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Regione: Calabria
Provincia: RC
Area: 104.1 Sq. Km.
CAP: 89030
Tel. Prefix: 0964
Latitudine: 38° 8' 57'' 84 N
Longitudine: 16° 4' 0'' 48 E
Popolazione (2000): 4409
densità di popolazione: 42.35 people/Sq. Km.
Website: None

 

Paese vecchio

Pietra cappa

Case del paese vecchio

Lago Costantino

Il paese oggi

 

 

 

 

San Luca, è uno dei pochi paesi, tra quelli dell’Aspromonte orientale, di cui si conosce la data di nascita, 18 ottobre 1592. Esso fu generato dall’esodo forzato degli abitanti di Potamìa, antico villaggio di origine bizantina, distrutto da un evento alluvionale catastrofico. Il nuovo paese prese il nome dell’evangelista di Antiochia, perché le 57 famiglie si trasferirono nel nuovo sito il giorno in cui la Chiesa venera l’autore del terzo Vangelo.Il posto scelto era sicuro e protetto, esposto verso il mare, ma nascosto dalle colline antistanti dalla vista dei pirati saraceni, che proprio in quegli anni infestavano le coste dell’Jonio. Ai piedi dell’abitato, ma stavolta a rispettosa distanza, la fiumara di Buonamico che, malgrado il nome accattivante, tanti lutti ha seminato durante le sue cicliche piene. Protetto d’inverno dai venti come una serra d’estate. Alle spalle del paese, un immenso territorio montuoso (104,30 Kmq), che, anche se continuamente violentato dall’uomo, sin dal tempo dei Romani, conserva ancora una bellezza selvaggia, una vegetazione rigogliosa ed in parte primigenia e panorami di grande effetto spettacolare; come la valle delle Grandi Pietre, dove si ergono enormi monoliti, fonti di antiche leggende e miti, tra i quali primeggiano Pietra Cappa, Pietra Longa e Pietra Castello .La vallata tra i secoli IX e XI fu luogo prediletto dai monaci bizantini, in fuga dalla Sicilia occupata dagli arabi, per i loro insediamenti cenobitici e monastici, divenendo una specie di piccola Tebaide. Ben sette monasteri dell’ordine di san Basilio di Cesarea sorsero nei dintorni di Potamìa. Di alcuni di essi rimangono i ruderi o solamente i toponimi, mentre, quello di Polsi, situato nel cuore più nascosto e profondo dell’Aspromonte, ha vinto la lotta contro il tempo, le avversità storiche e gli eventi catastrofici naturali, ed è tuttora uno dei luoghi di culto calabresi più importanti.Il Campanile è forse un soffio dell’arte antica resa rozza da quella natura selvaggia, una gemma perduta ai piedi di un monte? Quelle piccole case sembrano pochi alveari. Sembra di essere lì in uno degli splendidi sogni della fantasia : forse quelli sono asili aperti alle rondini di passaggio, alle aquile ferite. Circa a metà del 1900, San Luca contava meno di 2000 anime, quasi tutte concentrate in abitazioni infime e molto povere risalenti, in gran parte, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, allorché l’intero paese degli avi, Potamìa, fu spazzato via, e fu costruito al suo posto, a tre miglia di distanza, su una delle pendici dell’Aspromonte orientale, il nuovo paese di San Luca. Con le case addossate le une alle altre e degradanti verso la vallata, con i vicoli strettissimi, il paese appariva da lontano come una specie di anfiteatro. Una strada centrale, un poco più larga delle altre, era la via principale ed aveva il privilegio di essere lastricata con pietre di fiume, sul tipo delle strade romane, perciò era detta nsilicata che vuole dire selciata. Su questa via e sulla piazzetta antistante la chiesa, nella quale la via stessa confluiva, vi svolgeva tutta la vita sociale, economica e religiosa del paese. La casa degli Alvaro, costruita nell’Ottocento, forse dal nonno paterno di Corrado, sorgeva e sorge tuttora lungo questa via. Le uniche case che si distinguevano “architettonicamente” dalle altre erano: quella dell’Arciprete, situata in posizione dominante, in alto sul paese, che poggiava l’ampia terrazza, orientata verso il mare, su quattro colonne in muratura formanti tre archi; e quella, addossata alla Chiesa, dall’imponente portale di pietra arenaria, che era stata la dimora dell’ultimo feudatario di San Luca, il marchese Clemente. San Luca era tutto qui : un paese di case rustiche sulla schiena di una montagna come quei nidi di creta che fanno i calabroni intorno ad uno spino indurito. Un villaggio patriarcale e pastorale con alle spalle un immenso comprensorio territoriale montagnoso ed aspro, ai margini di una delle più terribili fiumare: “ il Buonamico, e con pochissimo territorio atto all’agricoltura.Il tasso d'analfabetismo era più vicino al 100% che al 90%. Il paese non aveva l’acqua per bere. Le donne, andavano ad attingerla, con i barili in testa, in una profonda forra nei pressi del paese, e per lavare i panni si recavano alla fiumara, dove facevano il bucato con la liscivia, fatta d'acqua bollente e cenere. Non esisteva ancora una strada di collegamento con la pur vicina marina, che si poteva raggiungere solo a piedi o con animali da soma. E’ il momento, però, per molti calabresi e per molti sanluchesi di partire. Perché il destino del calabrese è andare alla "stranìa", andare in terra straniera. La dolorosa emorragia dell’emigrazione era cominciata. La prima emigrazione calabrese tentò le coste dell’Africa durante i lavori per l’apertura del canale di Suez. Si determinò una emigrazione insolita : partirono anche le donne che le famiglie inglesi in Egitto reclutavano come nutrici. Il fenomeno fu impressionante. Poi seguì quella più numerosa, memorabile e sofferta verso le Americhe. Nel trentennio tra il 1876 e il 1905, la Calabria si spopolò di un terzo degli abitanti : ben 478.000 persone (la popolazione era allora di 1.370.000 abitanti) lasciarono molti dei 410 paesi della Calabria, alcune di loro per sempre, molte anche da San Luca. Ma altre partenze attendono i sanluchesi: la Patria li vuole al fronte nord orientale . Molti di loro partono, forse, senza sapere dove si va e perché. Il piccolo villaggio aspromontano darà un contributo di sangue decisamente sproporzionato alle sue modeste dimensioni umane: 36 giovani e giovanissimi, su alcune centinaia partiti per la grande guerra non torneranno più. Certo oggi le cose sono cambiate per il “bisogno di adattamento ai congegni nuovi della vita moderna”. Il paese sebbene abbia solo 4500 abitanti, enumera diverse centinaia di diplomati e di laureati in diverse discipline. La Scuola e la cultura hanno raggiunto tutti o quasi tutti.

Tratto dal sito della fondazione Corrado Alvaro