Novembre 1999
Seattle

 

Vertice della WTO (World Trade Organization; in italiano, Organizzazione Mondiale del Commercio, ossia OMC):  ambientalisti, sindacalisti, organizzazioni dei consumatori e di produttori agricoli contestano i rappresentanti di 134 paesi; scontri con la polizia, lacrimogeni ecc...

Le istanze dei contestatori riguardano:  

-   sfruttamento del lavoro minorile,

-   rischio disoccupazione dei lavoratori adulti,

-   adulterazione genetica degli alimenti a scopo di profitto,

-   scontro incipiente tra economia europea e statunitense,

-   squilibrio tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo industriale e tecnologico.

Da allora, la scena si è ripetuta parecchie volte.

Dopo il fallimento di Seattle, la WTO ha cercato di ristabilire le premesse del negoziato a Ginevra (Dicembre 1999).

Ci si chiede istintivamente quale sia l’effettiva portata del problema e  da che parte stiano la Ragione ed il Diritto; sono dalla parte di chi vuole la Globalizzazione, sostenendo che il progresso del mondo è in questo tipo di scelta, oppure sono dalla parte di chi si oppone ad essa, sostenendo che la Globalizzazione, al di là degli enormi profitti immediati che porterà a pochi, rappresenta un grosso pericolo per moltissimi ed un autentico disastro ecologico?

Per cercare di determinarne i frutti, esaminiamo la pianta della Globalizzazione dalla radice.

Per il modo in cui la Globalizzazione si prospetta attualmente, essa rappresenta eminentemente lo stadio tecnologico planetario del processo di espansione di Capitale ed Impresa e cioè, complessivamente, del Modello di Sviluppo economico e sociale attualmente da quelli determinato.

Tecnicamente, attraverso il Mercato mondiale delle Aziende, dei Prodotti e dei Servizi, un gruppo finanziario o produttivo pone delle sue ramificazioni in tutto il mondo, costruendosi così, al posto delle attuali Multinazionali, delle Aziende distribuite virtuali, i cui processi, non necessariamente le strutture organizzative e produttive, possono essere presenti in tutto il mondo, utilizzando a questo scopo i mezzi della moderna Tecnologia.

Questo tipo di struttura virtuale non è solo “l’esasperazione tecnologica del concetto di Multinazionale”; essa è soprattutto disintegrazione dei processi produttivi, spinta dalla logica del massimo profitto e della massima competizione (i gruppi finanziariamente più potenti spezzeranno gli altri riducendoli ad esecutori remoti di processi distribuiti altrui in modo simile a ciò che l’industrializzazione ha fatto nel XIX e XX secolo alla produzione artigianale).

La Globalizzazione così intesa implica accordi commerciali a livello mondiale, pilotati necessariamente dagli interessi di Finanza ed Industria. Tali interessi infatti non sono in grado di realizzare la Globalizzazione senza il contributo delle istituzioni nazionali ed internazionali, che sono gli organi competenti alla promulgazioni delle Leggi.

Queste Istituzioni, dal canto loro, sono teoricamente vincolate dal consenso popolare ed ecco quindi la linea di confine sulla quale i forti interessi privati mondiali che mirano a fare della Globalizzazione la realtà economica del terzo millennio devono trovare il compromesso meno costoso.

La strategia della Globalizzazione commerciale punta sul condizionamento con ogni mezzo sia delle Classi politiche sia delle masse.

Ciò premesso, consideriamo la dinamica generale del Capitalismo che la sta sostenendo.

L’Etica del Capitalismo e dell’Impresa comporta massimizzare i profitti con ogni metodo, per espandersi e mantenere la propria capacità competitiva e di controllo del Mercato che interessa.

Ciò comporta l’assunto implicito errato che Capitale ed Impresa possono disporre di risorse infinite e che il solo problema è appropriarsene prima degli altri.

Da questo deriva il fatto che Capitale ed Impresa sono fonte di esaurimento continuo, abuso e distruzione di risorse che sovente sono alla base dell’Economia di altre realtà.

La distruzione operata da Capitale ed Impresa serve per costruire artifici, certamente utili al profitto di chi li produce ma non in generale e da immettere sul Mercato dei beni di consumo in modo invasivo.

Capitale ed Impresa, nel processo che li spinge a rinnovarsi tecnologicamente per mantenere alto il controllo della competizione, vanno incontro periodicamente a “crisi di trasformazione” che si riflettono drammaticamente sulla Società.

Complessivamente, Capitale ed Impresa sono fonte di squilibri ambientali e sociali dal costo altissimo. Di tale costo Capitale ed Impresa non si fanno carico; esso è scaricato sulla Società in senso lato.

Per tutte queste ragioni, il Capitalismo ha intrinseci limiti logici, meccanici, etici;  meccanici poiché esisterà sempre una frontiera che esso non potrà valicare in cerca di nuove risorse da esaurire prima della sua n-esima crisi periodica strutturale, logici perché agisce in modo non conservativo dell’Ambiente, etici perché prescinde dalle conseguenze del suo operato e delle sue crisi strutturali nei vari contesti sociali.

Quanto ai limiti meccanici, parlando di oggi e del prossimo futuro, a meno di riuscire a navigare a basso costo nello Spazio esterno prima della propria n-esima crisi strutturale, Capitale ed Impresa, lasciati liberi di espandersi, sono destinati a collassare in pochi decenni, il tempo necessario a trasformare il Mondo in un Mercato tecnologico globale, riducendo Ambiente e Società a contesti altamente degenerati, caratterizzati dal dominio di un’Elite finanziaria ed industriale sul resto della Popolazione mondiale attraverso classi di burocrati ed amministratori pubblici asserviti.

La tesi che la Globalizzazione, così impostata, porterà inizialmente lo sviluppo ai Paesi del cosiddetto III Mondo è una tesi tanto relativa quanto il Capitalismo.

A parte il fatto che il cosiddetto “III Mondo” è una degenerazione dello status-quo prodotta ovunque dal Colonialismo euro-americano, che ha imposto le proprie ruberie ed i propri criteri economici, sociali, tecnologici e religiosi con la forza delle armi, trasformare oggi il cosiddetto “III Mondo” in bacino di utenza delle Tecnologie del G8 e di fornitura di mano d’opera a basso costo per le Aziende del G8, è ovviamente un passaggio tecnico necessario, una conditio-sine-qua-non, per ottenere l’obiettivo della Globalizzazione del Mercato. Non si può globalizzare se prima non si rappezzano le situazioni più precarie che ci sono in giro nel mondo; come potrebbe inserirsi nel ciclo produttivo globalizzato e poi cominciare a pensare alla macchina, alla telecamera digitale, al PC portatile da 2,4GHZ, al cellulare multifunzionale, al viaggio programmato, a comprare aspirine e cortisone e a farsi clonare, un africano che oggi ha il problema della sopravvivenza all’AIDS e quant’altro?

Per la domanda “questo genere di Globalizzazione, oltre a rispondere all’interesse delle Oligarchie finanziarie ed industriali, risponde anche all’interesse della Terra e di tutti i suoi abitanti?” la risposta logica è pertanto: NO!

Come per Capitale ed Impresa, anche per la Globalizzazione guidata dagli interessi di Capitale ed Impresa si deve infatti parlare tecnicamente di “Processo non sostenibile”. 

Inoltre, appare chiaro che l’unica Società globale che ha un senso ed un futuro è quella che deriva in modo naturale dal rispetto per le diversità e dal desiderio di ampliare la Conoscenza, non certo da quello di conquistare territori e risorse ed imporre modelli economici, sociali, tecnologici e/o religiosi.

Ne segue che il problema è quello della creazione di un "Governo" mondiale, dotato di Statuto e criteri attuativi opportuni, che sia in grado di svolgere una funzione equilibrante nel più autentico senso liberale del termine.

A tali contesti internazionali spetta il compito di moderare gli interessi privati dentro l’Etica naturale, di deliberare per l’accoglienza di membri etici o la non accoglienza o l’espulsione di qualunque Nazione che non ottemperi ai Principi base di un valido Statuto internazionale (“Nessuno tocchi Caino” non vuol dire “liberate Caino”; al contrario, significa “emarginate e tenete alla larga Caino”).

Poiché le Lobbies finanziarie ed industriali non accetteranno una moderazione etica del proprio modo di vivere ed operare (basta guardare quali e quanti fatti deprecabili hanno seguito l’abbondante messe di belle ed internazionali parole), è pensabile che la responsabilità di un futuro vivibile peserà proprio sui Movimenti popolari anti-Globalizzazione. Infatti, come è naturale e necessario che a Forze distruttive determinate come quelle di Capitale ed Impresa si oppongano Forze conservative altrettanto determinate così è logico che la Politica non arriverà mai ad operare in senso conservativo se non pressata dalle masse più di quanto è pressata dagli interessi di Capitale ed Impresa.

Ecco perciò chiarito anche da che parte stanno la Ragione ed il Diritto!

Poiché non è pensabile associare a tali Ragione e Diritto le molotov e le distruzioni irrazionali nel corso delle manifestazioni di piazza, su quello che logicamente non quadra si usi il solito “cui prodest”. 

 


 

Aprile 2000 - In occasione del G7 di Washington sulla situazione dei mercati mondiali e dell’indebitamento dei paesi in via di sviluppo, altre proteste anti-Globalizzazione, altri scontri, gas e manganellate sulle teste dei contestatori.

Giugno 2000 - Al vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico a Bologna altre manifestazioni anti-Globalizzazione ed altre cariche della polizia.

Settembre 2000 - Gli anti-Globalizzazione tirano sassi e molotov contro la polizia che presidia il luogo dell’incontro tra il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale.

Marzo 2001 - Ancora manifestazioni contro la Globalizzazione a Napoli.

Luglio 2001 - Manifestazioni a Genova contro il G8.

F. G. Urbon

 


 

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