Il principe Capriccioso era un baldo giovine di quasi
trent’anni, ma ancora non si era deciso a sposarsi. Gli piaceva, invece, fare
l’attore, difatti scriveva ed interpretava strane commedie dove non si
vergognava di cantare, ballare e saltare.
Si spostava con la “ troupe “ per tutte le fiere paesane.
Una cosa inaccettabile.
Per il resto,
guidava la politica col telefonino. Le sue opinioni erano lucide ed, ogni
volta, centravano il problema e lo risolvevano. Il vecchio re suo padre se ne
attribuiva ogni merito. Strapazzava ben bene il figlio e dopo gli chiedeva il
consiglio. Una volta servito e fuori dai guai, lo strapazzava di nuovo, gli
diceva che non era nemmeno capace di trovarsi una moglie e riattaccava, ma
subito dopo riuniva tutti i ministri e si pavoneggiava per le idee luminose che
andava esponendo. Tutti ascoltavano in religioso silenzio, si inchinavano e
correvano ad eseguire.
In questo modo il
paese viveva in pace e benessere, tanto che nessuno doveva pagare le tasse.
< Cosa faremo
quando morirà il vecchio re? Suo figlio è un inetto >
dicevano fra loro
i ministri ignari.
Così decisero che
era ora di dare moglie al principino, nella speranza che mettesse giudizio. Gli
presentarono trenta foto col curriculum delle fanciulle più sagge,
affascinanti, colte, ricche e nobili, strappandolo nel bel mezzo di una recita
particolarmente impegnativa, proprio mentre la prima attrice, una contadinotta
del luogo, lo stringeva forte a sé dichiarandogli il proprio amore.
La folla, che
assisteva col fiato sospeso alla rappresentazione, brontolò a lungo per il
divertimento interrotto, ma il principe promise: < Domani sera sarò qui >
mettendosi la mano sul cuore. Ed aggiunse, serio serio :
< Sposerò la ragazza che mi porterà un
litro di latte munto all’alba, prima che sorga il primo raggio del sole. >
Forse fu illusione
o forse il troppo amore, ma alla contadinotta parve che egli quasi le facesse
un cenno d’intesa.
Le trenta
candidate, l’indomani mattina, gli portarono ognuna una caraffa di latte, ma
nessuna di loro l’aveva munto con le proprie mani, gliel’avevano comprato i
domestici al supermercato ed erano pure stati ripresi dalle telecamere.
< Maestà, come
lo sapete voi? >
< Maestà, l’ho
munto io, ve lo posso giurare, con queste mani. Era ancora notte. >
< Maestà, a
momenti la mucca mi dava un calcio. >
< Maestà, sono
scivolata nel fango. >
Quando il principe
Capriccioso mise in moto il videoregistratore, tutte furono sbugiardate. Infine
si presentò la contadinotta, che recitava con lui nelle fiere paesane e gli
porse un boccale di terracotta. Egli bevve il latte schiumoso.
< L’ho munto
per sua maestà, prima dell’alba > gli disse guardandolo con tanta emozione
da vederlo sfocato. Per un attimo le sembrò che egli accennasse
un’approvazione. Ella indossava il vestito buono blu, col colletto di rigatino
bianco, col quale andava a messa tutte le domeniche.
Infine il principe
stabilì che, per il giorno seguente, tutte avrebbero dovuto imparare a memoria
una pagina di filosofia. L’indomani le ragazze si presentarono con piccoli
registratori nelle tasche e cuffie nascoste sotto i capelli. Tutte furono
smascherate. Per ultima venne la contadinotta, che chiuse gli occhi e recitò,
senza uno sbaglio e senza capire niente, la pagina di filosofia. < L’ho
imparata per sua maestà > concluse. Aveva le occhiaie perché era stata
sveglia tutta la notte a studiare ed il vestito blu buono la faceva sembrare
particolarmente pallida, <Deve essere un’anoressica > sussurrò a voce non
troppo bassa la principessa Marilina, scuotendo le morbide chiome ossigenate e
passandosi le mani sui fianchi altrettanto morbidi con un gesto che, invece di
sensuale, risultò ridicolo. < E tu
pesi troppo > le rispose senza tanti complimenti la principessa Natascia, di
antichissima stirpe russa. Indossava, quel giorno, un abito di broccato rosso
cupo, ricamato in oro giallo e perle, con uno spacco mozzafiato a destra, da
dove usciva una gamba col polpaccio muscoloso, il ginocchio mostruoso ed una
coscia un po’ troppo robusta.
< Ma guardati
allo specchio, sarai bella tu > intervenne subito la principessa Amarena,
che si era messa un abito da sera nero dipinto di nero troppo corto e troppo
trasparente, che sembrava una camicia da notte.
E tutte
incominciarono a litigare a voce alta, la contadinotta, però, non le sentiva
perché il principe Capriccioso le sorrise, o almeno così le parve, e dette
ordine che, fino all’indomani mattina, nessuna di loro avrebbe dovuto mangiare
o bere. Questo era facilissimo.
La contadinotta,
il giorno successivo, si sentiva girare un po’ la testa. Il principe interrogò
la prima ragazza:
< Hai fame? >
< Sì, maestà,
tanta fame. >
< Ti senti
male? Hai digiunato? >
< Sì, maestà,
non ho toccato niente. >
< Ti senti svenire?
>
< Oh, sì,
maestà. > e tutte cadevano riverse a terra.
In verità ognuna
di loro aveva mangiato e bevuto regolarmente e la polizia personale del
principe, che le aveva controllate, consegnò le prove con trenta fotografie
delle trenta candidate, tutte colte in flagrante: la principessa Celestina, che
era così delicata , bianca, bionda e sottile , fu ripresa col naso tuffato in
un gran piatto di spaghetti al ragù, mentre masticava a bocca aperta. La
principessa Velenia, invece, che si lamentava sempre di dovere prendere l’olio
di fegato di merluzzo perché le facesse venire fame, venne pescata con un
cosciotto di agnello nel piatto e un gran bicchiere di vino rosso pieno fino
all’orlo, per non parlare della principessa Gustava, sempre seria e pensosa, fotografata
con gli occhi socchiusi dalla beatitudine mentre si ingozzava di torta alla
panna con fragoline di bosco. In quanto alla principessa Astemia, presidentessa
della lega contro l’alcool, risultò fotografata mentre brindava bevendo direttamente ad una bottiglia di
champagne.
Il principe, con
le foto in mano, aspettava che le nobili fanciulle si rialzassero da terra
quando si sentì sfiorare appena un braccio, ed era la contadinotta.
Quel tocco lo fece
diventare rosso fino alle orecchie, tanto che gli caddero tutte le foto sul
pavimento di marmi intarsiati. Lei si chinò subito a raccoglierle, ma senza
nemmeno guardarle perché era occupatissima a guardare lui, che si era chinato
pure e la fissava da molto vicino. La contadinotta sudò e si sentì ghiacciare
contemporaneamente, tremò dalla testa ai piedi. Con una strana voce rauca, egli
le chiese:
< Hai fame? >
< Un
pochettino, maestà. >
Anche la voce di
lei era debole, tanto da non sembrare la sua.
< Hai
digiunato? >
< Sì, maestà. Non
ho mangiato e non ho bevuto, come ha detto sua maestà. >
Era vero. I suoi
segugi gli avevano portato le foto della contadinotta, che preparava il pranzo
a mamma, papà, nonna e fratellini, altre foto della contadinotta seduta a
tavola con loro, che mangiavano, mentre lei non toccava cibo né acqua né
niente.
Adesso i volti del
principe e della contadinotta erano troppo vicini. Tra poco egli avrebbe scelto
una moglie in mezzo a quelle bellissime signorine ricche e nobili e lei non
avrebbe mai più recitato la scena d’amore con lui nella strana commedia.
Egli le sorrise
guardandole le labbra o così le parve o si illuse, e fu dolcissimo.
< Ti senti
svenire? > le chiese sempre con quella strana voce, come se fosse
raffreddato o malato.
< No, maestà
> rispose la ragazza.
A tutte le altre
scappava da ridere perché, pur fingendosi svenute, ascoltavano bene. La
contadinotta, lo sapevano, non era una rivale. Il principe Capriccioso si
divertiva sempre nei modi più strani.
Smisero tuttavia
di divertirsi tanto quando ad ognuna venne consegnata la propria fotografia e
fu chiaro che nessuna di loro aveva digiunato.
< Io non ho
dubbi sulla prescelta > disse il principe, sorridendo in modo esplicito alla
contadinotta e sfiorandole, ma solo per un attimo, la mano, < Ora rimane
l’ultima prova: vi sarà dato un foglio con un brano di greco ed un vocabolario,
per domani mi farete la traduzione. >
La contadinotta si
portò a casa foglio e vocabolario e passò la notte intera tentando di tradurre,
ma senza capirci proprio niente.
Le altre ragazze,
pur essendo colte, pagarono i migliori professori ed ebbero una versione
perfetta.
La contadinotta,
l’indomani, andò per vederlo un’ultima volta. Era pallida e stringeva fra le
mani i fogli bianchi.
Lo trovò seduto
sul trono mentre interrogava le trenta candidate una per una. Alla sua destra
c'erano quelle che ancora dovevano essere esaminate ed alla sua sinistra quelle
già bocciate, che non erano nemmeno state in grado di dirgli il titolo del
brano: erano tutte in lacrime e si tiravano i capelli teatralmente, o almeno
fingevano di farlo.
Egli sembrava
arrabbiatissimo e la contadinotta tremava quando venne il suo turno.
< E tu, perché
non mi dai la traduzione? >
< Io non l’ho
saputa fare > rispose lei, < sono venuta soltanto a salutare sua maestà
perché ho tanto da lavorare in campagna e nemmeno posso più venire a recitare
con sua maestà > a questo punto balbettò qualcosa di incomprensibile perché
proprio non poteva confessargli quello che sentiva per lui, ma egli scese dal
trono e la prese per mano, e stavolta non poteva essere un’illusione, le
sorrideva e neanche questa era illusione, < Tu sei stata l’unica sincera
> disse, < vi presento la mia sposa > annunciò alle altre, che furono
costrette a lanciare alte grida di entusiasmo ed a congratularsi inchinandosi
dalla prima all’ultima con la fronte che quasi toccava terra.
Egli accarezzò la
ruvida stoffa del vestito blu buono che quel giorno, come i precedenti giorni,
lei indossava, si tolse il manto regale e glielo appoggiò sulle spalle.
(Domenica Luise o zia
Mimma)
INVITO AL DISEGNO:
I bambini che avranno letto questa favola potranno illustrarla con dei bei
disegni variopinti. I disegni potranno essere inviati allegati ad una E-mail a
questo indirizzo mariopellegrinetti@alice.it
Quelli giudicati
migliori saranno pubblicati qui sotto ad illustrazione della favola.