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Universale è «ciò che può essere predicato di più realtà» e il problema, che riguarda l’ambito logico, gnoseologico e metafisico, inizia ad essere trattato nell’XI sec. (ma è dibattuto in tutto il M.E.) a partire da un passo dell’introduzione e commento di Porfirio alle Categorie di Aristotele (Isagoge del 270 d.C. circa, ma nota nella traduzione latina fatta da Boezio attorno al 500): «sui generi e le specie non dirò se essi sussistano oppure siano posti soltanto nell’intelletto, né nel caso che sussistano, se siano corporei o incorporei, se separati dalle cose sensibili o situati nelle cose stesse ed esprimenti i loro caratteri comuni.» Che gli universali sussistono in modo incorporeo extramentale e separato dalle cose può essere affermazione platonica o di un realismo radicale. Che, invece, essi siano solo nelle cose come caratteri comuni e debbano pertanto essere posti alla base delle nostre conoscenze, è più un’affermazione aristotelica o del realismo moderato. Nominalismo e realismo esprimono, con due etichette, le alternative di base: gli universali sono realtà o sono costruzioni umane.
La soluzione più frequente nel XII e XIII sec. è di tipo tomista (gli universali sono in ciascun oggetto individuale); mentre nel XIV sec. prevarrà il nominalismo (gli universali sono solo astrazioni) di Guglielmo di Ockham (1280-1347) che sviluppa una nuova logica formale a partire dalle regole della lingua latina, fornendo sia una sintattica sia una semantica (la logica è anche scienza pratica ostensiva, nel momento in cui mostra il modo in cui si possono fare delle cose, dall’introd. alla ‘Summa Logicae’ ed. Rusconi). Sul piano sintattico Ockham distingue termini (mentali, orali o scritti) categorematici e sincategorematici, cioè significativi (rappresentano uno o più oggetti, anche astratti) e co-significativi (non rappresentano oggetti, ma modificano o determinano i termini categorematici). I nomi astratti (generali) sono duplicati di quelli concreti (individuali), cioè sono loro sinonimi in quanto legati allo stesso concetto mentale: umanità sta per «uomo in quanto uomo» (o dall’aggettivo ‘quale’ l’astratto ‘qualità’...). Dunque non è possibile trovare nel creato una separazione fra principio formale (universale) e materiale, essendo assurda l’idea di oggetti individuali composti dalla sintesi di un elemento singolare e di uno universale, che non può essere fuori dalla coscienza, come vogliono i realisti. Sul piano semantico, il segno può significare già direttamente la cosa, proprio per il valore significativo che arbitrariamente gli attribuiamo: la conoscenza intuitiva è un atto con cui l’intelletto si riferisce direttamente a un oggetto esistente. Mentre un segno generale, in quanto astratto, deve sempre far riferimento a un nostro concetto (in questo punto la posizione di Ockham è rapportabile a quella di Boezio): la conoscenza astratta (o concettuale) è comunque atto di pensiero. |
Mercoledì, 31 luglio 2002