15 Aprile 2003
Gioco di sponda, "Palestina in buca"

 

Quale miglior condizione per imporre una soluzione finale al conflitto tra Palestinesi ed Israeliani che quella di avere un presidio armato USA in Irak, con l'imbelle ONU finalmente fuori dai piedi e con la NATO spaccata tra collaborazionisti ed oppositori?

G. W. Bush, l'uomo forte eletto dai Poteri forti, il leader di romanica statura, scriverà finalmente la parola fine sopra il semisecolare conflitto tra Palestinesi ed Israeliari. Sgombrando il campo da tutte le perdite di tempo del Consiglio di Sicurezza dell'ONU e dalle farse degli incontri trilaterali, Egli, in quattro e quattr'otto, con poco dispendio di risorse, risolve lo spinoso problema con la tecnica del biliardo: un giochetto di sponda partito dal Kuwait per Iran, Irak, Siria.

Questo giochetto, svolto con il Cannone, cioè l'unico metodo efficace noto da sempre alle Amministrazioni USA (Jules Verne non seppe mai quanto vide giusto), consentirà di "stabilizzare" il Medio Oriente al costo di :

Trascuriamo i costi pregressi che gli USA hanno imposto al mondo per battere l'URSS, senza peraltro riuscirci, tra cui l'allevamento di dittatori e terroristi e la campagna di Afghanistan, contraccolpo immediato dell'11 Settembre 2001 rivolto al covo del loro miglior ex-pupillo.

In tutto questo occorre ancora stare a sentire una Sinistra che si giustifica per l'intervento nei Balcani, non del tutto conforme al protocollo del Consiglio di Sicurezza, vantando le differenze intrinseche della situazione: là pulizia etnica in corso, in Irak ispezioni ONU in corso. Bisognerebbe più realisticamente sottolineare che G. W. Bush si comporta da quel sorcio capitalista e militarista che è, rivoltando regole ed accordi a piacimento se la cosa conviene al suo Establishment. Nessuno cita la secolare tradizione delle Amministrazioni americane di stravolgere qualunque patto fregandosene dell'onore (ma forse anche Wounded Knee era un covo di terroristi, Sioux in quel caso) e di essere del tutto amorali ed immorali pur di raggiungere lo scopo del momento.

Comunque, siccome non tutti i Bush vengono per nuocere, almeno adesso vedremo uno Sharon che fa la parte dell'elemento più disponibile della Destra nazionalista israeliana: "Sono disposto a parlare di uno Stato Palestinese". Avrà telefonato la sera prima agli altri leader della sua coalizione, pregandoli di opporre un serio "veto" a questa sua apertura, ma tanto ci penserà il Grande Mediatore Padron Bush con i carri armati dietro l'angolo. Sì perché spostare le portaerei dal Golfo o lasciare molto lentamente il passo ai soccorsi umanitari in Irak non significa rinunciare al controllo militare USA sull'area; significa solo distrarre l'opinione  pubblica mondiale fino alla concretizzazione della

FASE 4

Dopo aver mandato in pensione OSAMA e SADDAM adesso bisogna dare uno "scivolo" anche ad ARAFAT, il quale però non dà la disponibilità a privarsi di poteri in Palestina, specialmente quelli connessi con la Sicurezza. Per queste ragioni, forse Arafat sarà l'unico a lasciarci la pelle in tutto questo gioco, privato così della dignitosa pensione riconosciuta a OSAMA e a SADDAM (qualcuno si è chiesto come mai solo alla fine l'Occidente ha pensato di aggredire i conti esteri di cotanti malfattori?! forse per lasciare loro il tempo di svuotare le casse?!).

Che fine si prospetta dunque per il maggior leader palestinese? Assassinato dalla CIA?! improbabile!!!
Assassinato dal Mossad?! egualmente improbabile!!!
Un arabo-americano infiltrato dell'Intifada?! possibile!
Quel che conta è che un evento che prima avrebbe prodotto la sollevazione del mondo arabo ben più che per quel delinquente mafioso di S. Hussein, grassatore di Iracheni, oggi diventa non solo possibile, ma anche fattibile e se questo è il prezzo che deve essere pagato perché esista una Palestina che assomigli ad uno Stato, forse Arafat stesso sarebbe d'accordo.
Ma forse non sarà necessario arrivare a tanto; forse la vecchiaia di Arafat, aggiunta ai carri armati, sarà la placenta di una finale lobotomia.

Qualcuno (mi pare il Sig. Bartholomew) ha detto che il Petrolio è l'obiettivo 10 dell'invasione dell'Irak nella "goals list" dell'Amministrazione Bush/Ramsfeld. Probabilmente è così, ma non perché il Petrolio non sia un obiettivo primario, bensì perché non si può arrivare ad amministrare il Petrolio iracheno se non si può contare su un "controllo politico del territorio", così come non si può sostenere la globalizzazione commerciale in un mondo disomogeneo; ragion per cui tutti gli elementi atti a costruire tale controllo politico e tale "omogeneità" vengono per primi come pre-requisito, prova ne sia la minaccia già proferita nei confronti della Siria.

Rimane la domanda finale: perché non è stato possibile praticare vie alternative, meno globalmente costose e più giuste? Perché evidentemente Equilibrio e Giustizia non sono ancora cose di questo mondo ed è necessario lavorare perché lo diventino. Non è accettando gli eventi che si fa torto ai morti e si rinuncia a scrivere le premesse di un futuro alternativo e meno oscuro; talvolta capita di non avere scelta! Il torto verso i morti e la rinuncia al futuro stanno nel permettere che le cose continuino così ancora ed ancora.

 

F. G. Urbon

 


 

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