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Indice generale

Potere e ricchezza Vomitorium

 

Il rapporto tra i ricchi romani ed il cibo

La frase che racchiude appieno il significato di come i romani (quelli ricchi, si intende) è stata scritta da Seneca "...vomitano per mangiare, mangiano per vomitare...". Le descrizioni degli storici di quanto accadeva durante i banchetti nei palazzi romani sono innumerevoli, ma con la conseguenza che nessuno riusciva a frenare la continua corsa a servire sempre più cibo per  "saziare" gli invitati.

I banchetti dei ricchi romani non furono sempre così. Inizialmente i banchetti erano riservati solo agli uomini di ricca famiglia. Si andava dal padrone di casa non solo per mangiare, ma soprattutto per conversare. Agli ospiti, sempre in numero ristretto per evitare confusione, veniva fatta indossare una tunica leggera, in quanto la morale comune certo non prevedeva che ci si spogliasse per andare a tavola. Il cibo era di buona qualità, ed in quantità sufficiente, tanto che gli avanzi venivano raccolti dentro il tovagliolo e portati a casa. In questo periodo, il cibo era considerato come un bene prezioso, ed il suo spreco era considerato una grave offesa nei confronti di Roma. Col passar del tempo, il livello di ricchezza della classe agiata è divenuto sempre più alto, mentre la moralità toccava il fondo. L'ostentazione della ricchezza passava attraverso due strade, i palazzi sempre più grandi ed i banchetti abbondevoli di leccornie e con sempre più invitati. In alcuni anni si è passati da banchetti conviviali ad orge senza limite. Se i pasti erano due col tempo sono arrivati a quattro, senza pausa e senza sosta le cucine dei palazzi sfornavano cibi fumanti, mentre il popolo vedeva sottilizzarsi la quantità di derrate da acquistare nei mercati. I senatori apprezzavano questa abbondanza, dovuta soprattutto all'estendersi dei confini dell'impero romano verso zone ricche e prospere, dalle quali attingevano copiosamente schiavi e vettovaglie. Inizialmente le attività dello Stato venivano svolte con solerzia, poi visto il continuo decrescere del loro potere decisionale, anche questa attività lasciava spazio ai divertimenti ed alla diminuzione del livello di moralità che si delineava profondamente nella società romana dell'epoca. Imperatori come Caligola e prima di lui Tiberio, avevano portato il popolo romano delle classi agiate a considerare il potere solo ed esclusivamente come libero sfogo ad ogni sorta di attività che consacri l'eccesso. Tiberio nel suo rifugio a Capri aveva allestito una completa coreografia con ogni sorta di rappresentazione di godimento sessuale, in modo da risvegliare in lui il desiderio perduto. Centinaia di schiavi ogni giorno davano vita ad ogni sorta di rapporto sessuale secondo canoni ben precisi. Caligola, nipote di Tiberio frequentava spesso il palazzo di Capri, e da queste sue visite "imparerà" l'arte di governare Roma ed il suo popolo, ma imparerà anche a quanto può essere piacevole attorniarsi di corpi sinuosi.

 

Palazzo imperiale e l'imperatore dovevano essere l'esempio di sobrietà, ma in realtà si emanavano leggi per impedire che gli altri non sprecassero cibo in banchetti, mentre a palazzo i cuochi non smettevano mai cucinare e di inventare nuove ricette.

Gli schiavi servivano cibo ovunque nel palazzo, non più solo nelle mense e nelle sale da pranzo ma anche nelle stanze private. In queste ultime, trovandosi al di fuori di ogni controllo da parte delle guardie imperiali, gli ospiti potevano disporre del cibo a proprio piacimento. In alcuni scritti si evidenziava come il cibo fosse talmente abbondante da poter essere sperperato in ogni modo, tanto che bastava la sola vista del cibo a soddisfare gli ospiti; si imbandiva la tavola con esagerate quantità di pietanze che nessuno sarebbe riuscito ad ingurgitare ma che davano prestigio proprio per il fatto di poter essere gettate via proprio mentre parte del popolo non aveva cibo disponibile.

Le casse imperiali non dovevano rispondere a criteri restrittivi quando si trattava di organizzare banchetti  e feste. Il cibo che arrivava a Roma prima era destinato al palazzo, poi soddisfatte le esigenze poteva essere portato sui mercati per poter essere acquistato dal popolo. Gli imperatori, avevano anche possedimenti propri , dove i prodotti che se ne ricavavano potevano essere utilizzati dalle cucine imperiali. L'abbondanza di alcuni prodotti, come ad esempio il maiale, allevato direttamente nei possedimenti imperiali, era tutto destinato alle cucine imperiali che ne avevano in tale abbondanza che spesso non riuscivano a cucinarlo tutto. Per questo era stata ideata la festa dedicata al maiale, che sanciva solennemente che solo i patrizi, e non tutti, potevano cibarsi a piacimento della carne suina. La festa durava parecchi giorni, il palazzo imperiale ne era il fulcro mentre nelle case patrizie si svolgevano banchetti, tanto che gli ospiti si muovevano da un palazzo all'altro per poter partecipare a tutte le feste. Resta famosa la macchina per la produzione delle salsicce che funzionava ininterrottamente per tutta la durata dei festeggiamenti, venivano macellati maiali e gettata la loro carne dentro la macina azionata dagli schiavi in modo da ottenere in modo continuativo un impasto per produrre salsicce da servire arrostite agli ospiti che stracolmi di ogni bene preferivano gettarle nei vomitori o darle in pasto ai cani.

 

Il banchetto era attentamente pianificato; cosa servire, in quale ordine, e quando far vomitare gli invitati. Sembra strano, ma per evitare che tutti gli invitati si svuotassero lo stomaco contemporaneamente, venivano "serviti" gli emetici, disciolti nel vino, a settori. Ovviamente gli invitati più ingordi vomitavano intere portate quando si sentivano sazi, e per loro vi erano appositi schiavi che avevano il compito di raccogliere il vomito dentro appositi vasi che portavano appesi alla spalle e al collo.

La pratica costante di ingozzarsi senza freno ogni qualvolta era possibile, rappresentava una costanza per i ricchi romani dell'epoca imperiale. Negli antichi testi latini, da Seneca a Dione Cassio , da Plinio a Giovenale e senza dimenticare  Macrobio le descrizioni dei banchetti  sono numerose. In molti altri scritti dell'epoca  le minuziose descrizioni di cosa avveniva durante i banchetti non lasciano ombra di  dubbio di come si svolgessero, ma anche di come era spesso la vita di ogni giorno soprattutto a palazzo imperiale.

La ricchezza e l'abbondanza che contrassegnarono l'ascesa di Caligola hanno lasciato una forte impronta negli scritti classici. La totale indifferenza alle sofferenze umane del suo popolo lo hanno fatto percorrere una strada rivolta alla totale soddisfazione dei propri desideri, senza minimamente considerare gli altri; anche nelle feste e nei banchetti tutto con lui "doveva" essere possibile. La costruzione di scenografie nelle quali ambientare banchetti e orge veniva effettuata sotto suo ordine. Gli ospiti assistevano a spettacoli di ogni genere con davanti la tavola imbandita dove non doveva mancare nulla e gli schiavi dovevano, a pena della loro vita, soddisfare qualsiasi richiesta degli ospiti. Per questo gli invitati approfittavano del cibo e del vino fino all'inverosimile, quello che non riuscivano a bere, mangiare e vomitare lo facevano gettare via dagli schiavi, ordinavano altro cibo con il solo scopo di vederselo servire, ma senza averlo neppure assaggiato lo facevano gettare a terra e calpestare dal viavai degli schiavi.