VLADIMIR ILLYCH LENIN

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Biografia Breve

Lenin è lo pseudonimo dell'uomo politico e rivoluzionario russo Vladimir Ilic Uljanov nato a Simbirsk nel 1870 e morto a Mosca nel 1924, all'inizio dell'era sovietica.
Di famiglia piccolo-borghese fu profondamente influenzato, come del resto i fratelli, dall'educazione ricevuta; il padre, benché rigido osservante della fede ortodossa e formalmente devoto al regime zarista, era un intellettuale progressista; Lenin partecipò a un tumulto studentesco per il quale venne espulso dall'Università, dove frequentava il primo anno di giurisprudenza. Ma intanto aveva preso conoscenza dell'opera di Plechanov e del suo primo gruppo marxista russo dell'Emancipazione del lavoro. Fra il 1891 e il 1892 maturò la rottura con il populismo, abbandonando la strada che andava genericamente verso il popolo, facendo leva su gesti terroristici di intellettuali isolati, e fece la sua scelta rivoluzionaria intesa a saldare il marxismo con la forza emergente e decisiva: gli operai. Nel 1893 si trasferì a Pietroburgo, dove iniziò un'intensa attività di propaganda presso gli operai alla guida dei primi possenti scioperi economici. Arrestato e deportato in Siberia, si sposò. Tornato dalla deportazione concepì il progetto di un grande giornale marxista per tutta la Russia e si accordò con il gruppo di Plechanov per la redazione e la stampa in Russia. Lenin insisteva a sostenere che il capitalismo fosse in pieno sviluppo in Russia. Esisteva dunque in Russia un esercito di sfruttati e quindi un potenziale rivoluzionario. Quando nel 1916 Lenin scrisse "l'Imperialismo, fase suprema del capitalismo", la parabola dell'involuzione monopolistica del capitalismo si era compiuta: la guerra interimperialistica era in atto e con essa si avvicinava anche la rivoluzione socialista: proprio in Russia in quanto l'"anello più debole" della catena dell'imperialismo, là dove esso faceva sentire nel modo più drammatico la sua oppressione, provocando fame e morte.
In politica esaltava la concezione centralistica del partito, la dittatura del proletariato. Lo strumento della classe operaia per la rivoluzione doveva essere il partito, ma un partito di tipo particolare, legato alla situazione estremamente repressiva in cui il movimento operaio doveva agire in Russia. Occorreva mettere sempre al primo posto la lotta per il socialismo e innanzitutto per l'abbattimento dello zarismo. Il vecchio Plechanov abbandonò Lenin. Questi ribadì con inflessibilità le sue tesi sul centralismo. Si giunse così in Russia alla formazione di due partiti socialisti: uno menscevico e uno bolscevico, quello di Lenin, che poneva tra i suoi scopi la rivoluzione e agiva mediante un rigoroso centralismo. Nei fatti, che seguirono la rivoluzione di febbraio del 1917 in Russia, il partito bolscevico dimostrò di essere l'unica forza organizzata all'interno della confusione generale che regnava nel Paese. Lenin seppe costruirsi un notevole seguito con parole d'ordine molto incisive e di sicura presa fra le masse: "Tutto il potere ai Soviet", "La terra ai contadini", "Pace subito", mentre il Paese era sconvolto dalla Prima Guerra Mondiale, nella quale lo zar aveva precipitato la Russia. Nell'ottobre del 1917 i bolscevichi, guidati da Lenin, presero il potere, destituendo il governo riformista in carica.
Seguirono anni di violenta guerra civile tra "bianchi" e "rossi". Fu l'epoca del "comunismo di guerra", la rigida applicazione di un comunismo di sussistenza e sopravvivenza.
Vinta la guerra, Lenin si impegnò nella creazione del primo Stato proletario al mondo, una sorta di realizzazione dell'ideale politico comunista.
Frattanto in Europa, sull'onda della rivoluzione, le correnti di sinistra dei partiti socialisti si scindevano, dando vita a partiti autonomi. Nel 1921 lanciò la Nuova Politica Economica, una sorta di liberalizzazione economica del regime sovietico. Nel frattempo comunque il Partito Comunista, denominazione assunta dai bolscevichi, si insediò saldamente al potere, costituendo una ferrea dittatura, che tolse ogni spazio alle proposte politiche alternative. Nel 1924 Lenin morì, lasciando dietro di sé aperta la lotta per la leadership nel partito e nel governo.

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