Parità scolastica
STORIA DEI RAPPORTI STATO-CHIESA
La Chiesa ha potuto gestire per secoli, pressoché in esclusiva, l'educazione degli italiani. Solo la nascita dello Stato unitario, contro cui si batté e che non riconobbe fino all'avvento del fascismo, riuscì a creare dei problemi a questa rendita di posizione: diverse leggi (1859 Casati, 1877 Coppino) sancirono la fine del predominio delle scuole cattoliche, abrogando anche l'insegnamento della religione (non per le elementari).
La presa del potere da parte di Mussolini ripristinò (1923 riforma Gentile, 1929 Concordato) lo status quo. Con il suo crollo, il fronteggiarsi di laici e cattolici nell'Assemblea Costituente produsse i contraddittori risultati dell'art. 33 del testo costituzionale: in sostanza si individuava nello Stato l'ente dirigente (secondo comma), lasciando la libertà a chi volesse di istituire altre scuole senza oneri per lo Stato (terzo comma), demandando alla legge l'applicazione (quarto comma).
Nel dopoguerra la quasi ininterrotta serie di ministri democristiani alla Pubblica Istruzione lasciò più o meno invariata la situazione, e dopo il Concilio ed il Sessantotto la discussione si incentrò soprattutto sulla qualità della scuola.
L'elezione di Wojtyla a papa, ed il ritorno del Vaticano ad una visione integralista dell'educazione, hanno portato prima all'approvazione delle modifiche del Concordato, poi a richieste sempre più pressanti di finanziare l'esangue diplomificio cattolico.
(estratto)
33.
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sulla istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per la ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
34.
La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
L'inserimento nel programma elettorale dell'Ulivo (tesi 66) di uno specifico riferimento alla necessità di una forma di parità tra scuola pubblica e privata, precondizione necessaria per l'alleanza tra centro e sinistra, provocò dopo la vittoria elettorale del 1996 l'inizio di una accesa discussione sul tema.
Ma il crescere delle pressioni delle gerarchie vaticane nei confronti del tentennante ministro Berlinguer (memorabile l'esplicita richiesta di 4 milioni annui ad alunno formulata dal cardinal Ruini, per non parlare della manifestazione del 30 ottobre 1999 in piazza san Pietro con più di 100.000 urlatori che chiedevano "libertà, libertà") spinsero alcune regioni a cercare qualche "scorciatoia" per ingraziarsi il favore cattolico (clicca qui per un documento del Comitato per la Scuola della Repubblica).
La Lombardia guidata dal ciellino catto-integralista Formigoni non poteva non essere in prima fila, inventandosi un buono scuola (fino a 2 milioni per studente) che, nei fatti, è precluso agli alunni frequentanti le scuole pubbliche (per maggiori informazioni vai allo speciale scuola). Il Governo Amato aveva sostenuto l'incostituzionalità del provvedimento: tesi fatta poi cadere dal Governo Berlusconi.
Se la scelta lombarda, visto chi la guidava, poteva anche essere messa in conto, sorprendente è stata la decisione dell'Emilia Romagna di stanziare 12 miliardi per finanziare studenti disagiati, pubblici o privati che fossero.
Fin dall'inizio l'opposizione laica al nuovo andazzo è stata molto forte.
Il 13 novembre 1998 Giorgio Bocca, Critica liberale, Alessandro Galante Garrone, Vito Laterza e Paolo Sylos Labini pubblicarono un "Manifesto laico" (clicca qui per il testo completo) che raccolse 25.000 adesioni.
L'11 dicembre 1999 più di 50.000 manifestanti ("pasdaran", li ha definiti Avvenire) scesero in piazza a Roma per la scuola pubblica, con una copertura mediatica infinitamente inferiore ai "pasdaran" cattolici.
L'entrata in vigore della legge sulla parità ha suscitato aspre reazioni, una per tutte quella dell'astrofisica Margherita Hack: "lo stato deve istruire, non finanziare"
Secondo il Forum per la scuola della repubblica, che raggruppa associazioni ed attivisti laici, "con questa legge si apre la via al radicale mutamento del modello del sistema scolastico italiano definito dalla costituzione: le scuole private saranno intercambiabili con quelle pubbliche, lo stato e gli enti locali saranno progressivamente deresponsabilizzati dall'istituire scuole, la libertà di insegnamento, di apprendimento e il pluralismo delle idee potranno essere conculcati".
Altri documenti negativi sono reperibili in rete presso il sito dei Cobas-Scuola.
La stragrande maggioranza degli italiani, l’83,3% secondo un sondaggio, preferirebbero migliorare la scuola pubblica piuttosto che dare più spazio alle scuole private.
Per i cattolici è solo una tappa: la parità nei contributi non va bene. Poiché nelle loro scuole si spende di più, quindi anche i fondi devono essere maggiori!
Mons. Caporello della CEI ha testualmente affermato: "La delusione c’è, perché sul piano dell’effettiva parità, che deve essere necessariamente anche economica, in questa legge abbiamo delle provvidenze soltanto per le scuole elementari e materne e per le famiglie bisognose", chiedendo anche "un'accelerazione". Padre Perrone, di un ente scolastico della CEI, ha quantificato il finanziamento necessario nell'80 per cento della retta!
Molti (Compagnia delle Opere, ad esempio) si sono anche lamentati dei vincoli (in realtà pochi) previsti dalla nuova legge, reclamando più ampi margini di manovra.
Duro
il
commento
dell'Associazione
famiglie
delle
scuole
cattoliche
che
criticano
l'atteggiamento
del
Governo
e
la
decisione
della
Camera.
"I
partiti
d'ispirazione
cristiana
della
maggioranza
hanno
approvato
una
legge
truffa
-
si
legge
in
un
comunicato
-
che
rappresenta
un'ulteriore
limitazione
delle
libertà
delle
scuole
non
statali,
e
impedisce
la
libera
e
realmente
pari
possibilità
di
scelta
educativa
alle
famiglie".
Il
fatto
che
i
loro
istituti
siano
meno
competitivi,
con
insegnanti,
frequentemente
sacerdoti,
scelti
non
certo
in
base
alla
loro
preparazione,
e
che
per
questo
motivo
abbiano
avuto
un
drastico
calo
nel
numero
degli
alunni
con
conseguente
chiusura
di
molte
scuole
(219
negli
ultimi
14
anni)
non
li
sfiora
minimamente.
Anche
la
motivazione
che
spingeva
i
genitori
a
questo
tipo
di
scelta
(la
garanzia
di
un
"controllo"
più
efficace
nei
confronti
dei
propri
figli)
sta
venendo
meno
con
il
tempo.
Con la nuova legislatura i cattolici sperano di realizzare i loro disegni di parità scolastica. Li aiuta senz'altro la presenza, al Ministero per la Pubblica Istruzione, di Letizia Moratti, che al Meeting di Comunione e Liberazione dell'agosto 2001 ha lanciato la parola d'ordine "non deve più esistere il monopolio pubblico dell'istruzione". Il leader del CDU ha fatto anche di peggio, proponendo una semplice proposta di legge volta ad eliminare dall'art. 33 della Costituzione la clausola "senza oneri per lo Stato".
COSA VUOLE VERAMENTE IL VATICANO
Per sapere come il Vaticano concepisce l'educazione, e a quali rischi si va dunque realmente incontro proseguendo con questo atteggiamento accondiscendente, conviene rileggersi cosa riportano alcuni testi promulgati da Wojtyla.
CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA:
Canone 1793: "L'educazione della coscienza è indispensabile per essere umani esposti a influenze negative e tentati dal peccato a preferire il loro proprio giudizio e a rifiutare gli insegnamenti certi".
Canone 2229: "I genitori, nei limiti del possibile, hanno il dovere di scegliere le scuole che li possano aiutare nel migliore dei modi nel loro compito di educatori cristiani. I pubblici poteri hanno il dovere di garantire tale diritto dei genitori e di assicurare le condizioni concrete per poterlo esercitare".
Quanto ai metodi:
Canone 2223:"... chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta... Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio..." (peraltro una citazione biblica)".
CODICE DI DIRITTO CANONICO:
Canone 794: "A titolo speciale il dovere e il diritto di educare spetta alla chiesa...".
Canone 797: "E' necessario che i genitori nello scegliere le scuole godano di vera libertà; di conseguenza i fedeli devono impegnarsi perché la società civile riconosca ai genitori questa libertà e, osservata la giustizia distributiva, la tuteli anche con sussidi".
Canone 799: "I fedeli facciano di tutto perché nella società civile le leggi, che ordinano la formazione dei giovani, contemplino nelle scuole stesse anche la loro educazione religiosa e morale, secondo la coscienza dei genitori".
Canone 800: "E' diritto della Chiesa fondare e dirigere scuole di qualsiasi disciplina, genere e grado. L'istruzione e l'educazione nella scuola cattolica deve fondarsi sui principi della dottrina cattolica; i maestri si distinguano per retta dottrina e per probità di vita".
Canone 804: "All'autorità della Chiesa è sottoposta l'istruzione e l'educazione religiosa cattolica che viene impartita in qualunque scuola o viene procurata per mezzo dei vari strumenti di comunicazione sociale; spetta alla Conferenza Episcopale emanare norme generali su questo campo d'azione, e spetta al Vescovo diocesano regolarlo e vigilare su di esso".
Canone 807: "E' diritto della Chiesa istituire e dirigere università di studi, che contribuiscano ad una più profonda cultura degli uomini e a una più piena promozione della persona umana e altresì ad adempiere la funzione d'insegnare della Chiesa stessa".
Canone 809: "Le Conferenze Episcopali curino che ci siano, se possibile e conveniente, università di studi o almeno facoltà, distribuite in modo appropriato nel loro territorio, nelle quali le diverse discipline, salvaguardata senza dubbio la loro autonomia scientifica, siano studiate e insegnate, tenuto conto della dottrina cattolica".
Canone 813: "Il Vescovo diocesano abbia una intensa cura pastorale degli studenti, anche erigendo una parrocchia, o almeno per mezzo di sacerdoti a ciò stabilmente deputati, e provveda che presso le università, anche non cattoliche, ci siano centri universitari cattolici, che offrano un aiuto soprattutto spirituale alla gioventù".
In poche parole, la Chiesa si arroga il diritto di intervenire nell'istruzione statale, mentre lo stato non deve mettere il becco nell'educazione cattolica: ed in generale l'ultima parola è sempre meglio lasciarla a parroci e vescovi. Niente di nuovo, per carità: nient'altro che la riproposta di quanto già applicato nel medioevo, con i risultati che ben conosciamo.
- "Manifesto laico", a cura di Enzo Marzo e Corrado Ocone, 1999 Laterza: storia dell'iniziativa ed interventi sull'attualità nei rapporti Stato-Chiesa;
- "Scuola pubblica o privata?", di Mario Alighiero Manacorda, 1999 Editori Riuniti: cronistoria dell'istruzione italiana, clericale e non, dallo Statuto albertino ai giorni nostri.