La linea Cadorna

Molte opere si trovano in provincia di Como

Piazzola per mitragliatrice.

Passeggiando sulle montagne del comasco spesso si incontrano costruzioni di carattere militare, talvolta anche di notevole dimensione, che fanno parte di una complessa linea difensiva denominata Occupazione Avanzata Frontiera Nord (OAFN) ma più nota con il nome di "linea Cadorna" perchè, durante la "Grande Guerra", il generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano, ne sostiene la necessità e ne segue direttamente la realizzazione.

Si tratta di un poderoso complesso con 88 postazioni di artiglieria, 80 chilometri di trinceramenti, 25000 metri quadri di baraccamenti e 700 chilometri di strade e mulattiere che si estende dalle valli ossolane ai passi orobici.

Questo imponente baluardo, dal costo di un centinaio di milioni dell'epoca, viene rapidamente ultimato, durante la prima guerra mondiale, con la funzione di prevenire un'invasione, da parte degli imperi centrali, attraverso la neutrale Svizzera e forse la scoraggia effettivamente, tant'è che non v'è occasione di usarlo.
Per costruirlo vengono impiegati 40000 operai e curiosamente, poichè gli uomini sono tutti al fronte, l'autorità militare recluta, sul luogo, un gran numero di donne, adattandosi, per l'orario di lavoro, alle loro esigenze famigliari. La sorella maggiore di mia mamma, all'epoca poco meno che ventenne, raccontava spesso di avere passato molti mesi a scavare trincee sulle montagne, mentre suo marito, sergente maggiore degli alpini, era al fronte.

Nei primi decenni del '900, la realizzazione di queste complicate fortificazioni difensive viene considerata indispensabile ed infatti, una ventina d'anni dopo, la Francia costruisce l'assai più nota ma altrettanto inutile "linea Maginot".

Resti di una trincea.

Immediatamente dopo la cessazione del conflitto, tutte queste opere vengono riutilizzate per usi civili. Naturalmente, il maggiore impatto lo da la rete stradale che trasforma i nostri monti, rendendoli molto più facilmente accessibili.
Un noto caso di riutilizzo, proseguito sino ad oggi, è la strada che porta al Bisbino lungo la quale, all'altezza del cimitero di Rovenna, si può ancora vedere la catena che impediva l'accesso alla zona militare.
Molto malconcio, invece, è il lungo percorso, interessante sia dal punto di vista tecnico che da quello panoramico, che parte dal lago e porta al monte di Tremezzo, lungo il quale è fortunatamente rimasta integra la galleria (Vedi), lunga un centinaio di metri che ancora attraversa la grande striscia di roccia che caratterizza questa montagna.

Oggi, dopo cent'anni, la maggior parte delle fortificazioni è in rovina ma vi sono ancora punti molto interessanti, facilmente accessibili o recentemente ristrutturati che meritano una visita, come il sasso Gordona (Vedi) con i suoi due forti scavati nella roccia e difesi da un sistema trincerato o il monte Sasso di Cavallasca (Vedi) sul quale si trovano una serie notevole di forti, capisaldi, magazzini e trinceramenti, tutti in buono stato di manutenzione.
Sfortunatamente non si può vedere molto sul Bisbino perché le gallerie sotto la vetta non si possono visitare, tuttavia, le trincee e le postazioni di artiglieria sono in fase di recupero.

Una particolare attenzione merita quella che senza dubbio è l'opera più imponente e meglio conservata della linea Cadorna ovvero il forte Montecchio (Vedi), presso Colico, rinominato, durante il periodo fascista, forte Lusardi (Medaglia d'oro al V.M.).



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