IL GENIO
I Genieri militari nel senso più lato del termine esistono dal tempo dei romani, da quando si occupavano di risolvere i problemi delle fortificazioni, delle strade, dei ponti ecc.... Nell'esercito moderno li troviamo dal 1650 in poi quando si venne costituendo un esercito nazionale (Savoiardo Piemontese). Allora i genieri non erano disgiunti dall'artiglieria, poiché l'uso comune delle polveri esplodenti li faceva esperti sia nel campo dei proietti che delle distruzioni. In genere gli apprestamenti difensivi, le fortificazioni erano opera di civili che solo occasionalmente lavoravano per il regnante. Il primo passo per la costituzione della specialità fu quella di passare ad un corpo separato, ed alle dipendenze dell'amministrazione militare. Il 4 luglio 1752, regnante Carlo Emanuele III, si costituì il corpo degli Ingegneri di S.M. senza truppa. Nel periodo napoleonico il corpo ebbe alterne vicende, per ritornare nel 1814 alla sua costituzione originale. Nel 1815 è costituito il Corpo Reale del Genio, su una compagnia di zappatori, poi cresciuto alla forza di battaglione, ma già nel 1816 contratto a una compagnia minatori e una zappatori. Il Corpo Reale del Genio nel 1832 comprende, oltre alle Direzioni (Ingegneri), un battaglione zappatori (su 1 compagnia minatori e 6 compagnie zappatori). Nel 1839 il battaglione si contrae su 1 compagnia minatori e 3 zappatori. Con le guerre di indipendenza il corpo ebbe un suo reggimento, ed altri dopo l'unità d'Italia con l'allargamento dei ranghi. L'utilizzo degli uomini avveniva comunque per reparti ridotti e sparsi in tutte le direzioni periferiche (distretti) militari. Oltre agli zappatori, si erano aggiunte le nuove specializzazioni: ferrovieri, pontieri. Il 29 giugno 1882 si costituì l'Arma del Genio che comprendeva anche le officine di costruzione o arsenali. Con l'avanzare della tecnica altre specialità entravano a far parte del corpo. Si diceva per entrare nell'Arma devi essere intelligente ed avere un mestiere cose per il tempo un po rare. I telegrafisti, i fotografi, gli aviatori, gli aerostati, gli autisti sono le carriere di fine secolo. Molte di queste esperienze poi passeranno ai rispettivi reparti della fanteria o addirittura a nuove Armi (Aeronautica).
Nel corso della prima guerra Mondiale il genio attrezzò ferrovie Decauvile (scartamento ridotto vedi sotto), teleferiche (sempre sotto), scuole di lanciafiamme, guastatori, bombarde, gestì le colombaie, le fotoelettriche, telefoni e telegrafo (sul Grappa ad esempio nell'ottobre 1918 si avevano: 16 mila chilometri di linee telegrafiche e telefoniche, di cui 13mila così dette eventuali e cioè distese dalle compagnie telegrafisti; 3400 apparati telefonici; 600 centralini; 125 apparati telegrafici; 230 stazioni ottiche; 25 stazioni radiotelegrafiche per comunicazioni; 42 stazioni radiotelegrafiche di ascolto; 2 stazioni radiogoniometriche; 15 stazioni geotelefoniche; 11 stazioni radiotelegrafiche di intercettazione) proiettori (anche qui sul Grappa già per la battaglia di giugno ‘18 erano più di 50. Erano di varia potenza, secondo il diametro dello specchio: di 50 centimetri, di 75, di 90, di 150; prevalevano quelli di 75 e di 90. La loro forza in candele - arco libero, cresceva da 4500 candele in quelli da 50 a 67.000 candele in quelli da 150, mentre la intensità del fascio era di 8 milioni di candele in quello da 50 fino a 100 milioni di candele in quello da 150) e per le zone lagunari o paludose, guardiani, guide e manovratori idraulici. Per aprire varchi nel filo spinato i genieri sperimentarono anche le corazze Farina, progenitrici degli attuali corpetti antiproiettile. La pesantezza dell'indumento, che rendeva il soldato più simile ad un carro armato o lo impediva nel momento in cui la corsa era l'arma migliore, fecero presto piazza pulita, a favore di altre tecniche. Dall'inizio del conflitto la forza era più che decuplicata. Migliaia di lavoratori civili (militarizzati) dipendevano dagli arsenali. L'arma si fregia di medaglia d'oro collettiva al V.M. per il primo conflitto. La storia del Genio continua con la partecipazione al secondo conflitto (trattato successivamente) per finire ai giorni nostri. Non ci è stato possibile fino ad ora per la frammentazione dei reparti e delle specialità citare unità al di sopra della compagnia, pur ricordando che erano sempre presenti, in montagna come in pianura. Esiste anche una versione navale della specialità che non fa parte della trattazione.
LE COLOMBAIE MILITARI. Introdotte nel 1896, si integravano con lo sviluppo delle comunicazioni radio-telegrafiche con funzioni di emergenza. Le comunicazioni dei reparti in prima linea si interrompevano spesso, poiché i tiri d'artiglieria strappavano i fili stesi al suolo. Nel 1918 le Colombaie erano 65 con 9.000 colombi. I messaggi venivano scritti su carta sottile ripiegata più volte e inserita in un cilindro che andava legato ad una gamba del volatile. I volatili, col numero di matricola come i soldati, resistevano con alcuni accorgimenti ai Gas: sulle grandi distanze erano sovente alla mercé dei loro predatori. Il colombo se non utilizzato entro 3 giorni dal reparto in trincea veniva riportato alla colombaia del comando d'Armata o Corpo d'Armata. Piloti volontari paracadutavano di notte in zone occupate rurali, gabbiette con mangime, matite e foglietti. La popolazione poteva così mandare messaggi e informazioni ai comandi su movimenti e consistenza del nemico al di qua del Piave. Durante la seconda guerra mondiale continuò l'uso dei colombi viaggiatori con le stellette.
BATTAGLIONE AEROSTIERI
- E’ il 1884 e, agli ordini del tenente
Alessandro Pecori Giraldi, viene costituito al Forte Tiburtino (Roma) un
Servizio aeronautico divenuto Sezione aerostatica del 30° Genio nel gennaio
dell'anno successivo. I mezzi: due palloni da 550 m3 (metri cubici), l'"Africo"
e il "Torricelli. Nell'estate di tre anni dopo la Sezione facente parte della
Compagnia specialisti del genio partecipa alla spedizione (1887) del generale
Asinari di San Marzano in Eritrea con tre aerostati - il "Serrati" il "Volta" e
il "Lana" - che vengono impiegati in ascensioni frenate di ricognizione (tenute
ferme con un cavo). La Compagnia specialisti si impone agli onori della cronaca
nell'estate del 1894 con la prima ascensione libera di un pallone militare di
costruzione italiana, il "Generale Durand de la Penne", compiuta dal capitano
Maurizio Moris (ricordare questo nome) e dal tenente Cesare Dal Fabbro. Nasce
nel 1908 il primo dirigibile Italiano, il "N.1", ideato, progettato e costruito
dai capitani Gaetano Arturo Crocco e Ottavio Ricaldoni. Questo semirigido, di
2.500 m3 lungo 63 metri e con un diametro di 10 alla sezione maestra, effettua
durante il mese d'ottobre 15 uscite, condotto in volo dagli stessi costruttori.
Gli esperimenti si concludono proprio l'ultimo giorno del mese con il volo Vigna
di Valle - Anguillara - Roma e ritorno, per un totale di 80 km percorsi in 1h e
35'. Per la prima volta nella storia un dirigibile vola, a 500 metri di quota,
sulla capitale; un giornale l'indomani titolerà: "Da Bracciano al Quirinale in
32 minuti".
(il primo dirigibile a motore in grado
di compiere delle manovre aveva visto la luce nel 1854, ad opera di Henri
Giffard. Negli anni successivi si sperimentò la propulsione che per l’epoca non
poteva che essere elettrica, con l’handicap di un peso eccessivo delle batterie
e dei motori. Il primo dirigibile, nel senso moderno del termine, nacque nel
1884 grazie a Charles Renard e Arthur Krebs. Con l'invenzione del motore a
scoppio di Daimler, i dirigibili cominciarono finalmente ad essere tali, potendo
contare su un migliore rapporto tra peso e potenza dei motori installati alle
eliche. Il primato tedesco passò dal motore ai mezzi per molti anni.)
Esattamente un anno dopo (1909) il N.1 bis parte da Vigna di Valle ed effettua,
in 14 ore di volo senza scalo, una crociera di 470 chilometri nel corso della
quale vengono sorvolate Napoli e Roma. Ma il progresso ormai aveva sorpassato il
"più leggero" dell’aria. Il 17 dicembre 1903 un velivolo a motore, realizzato da
due fratelli, Orville e Wilbur Wright, si alza a tre metri da terra sulla
spiaggia di Kitty Hawk e compie per dodici secondi un volo di 36 metri troppo
modesto dirà poi lo stesso Orville - se paragonato a quello degli uccelli
http://www.infodomus.it/flyer/ . Gli Stati Uniti per primi, ma anche il Vecchio
Continente grazie soprattutto alla Francia, iniziano la costruzione delle nuove
macchine volanti. In Italia ci si limita all'acquisto da parte del Club degli
aviatori del velivolo Wright n. 4. Su di esso lo stesso Wilbur compie, il 15
aprile 1909, il primo di una lunga serie di voli circondato dall'entusiasmo di
una folla enorme convenuta per l'occasione sull'aeroporto romano di Centocelle.
Poiché un aeroplano si costruiva con tela legno e tubi di ferro, salvo il motore
che doveva essere di qualità, i costruttori artigianali non mancarono.
LA BRIGATA FERROVIERI del genio, autonoma alla data del 1895, già presente come mezza brigata (ma qui la parola brigata non è paritetica a quella dell'esercito, ma molto inferiore) poteva contare su un glorioso originario precedente a Balaclava, in Crimea, con 12 km di linea costruita dal maggiore Raffaele Cadorna nel 1855. La Brigata ferrovieri comprendeva quindi ora al 1895, 6 compagnie (2 d’esercizio e 4 di lavoro). Con l'approssimarsi del conflitto e della rete ferroviaria, che aveva raggiunto il suo massimo storico, la specialità del genio era salita di poco avendo aggiunto al suo tradizionale organico la gestione di un tratto ferroviario come la Torino Pinerolo e la dislocazione in Libia di uomini per la costruzione e la gestione delle ferrovie strategiche Tripoli-Zuara, Tripoli-Zanzur e Tripoli-Aziza. Il discorso si fece diverso, dopo il 1914, quando la guerra era ormai da considerarsi ineludibile. Con 25 compagnie gestì nuove linee di impianto bellico o in prossimità del fronte (147 km a scartamento ordinario e 600 ? Decauville), ma quello che più conta col contributo dei pontieri alla riattazione dei ponti in ferro ferroviari (144) sui fiumi veneti. A titolo di esempio basti ricordare che, solamente in occasione della 6a battaglia dell’Isonzo sfociata nella conquista di Gorizia, furono effettuati con personale militare circa 5.000 trasporti ferroviari.
Il dato delle Decauville potrebbe riguardare anche tratti dedicati ad attività civili militarizzate, come il taglio del legname nelle foreste o cave di estrazione di cementizi etc... Le ferrovie Decauville, dal nome del loro inventore (Paul*), erano già conosciute e utilizzate da anni in Europa per cantieri, stabilimenti industriali, porti, cave e taglio di boschi. Ben presto, su questi binari che erano di varia larghezza (ma sempre ridotta rispetto al normale scartamento europeo 1435 mm, 1524 russo (o 1520 a seconda delle linee) 1600 irlandese), come ridotte erano motrici e vagoni, si giunse anche al trasporto persone (tratte brevi). Il sistema di Decauville attrezzato per la guerra, principalmente a scopo logistico, ebbe una estensione di circa 200 km. Erano presenti circa 100 locomotive e 80 stazioni. Sulla rete di una sola armata circolarono normalmente 38 locomotive e 1400 vagoni, che in pochi mesi trasportarono 144.000 tonnellate di materiali.
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Esempi di trasporti militari su ferrovie a scartamento ridotto con materiale rotabile di derivazione civile alimentato a benzina (Austriaci) |
http://www.ferrovieitaliane.net/la-ferrovia-durante-la-guerra/
Es: In una zona di montagna come quella del IV corpo d'A. (Alto Isonzo), un problema dei più delicati e dei più importanti era quello dei rifornimenti, dipendenti dalle comunicazioni e dai mezzi di trasporto. La strada del Pulfero, opportunamente allargata e migliorata, era la grande arteria del IV corpo e ne divenne anzi l’unica; quando la 19a divisione ne fu staccata ed aggregata al XXVII Cda Badoglio, poiché essa serviva a rifornire la 50a, la 43a e la 46a divisione. Testa di linea ferroviaria era dapprima Cividale; poi, quando nella prima quindicina di agosto cominciò a funzionare la strada ferrata a scartamento ridotto (75 cm.) Cividale – Sanguarzo, Ponte S. Quirino/Muost, S. Pietro al Natisone/Špietar, Brischis, Pulfero/Podbuniesac, Loch/Log, Stupizza/Štupca, Robič e Suzid (Caporetto), il movimento lungo la rotabile rimase molto alleggerito, con grande economia dei trasporti automobilistici, sui quali incombeva il rifornimento dei magazzini di Serpenizza, Drezenca, Ladra, Staroselo, Svina e Suzid, ai quali i corpi venivano ad attingere con mezzi propri…Alberto Cavaciocchi, Un anno al Comando del IV Corpo d’Armata, Gaspari Ed. 2006
Alle 11 del 28 ottobre 1917 partì da Udine l'ultimo treno italiano. In quei 4 giorni le nostre ferrovie portarono ben 5.060 carri carichi, più moltissimo altro materiale rotabile, oltre il Piave. Gli italiani, oltre a lasciare tutto il territorio del Friuli lasceranno in mano al nemico ben 24 locomotive, 18 carrozze, 5 bagagliai e ben 615 carri di vario tipo. Durante il periodo d'occupazione (28 ottobre 1917 - 3 novembre 1918) gli austro-ungarici riattivarono il servizio ferrotranviario per poter trasportare i rifornimenti alle loro linee del Piave.
.... Gli austro tedeschi ebbero cosí via libera verso la valle del Natisone. In base agli ordini ricevuti le truppe italiane in fuga incendiarono baracche e vettovaglie. "Tutto ardeva intorno a noi. Tutto era un braciere, tutto una fiamma". Erano le fiamme di Stupizza che piegavano verso di noi, come a proteggerci, come a nasconderci, come a salutare gli ultimi soldati della Patria... Trovammo Loch giá in fiamme. La stazione, i treni fermi sui binari, i pali, le macchine tutto ardeva, i vagoni erano carichi di uniformi, di scarpe nuove, di armi e tutto ardeva. Le ossature dei vagoni erano incandescenti.
(Del Bianco, o.c.
p. 145-l66). (nota del sito: si tratta del materiale rotabile della ferrovia a
scartamento ridotto).
http://www.lintver.it/storia-dueguerre-disfatta.html
http://digilander.libero.it/ferroviemilitari/
*Paul Decauville durante la prima metà del decennio
1870-1880, realizzò una ferrovia a scartamento ridotto, di larghezza pari a 40
cm, poi aumentata a 50 cm ed infine a 60 cm. Queste ferrovie erano
caratterizzate da un'importante innovazione, consistente nel fatto di poter
essere facilmente smontata e rimontata altrove come quelle nelle scatole regalo
per bambini.
GLI
ACQUEDOTTI
Uno dei principali problemi cui dovettero far fronte gli eserciti fu quello
dell'approvvigionamento idrico. In qualunque teatro ci si trovasse il numero dei
soldati sopravanzava di molto quello degli abitanti. Le acque superficiali, per
il problema dei cadaveri sepolti o insepolti, non erano consigliate e coi pozzi
o sorgenti era consigliata la prudenza. Altri fenomeni come quello carsico
occultavano poi le acque e le poche disponibili erano a misura della popolazione
residente e non sempre erano a portata di mano. Sull’altopiano di Asiago ad
esempio erano presenti anche 300.000 uomini senza contare i quadrupedi. I
cavalli se non bevono non si muovono. Sempre sull’altopiano alcuni acquedotti
captavano le acque all’Osteria del Termine, ma quando questa venne persa ci si
dovette arrangiare. Si andava avanti quindi coi trasporti che sottraevano
autocarri o animali da soma che a loro volta mangiavano e bevevano.
Ricordo che
la differenza fra il passato e oggi in agricoltura è che di prati per l’uso
personale il contadino poteva disporne la metà di quelli che aveva, perché gli
altri erano per gli animali che fornivano la forza motrice. Se poi da questi
riusciva a trarre carne alla fine del ciclo produttivo tanto meglio. Si conta
che venissero trasportati lungo la salita per Asiago 500.000 litri di acqua al
giorno utilizzando anche il treno (ma ricordiamo che anche il treno era
strategico per uomini e munizioni e necessitava di energia e acqua).
Quando questo non era più possibile per le asperità o altro si costruivano
acquedotti volanti (tubi da 7 cm) con pompe di sollevamento. Il volante non deve
far pensare a tubazioni fuori terrà perché in tal caso erano soggette ai colpi
di artiglieria o al gelo. Il fatto che si fosse in montagna in mezzo alla neve
non cambiava di molto il problema perché la neve andava sciolta con qualche
combustibile che sempre in quota doveva essere portato oltre al necessario per
scaldarsi. L’affollamento che si era creato in particolari aree geografiche,
come già detto a scarsità di acqua o minimamente bastante alla popolazione
locale, venne risolto sul Grappa nel 1917 con la costruzione ex novo di un
impianto che distribuiva almeno un 1.200.000 litri giornalieri alzati a 1000
metri mediante una forza di 725 HP. L’acquedotto era poi integrato da diversi
serbatoi deposito anche in caverna (2 a Cima Grappa, 2 in caverna a Cason di
Meda e all' Archeson, a Bocca di Forca, a M. Pallone e a Punta Brentàl) da oltre
100.000 litri cd.
LE TELEFERICHE
Per superare i problemi di trasporto, specialmente in montagna, nulla era più
utile di una teleferica. Una brigata alpina (2 reggimenti circa 7.000 uomini)
necessitava di 200 t. al giorno. Si bypassava il traffico veicolare su strade
strette di montagna, delle intemperie e principalmente del nemico. Le strade, se
non erano state costruite prima della guerra, erano difficili da impostare
occorrendo scavare gallerie, allestire ponti etc il tutto al riparo del nemico e
con l’alea di perderla il giorno dopo. Se contiamo poi che i fronti ebbero sede
nelle zone più impervie mai da nessuno considerate il quadro della situazione è
completo. La costruzione di teleferiche era l'unica alternativa possibile.
Potendo operare su lunghe distanze a volte si arrivava a rifornirle direttamente
dalle ferrovie o mini ferrovie (decauville) tracciate per l’occasione. Le
teleferiche s'imposero anche come mezzo meccanico sicuro (difficilmente
centrabile dall'artiglieria, gli austriaci posizionavano addirittura le stazioni
di rinvio intermedie in grotta) e svincolato dall’offesa di bombe con gas
tossici. Ricordiamo di nuovo che l’uso di gas tossici metteva fuori
combattimento uomini e animali.
L'esercito italiano costituì nel luglio del 1916 la Direzione dei servizi
teleferici; essa provvide a istruire e specializzare delle apposite Compagnie
Teleferisti inaugurando cosi una nuova specialità dell'arma del Genio. Verso la
fine del conflitto, col crescere dei bisogni e delle opere, si giunse ad
impegnare nella costruzione e gestione degli impianti circa 14.000 uomini. Nel
1918 l'esercito imperiale austriaco disponeva invece di ben 39 compagnie di
teleferisti, di cui 26 dislocate sul fronte trentino. Si trattava
complessivamente di 403 ufficiali e 12.637 sottufficiali e militari, compresi
gli addetti alla costruzione e ai depositi di materiali. Gli impianti si
suddividevano essenzialmente in tre tipi: teleferiche leggere per i collegamenti
di prima linea, teleferiche campali e teleferiche pesanti per località meno
prossime alle posizioni di conflitto. Gli italiani adottarono anche impianti
anche a tre funi sulle teleferiche pesanti, avanguardia dei più moderni sistemi
di trasporto sciatori in montagna. Questi ultimi funzionavano con motori a
scoppio che impartivano un moto circolare continuo con sganciamento automatico
dei vagoncini.
Quelle a grande sviluppo potevano arrivare fino ad una portata
giornaliera di 2000 t. su decine di chilometri.
Valga per tutti l’esempio della linea SavonaCairo Montenotte (per il trasporto carbone) impostata nel 1910. da:" Funivie – Savona / San Giuseppe" di AA. VV. Società Funiviaria Alto Tirreno p. Az., Savona, 1998. “Il 14 maggio 1910 viene fondata a Bruxelles la Società "Les Transports des Savone" avente per oggetto sociale la costruzione e l’esercizio di due "ferrovie aeree" tra il Porto di Savona e la piana di S. Giuseppe di Cairo Montenotte. Due linee funiviarie, la prima costruita nel 1912, la seconda nel 1936 coprono una distanza di 18 Km con dislivello massimo di 520 metri. La potenzialità di trasporto di 400 tonn./ora per 24 ore/ giorno è assicurata da oltre 1300 "vagonetti" con velocità di 3,5 m/s. Le stazioni motrici intermedie sono quattro. I Km di funi portanti e traenti sono 144 e sostituiscono 900 automezzi/giorno” .
LE TELEFERICHE - GLI IMPIANTI IDRICI
DEL GRAPPA -
http://cmbgrguerra.altervista.org/cifre.htm
Forse il dato più esatto è che le teleferiche a motore in esercizio al Grappa
fossero già 29 nel gennaio 1918; 57 nell'aprile; 61 nel maggio; 67 nel giugno;
73 nel luglio; 80 nel settembre. Le stazioni in partenza risultarono così
localizzate:Val Santa Felicita con arrivo a Col Campeggia - M. Asolone - M. Oro
quello di Borso con arrivo a Colli Vecchi, Osteria del Campo, e Campo Croce;
quello di Val Cassanega e Val Carpon con arrivo a M. Palla, M. Legnarola, Cason
di Meda, Cason di Ardosa, ecc. Le stazioni di partenza erano servite da ferrovie
decauville, molto sviluppate. Le portate erano varie. Le teleferiche smontabili
portavano circa 250 chilogrammi con un rendimento orario da 10 a 25 quintali; la
grande teleferica fissa di Cima Grappa portava 5 quintali, con un viaggio di 22
minuti per ogni vagoncino; aveva 45 vagoncini, arrivava al rendimento di 150
quintali all'ora e di 2000 al giorno, potendosi spingere anche a 3500.
Nell'ottobre 1918 l'impianto acquedottistico distribuiva sul dorso del Grappa
almeno un milione e duecentomila litri giornalieri, a carico normale, con una
prevalenza media di 1000 metri di innalzamento, mediante una forza di 725 HP; a
pieno carico poteva arrivare ad un milione e mezzo di litri. Lo sviluppo delle
condutture era di oltre chilometri 90. Si avevano vari impianti: di Col
Campeggia, della B.V. del Covolo, di San Liberale, di Caniezza, di Borso.
Serbatoi di riserva intangibile, per il caso di rottura delle condutture: due a
Cima Grappa, di 50 e 120 mila litri, in cifre tonde; uno, già detto, nella
fortezza di 110.000 ; uno in caverna a Cason di Meda, 200.000; uno in caverna
all' Archeson, 150.000; uno a Sella Boccaor, in muratura, 18.000; a Bocca di
Forca, 50.000; a M. Pallone, in caverna, 100.000; uno a Punta Brentàl, in
caverna,120.000. La potenzialità dell'impianto di S. Liberale arrivò fino a
circa 400.000 litri giornalieri, duecentomila per ciascuna delle due colonne
ascendenti.
Il Genio militare vide aumentare i propri effettivi, tra il 1915 e il 1917, da 12.000 a 170.000 unità, passando da 80 a 486 Compagnie alle quali si aggiunsero le Centurie lavoratori con 80.000 soldati nel 1916 e 110.000 nell’ottobre del 1917. Più di 5400 chilometri fra strade camionabili, carrarecce e mulattiere furono costruite a ridosso del fronte e furono sistemati più di 10.000 chilometri di strade nelle retrovie, 600 chilometri di ferrovie a scartamento ridotto riuscirono a garantire l’efficienza del traffico ferroviario. Matteo Ermacora. Cantieri di guerra. Il lavoro dei civili nelle retrovie del fronte italiano (1915 – 1918).Il Mulino, Ricerca, Bologna, 2005.