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SITUAZIONE ATTUALE

L’ INTELLETTUALE CONTEMPORANEO “MONCO”

di

Nella Anfuso

 

“Dopo di ciò (il Demiurgo) riempì gli Intervalli doppi e tripli, staccando delle parti dalla materia e inserendole nel mezzo degli intervalli, cosicché in ciascuno di essi ci fossero due medie”. Plutarco nel suo trattato sulla Musica riferisce questo passo del Timeo  per dimostrare la scienza armonica di Platone. E ne dimostra la competenza teorica chiarendo che le tre medie principali di cui parla il filosofo sono : l’aritmetica, l’armonica e la geometrica.

Non voglio tediare con ulteriori e profonde delucidazioni. Voglio però ricordare un altro importantissimo interesse di Platone per l’aspetto estetico e morale dell’Arte musicale, interesse che troviamo presente nei vari scritti, ma soprattutto nella Repubblica e nelle Leggi.

Platone non  costituisce un caso particolare: tutti coloro che hanno una buona conoscenza della civiltà greca, sanno che nessun altro popolo ha tenuto in considerazione la Musica (“Arte delle Muse”) come quello greco. La  Musica, intesa come Poesia-Canto-Armonia, è il fondamento della educazione (paideía) del giovane dell’Ellade. È per questo motivo che teorici e pensatori si interessano della stretta relazione che intercorre fra le harmoníai ed il carattere morale:  ciò costituisce la dottrina dell’êthos.

Platone è uno dei pensatori che maggiormente si occupa dell’aspetto formativo dell’arte musicale e seleziona delle harmoníai, cioè delle scale musicali, che formino l’uomo–cittadino degno di uno Stato moralmente sano.

Sarebbe interessante chiedere al filosofo, per caso redivivo, il suo pensiero, anzi la sua opinione, sulle “spelonche” chiamate discoteche, prodotte dai meccanismi insani dell’ attuale organizzazione sociale.

Ma come e perché si è giunti oggi a tanta idiota scempiaggine?

Basta ripercorrere la storia della civiltà occidentale nei suoi tratti più salienti.

Roma, propensa molto alle conquiste e poco alle arti, fra una cacciata dei filosofi ed un’altra, ha sempre considerato l’arte delle Muse semplicemente “intrattenimento”.

Nei secoli bui, ma cristiani, la Musica è invece un mezzo per l’elevazione a Dio ed i teologi  cristiani se ne occupano solo in tal senso.

I pensatori medioevali in genere se ne curano solo come disquisizione teorico- matematica; infatti l’insegnamento della musica è inserito nel Quadrivio unitamente a geometria, aritmetica ed astronomia . La tradizione classica, forse per  merito di Boezio, la fonte primaria nel medioevo per la conoscenza musicale della  teoria greca, viene quindi  solo formalmente rispettata.

È nell’età umanistica, anche per ciò che riguarda l’arte musicale, che  assistiamo all’appropriazione dell’ideale formativo, e non soltanto edonistico, della Musica.

L’educazione a tutti i livelli sociali ne prevede l’insegnamento teorico e pratico, indipendentemente dalla finalità professionale o meno, e ciò durerà fino a  tutto il Settecento, fino a quando rimane operante l’ideale formativo classico, cioè completo dell’uomo, ideale spodestato dalla settaria rivoluzione francese e, soprattutto, dal Romanticismo.

Dal Magnifico Lorenzo a Poliziano ed al Ficino, che improvvisa versi cantati sulla lira (la Lira da Braccio è nel XV sec. uno speciale strumento ad arco), a Leonardo, virtuoso appunto della Lira da braccio, al Cellini virtuoso di flauto (i suoi dissapori con il padre riguardano appunto il suo non voler fare il suonatore di  professione), a Galileo Galilei virtuoso (vincitore di varie competizioni a Firenze) di Liuto fino a tarda età (suonava ancora, cieco e prigioniero, nella solitudine della villa di Arcetri): sono alcuni  esempi abbastanza sconosciuti soprattutto agli intellettuali odierni.

Ma il merito più grande della nuova visione umanistica della Musica è l’aver ritrovato, e recuperato, l’idea greca della Musica come Poesia-Canto-Armonia, concetto ben espresso da Vincenzo Galilei, padre di Galileo ed uno dei protagonisti a Firenze nelle discussioni di Casa Bardi, nel suo Dialogo “Della Musica Antica et Moderna” (Firenze 1581) : “ il Musico non era disgiunto dalla Poesia, né il Poeta era separato dalla Musica”.

Tale recupero, e ciò è da tener sempre presente, è caratteristica esclusiva, fra tutte le nazioni, dell’Italia, per due motivi essenziali:

a) la caratteristica musicale della lingua italiana

b) l’Umanesimo e la riscoperta di Platone per opera del Ficino.

È solo in Italia che i cantori - musici leggono, discutono e citano Platone (in particolare il Libro III della Repubblica) come ispiratore della loro creazione musicale. Due nomi per tutti : Giulio Caccini e Claudio Monteverdi.

Non è un caso che Firenze, da cui il culto di Platone si irradia in tutta Italia, fra tutte le città italiane, sia il centro ed il laboratorio d’arte dove vengono realizzate le creazioni più raffinate in tal senso.

E non è un caso che con la morte dell’ultima generazione dei cantori-musici del Rinascimento, scompaia tale ideale estetico.

La Musica diviene quasi esclusivamente, nella società civile, “intrattenimento” e di essa a partire dall’età romantica, tranne qualche eccezione, le persone colte, ed ancor di più gli intellettuali, si disinteressano.

Non è un caso quindi che la riforma del Liceo Classico fatta dal filosofo Gentile (Nietszche, la cui conoscenza della Musica è solo estetica, nell’ Ottocento è un’eccezione forse perché ha  iniziato come filologo) non contempli non solo l’insegnamento pratico della Musica (forse sarebbe stato troppo), ma anche  cenni di Teoria e tanto meno di Storia. Così c’è la storia della Letteratura, dell’Arte, della Filosofia, ma non quella della Musica, Musica che invece troviamo nelle Magistrali e nell’Istituto Tecnico di Avviamento professionale (sic).

Un caso a parte è quello di D’Annunzio, forse perché poeta, ma forse soprattutto  perché, formatosi al Collegio Nazionale “Cicognini” di Prato, vi aveva studiato Musica e Violino.

Il poeta, alla fine dell’Ottocento, scopre, aiutato in ciò dal compositore Gianfrancesco Malipiero, i tesori della musica rinascimentale (si leggano le sue pagine sulla Camerata Fiorentina nel romanzo “Il Fuoco”) e soprattutto Claudio Monteverdi di cui sostiene la pubblicazione, sempre a cura del Malipiero, dell’Opera Omnia (conclusasi in piena seconda guerra mondiale).

Val la pena di ricordare che negli anni intorno al 1967 (centenario della nascita del Cremonese) un personaggio ameno della musicologia italiana (non merita nemmeno di essere citato) iniziò una operazione danarosa per una nuova edizione completa delle opere del Monteverdi, ma, a parte qualche volume, l’operazione si è rivelata la solita scusa per fare affari…

Il problema è che la categoria degli Intellettuali, “le teste pensanti per gli altri”, detti anche con un po’ di snobismo maîtres-à-penser, è una creazione recente, cioè dell’epoca in cui, dagli Illuministi in poi (che si interessavano edonisticamente, anzi ideologicamente della musica - basti pensare alla querelle a sostegno della musica italiana avente come modello La serva Padrona del Pergolesi, e con esclusione del Rousseau che visse a Venezia copiando musica e scrisse anche una operina Le Devin du village - ), è nata la categoria dell’ideologo, quasi esclusivamente di stretta osservanza sociale e politica, che ha  sostituito il pensatore ed ancor più l’uomo colto.

L’intellettuale contemporaneo è quindi, per tutto quanto detto, culturalmente povero poiché manca della educazione, che è educazione mentale, di uno dei sensi principali dell’uomo: l’udito. Ma non soltanto. Egli manca della conoscenza delle possibilità dell’organo di fonazione che permette il dono del linguaggio umano e della sublimazione di esso, cioè il  “Canto” che non è affatto, così come non lo era per i Greci, fatto edonistico.

È da meravigliarsi se la situazione della Musica in Italia, il paese che ha prodotto tutto quanto di grande e di unico ho ricordato con pochi cenni sopra, sia così spaventosamente tragica?

Se perfino l’Opera, che “tota nostra est” direbbe Orazio, è diventata (ignoranza oblige) in questi ultimi anni “la Lirica”, ad imitazione dei francesi? Quando si dice aver perso  il senso delle cose e quindi anche delle parole, come afferma  Sallustio.

L’Italia: dove la Musica con la M maiuscola è solo nella coscienza collettiva ormai  la spazzatura canzonettara ed il resto viene ghettizzato come “musica classica”, sì,  quella  nata come musica di consumo ed anche commerciale in tempi di civiltà superiore…. Naturalmente si ignora tutto ciò che viene fatto artisticamente da musicisti contemporanei…

L’Italia: dove negli ultimi decenni è stato talmente abbassato nella pletora di Conservatori di Musica il livello dell’insegnamento che oggi l’unica soluzione è quello di chiudere tutto e ricominciare da capo e forse fra qualche anno comincerà ad uscire di nuovo qualche artista….

L’Italia: dove  una semplice scuoletta privata, ma divoratrice di pubblici miliardi ( ben conosciuta dgli addetti ai lavori), creata da uno che non era riuscito a diventare direttore di Conservatorio di Stato, il quale, nel nome della musica per tutti, fa pagare rette milionarie (di vecchie lire) poiché la sua scuoletta“ è scuola di valore” a differenza dei conservatori statali…anche se utilizza, a prezzi stracciati, gli stessi insegnanti dell’odiato Conservatorio di Stato.

L’Italia: che “nell’urlo” generalizzato di marca francese, fatto passare “per canto lirico” (ed il grande teorico Tosi se ne lamentava già  nei primi decenni del XVIII secolo), ha quasi totalmente dimenticato la grande Scuola di Canto da lei creata e di cui è stata Maestra per secoli. Questa Italia che non pensa davvero a  salvaguardare e conservare questo nostro patrimonio ( che coinvolge anche  la stessa Lingua italiana) di tradizione orale  che sta per scomparire nel mare magnum dell’ignoranza ed incultura musicale generale, matrice di insensibilità in toto.

Eppure, senza scialacquare somme ingenti (i miliardi, in quest’epoca di basso impero, li lasciamo sperperare  alla Rai festivaliera e carrozzoni vari) si potrebbe :

a)      dar lavoro a giovani paleografi musicali per lo spoglio e trascrizione delle migliaia di musiche giacenti nelle biblioteche italiane pubbliche e private.

b)      formare giovani vocalisti per poter finalmente riportare all’ascolto i capolavori vocali del passato (Madrigali, Vespri, Messe, Cantate, Opere etc.etc.) secondo i dettami della gloriosa ed unica Scuola italiana di Canto.

c)      creare una struttura all’interno del Ministero Beni Culturali dove la Musica sia concepita come fatto culturale, quindi etico, e non “spettacolo”, struttura  che deve sovrintendere alla realizzazione dei punti a) e b) suddetti, punti che non potrebbero mai essere presi in considerazione seguendo l’ottica imprenditoriale della partita doppia.

d)      creare una collana specifica per pubblicare i risultati di quanto contemplato nel punto a)

e)      realizzare in collaborazione con la Discoteca di Stato una collana discografica in anteprima mondiale di quanto contemplato dal medesimo punto a)

Un po’ di luce sui grandi secoli della storia artistica musicale dell’Italia è apparsa soltanto fra l’Ottocento ed i primi decenni del Novecento. Il buio totale, salvo iniziative private che con immensi sacrifici hanno realizzato quanto descritto sopra, è regnato nella seconda metà del secolo scorso, immerso in  forzate fioriture materiali di massa.

È così che ci troviamo oggi ridotti a, non solo proporre, ma realizzare le idee più idiote: le sfilate di  moda (cioè quattro cencetti e stramberie carnevalesche) nei musei e nelle biblioteche!

Lasciamo andare in rovina gli Strumenti Musicali di valore inestimabile (il caso del Museo degli Strumenti del Conservatorio “Cherubini” di Firenze è emblematico) e ci preoccupiamo di valorizzare la moda italiana che pubblicizza l’anoressia.

In questa situazione catastrofica chi pensa a  risvegliare le coscienze?

Chi comprende che, oltre a fatti e situazioni contingenti,  esistono dei Beni superiori, come le espressioni d’ Arte (che è anche pensiero) che vanno salvaguardate ed anzi incrementate? 

Povero, veramente povero, anzi monco della sua umanità questo intellettuale del nostro tempo che vorrebbe essere di guida agli altri.

 

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