TITLE: Iolokus #3 - Vix te Agnovi - The Collector's Edition * Capitolo 10 * ...e poi in sogno, Dopo cena vado a ritirarmi nello studio per leggere gli ultimi scherzi e aneddoti divertenti che Emerson mi ha forwardato. Sono esilaranti. Metà dei ragazzi sta sprecando il suo talento naturale per la commedia e io ridacchio sopra il lieve ronzio del baby monitor. Ricevo lettere sia da Emerson che da Aileen ad un ritmo di due al giorno, quelle di Aileen riguardano più che altro la cura e il nutrimento del loro erede, Samuel, e le sue lamentele sulle personali idiosincrasie di Emerson. Sembra che la sua nuova fissazione sia che le scarpe non fanno bene ai piedi e che quindi abbia emanato un editto per cui ognuno deve andare a piedi scalzi in casa. Aileen ha avuto una bella discussione sull'effetto della cosa sui loro pavimenti di legno. I messaggi di Emerson hanno la lunghezza di pagine di diario nei quali documenta gli eventi del giorno e annota alcuni aneddoti del suo periodo più felice nell'infanzia e colorite cyber-scappatelle dei giorni del MIT. Io cerco di fare del mio meglio per contraccambiare, sperando che questo sia il modo migliore per arrivare a conoscere mio fratello, ma io non batto a macchina velocemente come le dita di Speedy e temo che metà di quello che gli invio siano delle lamentose autocommiserazioni. Inoltre non posso davvero fornirgli dei resoconti giornalieri: due violentatori di bambini seriali, cinque rapitori ed una pernice su un albero di pere non rappresentano esattamente i perfetti argomenti per una conversazione famigliare neanche nella mia famiglia, per non parlare delle questioni confidenziali. Quella notte sono stato tentato di raccontargli i recenti sviluppi riguardanti George, ma visto che non c'era nessuna indicazione che il nostro gemello malvagio stia viaggiando verso di lui, ho deciso di non far preoccupare lui e Aileen più del necessario. Hanno già abbastanza pensieri per la testa con l'imminente azione legale che vogliono lanciare contro la Microsoft. Io ho George e lui ha Bill. Ho appena aperto un messaggio di Danny che mi suggerisce di dare un'occhiata al sito russo pornografico che ha appena trovato. Clikko sul link e la prima tornata di foto di corpi nudi appare sullo schermo quando la porta dello studio si apre dietro di me. "Ricerca?" Chiede Scully in quella voce rauca letalmente sexy che ha ora. "Uh... lo sai, Danny." Balbetto schiacciando "torna indietro" il più velocemente possibile. "Giusto." Dice in un tono che indica che ha intuito il basso livello di verità nella mia ultima frase. "Ti senti un po' meglio?" Chiedo. "Il collo intendo..." "Meglio. Non bene ma meglio." Con la libertà di avere una casa tutta mia, ho sistemato il portatile su un tavolo che si affaccia sulla finestra che dà sul cortile posteriore. Il tramonto primaverile fa risaltare le linee scure delle trincee scavate da Frohike e i ragazzi come impronte di camion sul verde sbiadito che dovrebbe corrispondere al prato. "Sembra che tu abbia a che fare con delle talpe mutanti giganti." "Se avessi iniziato a parlare di talpe mutanti un anno fa mi avresti portato a fare degli esami del sangue per verificare che droghe stavo assumendo." "Io non ho detto che si tratti di talpe mutanti giganti, ho detto solo che sembra opera di talpe mutanti giganti." Dice con voce scherzosa e, anche se le volto le spalle, so che sta ridendo. "Stai sostenendo che quei fossi hanno caratteristiche assimilabili all'opera di talpe mutanti giganti?" "No, solo che quei fossi potrebbero essere stati causati da qualcosa di simile a talpe mutanti giganti," le sue mani si appoggiano sulle mie spalle incominciando a massaggiare i muscoli sempre tesi quando indugio troppo a lungo sulla tastiera, "se - di fatto - le talpe mutanti giganti esistessero davvero... ma non è così." Le sue dita, forti e sicure, sciolgono ogni nodo meglio di qualunque "Magic Finger" da hotel. "Solo perché non li ha mai visti neghi la loro esistenza. Vogliamo parlare del Coelacanth? Era stato ritenuto estinto fino a quando dei pescatori hanno riferito ad un paleontologo di averne catturati degli esemplari con le loro reti. E che dire del pesce gatto gigante bianco che è stato avvistato nel Rio delle Amazzoni?" "Il... pesce gatto?" "E' un grande pesce bianco. Potrebbero esserci delle talpe mutanti giganti che si nascondo anch'esse in Sud America." "Ci sono rane giganti nelle paludi del Rio delle Amazzoni che arrivano alle dimensioni di un bambino di due anni." Se si fosse trattato di qualcun altro avrei potuto pensare che mi stesse prendendo per i fondelli. Ma sono estasiato da queste chiacchiere indolori, dal profumo dei suoi capelli e dal modo rilassante in cui le sue mani si muovono sulla mia schiena. Non posso sopprimere un mormorio di piacere animalesco, come quello di un cucciolo a cui grattano la pancia. "Non te l'ho ancora detto, ma questa casa, l'intero ambiente che hai creato per Miranda... è stupendo. E' una casa. Una vera casa." Le sue dita sfiorano il mio collo. "E tu sei un genitore migliore di quanto avrei mai potuto essere io." Mi domando quanto le costi dire queste parole. "E' solo grazie ad un benessere guadagnato in modo sporco e Jason non..." Non mi preoccupo di finire la frase. "Allora cosa hai intenzione di fare?" Mi chiede. "Non lo so." Le mani di Scully si allontanano e io sono brevemente in lutto per la loro perdita, fino a quando si china su di me, i suoi seni caldi premuti contro la mia schiena, mi disconnette da Internet e spegne il mio portatile. I suoi capelli sono sul mio volto e io non riesco ad impedirmi di nascondermi tra di loro mordicchiandole l'orecchio. Scully emette una breve risata divertita e chiude il computer. Io la ricambio tirandomela in grembo. E' così strano vederla semisdraiata sulle mie gambe nel suo completo professionale blu, cerniere e bottoni di dura plastica che promettono di svelare conturbanti segreti, con solo una punta di bianco della sua maglia di seta che spunta dalla scollatura a "V" della giacca. Così severa, così competente; mi appenderebbe al muro se solo dessi voce a questi pensieri e così mi devo accontentare di sorridere come uno stupido. Mi porta le braccia al collo incominciando a massaggiare i miei lobi delle orecchie con le sue piccole dita calde. "Voglio che vada tutto bene." Dice a bassa voce, fissando la vena che sento pulsare sulla mia gola. "Sono messa da schifo attualmente. Non ho avuto... nulla... a cui appigliarmi in tutto questo tempo. Se sai di non poter aver pazienza con me dimmelo ora... e io non cercherò il tuo aiuto." Potrei dirle che sarò la sua ancora, ma anche con una bambina e una casa sulle spalle mi sento più simile ad una boa in balia dei flutti. "Dimmi solo quello di cui hai bisogno." Respiro fra i suoi capelli leggeri che profumano di aloe e mentre lo faccio penso che sarà meglio comprarle un set da bagno nuovo tutto per lei oppure Warwick e io finiremo per fare a botte per esserci confusi. Poi Scully mormora. "Fai l'amore con me, Mulder." E i pensieri di igiene evaporano. Non è costretta a torcermi il braccio. *** Una volta sorpreso, la seconda più attento. Questa volta, Mulder ha la presenza di spirito di chiudere la porta della stanza buia. Guardo la forma della sua ombra muoversi velocemente verso il cassettone e vedo il bagliore di un fiammifero quando accende una candela. E' una piccola candela blu votiva e la stanza si riempie del profumo dell'oceano. "Ingveld," dice lui in tono colloquiale. "Le candele la rendono felice. Non so se è una cosa tipica delle ragazze o se lo fa perché ha paura quando va via la luce. I fili elettrici in questa strada sembrano essere dotati di volontà propria." "Sei un normale padrone di casa adesso, non è vero?" La voce mi trema come la fiamma della candela. "Beh, ho cominciato," ammette lui, mentre la luce fa apparire le ossa del suo viso più aguzze, "a preoccuparmi del prato davanti casa." Farei una risata nervosa, ma lui attraversa la stanza con un paio di veloci falcate e le sue mani sono fredde sul mio viso bollente. Le sue dita mi scorrono sul naso, sui sopraccigli e sulle labbra, come se stesse imparando a conoscere il mio viso tramite esse. Un formicolio mi nasce dallo stomaco e si insinua sotto la mia pelle, come fosse una piuma elettrica. Voglio chiudere gli occhi, ma ho paura che lui si fonda all'oscurità di nuovo e mi lasci sola. "Le cose saranno diverse," mi dice, mentre mi infila le dita nei capelli. "Definisci... diverse." gli chiedo. Le sue labbra sono fredde foglie d'autunno. La morsa nervosa che mi attanaglia lo stomaco comincia ad allentarsi. "Diverse come una talpa mutante gigante - bizzarre, strane, con una base nel terreno," mi sussurra sul lato della faccia. Dio mi aiuti... nitrisco. "Guardala in questo modo: niente più stanze d'albergo, niente più farlo di nascosto, niente più paura di essere rimproverati... siamo in sezioni diverse adesso ed a nessuno importa più un cavolo." continua, angolando la testa per baciarmi di nuovo. "A qualcuno importava prima?" Alzo le braccia affinché lui possa sfilarmi la maglietta. Il cotone struscia contro la mia gola ferita, svegliando i nervi brutalizzati. "A me importava." ora le sue mani passano alla vita dei miei pantaloni, li sbottonano e tirano giù la zip mentre io ondeggio fino al letto, con pantaloni, calzini e scarpe che colpiscono il pavimento. Mi stendo e lo guardo mentre si sveste, brillante come una statuetta degli Oscar nella calda e tremolante luce della candela. Getta i calzini nel cesto della biancheria sporca che sta nell'angolo della stanza, fermandosi un attimo per apprezzare il suo canestro da tre punti, poi si toglie la camicia, offrendomi il gradevole panorama del suo ampio petto solido e delle compatte braccia muscolose. Quasi cade quando gli rimane il piede impigliato nei miei vestiti aggrovigliati, ma si riprende con agilità e si lascia cadere sul letto con efficienza presidenziale. "Potremmo..." gli sussurro nella bocca mentre ricomincia a baciarmi, "farci vedere insieme in pubblico." "Non sia mai." dice lui sogghignando, mentre intreccia le sue dita alle mie. La sua bocca è formidabile quanto la ricordavo. Ansimo mentre mi esplora l'attaccatura dei capelli e assaggia la carne sul retro del mio orecchio, scendendo fino a dove cominciano i lividi che ho sul collo. Dopo tanto tempo trascorso solo con amanti immaginari, sentire una vera umidità e pressione sulla pelle è una rivelazione. "Ti comporterai bene?" "Naturalmente." Non si è attaccato ad un avverbio, dopo tutto. All'improvviso si allontana da me, indietreggiando nel letto, e mi copre con il lenzuolo. Indietreggia ancora, va sotto il copriletto, fino a scomparire del tutto. "Che stai facendo?" dico nervosa, apparendo troppo bisognosa. Ha acceso la candela, andrà tutto bene, veramente. "Sono una talpa mutante gigante," brontola lui dal suo nascondiglio. "Cerco vergini umane per accoppiarmi." Mi copro il volto con le mani e scuoto la testa ridendo sollevata. "Niente vergini qui, ci sono solo io," dico appena riesco a recuperare una sembianza di calma. Le sue mani appaiono da sotto il copriletto e mi afferrano le caviglie, le sue dita tracciano percorsi familiari su per i miei polpacci fino all'interno delle cosce. La sua testa è ancora nascosta. "Andrai bene lo stesso," sento e poi lui mi tira verso la sua tana di coperte. Non posso evitare lo sciocco sorriso che mi tende le labbra fino a farmele quasi dolere. "Sai, penso di aver visto un film sullo Sci-fi channel." Senza aspettare oltre, la sua testa si sistema tra le mie gambe e comincia a darmi delle leccate del tipo più piacevole. La testa mi cade all'indietro e gemo contenta. Con una mano lui scosta le coperte per potere guardare verso l'alto. "Sei sicura non fosse il PlayBoy channel?" Con l'altra mano continua a disegnare righe sulla mia coscia mentre mi tiene premuta contro il materasso. "Torna a lavoro, ragazzo talpa." Lui sbuffa, il che causa una sensazione veramente intrigante, e china nuovamente la testa. Mi guarda in faccia mentre affonda la lingua dentro di me. Mi sento più leggera dell'aria, come se stessi volando sul dorso di un gabbiano. Coi talloni traccio linee su e giù per la sua schiena e la luce della candela trasforma il soffitto in un campo di grano carezzato dal vento. L'aria è calda a causa del fuoco e del nostro ardore. Mi sollevo e riesco a catturare la sua testa tra le mia mani, gli carezzo i capelli - li porta un po' più corti in questo periodo, noto - mentre lui preme il naso contro il mio stomaco. Poi si solleva e si attacca al mio seno destro, spostando la mano dove prima era la sua bocca. Dovrebbe veramente registrare quella bocca - diavolo, tutta la sua persona! - come arma letale, penso mentre gemo felice. Il suo pollice gira intorno al mio clitoride, solleticandolo ma non creando un vero contatto, mentre mi penetra con un lungo dito. Ora posso accedere meglio al suo corpo, e gli circondo le spalle con un braccio, stringendolo a me.
Lo osservo succhiare, con gli occhi chiusi, concentrato, mentre strofina le sue dita dentro e fuori di me, nello stesso tempo girando intorno al mio capezzolo con pennellate della sua ruvida lingua e l'occasionale morsetto coi denti che mi fa vedere lampi bianchi di stelle. Ho bisogno di avere di più, di sentirlo sopra di me, che mi copre e mi nasconde dal resto del mondo come una lastra di cemento in un rifugio antiatomico. Gli afferro le spalle, proprio al centro di quelle meravigliose curve mascoline di muscoli, e tiro forte. Lui sa quello che voglio e si ferma solo il tempo necessario per prendere un preservativo sul comodino. Lo fisso intensamente, così che capisca che non deve romperlo nella fretta; non ce la farei ad aspettare un secondo tentativo. Lui mi fa un sorriso tremante e apre il pacchetto. Devo sorridere a mia volta di fronte al suo nervosismo; se rovina le cose, sarò costretta a rimbalzargli su e giù sulla faccia come uno yo-yo. E non è che sarebbe un destino così terribile. Sibilo in agonizzante piacere mentre mi penetra. "Voi talpe mutanti giganti avete alcuni vantaggi rispetto agli uomini normali," mormoro appena ho la voce sotto controllo. Lui mi lecca l'orecchio, facendomi inarcare la schiena e premere contro il suo bacino. "Sai che siamo esperti in..." Lo interrompo alzando le gambe, in modo che le mie ginocchia si posino proprio sotto le sue ascelle e gli stringo forte il torso mentre spinge violentemente avanti e indietro. "Se usi la parola 'buco' in questo momento, non rispondo delle conseguenze," ansimo. Con la mano destra mi prende la caviglia, carezzandola piano, usando il pollice per massaggiare la pelle sensibile sotto il piede, mentre insinua la sinistra tra i nostri corpi che martellano selvaggiamente e ricomincia a carezzare il punto che aveva prima abbandonato. "Stavo solo per dire che siamo abituati a lavorare con le mani," dice con ingannevole dolcezza, mentre l'orgasmo mi coglie all'improvviso. Premo la guancia contro la sua barba della sera in modo da non fargli vedere le lacrime; non capirebbe. Con le mani gli massaggio le scapole, come fossero ali piegate di un angelo, fino a che viene anche lui. |