La repressione di Bava Beccaris

Alla vigilia del 1° maggio la situazione era ancora tranquilla e lo fu nonostante le provocazioni per diversi giorni fino a sabato 7. Gli operai stessi della Pirelli, erano restii ad unirsi ai cortei che circolavano per le vie cittadine. La forza militare allora presente in città assommava a circa 10.000 uomini. In tutto questo tempo, nonostante le comunicazioni fossero ampiamente diffuse e importanti, il governo centrale sentiti suoi informatori decreta lo stato d'assedio con pieni poteri al Gen. Bava Beccaris. Da parte milanese, si assiste alla più completa latitanza del Sindaco e dell'arcivescovo di Milano che se ne va per una visita pastorale fuori città. I focolai, nonostante si diffonda la notizia di una riduzione dei rincari, non sono sopiti e per sabato sono previsti dalla periferia numerosi cortei. La situazione degenera con barricate che sorgono ovunque, con ferrovieri e tranvieri che abbandonano i mezzi sui binari. La paura che la rivolta si estenda anche in altre città operaie del nord, fa sì che la polizia operi la soppressione di tutte le società operaie e sodalizi. Il Gen. Bava richiama a Milano altri soldati, coinvolgendo nello stato d'assedio, tutta la zona settentrionale della Lombardia fino al confine Svizzero.  Si contano ora 7 reggimenti di fanteria (47-48,57-58,91-92 e 53°) 3 di cavalleria, 3 di alpini (4-5-6°) e 1 di bersaglieri (2°). In  città, dopo i primi scontri,  i morti sono già numerosi. Il convento di Porta Monforte, viene preso a cannonate quando si forma la solita fila dei questuanti al rancio. Nonostante la conta dei morti sia tutta da parte civile, e quindi c'è la certezza che non esistano armi da fuoco fra i rivoltosi, gli scontri proseguono.  Martedì 10 come si dice in simili circostanze " l'ordine regna sovrano". Il totale dei caduti non sarà mai accertato, per le inumazioni fatte passare per cause naturali o per quelle "veramente" ordinarie. Le cifre ufficiali parlano di oltre 80 morti. Bava Beccaris fu decorato dal Re. Così nelle parole del protagonista ed in quelle di storici.  

·  Bava Beccaris- La repressione d'una sommossa, .....contro i propri cittadini, non debbono.. .....(quelli che ebbero l'incarico) credere d'aver compiuto un'azione superiore…..né d'essere stimati degni di particolare ricompensa. - ... quanto sia malagevole ....assumere funzioni .....diverse da quelle professionali.....e servirsi.....di personale affatto sconosciuto. Presidio in stazione

·  Cervi  Montanelli - Bava tipico generale piemontese…. limitato….che si convinse, sulla scorta di notizie fornitegli da altri, d'essere alle prese con un movimento insurrezionale.

·  Pasquale Villari- La borghesia credette che il finimondo fosse vicino…. la rivoluzione che non c'era, fini coll'essere un fatto reale, perché tutti credevano che dovesse esserci.

·   Carducci- Le cinque giornate alla rovescia.

·  Mons.Pellegrini- Lo spavento fece vedere un male più grave di quello che di fatto c'era, si perdette ….. la testa.  

Cosi dal rapporto dell'epoca

La barricata di Porta Venezia, il saccheggio delle case Saporiti e Morisetti mi facevano temere non trattarsi delle solite dimostrazioni popolari, ma di un pericoloso movimento con seri propositi di rivolta e di saccheggio. Appena fui in Questura eseguii il progetto da tempo meditato: concentrare tutta la forza disponibile nella Piazza del Duomo, S. Fedele e della Scala, assicurare invece fortemente con distaccamenti la Stazione, il Reclusorio, le Carceri, l'Officina del gas e dell'elettricita', il Palazzo del Comando e la Prefettura - Il passaggio della direzione degli avvenimenti dall'Autorita' politica all'Autorita' militare mi fu reso facile dalla preventivata presenza in Piazza del Duomo del Generale Radicati e delle sue truppe. Al momento in cui assunsi la direzione delle operazioni pel ristabilimento dell'ordine avevo disponibili le seguenti truppe: 
Bava Beccaris47° fanteria: 3 battaglioni con reclute 57°: 3 battaglioni senza reclute. 58°: 10 compagnie con reclute: 2° Bersaglieri: 10 compagnie con reclute: 6 squadroni Lancieri Firenze. 4 squadroni Cavalleggeri Lodi. Morbegno del 5° Alpini. Fra le13 e le 17 arrivarono pure per ferrovia due compagnie del battaglione Tirano e due del battaglione Vestone del 5° Alpini, il 2° battaglione del 48° Fanteria da Como, un battaglione del 91° ed uno del 92° da Novara; a notte due compagnie del battaglione Alpini Edolo. 
La barricata di Porta Venezia era formata da 7 vetture tranviarie, da un carro a botte e da alcuni mobili: Le case laterali erano state occupate dai rivoltosi, i quali dalle finestre e dai tetti iniziarono una fitta sassaiola, contro le quali furono diretti anche colpi d'arma da fuoco. La barricata fu presa a tergo da due squadroni di cavalleria inviati là dalla Stazione; quella principale dai carabinieri e dalle guardie di P.S. primi accorsi e dal 47° Fanteria inviato da Palazzo Reale. Rimosso il materiale in Corso Venezia sino alle 16 si ebbero continui tentativi di barricate. L'azione in Corso Venezia era da poco impegnata quando mi pervenne notizia (ore 14) che una turba di rivoltosi per Via Torino aveva tentato di irrompere in Piazza del Duomo. Era stata arrestata dal 2° battaglione del 57° Fanteria Maggiore Montuori, il quale aveva dovuto rispondere col fuoco, e quindi aveva preso l'offensiva. In quella circostanza gli squadroni 2° e 4° Lancieri Firenze caricarono ripetutamente in via Torino e Porta Genova con ammirevole abnegazione. Ordinai allora che una compagnia bersaglieri dalla Caserma S. Eustorgio rimontando il Corso di Porta Ticinese cercasse di prendere alle spalle o di fianco i rivoltosi. Dirigeva personalmente le operazioni il Generale Radicati. A 200 metri dal Carobbio, in Corso Porta Ti'cinese era stata eretta una grossa barricata e molte delle case di detto corso erano occupate dai rivoltosi annidatisi sui tetti ed alle finestre da cui traevano sassi, tegole e colpi di arma da fuoco. La barricata era formata da tavole, vetrine divelte dai negozi, carri, mobili, alta 1,20 circa; lancieri firenze sul dinanzi era stata scavata una larga e profonda buca. Le porte delle case erano tutte sbarrate, le finestre occupate da gente di ogni sesso ed eta' attratta da una morbosa ed incosciente curiosità ad assistere al conflitto imminente. ….. Con queste disposizioni furono superati gli ostacoli e si raggiunse la piazza S. Eustorgio, dove intanto una turba di facinorosi cercava di assaltare la Caserma dei Bersaglieri difesa dal Tenente Colonnello Calligaris con solo una compagnia e mezza (75 uomini).  Il Generale Radicati inseguì la folla sino a Porta Ticinese ed uniformandosi alle direttive ricevute, ritenendo oramai vinta in quella direzione ogni resistenza, iniziò il ritorno in Piazza del Duomo, dopo aver rinforzato colla compagnia Bersaglieri, la truppa alla Caserma di S. Eustorgio. Ma giunto di fronte alle Torricelle di S. Lorenzo trovò nuova resistenza. Debbo far rilevare la non comune abilità dei rivoltosi nello scegliere il punto di resistenza nel Corso di Porta Ticinese e nelle modalità di occupazione. Scelsero la strozzatura nel Corso di Porta Ticinese che il Colonnato di S. Lorenzo taglia longitudinalmente e stringe maggiormente l'occupazione degli archi del ponte; 1'immediata vicinanza del naviglio che taglia le linee di operazione; le barricate forti, sempre precedute da altre deboli ma sufficienti a forzare la truppa a temporaneo arresto; le barricate costruite nelle vie viciniori di G. Giacomo Mora e Pioppette per guardarsi i fianchi, sono una riprova assoluta di un piano prestabilito e ben studiato, e danno prova altresì che li vi si trovavano uomini tatticamente esperti a dirigere e coordinare la resistenza. Anche quest'operazione fu condotta ottimamente, così che mentre il Generale Radicati aveva rintuzzato la resistenza all'Arco di S. Lorenzo, l'apparire alle spalle della colonna Citati determinò la fuga dei rivoltosi, parecchi dei quali rimasero sul terreno, parecchi furono arrestati. Vinte le resistenze nella direzione di Porta Ticinese (ore 19,30) lasciai due compagnie all'Arco e Torticelle di S. Lorenzo che piu' non tolsi ne' di giorno ne' di notte. Poco dopo ricevetti avviso che era stato decretato lo stato d'assedio nella città e nella provincia di Milano. Alle 15 del giorno dopo fui informato che nel Corso Garibaldi e nelle Vie Moscova e Palermo erano state costrutte parecchie barricate, che altre erano in via di costruzione e che i rivoltosi avevano manifestata l'intenzione di appiccare il fuoco al Magazzino dei foraggi in via Palermo. Diedi ordine al Colonnello Bosco del 2° Bersaglieri di recarsi tosto colà con 4 delle sue compagnie, una batteria d'artiglieria ed uno squadrone Lancieri di Firenze, di agire colla massima celerità ed energia. Il Colonnello Bosco marciò celermente e tenendosi sempre in testa alla sua colonna prese brillantemente d'assalto, alla baionetta, otto barricate, di cui alcune assai forti, fugandone i difensori senza che fosse necessario l'impiego dell'artiglieria. Occupate tutte le vie adiacenti, malgrado il getto delle tegole e i frequenti spari, si procedette a vari arresti. Anche qui la tenacia nel costruire ricostruire le barricate, l'opportuna abile scelta del centro di resistenza, l'abile concetto direttivo emergente dalla ubicazione e reciproca relazione delle barricate, mette in chiara luce lo studio preventivo di questi mezzi di rivoluzione. Alle 24 ritirai le truppe, ormai stanche, in Piazza del Duomo, tenendo presidiato il quadrivio Via Moscova, Corso Garibaldi e Porta Venezia. Nella notte fu provvisto per la distribuzione del pane ai soldati e del foraggio ai cavalli. Colle truppe stanche e prevedendo che la sommossa non aveva detto l'ultima sua parola, e dovendo inoltre proteggere colla forza l'esecuzione degli scioglimenti di molte associazioni sovversive ordinati da V.S. era necessario tenere al centro della città la massima forza possibile per poterla impiegare al momento e nella direzione che le circostanze sarebbero per richiedere….. Compito delle truppe dei settori bastionati era quello di opporsi ora a qualsiasi tentativo d'irruzione in città, e di assicurare l'ordine nei sobborghi, ed a tale uopo assegnai loro qualche reparto d'artiglieria e di cavalleria. Fu vana speranza - a Porta Ticinese ed a Porta Garibaldi riuscite inefficaci le cariche a fondo della cavalleria e l'azione a fuoco della fanteria, fu necessario ricorrere al cannone, solo mezzo per avere ragione di una folla che l'esaltazione e il desiderio di rivincita rendeva audace, aggressiva e sprezzante d'ogni pericolo. A Porta Ticinese l'arresto di alcuni studenti provò che alla popolazione del sobborgo s'erano aggiunti elementi estranei. Giungevano intanto da vari punti notizie di guasti arrecati alle linee telegrafiche e ferroviarie da manipoli di rivoltosi. Alla stazione di Porta Sempione, ostruiti i binari di corsa, rotto il telegrafo, fu necessario il fuoco di fucileria per far cessare l'opera di distruzione. E tale fatto si ripete' due volte nel corso della giornata. Prima una, poi due, poi tre compagnie Bersaglieri dovettero lottare tutto il giorno per preservare il Gazometro di Porta Lodovica dagli assalti dei rivoltosi a cui inflissero sensibili perdite. La cavalleria fu mandata a più riprese a scacciare manipoli di malintenzionati intenti a rovinare le linee ferroviarie nei punti in cui essi guasti sono più pronti e più efficaci, cioè ai bivi.

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