Se
i patrioti Fiumani erano stati 111, quelli totali dell'altra sponda adriatica
furono 2107, di cui 302 morti, 332 feriti e 12 medaglie d'Oro. Occorre chiarire
che fra i 2.107 rilevati 463 sono quelli che entrano a far parte del
Corpo Italiano dell'Estremo Oriente trattato in apposito capitolo. Altri
da ex prigionieri dei Sovietici raggiungono l'Italia per entrare nel
Regio Esercito. Trieste aveva contribuito con 1.047 uomini, l'Istria con
410 e la contea di Gorizia con 324, il resto fra Fiume e la Dalmazia.
Alcuni di questi volontari sono "anziani" come Giacomo e Giulio (1865) Venezian o Eugenio de Rota (1853), Romeo Battistig (1866), Giuseppe
Sussain (1864) o Carmelo Lucarelli e Arturo Ziffer del 1867, classi che
non verranno chiamate in guerra. Bisogna
precisare che alla data dello scoppio del conflitto gli italiani
emigrati nei territori dell'Impero Asburgico dell'Adriatico erano oltre
50.ooo e quindi tenuti (se in età di leva) a prestare servizio militare
in Italia !!!. Ricordiamo che gli italiani emigrati, ancora cittadini
italiani, che non risposero alla cartolina precetto furono circa
390.000, il 40% dei procedimenti avviati dalla giustizia militare. Chi
riuscì a rientrare da profugo a fine 1914 o primi mesi del 1915 andò
ad ingrossare la marea di profughi del fronte orientale, accolti in
campi in diverse parti d'Italia, organizzati da comitati irredenti
Giuliani e Trentini, gli stessi che supportavano i battaglioni ciclisti
del T. Col. Pericle Negrotto dei Bersaglieri del 12°. I
volontari quindi in senso stretto erano quelli che avevano già la
cittadinanza austriaca e che in caso di cattura erano considerati
disertori e condannati a morte. A questi solitamente si fornivano
documenti falsi e li si mandava sul confine trentino per evitargli
incontri con vicini di casa, sloveni o croati, austriacanti. Per gli italiani rimasti oltre confine dopo il 24
maggio 1915 non si presentavano che due prospettive: servire nell'Imperial
Regio Esercito sul fronte Russo o balcanico o essere internati. I
principali plotoni irredenti erano a Milano, Padova, Bologna, Roma e
Mestre.
Le prime località raccoglievano nelle loro università i giovani che in
Austria non potevano, dopo le scuole superiori, frequentare istituti
universitari di cultura (lingua) Italiana. Il plotone di Mestre, agli ordini Di
Giovanni Giuriati, nel gennaio 1915 partecipa al soccorso delle
popolazioni di Avezzano colpite dal terremoto.
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LE
MEDAGLIE D'ORO DEGLI IRREDENTI
Guido
Brunner, Fabio Filzi, Ugo Polonio, il Bersagliere Francesco
Rismondo, Carlo e Giani Stuparich, Giacomo Venezian, Spiro
Xidias, Guido Corsi e Nazario Sauro, Ugo Pizzarello,
Guido
Slataper. Due
cippi sul S. Michele e sul Calvario li ricordano. http://www.albodoroitalia.it/decorati/page33.html
Anche se ricordati
sul carso gli irredenti morirono in larghissima parte nell'estate del 16
nel corso della offensiva detta Strafexpedition o come Pizzarello l'anno
dopo sull'Ortigara
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GUIDO
BRUNNER da Trieste:
S. Tenente di cavalleria assegnato al 152° Reggimento Fanteria SASSARI (nome di guerra Berti
Mario) Monte Fior, 8 giugno 1916 (Altopiano Asiago)
Motivo del conferimento: Comandante
di plotone nella difficile e contrastatissima difesa di Monte Fior,
conscio della suprema importanza del momento resistette, impavido, sulla
linea del fuoco per dodici ore, dirigendo ed animando col suo entusiasmo
il proprio reparto ed altri rimasti senza ufficiali, accorrendo ove
maggiore era il pericolo, sempre audace, sereno, instancabile finché,
colpito al cuore, cadde gridando “Qui si vince o si muore! Viva
l’Italia. Monte Fior, 8 giugno 1916.
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GIACOMO
VENEZIAN. Nato nel 1861 viene da famiglia
ebrea votata alla causa d'Italia (un altro Giacomo Venezian,
suo zio,
cade nella difesa della Repubblica
Romana nel 1849:primo triestino morto per la libertà
e cugino di Felice Venezian, il maggior
esponente politico del movimento liberal-nazionale a Trieste).
Giacomo Venezian fu attivo fin dai più giovani anni nel movimento
irredentista; arrestato, incarcerato per 9 mesi, poi prosciolto, venne
in Italia per gli studi di giurisprudenza a Bologna e ivi laurearsi poi
per insegnarvi (prima professore incaricato a
Camerino, quindi titolare di cattedra a Messina e poi a Bologna per il
diritto civile: ad appena 25 anni Venezian produsse uno studio fondamentale sulla responsabilità civile extracontrattuale).
Allo scoppio del conflitto, nonostante l'età,
aveva preso parte
a tutte le azioni più arrischiate, trascinando con l'esempio ufficiali e soldati. Il 14 novembre, all'assalto del
"ridottino dei morti" sul Carso,
durante la IV Battaglia dell’Isonzo (10/11/1915- 02/12/1915)."...caduto il colonnello, aveva preso lui, ch'era maggiore, il comando del reggimento.
In piedi, fra
il turbinare dei proiettili nemici, agitando il berretto, al grido di Viva
l’Italia rincuorava le truppe, che il 14 novembre 1915 avevano conquistato
un tratto di trincea avversaria. Il 16 novembre 1915, ferito, celava il
suo stato per timore di essere costretto ad abbandonare la prima linea. Il
20 novembre 1915, quando le truppe di prima linea, attaccando un
fortissimo trinceramento austriaco, furono accolte da un violentissimo
fuoco, si slanciò di rincalzo, alla testa del suo battaglione, che guidò
col più grande valore, finché cadde colpito da una palla in fronte.
Castelnuovo del
Carso, 14 -
16 - 20 novembre 1915.
Un altro testo ci da una immagine più riservata di Venezian La Trincea
delle Frasche di Persegati, Stok…
Tra i caduti del 20 novembre vi era anche il volontario triestino Giacomo
Venezian, fulminato a 53 anni da una pallottola davanti alla trincea dei
Morti:
“E fra i soldati si parla di un volontario che è la vicino, nelle trincee
del XIII Corpo. E’ un vecchiotto, un triestino, un professore d’Università
buono, umile, eroico... e sfottuto dai superiori. Di notte gli fanno fare
la corvè e lui non se ne duole. Nessuno sa come si chiama, ma i soldati lo
amano. Poi quando sarai morto ti ameranno anche i superiori, povero ed
eroico Giacomo Venezian”
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UGO
POLONIO
(Trieste 1897-Carso 1915):
Spinto da irresistibile amor di Patria, si arruolò appena diciottenne nel 18° Regg. Fanteria e in una delle prime battaglie dell'Isonzo cadde da prode, lasciando una lettera-testamento, che può essere additata a tutti i giovani italiani come un documento magnifico di forza morale e di sentimento patriottico. La motivazione della medaglia d'oro concessa alla memoria dell'ardimentoso sottotenente triestino, si esprime così:
"Volontario irredento di Trieste, già distintosi per ripetute prove di cosciente ardimento, preparava, il 20 ottobre, l'attacco alle trincee nemiche, facendo brillare, con alcuni dei suoi valorosi, tubi esplosivi nei reticolati. Col plotone infiammato dal suo generoso entusiasmo, mosse all'assalto tra l'infuriare del fuoco avversario; ferito una prima volta, persisteva nella corsa, e al grido di "Savoia!" giungeva, primo, alla meta; quivi caduto per nuove mortali ferite, trovava la forza, spirando, di dirsi contento di morire per la Patria".
(Vermegliano, 21 Ottobre 1915).
Tratto da "Enciclopedia Militare". Ufficio Storico SME |
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GLI SLATAPER UNA VITA PER L'ITALIA:
Scipio Slataper nasce a Trieste il 27 luglio
1888, laureato in belle lettere e scrittore insegna ad Amburgo letteratura italiana. Allo
scoppio della guerra si arruola volontario nei Granatieri. Ferito sul suo Carso
riceve la nomina ad ufficiale mentre è ancora convalescente e chiede di
rientrare al 1° fanteria sul Podgora dove presta servizio il fratello Guido.
Qui il 3 dicembre 1915 attaccarono le posizioni austriache rimanendo entrambi
feriti. La ferita di Scipio alla gola si manifesta subito nella sua gravità e
impossibilità di cura. La moglie che attende un figlio gli imporrà il nome di
Scipio II. Entrambi i fratelli riceveranno la medaglia d'argento. Per Guido
quella d'oro due anni dopo sul Monte Santo. I rispettivi figli Scipio II e
Giuliano saranno decorati di medaglia d'oro alla memoria in Russia nel
1943.
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"Piangeva Spiro
Xidias, l'eroe triestino, il compagno dei vostri eroi, il nuovo spirito del vostro coraggio adunato. Piangeva perché dal fragore e dalla polvere di un carro in corsa una voce aveva gridato: 'È presa Gorizia!'. Piangeva l'anima della Venezia Giulia, piangeva tutta l'anima bella della Venezia Giulia. E sette giorni dopo, la mitragliatrice di Spiro Xidias cantava il suo più chiaro canto. Ed
egli moriva su la sua arma rovente, versando un sangue meraviglioso come le sue
lacrime". D'annunzio 14 agosto 1916
a
destra George Benjamin Luks 1866 - 1933 The Bersaglieri, 1918 Avalon Foundation
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SPIRO
XYDIAS

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NAZARIO
SAURO. Nasce a Capodistria nel 1880 e muore
a
Pola nel 1916. Ufficiale di Marina austriaca, all'entrata in guerra disertò e
riparò in Italia per non dover combattere contro i propri connazionali. In
Italia si arruolò volontario nella Regia marina con il grado tenente di
vascello e partecipò a numerose imprese in acque nemiche, grazie alla sua
profonda conoscenza delle coste istriane, e dalmate anche se perfettamente
conscio dei rischi a cui andava incontro qualora fosse stato catturato.
Dopo molte operazioni andate bene (Parenzo 13/6/1916),
il 30 luglio, mentre era a bordo del sommergibile "Giacinto Pullino"
in navigazione verso il porto di Pola (allora principale base navale
austrungarica), a seguito dell'incagliamento del sommergibile sull' isolotto
della Gagliola, posto all' ingresso del golfo del Quarnaro, venne fatto
prigioniero con tutto l' equipaggio. Nonostante la madre si rifiutasse di
riconoscerlo, venne ugualmente identificato da zelanti austriacanti e deferito
al tribunale di guerra. Condannato a morte per alto tradimento, fu impiccato nel
carcere di Pola il 10 agosto 1916. Alla sua memoria fu concessa Medaglia
d' oro al valor militare.
Motivo del conferimento: Dichiarata la guerra
all’Austria,, venne subito ad arruolarsi volontario sotto a nostra
bandiera per dare il contributo del suo entusiasmo, della sua audacia ed
abilità alla conquista della terra sulla quale era nato e che anelava a
ricongiungersi all’Italia. Incurante del rischio al quale si esponeva,
prese parte a numerose, ardite e difficili missioni navali di guerra,
alla cui riuscita contribuì efficacemente con la conoscenza pratica dei
luoghi e dimostrando sempre coraggio, animo intrepido e disprezzo del
pericolo. Fatto prigioniero, conscio della sorte che ormai l’attendeva,
serbò, fino all’ultimo, contegno meravigliosamente sereno, e :01 grido
forte e ripetuto più volte dinnanzi al carnefice di Viva l’Italia! esalò
‘anima nobilissima, dando impareggiabile esempio del più puro amor di
Patria. Alto Adriatico, 23 maggio 1915 - 10 agosto 1916.
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FABIO
FILZI. Sottotenente di complemento nato
nel 1884 a Pisino d’Istria 6° Alpini Battaglione “Vicenza”. Dalla nativa Pisino
ancor bambino, secondo di tre
fratelli, seguì la famiglia a Rovereto. Si
laureò in leggi a Gratz. A 19 anni fu chiamato alle armi e fu soldato austriaco.
Venne congedato col grado di tenente della riserva, ma per la sua vivace
propaganda di italianità fu poi rimosso dal grado. Richiamato alle armi in
Austria nel 1914, riuscì a varcare il confine ed in Italia si arruolò negli
alpini divenendo sottotenente di complemento nel 6° reggimento col nome di
guerra di “Francesco Brusarosco”.
In Vallarsa combatté col battaglione “Vicenza”
nella stessa compagnia di Cesare Battisti.
Ne seguì la sorte nel fossato del
castello del Buon Consiglio a Trento (12 giugno 1916). Fausto il più giovane rientrato
dall'Argentina dove era emigrato, trovò la morte sul Monte Zebio (altopiano
d'Asiago)nel 1918.
Motivazione della Medaglia d’Oro al valor militare “alla memoria”
Nato e vissuto in terra italiana irredenta, all’inizio della guerra fuggì
l’oppressore, per dare il suo braccio alla Patria, e, seguendo l’esempio del suo
grande maestro, Cesare Battisti, combatté da valoroso durante la vittoriosa
controffensiva il Vallarsa, nel giugno-luglio 1916. Nell’azione per la conquista
di Monte Corno, comandò con calma, fermezza e coraggio il suo plotone,
resistendo fino all’estremo e soccombendo solo quando soverchianti forze nemiche
gli preclusero ogni via di scampo. Fatto prigioniero e riconosciuto, prima di
abbandonare i compagni protestò ancora contro la brutalità austriaca, e colo
nome dell’Italia sulle labbra, affrontò eroicamente il patibolo. Monte Corno di
Vallarsa, 10 luglio 1916
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GLI
STUPARICH.
Carlo
nasce a Trieste nel 1894. Studia a Firenze col fratello Giani e collabora
come scrittore alla Rivista la Voce diretta anche da Giuseppe Prezzolini. Allo
scoppio del conflitto si arruola volontario combattendo sull'altopiano di Asiago
col fratello. Qui sul Cengio (Altopiano Asiago) pur di non cadere in mano austriaca dopo strenua
difesa della posizione si diede la morte (1916). Nobilissima
tempra di soldato, volontario dall’inizio della guerra, si votò con entusiasmo
alla liberazione della terra natia. Comandante di una posizione completamente
isolata, di fronte a forze nemiche soverchianti, accerchiato da tutte le parti,
senza recedere di un passo, sempre sulla linea del fuoco, animò ed incitò i
dipendenti, fulgido esempio di valore, finchè rimasti uccisi o feriti quasi
tutti i suoi uomini e finite le munizioni, si diede la morte per non cader vivo
nelle mani dell’odiato avversario. Monte Cengio, 30 maggio 1916.
Giani
o Giovanni nasce a Trieste nel 1891 e come il fratello combatte sugli Altipiani. Fatto
prigioniero, riesce a celare la propria identità. Nel dopoguerra curerà la
pubblicazioni del fratello e degli Slataper. Muore a Roma nel 1961. Entrambi
sono decorati di medaglia d'Oro.
Irredento e fiera tempra
di soldato, col fratello si dedicò volontariamente sino dall’inizio della nostra
guerra, alla liberazione della sua terra natia. Ferito, non gravemente, in uno
dei primi combattimenti, non volle abbandonare il campo della lotta e si curò
ambulatoriamente rimanendo in linea. Con elevatissimo amor patrio, abnegazione
ed eroica fermezza, sebbene esonerato dai servizi di prima linea, volle invece
costantemente per se i più rischiosi, eseguendo parecchie ardite ricognizioni
quale capo pattuglia, sfidando così anche la morte col capestro. In cruenta ed
impari lotta, anziché porsi in salvo, come ripetutamente dai superiori era stato
invitato a fare, a capo di un manipolo pressoché annientato, si slanciò
audacemente su di una mitragliatrice che faceva strage fra i nostri e,
gravemente ferito, cadde nelle mani dell’avversario. Il suo forte animo ed il
fiero carattere non si smentirono neppure nella terribile situazione in cui per
lunghi mesi lo pose la cattura. Monfalcone, Oslavia, Monte Cengio, giugno 1915
-31 maggio 1916.
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Immagini a disegno tratte da: http://digilander.libero.it/modo1/

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Il
generale
Ugo Pizzarello (1877-1959), eroe dell'Ortigara (25 giugno 1917) già alpino (Tolmezzo)
e Colonnello 10° fanteria : Discende da una
famiglia di irredentisti di Capodistria. Iniziò a mettersi in evidenza
fin dal 1908, quando partì per soccorrere i terremotati di Messina e
Reggio Calabria. Durante la Grande Guerra restò più volte ferito e
meritò rilevanti decorazioni da parte di molte teste coronate, anche
per la sua incrollabile fede monarchica. Una lunga iscrizione sulla
lapide che biancheggia su Casa
Filati ancora oggi ce lo ricorda.
Motivo del conferimento:
Sempre in mezzo ai suoi soldati, per dividerne le sorti, in un violento
contrattacco nemico, più volte contuso e poi gravemente ferito in
fronte, volle rimanere sul posto, raro esempio di amor di Patria, di
sentimento del dovere e di indomito coraggio. Monte Ortigara, 25 giugno
1917. |

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“Io dal novembre del ‘15 non vedo più mia mamma e
dacché l’Italia è entrata in
guerra non ho avuto più sue notizie, o quasi.
Quando scoppiò la guerra europea io mi trovavo per caso a Firenze.
Seguendo le
vive insistenze di mia mamma, che mi implorava di non lasciarla sola in
quei giorni
tempestosi, i primi di agosto ritornai a Trieste. Vi ritornai anche
perché, essendo
stato in precedenza riformato, non avevo allora nessun obbligo militare
e credevo
che, comunque si mettessero le cose, il mio posto era nella mia città.
Se non che nel novembre successivo vennero sottoposti a nuova visita
tutti i riformati
e io fui dichiarato abile e destinato a un reggimento di fanteria: ma
pochi giorni prima di presentarmi al deposito, piantai baracca e
burattini e con un passaporto
falso varcai la frontiera.
Non le dico l’angoscia sofferta negli ultimi giorni della mia permanenza
a Trieste
e la gioia che provai quando mi vidi uomo libero!
Dal dicembre al maggio vissi parte a Roma, parte ad
Arezzo, dove insegnavo a
quell’istituto tecnico e da dove facevo quasi ogni settimana delle
scappate a Firenze.
Il 24 maggio, dichiarata dall’Italia la guerra all’Austria, mi arruolai
all’8° Alpini,
credendo che quel reggimento dovesse operare sulle Alpi Giulie che io
conoscevo. Fui
inviato invece in Carnia, a Pal Piccolo e a Pal Grande, e vi rimasi fino
alla fine di
agosto, come soldato semplice. Promosso sottotenente fui trasferito al Battaglione
Feltre del 7° del quale divisi le
sorti fino alla fine di maggio dell’anno scorso, quando per una ferita
abbastanza
grave alla spalla dovetti andare all’ospitale. Qui vi rimasi quattro
mesi e, dopo un mese di convalescenza, ritornai al mio vecchio
battaglione, dove mi trovo tuttora.
Nel complesso sto benissimo, di umore quasi sempre sereno, più che mai
certo che
il bel sogno della mia, della nostra giovinezza, sta per avverarsi.
Unico mio dolore
è la mancanza di notizie di mia mamma che lasciai a Trieste nella
illusione che le
nostre truppe dopo pochi giorni dalla dichiarazione di guerra sarebbero
entrate in
quella città. Ma cosa sono le nostre pene di fronte alle necessità della
nazione intera?
Le sarò grato se vorrà scrivermi di quando in quando e se vorrà
ricordarmi ai Suoi familiari. I più cordiali e distinti saluti dal suo
dev.mo Guido Corsi”.
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GUIDO
CORSI Capitano: Nato a Trieste il 1.1.1887. Com.te 64" Comp. "Btg. Feltre".
7° Alpini.
Professore nel Liceo “Dante Alighieri” di Trieste, nel 1914 passò il
confine andando ad insegnare storia nel Regio Istituto Tecnico di
Arezzo. Allo scoppio della guerra contro l’Austria si arruolò volontario
negli alpini venendo destinato al battaglione “Gemona” dell’8°
reggimento. Nominato poco dopo sottotenente di Milizia Territoriale nel
7° alpini vi rimaneva anche quando
venne promosso tenente. Il 2 maggio 1916 rimase ferito gravemente
combattendo sul monte Cima. Ritornato in linea dopo essere guarito,
venne promosso capitano comandante della 64ª compagnia alla testa della
quale cadde da prode.
per Guido Corsi visita il sito
http://www.rifugiocorsi.it/web/moguidocorsi.html
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Motivazione della Medaglia d’Oro al valor militare “alla memoria”: "Nato
in terra irredenta, dopo aver dedicato ai diritti della sua Patria tutto
il suo ingegno forte di molti studi, si offerse ai sanguinosi cimenti
della guerra, fulgido esempio di eroismo ai dipendenti che lo amarono e
che, chiamato ad altro ufficio, preferì non lasciare. Ferito mentre
strenuamente combatteva, non appena guarito volle subito tornare al
fronte e vi affrontò sempre faccia a faccia il nemico fuori dalle
trincee, primo fra tutti, più volte respingendolo con prodigi di valore,
anche se superiore di forze. Gloriosamente cadde colpito a morte sulla
inviolata trincea, mentre i pochi superstiti della sua compagnia, da lui
fino all'estremo animati, rintuzzavano I'avversario. Cima Valderoa, 13
dicembre 1917".
Il 13 dicembre la Cima viene investita da un fuoco
micidiale che abbassa di ben 6 metri la quota presidiata dai suoi alpini
superstiti, alla testa dei
quali si lancia al contrattacco rimanendo però colpito a morte. Ma Cima
Valderoa, difesa con poche armi e col lancio dei sassi delle trincee, fu
salva. |
AURELIO E FABIO NORDIO, GEMELLI, NATI A TRIESTE (Via Crispi), IL 15 GIUGNO 1897 MORTI PER L'ITALIA SULLA TRINCEA DELLE
FRASCHE COI BERSAGLIERI DEL 15° E SULLA BAINSIZZA CON GLI ALPINI UNITI
INSEGUENDO L'IDEALE E IL DESTINO
Torna |
http://www.asso4stormo.it/arc3/arc35/354.htm
Egidio Grego irredento
Non sono
compresi in questo elenco altri due irredenti famosi morti sempre
nell'estate del 16, ma trentini di nascita: Damiano Chiesa e Cesare
Battisti
per la
Strafexpedition vedi
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/strafe.htm
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