L'ultimo impero e il saccheggio Africano
|
|
Quello con cui andavamo a scontrarci era l'ultimo dei grandi imperi d'africa. Dall'epoca romana in poi era rimasto ai margini delle vie di penetrazione militare e commerciale ma non per questo era meno potente. Gli egiziani (Hatscepsut 1500 a.c.) lo conoscevano per le relazioni sussidiarie che aveva col loro regno nero dell'alta Nubia. I romani commerciavano spezie dal Mar Rosso, con i popoli che si affacciavano sulle coste del Corno d''Africa ma solo da basi prossime alla penisola del Sinai. Il nome antico del mar rosso (Erythrè thalassa, dal greco), ha dato il nome alla regione costiera che va dallo stretto dello Yemen alle coste sudanesi. La baia d'Assab è geograficamente isolata alle spalle dalle Alpi dancale e dal deserto con lo stesso nome. La parte mediana ha una fascia costiera, stretta e arida, con un ciglione alle spalle che sale subito verso le quote piu alte oltre i 1500 m. La zona a nord di Massaua ha valli che degradano dolcemente verso il mare e dal quale scendono fiumi alimentati nel solo periodo invernale (30 mm di pioggia annuale ad Assab, temperature anche oltre i 50°). L'altopiano etiopico vero e proprio dai 1500 metri fino ai 1800 ha caratteristiche tropicali con foreste di legni pregiati lungo i fiumi che scendono al Nilo (Nilo Azzurro), verso la Somalia, o il Mar Rosso. Qui vivono coccodrilli, leoni, zebre, elefanti e giraffe. La zona detta temperata, fino a 2500 m, ha coltivazioni di vite, caffè, olivo e grano. Bufali, rinoceronti e leopardi vivono in questa fascia assieme alle specie più comuni d'animali domestici. Dai 2500 ai 3500 metri c'è la zona fresca con pascoli e radi alberi. Oltre fino ai 4.620 del Monte Ras Dascian la zona fredda alpina. Abitato da popolazioni autoctone l'altopiano venne raggiunto (1000 a.c.) da genti semitiche dello Yemen (Habashat=abissini). La nuova razza, nata dalla fusione con le popolazioni del Tigrai, dello Shoa e dell'Amhara, si costituì in regno nel primo secolo avanti cristo raggiungendo il massimo splendore sotto la dinastia detta d'Axum nel 3 e 4° secolo d.c. Nella capitale che si era abbellita di palazzi, fecero la comparsa chiese e conventi legati alla nuova religione cristiana. Il Regno d'Ezanà (320/342 d.c.) si espanse verso sud e nello Yemen. Il potente clero d'Axum nel V secolo abbracciò il cristianesimo monofisita della chiesa Copta d'Alessandria d'Egitto. L'inizio dell'espansione mussulmana isola di fato il regno dell'altopiano per il quale i mussulmani non hanno interesse (e voglia di scontrarsi). Gli unici scambi si hanno con l'Africa interna, nera, che influenzò anche la somatica e la colorazione della pelle. In origine si parlava una lingua semitica yemenita che venne ben presto sostituita da dialetti locali amarici. La città santa d'Axum decadde miserevolmente fino al X secolo quando fu distrutta dalla regina Judith. Per tre secoli il paese rimase in mano a signorie locali fino a quando, nel 1270, salì al potere una dinastia autodefinitasi salomonide dal primo re d'Axum (986 a.c.): Menelik figlio di Salomone e della regina di Saba. Si ripristinarono parzialmente i rapporti con Gerusalemme e col mondo culturale arabo. In questo periodo sono attivi nel paese gruppi ebrei (falascià) che sopravviveranno fino ai giorni nostri (famosa la spedizione di Tel Aviv per recuperarli in vista di una minacciata persecuzione in anni recenti). Nel 1527, dalle basse coste somale del fiume Auasc, arriva la minaccia al nuovo impero per opera di un avventuriero arabo detto il Mancino che occupò tutta l'Etiopia meridionale. Solo l'intervento di 400 portoghesi (cattolici) con cui erano venuti in contatto i cristiani abissini riportò l'ordine alle frontiere (1541). Dall'Africa equatoriale risalendo i fiumi somali Giuba e Uebi Scebeli era intanto giunto un popolo nomade di pastori e feroci guerrieri: i Galla. Per lungo tempo vagarono sugli altipiani fino a quando s'installarono nel Tigrai o Tigrè. Da sedentari continuarono a fornire milizie ai ras pur non abbracciandone la religione. I portoghesi, nella convinzione di riportare alla chiesa Romana la costola etiope, si mangiarono la fiducia e vennero espulsi con tutti gli stranieri: e il paese si richiuse di nuovo agli scambi (1632). La nuova capitale a Gondar isolò il potere centrale dai ras che presero di nuovo il sopravvento. Alla fine del 1700 del potere centrale non restava più nulla. Verso la metà del XIX secolo, un guerriero del Nord ex monaco, proclamatosi Negus Neghesti col nome di Teodoro II, sbaragliò prima i ras e in seguito i galla, i sidama e gli arabi del sultanato di Adal che ancora erano installati in alcune regioni meridionali. Una mossa sbagliata (imprigionamento di diplomatici inglesi) gli costò una solenne sconfitta a Magdala nel 1868 e la vita. Il nuovo negus, Johannes IV, che cercava di dare ordine al paese, si trovò ben presto due nuovi nemici alla porta: i Dervisci e gli Italiani. Il legante religioso e le abitudini guerriere si conservarono nei secoli assieme alla struttura feudale originaria riversandosi in quello che era il gioiello del paese: l'esercito. Contadini e pastori combattendo per il loro signore diventano proprietari delle terre e possono salire di grado grazie al valore che dimostrano in battaglia (capi villaggio, distretto, provincia). In tempo di pace il Negus ha proprie milizie (mercenarie) al pari dei ras, ma quando suona il Ketit tutti i proprietari e le famiglie devono mandare almeno una persona alla guerra con scorte alimentari, pena la confisca di quanto fino allora ottenuto. Una stima approssimativa dava in 150.000 i guerrieri mobilitabili. Le regole della logistica introdotte tardi negli eserciti europei, erano presenti in quello Etiope che marciava nello stesso ordine in cui si disponeva a battaglia. Lo schema a croce greca (la chiesa) era ripetuto tutte le volte che le armate operavano indipendenti. Lo stesso schema si replicava all'interno dei bracci della croce da parte dei notabili minori. Il braccio avanzante è diretto dal Fitaurari, quello di destra dal cagnazmàcc e quello di sinistra dal grazmàcc. Al centro c'e il Negus. Un terzo dei mobilitati al Ketit si occupa di raccogliere viveri. I guerrieri portatori oltre che occuparsi delle tende del Negus e dell'imperatrice sono all'avanguardia. Ci sono poi i portatori delle altre tende, dei vestiti, delle suppellettili, dell'acqua, dei forni, delle cucine, degli alimenti (pane bianco per l'imperatore), del miele. Dopo cinque ore di marcia la tenda desseta (Tenda di governo dell'imperatore in velluto rosso), portata dai dessotoc è eretta in mezzo al campo. La parola desseta significa gioia. E' una gioia per tutti, infatti, vedere che ci si appresta alla sosta. Dalla tenda principale partono a destra e sinistra, avanti e dietro secondo ordine precisi tutte quelle di servizio, dei dignitari di corte ed infine dei soldati. Un guerriero abissino non può combattere se non è riposato e a pancia piena; così diceva la regola prima. Il martedì è il giorno propizio per la guerra e l'alba il momento migliore dell'attacco. Il centro e la retroguardia proteggono l'imperatore mentre le ali si dispongono all'accerchiamento. All'epoca di questi fatti si stima che l'Etiopia contasse in tutte le sue etnie non oltre 3,5 milioni di abitanti su un territorio vasto 2 volte l'Italia.
|
|
L’AFRICA SVELATA Enrico Stanley, 1’esploratore audace e fortunato, ha raccontato testè i miracoli compiutisi, negli ultimi cinque lustri, nell’Africa equatoriale. E proprio il caso di chiamarli miracoli, e perchè tali essi devono interessare anche coloro che di civiltà a colpi di cannone non vogliono saperne, ed avversano ogni espansione coloniale. Qui, d’altronde, non si parla nè di espansioni nè di conquiste da intraprendere, ma è semplicemente meraviglioso che uno smisurato territorio intorno al quale ogni notizia avea sin qui le vaghe e paurose indeterminatezze della leggenda, ci sia ormai quasi tutto noto. Basta consultare una carta geografica eseguita avanti il 1870 per rilevare come l’Africa equatoriale non fosse segnata che da pochi incerti confini e da qualche linea mossa cervelloticamente ad indicare i corsi dei fiumi. Nello spazio interposto, vergine di nomi e di segni, l’occhio poteva spaziare in libertà e la fantasia immaginare le cose più stravaganti, le più insormontabili barriere alla curiosità degli scienziati e degli avventurieri. Oltre i confini pochi assai avevano osato penetrare, anche perchè 1’uomo di razza bianca sembrava difettasse delle qualità fisiche necessarie a resistere in quel clima. I racconti dei primi esploratori erano poi tali da accrescere anziché dissipare le leggende stabilitesi alla periferia, dietro le mal comprese notizie degli indigeni. Il Burton, uno de’ primi pionieri, scriveva ad esempio: -Quanto la fantasia può concepire di più spaventosamente ripugnante o di orrendamente grottesco si trova ivi realizzato. Vi pare che dietro ogni cespuglio debba giacere un cadavere informe, ed il cielo è cornice al miasma- Su cento esploratori dell’ Africa equatoriale, appena sei riescivano a sopravvivere. Pensare dunque a penetrarvi per conoscerla e descriverla e svelare il mistero che l’avvolgeva, equivaleva ad un suicidio. Ad ogni modo i coraggiosi non mancarono, ma pochi assai; tant’è vero che dopo quindici anni di fatiche e di pericoli dei Burton, dei Baker, degli Speke e di qùel Livingstone che lo Stanley riesciva a trovare presso il lago Tanganika nel novembre del 1871, oltre nove decimi dell’Africa equatoriale erano ancora sconosciuti. Chi aperse definitivamente la via a quell’esercito d’esploratori, composto man mano di gagliardi di tutti i paesi, fu lo stesso Stanley allorchè, subito dopo la morte del Livingstone, tornava nel continente nero per quella tormentosa passione dell’ignoto che spezzò tante giovinezze gagliarde, che estinse, anzi tempo, tante vivide intelligenze, tanti cuori generosi. “E fu durante questa mia seconda spedizione — dice lo Stanley — all’inesplorato Victoria Nyanza, nel 1874, che m’ apparve chiaro come l’Africa fosse stata fino allora calunniata e trascurata,, Il viaggio non era certo facile, l’aria bruciava le carni ed il difetto d’acqua procurava tormenti inenarrabili, ma in compenso quanta esuberanza di vita in quelle vergini terre, quante misteriose bellezze, quanti tesori ignorati ! Nuovo Pietro Eremita egli bandì la crociata: — avanti avanti: sono terre di nessuno, e fortunati coloro che giungeranno per primi. L’invito venne accolto subito dalla “Società dei missionari della Chiesa,, alla quale giungevano in brevi giorni offerte per quasi mezzo milione di franchi, sì che la prima missione abbandonava l’Inghilterra nel marzo 1877 giungendo il 31 giugno successivo a Uganda, sulla sponda nord-ovest del Victoria-Nyanza. I risultati furono da principio assai meschini: dopo sette anni appena ventun indigeni s’erano convertiti al cristianesimo e soltanto cinque bambini ricevevano l’acqua battesimale. Gli scarsi frutti, assolutamente inadeguati ai dolori patiti ed ai sacrifici sostenuti, non scoraggiarono però que’ miti apostoli di civiltà che anzi divennero più audaci e più intraprendenti. Da Uganda altre missioni passarono a stabilirsi intorno al lago allargando man mano la zona d’influenza, penetrando in territori sempre più lontani dal centro iniziale. Centro di propaganda divennero a loro volta Nasa, Usoga, Unyoro, Koki,, Buddu anche per opera dei missionari francesi ivi accorsi e non forse animati dalla sola fede. Infatti dietro le vesti talari camminavano ormai esploratori laici: dietro il prete lo scienziato poi l’avventuriero, poi finalmente il conquistatore. Mentre nel primo lustro dall’iniziale propaganda a favore dell’Africa equatoriale l’Europa aveva dimostrato la massima indifferenza, dominata sempre dai pregiudizi d’ogni natura che correvano intorno a quella lontana regione, nel successivo, quasi destandosi da un sogno e come per riparare al tempo perduto, essa spiegava un’attività senza esempio nella storia. Dov’era il buio occorreva fare la luce nell’interesse della scienza e di quella civiltà che è stata in ogni tempo pretesto alle più grandi prepotenze. Così il Continente nero divenne campo aperto a tutto ed a tutti: a missioni pacifiche ed a missioni guerresche, ad ingenui ed a furbi, a lotte laiche e religiose, a massacri, a prepotenze, a viltà. Mentre da una parte ogni esploratore in buona fede colmava una lacuna nello spazio bianco delle vecchie carte geografiche africane, recava qualche dato topografico, distruggeva qualche errore, aggiungeva qualche nozione intorno all’andamento dei fiumi ed alle loro sorgenti, descriveva la flora, la fauna, le conformazioni geologiche ed i caratteri etnici delle razze indigene; dall’altra gli Stati miravano a stabilire precedenti di priorità per eventuali prese di possesso. Dopo 1’Inghilterra si fece avanti la Francia, poi il Belgio, la Germania e in fine, umilmente, anche l’Italia accontentandosi di un semplice protettorato. L’ingresso della Germania nel Continente Nero fu violento. Durante la conferenza di Berlino del 1885, Bismarck posò un giorno la mano sopra un punto della carta dicendo: “questo è mio,, e quelle parole ebbero valore ed effetto d’un indistruttibile contratto di proprietà. Nella febbrile divisione dell’Africa equatoriale scoppiarono frequenti liti, ed altre avverranno in seguito, specie in causa dei territori, hinterland, distesi dietro le zone effettivamente possedute dai singoli Stati europei. Fatto sta che a venticinque anni di distanza della crociata bandita dallo Stanley, quasi tutto il Continente Nero è ormai noto. Al mistero è subentrata la luce; e che luce! Ferrovie, linee di navigazione, palazzi, quartieri militari, armi, eserciti, stazioni commerciali, scambio di prodotti, conversione religiosa degli indigeni, leggi e codici speciali.... È un miracolo d’incivilimento a vapore del quale non vi ha esempio. Uno Stato indipendente, quello del Congo, è ivi ormai sorto con un autentico re di corona, Leopoldo I del Belgio. Da qualche mese li grandioso steamer Albertville compie anzi dei viaggi regolari e periodici da Anversa al fiume Congo, sul quale ben 45 piroscafi fanno adesso cotidiano servizio, “In breve il Congo superiore avrà una navigazione non inferiore a quella del Mississipì. Lo Stato del Congo ha già un’entrata di dieci milioni ed i suoi commerci superano in valore i trenta milioni annui. Non meno progredito è il Congo francese che ha per capitale Brazzavilìe. Vi si contano 300 bianchi senza le guarnigioni della costa, 31 uffici postali, 20 scuole con oltre mille scolari, quasi 3000 convertiti, molti edifici in muratura con aspirazioni architettoniche e circondati da bei giardini, ed il movimento commerciale ha raggiunto i dodici milioni di franchi. I più rapidi progressi nei riguardi della civiltà e della fede potè compierli la missione di Uganda, oggi Protettorato di Uganda. (vi sorgono ormai 372 chiese, una cattedrale capace di 3000 fedeli, e vi sono 23 pastori protestanti, 700 maestri indigeni, 60.000 persone capaci di leggere. Il numero dei convertiti è salito ad una cifra così formidabile che non basterebbero più cento missionari bianchi ad organizzarli e dirigerli. Le popolazioni intorno al Victoria Nyanza hanno spiegato un incredibile ardore d’istruirsi. “Ogni brano di carta vecchia, i margini bianchi dei giornali, i frammenti delle buste sono avidamente ricercati e riposti per poi scriverci su; i libri sono ricercatissimi. Poi c’è l’Africa orientale e quella centrale inglese coi dei commerci di poco discosti dai 10 milioni di Franchi, poi Camerun e L’Africa Orientale tedesca, con un movimento commerciale salito ormai ai 27 milioni. Tutto sommato, lo Stanley conclude che mentre nel lustro 1872/77 egli, Livingstone e il Cameron erano i soli visitatori dell’africa tropicale, nel gennaio u.s. (1897) essa aveva 2861 bianchi ivi stabiliti, oltre 500 km di ferrovie, quasi un centinaio di vapori, 545 scuole e missioni, 117.000 indigeni convertiti, delle entrate di 21 milioni ed un movimento commerciale per l’importo di 79 milioni di franchi. Appena un migliaio di miglia quadrate rimangono ancora da esplorarsi all’equatore, il quale ha una popolazione di 48 milioni di anime e una estensione di 3.990.000 m/q fra Congo 906.000, Brazzaville 496.300, Africa portoghese 810.450, Africa tedesca e Cameron 544.600, Africa inglese, Zanzibar, Uganda ecc 954.500 e Somalia Italiana e Galla etiopico 277.300. La parte del leone è inglese la minore è la nostra |
|