latifondisti, che avevano detenuto interamente il potere fino a quel tempo, cominciarono ad aver bisogno sempre più di qualcuno che garantisse loro un controllo effettivo della proprietà (sia per difendersi dal brigantaggio, sia per resistere alle nascenti pretese delle classi contadine per una più equa distribuzione del prodotto del loro lavoro), e un maggior reddito. 
La creazione di una classe intermedia che organizzasse, programmasse e gestisse il lavoro in uno scenario economico allargato, che altrove esisteva da tempo e che si chiamava Borghesia, qui venne assunto da personaggi detti campieri o gabbellotti. I latifondisti si appoggiavano sempre di più ai Gabellotti per le affittanze e gli incassi, tanto che alla fine, la loro potenza economica e organizzativa di fatto ne cambiò il peso. (I gabellotti non gestivano i fondi, li subaffittavano, liberando il Barone da ogni incombenza e responsabilità). Il lento processo evolutivo dell’800 passò poi anche nella commistione con la politica e con l’allargamento degli interessi alla grande città che sembrò prevalere con lo sviluppo sociale e l'inurbamento. Nonostante ciò l'episodio più tragico ( prima delle votazioni politiche del 1948) fu ancora il Massacro di Braccianti che manifestavano per trattamenti sindacali migliori a Portella della Ginestra. 

SOPRA GABELLA NUOVA DEL PESCE A VILLA REALE  DA LE PIU' BELLE VEDUTE DI NAPOLI  http://www.interviu.it/mostra/vedute1.htm

  LA GABELLA

Nel 1872, Pasquale Villari aveva detto: Che volete che faccia dell' alfabeto colui al quale manca l' aria, la luce, che vive nell' umido, nel fetore, che deve tenere la moglie e le figlie nella pubblica strada tutto il giorno? Se gli date l' istruzione, se gli spezzate il pane della scienza, come oggi si dice, risponderà come ho inteso io: Lasciatemi la mia ignoranza, poiché mi lasciate la mia miseria. 

  Col termine Gabella, si identifica nei secoli e negli anni passati una forma di tassazione sorgente nell’azione di scambiare beni e merci. Tale forma di tassazione progenitrice delle ultime tasse moderne colpiva così beni di primaria necessità e non, come i materiali da costruzione. Abbiamo fatto l’esempio dei materiali da costruzione perché i frequenti terremoti o inondazioni venivano a gravare doppiamente sulla classe meno abbiente che abitava in zone disagiate, come il sud. Il termine gabella è quindi sempre stato sinonimo di vessazione, e se abbinato a un malgoverno anche peggio. Spesso si confondono coi dazi che sono confinari, ma che all’epoca della non unità d’Italia erano praticamente dovunque vista la frammentazione della penisola. Non abbiamo messo i monopoli, come quello del sale e dei tabacchi, dove lo stato speculava su due bisogni primari della gente e che sono un’altra cosa. Naturalmente il contadino che autoproduceva quasi tutto finiva per restare escluso dalla basa contributiva, ma si trovò il sistema anche per lui. Controsistemi che ingeneravano sotterfugi e ritorsioni nei rapporti col daziere o gabelliere.

Sempre dello stesso autore: L’alimentazione dei contadini salariati nel 1878: Essi sono comandati da un massaro che somministra ogni giorno a ciascuno un pane nerastro e schiacciato del peso di 1 Kg. Questo contadino lavora dall’alba fino al tramonto e alla sera, cessato il lavoro, si reca dal massaro che ha messo a bollire acqua, sale e un pò d’olio. I contadini si dispongono in fila con le scodelle dove il massaro versa il brodo e loro intingeranno il pane. Questa è la zuppa di tutto l’anno a cui si aggiunge in stagione del vinello. Questi contadini risparmiano anche sul pane che portano alla famiglia. Ricevono uno stipendio di 132 lire all’anno e 50 kg di grano e fave. (per l'epoca uno stipendio modesto doveva essere di almeno di 1.ooo lire annue)

  I gabellieri poi erano spesso dei privati a cui veniva dato l’incarico della esazione e che si arricchivano sulle spalle dello stato e del contribuente. La moda non è ancora scomparsa, anzi sembra in netta ripresa. Come si dice il lupo perde il pelo ma non il vizio. In fin dei conti è anche una maniera per il potere di non apparire fiscale. Invece che andare io mando un terzo. I Dazieri gabellieri hanno continuato la loro attività fino ad anni recenti (INGIC - Istituto Nazionale Gestione Imposte di Consumo soppresso nel 1974, i cui impiegati sono passati a costituire i primi uffici iva). Tipico esempio di esattori erano i Salvo in Sicilia, ma non erano gli unici. La vecchia gabella comunale era di solito identificata alle porte della città da un “casotto” (così lo chiamavano) da cui non potevi evitare di passare per essere perquisito. Le cinta murarie delle città favorivano questo. Spesso si era anche dotata di una pesa su cui facevano salire le merci per essere tassate al chilo. 

Ecco sotto a sinistra alcuni esempi e mostruosità passate e non. 

C’erano o c’erano state tasse sull'aratro, sul carbone o sulla legna, tasse sulle finestre, sui merli dei castelli (lastrici solari), della carne o "scannaria" (macellazione), dell'immissione del pesce fresco e salato, della calce, gabella del " piè tondo " e gabella dei contratti. In Prussia, c'era la tassa sugli stivali mentre in Inghilterra, nel XVI secolo, una sulla polvere di riso. Particolarmente curiosa è la tassa sulle vedove risposate troppo presto, introdotta in Spagna nel XIV secolo per scoraggiare le uccisioni del coniuge. A Venezia si pagavano le tasse sulle parrucche, nel ventennio famoso quella sui Celibi. Ci fu anche una tassa sugli ebrei, sui pianoforti, sulle domestiche, sulle fotografie e sui camini che poi assomigliava al focatico. Per non pagare si eliminarono i camini ed allargarono le finestre, ma mal li incolse perché arrivò la tassa sulle finestre. Restrinsero le finestre e morirono soffocati !!!.

Acquatico uso delle acque demaniali
Bagliva: controllo delle unità di peso e misura
Colletta o maldenaro: tributi fondiari o in genere una qualsiasi imposta obbligatoria in occasioni particolari, come nozze della figlia del re, spese di guerra, ecc.;Veniva tassata anche la neve per le ghiacciaie
Decima: il tributo dovuto allo Stato o alla Chiesa, gravante sul fondo agricolo e consistente nella decima parte del raccolto o del reddito;
Erbatico: censo che il pastore pagava per tagliare l'erba in luogo pubblico o prestazione per aver diritto di condurvi a pascolare gli animali;
Focatico: tassa su ciascun fuoco o focolare, istituita da Carlo I D'Angiò; tassa di famiglia;
Ghiandatico: tassa da pagarsi per la raccolta delle ghiande nel demanio pubblico;
Pedatico: tassa imposta agli utenti di strade, o tributo per diritto di passaggio su ponti che allora si chiamava Pontatico: (ricordato dal film di Benigni “Non ci resta che piangere”)
Plateatico: tassa che si pagava al comune per esporre la merce nelle piazze o nelle vie;
Strenna: dono da farsi al barone in generi o in denari, in giorni solenni; ora ha lo stesso significato e fine ma un obiettivo diverso 
Terratico: canone o imposta in natura, dovuta per lo sfruttamento della terra;
Vinatico: tassa che si pagava per la produzione di vino.
Macinato o sul macinato: La gabella colpiva il frumento e tutti quei generi portati al mulino per ridursi in farina: 
Formaggio: Colpiva la vendita di formaggio o ricotta (e anche il vino) fuori del territorio: 
Mortigio a favore del clero per il seppellimento dei cadaveri e l'accompagnamento "con cotta" al cimitero
  A mitigare questa esosità nelle classi bracciantili c’erano gli usi civici riconfermati nel regno delle Due Sicilie con le leggi sul Demanio e gli Usi Civici del 20 settembre 1836.

Tali diritti consentivano di fare legna, prelevare acqua, far pascolare gli animali, costruire ricoveri, fare calce, raccogliere funghi, prodotti del bosco etc (senza pagare) su terreni demaniali o della chiesa allora molto estesi. La Chiesa, che allora possedeva un terzo delle terre del Sud, era considerata fra i padroni il "padrone migliore", Per far cassa uno dei primi provvedimenti postunitari fu quello di vendere le terre demaniali e ecclesiastiche (espropriate), naturalmente a chi aveva i soldi, andando così ad incrementare il già vasto latifondo, monocolturale. 

Le "principali e nuove" imposizioni fiscali, oltre la fondiaria che era l’imposta base, introdotte dai Piemontesi 
Imposta personale
Tassa sulle successioni
Tassa sulle donazioni, mutui e doti; sull’emancipazione ed adozione
Tassa sulle pensioni
Tassa sanitaria
Tassa sulle società industriali
Tassa per pesi e misure
Diritto d’insinuazione
Diritto di esportazione sulla paglia, fieno, ed avena
Sul consumo delle carni, pelli, acquavite e birra
Tassa sulle mani morte, o manomorta
Tassa per la caccia
Tassa sulle vetture e poi bolli bollini bolletti paradiso tutt'ora del fisco italiano
Mentre nelle Due Sicilie lo stato incassava 40 milioni d’imposta fondiaria, nel 1866 se ne pagheranno 70. La differenza è anche più evidente se si considerano le aliquote per ettaro: nelle province di Napoli e Caserta si pagavano 9,6 lire per ettaro, contro una media nazionale molto più bassa. Nel primo decennio del XX secolo, una provincia depressa come quella di Potenza pagava più tasse di Udine (altrettanto depressa, non la Udine di adesso) e la provincia di Salerno, ormai lontana dalla floridezza dell'epoca borbonica, essendo state chiuse cartiere e manifatture, pagava più tasse della Como della seta (ma anche qui passerà la falce della crisi)

Il diritto all’uso civico seguiva il bene (il cespite, bosco, pascolo, fiume, lago etc), a somiglianza di un diritto naturale collettivo ed era impersonale poiché era a favore di chi li risiedeva senza scadenza di tempo.

Casotto di gabella tipico all'ingresso dei borghi

  In un mondo in cui la famiglia contadina non sempre riusciva a sfamarsi, questa forma di usufrutto collettivo offriva l’ultimo soccorso alla povertà. Ma a un certo punto della sua esistenza il sistema feudale si scontrò con la crescita della produttività del lavoro e con il livello dei consumi. Quando il lavoro era poco produttivo e persino i signori vivevano di poco, la concessione di terre in uso ai contadini serviva ad attrarre braccia nel feudo. Diffusisi gli scambi mercantili, i baroni presero a consumare di più (non a mangiare di più, ad aver bisogno di più soldi) e ad aspettarsi una rendita sempre più consistente. Intorno al 1740 gli illuministi napoletani erano favorevoli alla formazione della proprietà piena, ma erano anche preoccupati per i duri contraccolpi che la transizione provocava sulla condizione dei contadini. Perciò propugnavano una maggiore diffusione del contratto d’enfiteusi, che favoriva (e favorisce) la formazione della piccola proprietà coltivatrice. Non se ne fece però nulla. Contemporaneamente alle operazioni repressive, l’economia seguiva il suo iter.

Gioacchino Belli: Le Gabelle

Che le gabbelle noi nu le pagamo?
Le pagamo sur pane che maggnamo,
Sur panno de le nostre camiciole ,
Sur vino che bevemo, su le sòle
De le scarpe, e ssull'ojo che logramo'
Le pagamo, per dio, su la piggione,
Sur letto da sdrajacce, e ssu li stiji
Che sserveno a la nostra professione.
Le pagamo (e sta vergna è la ppiù dura)
Pc ppijà moje e battezzà li fiji
E pper èsse buttati in zepportura

  Tra il 1808 e il 1875 due milioni e mezzo di ettari di terre comuni (la superficie della Calabria e Basilicata) furono tolte ai contadini e svendute alla nuova borghesia redditiera.

In Italia il primo sistema tributario fu istituito (negli anni fra il 1859 - 1864) sulle basi di quello vigente nel Regno di Sardegna, efficiente e gravoso. Più tardi fu introdotta anche l'imposta sui redditi di ricchezza mobile e la Manomorta per tassare quei beni rimasti alla chiesa dopo gli espropri, che non ricadevano mai nelle successioni e sulla vendita sfuggendo pertanto alle relative imposizioni fiscali. L’attuale amministrazione della Agenzia delle Dogane, risale all’Azienda delle Gabelle Sarde che, entrata a far parte del Ministero delle Finanze nel 1843 con la denominazione di Direzione Generale delle Gabelle e delle Privative, divenne nel 1918 Direzione Generale delle Dogane e delle Imposte Indirette. Alla proclamazione del Regno d’Italia (1861) la Direzione Generale delle Gabelle e delle Privative comprendeva vasti settori dell’attività fiscale: i servizi delle Dogane; delle manifatture di Tabacchi, delle Saline, dei Dazi di Consumo, e, infine, il Corpo della Guardia Doganale.

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