LOS
ANGELES
- «Il vero "Lord of the ring" non sono io, ma è
Muhammad Ali e, per giunta, devo anche vedermela con la sua
controfigura Will Smith!», scherza Elijah Wood, il ventunenne
attore de «Il Signore degli anelli» diretto da Peter Jackson,
film campione d’incassi da 4 settimane in Usa, da domani in
700 sale italiane.
Elijah, che è nato nello Iowa, ma si è trasferito bambino a
Los Angeles con i genitori e dall’età di sei anni lavora nel
cinema e per la tv, è abituato ai consensi e sin dal suo film
«The Ice Storm - Tempesta di ghiaccio» di Ang Lee, 1997, è
diventato un volto emblematico dell’America adolescenziale e
dei drammi o sogni della sua generazione. Abita con i genitori,
anche se sta prendendosi in questi giorni un appartamento con
alcuni amici, e conduce una vita normalissima. «Si fa per dire
- puntualizza - perché sono stato un anno in Nuova Zelanda e,
tornato, sono partito per il set di "Ash Wednesday"
diretto da Ed Burns».
Come sei stato scelto per la parte che tutti
sognavano?
«Mi ha chiamato il mio agente per una audizione. Sapendo che
Jackson stava cercando un attore inglese, non ci contavo, ma il
libro di Tolkien mi era sempre stato "intorno", sin da
quando me lo aveva regalato mio padre, anche se confesso che,
prima del film (e anche dopo), non l’avevo mai letto tutto.
Così ho deciso di partecipare all’audizione per la quale era
richiesto un provino in videocassetta».
Come ti sei preparato?
«Questa è una storia divertente! Con il mio amico regista
George Huang a Hollywood abbiamo comperato, nel negozio dei più
stupefacenti costumi e parrucche colorate, un abito tipo quello
che pensavamo dovesse indossare Frodo. Siamo andati in un bosco
di Los Angeles e abbiamo girato un video alla Robin Hood.
Jackson ha riso come un matto e pochi giorni dopo ho saputo che
ero stato scelto perché lo avevo convinto "interpretando
Frodo, che è il ragazzo che tutti, in parte, siamo o siamo
stati". E’ stata la definizione più giusta e bella mai
data per il ruolo di Frodo».
La tua prima reazione?
«L’idea di trasferirmi in Nuova Zelanda per un anno mi
spaventava, ma poi sono diventato amicissimo degli altri ragazzi
del gruppo, Sean Astin e Billy Boyd, che è Pipino. Ci
svegliavamo all’alba, negli intervalli giocavamo al pallone e
corteggiavamo Liv Tyler, ma lei proprio non ci degnava neppure
di una occhiata».
Ti aspettavi questo successo?
«Lavorando con Jackson, un vero hobbit, con il suo barbone e i
suoi occhietti "da matto", ho sempre pensato che il
film sarebbe stato formidabile. E’ andata così e sono
contento di aver girato i tre film in un anno così ho messo in
tasca un certo gruzzolo, e mi sono comperato la jeep che sognavo».
Hai recitato con grandi attori. Chi ti ha
impressionato di più?
«Ian Holm, il piccolo-grande Bilbo, un uomo straordinario e gli
faccio tutti i miei auguri perché so che, purtroppo, non sta
bene. Imparare da lui i poteri benefici e malefici dell’anello
è stato un onore. Mi è piaciuto conoscere Viggo Mortensen,
ossia Aragon. Faceva sempre arrabbiare Peter perché è un
pittore e spariva sul set cercando ispirazioni per i quadri. Tra
gli attori incontrati nella mia carriera, prediligo Kevin Kline,
e, tra le coetanee Christina Ricci».
Che impressione ti fa guidare gli incassi da
settimane?
«I film che ho interpretato non sempre hanno avuto successo, ma
io ne sono fiero».
Perché tanti vanno a vedere «Il signore degli
anelli» anche tre volte?
«Ha presente "Star Wars"? Ecco, sta accadendo
qualcosa del genere. Intorno al libro c’è un’aura magica,
con centinaia di club fanatici di Tolkien. Penso, poi, che
l’America è in guerra, in tanti modi, dopo l’11 settembre,
e il nostro è anche un film di conflitti, ma che esorcizza la
guerra, le battaglie tra i buoni e i cattivi. Anche se nel
nostro film non ci sono armi nucleari».
Cosa fa nel tempo libero, come vive a Hollywood?
«Adesso qualcuno riderà: mi piace studiare "arte
culinaria". A casa preparo pranzetti degni
dell’immaginazione di Tolkien. Bisogna apprezzare il cibo per
vivere, lavorare e sognare bene! Non penso di andare al college
e non leggo molto, sono un fanatico della fotografia. Quanto a
Hollywood, per me è una casa: ci abito, ci lavoro, vado a
sentire concerti anche delle band più heavy
metal con il mio amico Billy Boyd, compero cd e dvd e mi
alzo presto al mattino. I miei amici mi chiamano "marathon
man" perché faccio tutto di corsa, ma io ho l’anello
magico! Se qualcosa dovesse cambiare, so già che girerò il
mondo facendo fotografie».