TITLE: Iolokus #3 - Vix te Agnovi - The Collector's Edition * Capitolo 13 * ... a volte vengo
Mi sento strano, come se mi fossi addormentato in aeroplano risvegliandomi in un altro fuso orario. La luce attutita e i suoni di una mattina nuvolosa si fanno largo a fatica fra la bambagia che circonda il mio cervello. Ho il ricordo di un incubo psichedelico in cui facevo l’amore con Scully, ma non voglio permettermi di fermarmi ad esaminarlo proprio ora. Lo conservo per future ruminazioni. Invece faccio una doccia, stando attento alle abrasioni e ai morsi che mi fanno apparire come se fossi stato violentato da un branco di mandriani di yak mongoli. Metto un cerotto sulla ferita che si sta cicatrizzando sul mio avambraccio e mi domando se i segni di quei denti fioriranno in un’altra delle mie Scully-cicatrici. Non posso guardarla prima di andare, non senza espormi al ricordo della sua liscia pelle da mostro di Loch Ness, immobile e fredda sotto di me, e di come si è insinuata nelle profondità del mio dolore. Mi vesto in modo da non dare nell'occhio, indossando il mio completo più innocuo e un'anonima cravatta da commesso viaggiatore: abbigliamento che non sembrerebbe fuori posto su un impiegato statale o su un autista del Metrobus. Spero basti questo a impedire ai genuini cittadini di Washington di lanciarmi una monetina. Strisciando come un intruso nella mia stessa casa, scendo di sotto e mi dirigo verso la porta d’ingresso. Non sento nessun rumore “alla Warwick”. Non ho nessuna ragione per essere sospettoso, nessuna ragione al mondo. Non ho mai fatto nulla di male da quando ci conosciamo; questo mio piccolo volo nel mondo libero sarebbe uno shock totale per lui. Scully avrebbe dovuto aspettarselo ma, hey! andiamoci piano con lei, è piuttosto confusa al momento. Se fosse nel pieno delle sue facoltà si sarebbe aspettata che non sarei rimasto a casa come un bruco sul suo fungo, in attesa di qualcun altro che risolva il problema George. Non riesco a permettere a me stesso di essere tenuto prigioniero, rinchiuso proprio come lo è stato George nella sua prigione canadese. Non gli lascerò sedurla o ucciderla. (Per avere una vera idea del pazzesco show che è la mia vita chiedetemi quale delle due possibilità mi dà più problemi.) E lui ha pure accennato al fatto che sarebbe venuto per Miranda. Non sono stato programmato per affrontare questo e so che il mio sistema ha seriamente corso il rischio di saltare per aria. Ho bisogno di uscire e di mettermi a caccia da solo. C’è solo un modo logico per iniziare. Farne un profilo. Fai quel dannato profilo, Spooky. Passo da “Sturbuck” per mettermi in moto e poi rimango seduto in macchina lasciando scattare i miei relè. Il comportamento di George è sempre stato bizzarro, ma ieri ci ha fornito delle informazioni cruciali. Pensa di meritare di essere me. Ma vuole la mia vecchia, fascinosa vita, quella in cui me ne andavo a spasso per il paese a prenderle da un’incredibile varietà di cose e persone. Quella in cui potevo permettermi camice “Armani” e cravatte “Hermes” ed in cui io e Scully scopavamo con traumi leggermente meno gravi. Vuole, in breve, riavvolgere la mia vita di quattordici mesi. Potrei anche lasciarglielo fare se non fosse per Miranda. Miranda, i cui pasti a tarda notte non rientrano nel suo schema delle cose. Lei non può essere cancellata come un episodio della scorsa settimana di “NYPD Blue”. Ma George non è d’accordo: sta cercando di ricostruire la mia vecchia esistenza. Per questo mi dirigo verso Alexandria, alla mia vecchia tana nel Hegal Palace. L’amministratore si trova come al solito nel suo studio. Occupandoti di un complesso di appartamenti fra i cui abitanti compare Fox Mulder non puoi non imparare il valore di un attento management. Alza lo sguardo quando entro. “Che c’è ora?” Ovviamente devo essere già stato qui, o almeno ci è stato George. “Ho qualche domanda da farle sul mio appartamento.” Sospira. “C’è stato qualche problema con la consegna? So che ama quel divano, ma non è stato esattamente facile portarlo su per le scale.” “Ho paura di dover chiarire alcune cose. Si tratta di una questione dell’FBI,” dico sventolando il mio tesserino appena rinnovato, “Ho bisogno di sapere cosa è successo dopo che lei mi ha restituito il mio deposito.” Si gratta la testa. “Perché non gli diamo semplicemente un’occhiata? Non voglio altri problemi con l’FBI.” Sposta la sua sedia per arrivare ad afferrare un fascicolo. “Okay, appartamento 42. Deposito restituito il 10 Gennaio. Appartamento ripulito, vari buchi di proiettili e danni di natura sconosciuta riparati, ridipinto, rifinitura dei pavimenti. Affittato di nuovo il 14 Marzo, cinquanta dollari in più al mese a causa dei miglioramenti attuati, deposito e primi tre mesi pagati dal suo avvocato.” E’ bello sapere che conservo ancora quell’intuito spettrale. “L’avvocato ha lasciato un biglietto da visita?” Dico. Apre il cassetto di destra della scrivania e ci fruga dentro. “Credo proprio di sì.” Dice. Amo gli avvocati, vogliono che la gente sappia cosa stanno facendo e così lasciano un lastricato di carta pari ad una strada romana. Jon Kyle, della Dallas's Lanson & Hogue, LLP. Il biglietto da visita è dello stesso colore e dello stesso font della carta da lettere intestata usata per informarmi come tutto il male che Jason aveva compiuto in vita gli era sopravvissuto. (Non so cosa sia sopravvissuto di lui a livello corporale. Non posso assicurare che sia stato interrato con le sue ossa. Forse gli erano rimaste delle ossa quando abbiamo finito con lui.) “Hey,” chiede mentre mi giro per andarmene, “è mai stata risolta quella questione con suo fratello?” Scuoto la testa. “No davvero.” Lascio che la porta si richiuda sulle sue mormorate dimostrazioni di solidarietà. Ed ora? Non è in casa, lo so allo stesso modo in cui sapevo dove sarei andato. E’ da qualche parte ad impersonare me mentre io sto impersonando lui. Potrei fare irruzione nell’appartamento e metterlo a soqquadro, questo potrebbe fornirgli una vera rassomiglianza con Fox Mulder. O forse potrei semplicemente dare una rapida occhiata in giro, per vedere cosa è successo alle mie vecchie stanze. Il “2” è stato riattaccato con due lucidi chiodini - il che mi irrita un po' - ma una volta che riesco a forzare la serratura (mai dare indietro lo strumento per scassinare le porte, fondamentale regola nelle forze dell'ordine), è come tornare indietro nel tempo. Dannazione. Ha anche quelle vecchie riviste sul tavolino da caffè. Ho portato con me a casa quel particolare numero di GQ.Immagino di aver pensato che sarei stato ancora in grado di permettermi quei completi anche con l’ipoteca e le rate dell’auto. Per un secondo provo una fitta di nostalgia per quei giorni pre-Miranda. Poi vedo i pesci morti che galleggiano nell’acquario e ci ripenso. La piccola lucina rossa sullo stereo lampeggia. C’è inserito un CD. Premo il bottone play, notando che ha programmato una sola canzone da ripetersi all’infinito. Sei solo stanotte, Merda. Le mie ginocchia cedono con uno schiocco facendomi rovinare a terra, la mia mente si rifiuta di avvolgersi intorno a quelle parole. Sei solo stanotte, Oh Dio per favore no. Non la scorsa notte. Non posso averlo fatto. Lei era gelida sotto di me. Ti spiace che ci siamo separati? Gelida come la morte, gelida come… Io devo fermarlo. Fermarlo prima che faccia del male a Scully o Miranda. Ingoio la bile che corrode la mia gola e mi alzo, cacciando qualunque parte umana sia rimasta di me in un angolo sicuro per entrare nei famigliari pensieri dell’analisi e del creare un profilo. La camera da letto è davvero interessante. Non è riuscito a ricrearla altrettanto bene come il soggiorno… il copriletto è della sfumatura di verde sbagliata e mancano le due torri gemelle di biancheria sporca e pulita sopra di esso. (C’è da chiedersi perché dormissi sempre sul divano?) Sul mobile sono sparse alcune foto in stampa granulosa di me… quella del mio tesserino di identificazione, la foto del file del database dell’FBI e lo stesso per Scully. Beh, quasi. Effettivamente ha praticamente tappezzato le pareti con le foto della mia piccola divina diavoletta. Fotocopie a colori, istantanee prese a distanza in vari stati di sfuocati capelli rossi e quella che sembra la foto di un annuario. Merda. Mi avvicino alla foto fotocopiata in formato poster. Non avrei mai potuto riconoscerla, capelli cotonati, labbra splendenti per il lucidalabbra, occhi contornati di linee scure allora alla moda e il luccichio famigliare di un apparecchio sui suoi denti. Scully a 18 anni. Chi lo avrebbe immaginato? Sembra dolce e invitante come un daiquiri alla fragola. I tuoi
ricordi ti portano a un giorno di sole più splendente Ma… quello nelle foto è il vero me o il “lui” me? Una foto di giornale sfuocata giace sulla scrivania. Una vecchia foto. Io e Scully stiamo uscendo da un tribunale ad Anne Arundel County. Non posso ricordare il caso, ma dal mio taglio di capelli deduco che si tratti del 1997… Scully era magra per il cancro in quei giorni. Ha preso uno spesso pennarello nero è disegnato il filo spinato intorno al mio collo. Questo deve essere stato il suo modo per rimpiazzarmi. Mi domando se ti senti sola stanotte Il mio riflesso tremola nel vetro argentato. Il pennarello è ancora lì sull’armadio e io lo afferro. Scrivo sulla fredda superficie dello specchio in spesse lettere nere, fottendomene delle impronte digitali… anche perché le nostre sono comunque identiche. “Cosa ti sta divorando, George?” Amore, stavi mentendo quando dicesti che mi
amavi Non mi preoccupo di chiudere la fottuta porta quando me ne vado. La voce del Re impastata dalla droga mi segue lungo il corridoio. Con solo desolazione intorno a me Se aspetto abbastanza si farà vedere. Torno in macchina e mi siedo al posto del guidatore. Le station wagon non sono troppo comuni tra i giovani scapoli che popolano quest’area della città, ma per la stessa ragione è improbabile che qualcuno pensi che ci sia un poliziotto che guida questa cosa. Passano due ore durante le quali fisso la mia ex-porta d’ingresso restringendo la mia attenzione alla grandezza di un pixel. Niente importa se non la mia caccia per George. E come Caino, ho dei piani per il mio fratello mangiatore di carne. Se il tuo cuore è colmo di dolore, potrei tornare da te? *** L’ufficio della dottoressa Shimada mi chiama alle 9 svegliandomi da un sonno profondo. Mulder se n’è già andato, quasi sicuramente a giocare con Miranda. Comunque, le notizie che ricevo fanno scomparire Mulder dalla lista delle mie priorità. Il mio Pap Test è risultato normale, ma quando l’infermiera ha cercato di inserire i risultati nel mio vasto fascicolo ha scoperto che era scomparso. Seguenti indagini hanno rivelato graffi sia sulla serratura della porta che sui cassetti in cui erano contenuti i fascicoli. “Mi lasci parlare con la dottoressa Shimada.” “Non è ancora qui. Deve essere in ritardo…” Mi sento dispiaciuta per la capo ufficio, queste cose non rientrano decisamente tra le sue mansioni. “Mi ascolti, io sono un’agente Speciale e se il mio fascicolo è scomparso la dottoressa potrebbe essere in pericolo. Ho bisogno di mettermi in contatto con lei.” Panico tinge la voce della donna. “Ho cercato di raggiungerla, ma non risponde né al cellulare né al cercapersone. Non è neppure a casa…” “Mi dia il suo indirizzo.” Sono perfettamente calma quando chiamo Ralph Williams e mi faccio venire a prendere. Quando arriviamo bussiamo alla porta e poi la buttiamo giù… ci preoccuperemo di giustificare la cosa ad un giudice più tardi. L’irruzione comunque non porta a nulla. Non ci sono segni che la dottoressa Shimada sia rientrata a casa ieri sera. La sua posta è ancora sparsa sul pavimento dove è caduta dopo essere stata infilata dal buco nella porta. La luce del sole mattutino è brillante e chiara; non importa quali orrori illumini. Ralph si occupa di mettere in atto la ricerca per il Ford Explorer della dottoressa Shimada. Io mi avvolgo nel senso di colpa. Avrei dovuto pensarci… qualunque stupido avrebbe potuto notare che il personale femminile impiegato nel settore sanitario tende ad avere vita breve intorno a me. Proprio com’è accaduto con Pendrell e non sapevo neanche il suo nome. Potrei tornare da te… “Ho pensato ad una cosa.” Dico all’aria. Ralph non si vede da nessuna parte. Beh, almeno ho provato a farglielo sapere… penso mentre mi dirigo alla macchina. Il mio appartamento sembra quello di un estraneo. Una gialla luce primaverile si insinua soffocante attraverso le tende tirate quando apro la porta. E’ più pulito di quanto mi ricordassi, ma effettivamente ci ha messo mano Zippy. “Amore, sono a casa.” Dico. Oh, già. Dimenticavo, non sono sposata. L’aria è stantia. Pure il pulviscolo polveroso non si muove molto. Riconosco a fatica il posto. Non dice nulla di quello che sono. Non che quell’arredo potrebbe facilmente spiegare me stessa. Le foto potrebbero essere arrivate già con le cornici per quel poco di reazione emotiva che mi suscitano. Attraverso la stanza, tenendo la pistola puntata davanti a me, tenendomi alla larga da ogni angolo che potrebbe nascondere George. Il mio respiro è graffiante come un artiglio nel silenzio. Raggiungendo l’altro lato della stanza, accendo le luci e continuo verso la camera. La mia schiena è contro il muro, per proteggere il mio lato cieco, mentre mi avvicino di centimetro in centimetro alla porta chiusa. Dannazione, mi piacerebbe sapere come aveva lasciato il posto Zippy. Uno, due, tre. Do un calcio alla porta aprendola e punto la pistola contro la figura in attesa sul mio letto. Non può essere morta da molto, penso intontita mentre osservo la scena. La dottoressa Shimada è stata strangolata, senza dubbio, ma lo scherzo consiste in come George l’ha vestita. Al posto di rivestirla nei suoi seri abiti da dottore, ha scovato la mia camicia da notte verde smeraldo che avevo comprato in Arizona con i soldi di Mulder tutti quei mesi fa. Sono sorpresa che sia stato in grado di trovarla, a dire la verità, è da parecchio che non mi vesto con cura per andare a letto. Il colore della seta contrasta con il suo volto cianotico e in più lei pesava una quindicina di chili più di me. Shock, sono sotto shock e invece devo rimanere all’erta. Con la mia mano sinistra estraggo il cellulare e premo redial. “Williams.” “Ho bisogno di te al mio appartamento, ora. Ho trovato la dottoressa Shimada.” Riappendo prima che possa farmi una qualsiasi domanda. Poi sento la musica, la mia mente riempie i vuoti delle parole che non sento mentre mi giro verso la porta. Il tuo cuore è colmo di dolore, potrei tornare da te stanotte? Una stanza gelida. Una stanza così gelida. “Perché parli con lui quando potresti parlare con me?” George è nel corridoio, la sua ombra visibile sulla parte del pavimento che riesco a vedere. “Vieni qui così potremo scambiare due chiacchiere.” Suggerisco io. “Proprio come ai vecchi tempi? Ricordo la prima volta che ti ho posseduta… beh, ok, la prima volta, nella doccia, per la maggior parte del tempo hai gridato. Ma quella notte, quello che tu hai detto era così bello… non farmi del male… Mi è piaciuto molto.” “Non eri tu, stupido bastardo.” Dico in una voce che è scossa come San Francisco durante un terremoto. “Davvero?” Si fa un mezzo passo più avanti. “Trovo così difficile ricordare. Avevi un profumo diverso allora… profumo di fiori.” Dovrei fare fuoco dalla porta, è piuttosto vicino, ma potrebbe non essere in grado di reagire per tempo e mi ci vorrebbe solo un buon colpo. Ma non posso liberarmi dell’assoluta certezza che lui sappia quello che sto pensando. Mulder saprebbe cosa sto pensando. Sarebbe pronto e mi ucciderebbe. E lo farebbe con cura e lentamente, non come nel grottesco scenario arrangiato per la dottoressa Shimada. No. Questa è solo una scappatoia. Non ho paura che potrebbe uccidermi… ho paura che non lo faccia, che sia in grado di completare la mia conversazione come Bonnie per il suo Clyde o come la sposa del mostro di Frankestein. Non so se è rimasta una parte sufficiente di me stessa per oppormi a questo e per non accettare la morte invece. Rimango in piedi con il corpo che si raffredda dietro di me, aspettando che lui si faccia avanti… non riesco costringermi a varcare la porta. Invece mi lancio in avanti e chiudo la porta con un calcio. Se ha intenzione di entrare sarò pronta. Potrei essere in grado di sparargli, sparare in faccia all’uomo che ha lo stesso aspetto, lo stesso profumo e la stessa voce di Mulder, guardandolo morire. Lo specchio sulla porta tremola leggermente, scosso dall’urto e vedo la mia pallida faccia segnata ondeggiare davanti a me. E’ come se stessi puntando la pistola contro la mia gola martoriata. “Non puoi rimandare questo per sempre.” La voce è leggermente attutita dalla porta, ma anni di pratica mi permettono di interpretarla. “Devi deciderti, George, bacia o uccidi. Non mi piacciono gli uomini che fanno giochetti.” “Riusciresti a fregarmi. Ma sei tu quella che sta rendendo tutto difficile. E’ lui, lui e quella miagolante mocciosa… ti stanno distraendo. Dio, Scully, guardati intorno! Non puoi combattere una cospirazione mondiale mentre indossi uno Sugli.” E’ vicino, così vicino, probabilmente in piedi davanti alla porta. La sua mano potrebbe essere sul pomo di vetro della maniglia mentre parla. “Vuoi combattere la cospirazione? Come hai fatto ad uscire dalla cella della Roush, George? Come stai finanziando le tue attuali scelte di vita?” “A volte occorre fare dei compromessi per raggiungere verità più grandi. Non sono orgoglioso di tutto quello che ho fatto, ma è stato necessario.” Se non avessi saputo che “tutto” potesse comprendere l’omicidio e lo stupro sistematico di numerose donne innocenti, forse avrei quasi potuto trovarlo plausibile. Infatti l’ho fatto quando è stato il vero Mulder a dirmelo. Il mio dito trema sul grilletto; so di volerlo morto non perché è un killer, non perché sta dando la caccia a Mulder e Miranda, ma perché mi ha confuso e mi ha sconvolta. Se lo uccidessi sarebbe per le ragioni sbagliate, non ci sarebbe neanche quella sorta di giustificazione che ho usato per la questione dei bambini in Arizona. Ronza come il tremolare di una luce fluorescente. Se il tuo cuore è colmo di dolore, potrei tornare da te? Chiudendo gli occhi e alzando la mano sinistra per coprirmi, faccio fuoco. Lo specchio esplode e io percepisco una pioggia di frammenti. Una affonda nella mia guancia e io accolgo con gratitudine il sangue che ne scorga. Non appena oso apro gli occhi. La Sig non è fatta per sparare attraverso le porte, ma è un’arma atta tutte le necessità. Lo specchio e una buona porzione della porta sono storia. Non riesco a vedere nulla che si muove quando guardo attraverso il buco. Poi sento la porta d’ingresso chiudersi e quasi mi metto a singhiozzare per il disappunto. E’ scappato. Strategia classica. Se mi stessi guardando in un film starei gridando “Non uscire da lì”. E così faccio. Dannatamente eroico. Sono al novanta percento sicura che sia ancora là fuori e non ho nessuna intenzione di dargli modo di uccidermi così… facendomi apparire come una stupida. Il mio braccio è colpito da crampi quando finalmente Ralph arriva con la cavalleria. |