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1. Trasformazioni sociali e economiche alla base della formazione dei Comuni.
Lo sviluppo demografico, urbano, commerciale dal XII sec. aumenta gli scambi in moneta portando a una maggiore differenziazione economica nelle comunità rurali o urbane; particolarmente le città tornano ad essere centrali nelle funzioni di organizzazione del territorio e in quelle commerciali.
Nelle città italiane (alcune delle quali sono rimaste sedi vescovili per tutto l’alto M. E.) si trasferiscono signori feudali, contadini arricchiti e borghesi (quelli che rimangono ‘fuori dal borgo’ sono commercianti o artigiani): tutti sono ben presto disposti a ‘collaborare’ fra loro. In effetti i primi Comuni sorgono in Italia già nel corso del X sec., cioè prima della rinascita del 1000, e spesso proprio i Vescovi ottengono diritti di riscossione delle imposte e dei pedaggi e vengono coadiuvati da notai, giuristi, mercanti, aristocratici: gradualmente si passa a nuovi ordinamenti.
Lo schema della società tripartita medievale (preti, guerrieri, contadini) lascia il posto a una società degli ‘stati’ (arti maggiori e minori) con una forte differenziazione di funzioni, mentre il guadagno mercantile viene accettato anche dalla Chiesa purché esso sia una “rimunerazione del proprio lavoro” (Tommaso d’Aquino), prendendo atto della laicizzazione della società.
2. Effetti dell’economia monetaria sulle dinamiche sociali1.
Aumentano i prestiti in denaro ai contadini, ma spesso si tratta di usura camuffata e la massa contadina si impoverisce. Solo alcuni riescono ad arricchirsi, ma aumenta il divario rispetto agli altri.
Anche l’aristocrazia guerriera appare svantaggiata: le sfugge il monopolio militare per la presenza di milizie mercenarie, inoltre le spese per l’equipaggiamento, i castelli, le crociate l’hanno impoverita; inoltre, le tipiche rendite feudali non crescono al passo della nuova economia monetaria. Gli strati più sfavoriti sono quelli della piccola e media nobiltà.
Tuttavia una minoranza di questa classe ha assieme ricchezza, potere territoriale e influenza politica: proprio questa minoranza sarà la base per lo sviluppo delle autorità monarchiche nazionali. Inoltre l’aristocrazia può rispondere all’impoverimento con nuove corvés o nuove imposizioni (censi) anche in moneta; oppure può sperare di fare ancora qualche fortuna con le sue capacità militari.
3. I primi Comuni in Italia e in Europa.
Il Comune è una forma di ricomposizione del potere a livello locale che elimina molti diritti signorili. Essi nascono con la coniuratio, un impegno solenne per una vicendevole collaborazione; per quanto non esista un comune uguale all’altro, cioè con le stesse componenti e le stesse istituzioni.
I Comuni d’oltralpe sono il frutto di un accordo fra le collettività borghesi (cittadine) e il signore locale che li riconosce come organismi autonomi. I poteri tradizionali (Imperatore, re, signori locali) hanno tutto l’interesse a concedere tali autonomie alle città perché queste rappresentano comunque una fonte di ricchezza e anche di prestigio.
A differenza dei Comuni italiani quelli d’oltralpe non controllano nulla al di là delle mura cittadine, rappresentando piuttosto un ‘porto franco’ o una ‘isola borghese’ rispetto al territorio.
I Comuni italiani nascono non tanto per iniziativa borghese, ma spesso per quella dell’aristocrazia fondiaria inurbatasi che si è data agli affari; tali Comuni si pongono comunque fuori da ogni ‘normale’ organizzazione pubblica delle città, fosse essa feudale, vescovile, regia o imperiale, e vogliono avere un controllo sul contado facendone un territorio di pertinenza della città.
Tale controllo sul contado ha alcune conseguenze: è inevitabile il contrasto con le altre autorità territoriali (Imperatore, feudatari, altri Comuni...)2; rimane la frammentazione del territorio già tipica dell’età feudale (le occasionali alleanze fra Comuni non rappresentano una vera eccezione ed essi svolgono piuttosto un’azione di freno per lo sviluppo di entità territoriali più grandi, specie a livello nazionale); il contado è fonte di approvvigionamento alimentare, di alcune materie prime, di manodopera, oltre che possibile luogo di vendita di alcuni prodotti cittadini.
1. J. Le Goff e P. Morawski, Età medievale, ed. Marietti, p. 224. torna al testo
2. Mentre in Italia si sviluppavano i Comuni, in Germania aveva luogo una lotta quasi trentennale (1125-1152) per la successione alla casa di Franconia che opponeva le case di Svevia (ghibellini, dal castello di Weibling) e di Baviera (guelfi, da Welf capostipite del casato). Inizialmente prevale la parte guelfa con Lotario II (corona di Germania e Impero, con l’Italia) che, pur scendendo in Italia due volte, non riesce a restaurare l’ormai debole autorità imperiale. In seguito, Corrado III di Svevia non potrà mai scendere in Italia per la guerra civile in Germania; solo alla sua morte verrà eletto senza grossi contrasti il nipote Federico, figlio di madre guelfa (Baviera) e padre ghibellino (Svevia).
Il nuovo Imperatore Federico I Barbarossa (1152-1190) pone così fine alle lotte in Germania, ma non riesce a ottenere molto in Italia: chi gli si dichiara ‘fedele’ ha più da chiedere che da offrirgli, mentre i Comuni della Lega Lombarda lo sconfiggono a Legnano nel 1176, nonostante i risultati positivi e le vittorie degli anni precedenti. Muore nella III crociata.
Circa un secolo dopo si ripropongono situazioni simili con l’Imperatore Federico II di Svevia (1220-1250).
Con la battaglia di Bouvines (o delle nazioni) del 1214 Federico di Svevia diviene prima re di Sicilia, poi Imperatore nel 1220.
Morto l’altro pretendente alla corona imperiale (Filippo di Svevia) nel 1208, papa Innocenzo III avrebbe voluto far assumere proprio a Federico la corona di re di Sicilia al posto di Ottone IV di Brunswick che non intendeva più seguire le direttive del pontefice. Federico si sposta in Germania per combattere il suo nemico, alleandosi con Filippo II re di Francia (1180-1223); mentre Ottone ottiene l’appoggio dell’Inghilterra con Giovanni Senza Terra, ma vengono sconfitti (la Magna Charta verrà concessa l’anno successivo, nel 1215, a limitazione dei poteri del re inglese).
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