RACCONTI E FIABE
DI STEFANO VILLA
LE PETIT TRAIN DE L'AMOUR
(Il piccolo treno
dell'amore)
Ricordo quando quella notte stupenda, facesti un bellissimo
sogno.
Il
mattino seguente mi
telefonasti prestissimo e scusandoti per l'ora,
volesti a tutti i costi che io ascoltassi
ciò
che sarebbe uscito dalle tue labbra,
ancora stanche per quello che avevi sognato.
Rammento che ne fui molto colpito e ancora con
gli occhi assonnati e stanchi, per non essermi
appisolato
neppure un istante, perché quella notte la
passai in bianco scrivendo poesie per te.
Mi sedetti e ti dissi: "parla pure mia dolce
fatina, raccontami di questo tuo bel sogno."
Incominciasti col dirmi d'aver sognato un
piccolo treno con su scritto "Le petit train de
l'amour"
che tradotto
in
italiano significa
"Il piccolo treno dell'amore".
Iniziasti
il
racconto con
queste parole:
"A
manovrare la locomotiva c'era un piccolo bimbo
dall'aspetto sereno
e leggiadro. Questo bimbo sorridente, era
molto prudente e faceva andare questo piccolo
treno molto adagio,
per dare la possibilità a tutti i passeggeri di
osservare il bel panorama.
Fra questi
passeggeri non potevamo
mancare che tu ed io.
Eravamo seduti
l'uno accanto all'altra in un bel tavolo al lume di candela nel vagone
ristorante. Dopo
qualche minuto ci alzammo per sgranchirci le
gambe
andando su e giù fra i
tavoli. Il vagone
era gremito di persone, e
avevano l'aspetto molto
sereno e parlavano a
bassissima voce per non
disturbarsi
a
vicenda. Ricordo ancora che ne fui
molto contento e ti dissi:
"ti prego bambolina,
continua a raccontare.
Tu
allora avvicinandoti mi
domandasti: "posso
prenderti la mano e condurti al tavolo per
desinare?"
Ti dissi si lo voglio e così fu. Ci sedemmo e
subito arrivarono dei deliziosi bimbi per
servirci. Non smettevi
di
fissarmi
con i tuoi grandi occhioni
scuri.
Mangiammo con voglia tutto ciò che questi
piccoli camerieri ci portarono. Il pranzo fu
gradito sia a te che a
me.
Ma
come tutti i sogni anche questo svanì, lasciando
le nostre bocche non amare
ma
dolci. A poco a poco tu ed
io, ci svegliammo totalmente da
questo bel sogno trovandoci
stretti stretti
con la mano nella mano, pronti ad
affrontare la dura realtà della
vita. Chissà se in un prossimo futuro sia tu che
io, avremo ancora la fortuna di
sognare assieme questo "Petit train de l'amour".
RUMORI
Un
cane, una civetta e poi … boom, più nulla; tutto
è silenzio. Odo in lontananza
soltanto
i rumori di una città
frenetica. La caldaia si è messa in funzione,
facendo un sordo rumore. Il fragore incessante di
un torrente in
piena è molto fastidioso al punto che non mi fa
più pensare. Esco nella notte nebbiosa e gelida
di
un dì e un
mese che non so. Mi
addentro quatto quatto, in una boscaglia
impervia, solo al lume di un piccolo lume.
L'ombra della mia persona sul terreno scosceso
mi terrorizza. Ohibò, lo scalpitio di passi di
qualcuno mi blocca
il cammino che
faccio?
Indietreggio no! scappo oppure? Decido,
rimango lì, solo io e la mia ombra. Ma no aiuto!
Qualcuno mi tocca sulla spalla, sono di
ghiaccio, chi sarà mai? Dico chi sei? Non ho
soldi, sono solo un
povero
viandante in cerca di se stesso.
Dimmi
dunque cosa vuoi, chi sei e da dove vieni se
potrò cercherò di accontentarti.
Silenzio all'intorno, tutto
tace la presa non
c'è più e una vocina per nulla sgradevole dice:
"non aver paura, voltati e vedrai".
Tranquillizzatomi molto lentamente mi volto,
dinnanzi a me una bellissima fanciulla
dice di chiamarsi Ketty,
alzo il lanternino, e lo punto verso il
suo volto per
osservarla bene è bellissima, con la sua lunga chioma d'oro
avvolge parte di me e dice: "non
temere e fidati di me
perché ti porterò in un luogo magico e
celestiale, dove
tu non sai".
LA PACE ETERNA
(Racconto fantastico)
Ringrazio di cuore, colui che con la sua
potenza, mi fece arrivare sino ai verdi pascoli.
Mi meravigliai quando sulla terra i miei simili
deridevano il sottoscritto pensando che fosse un
pazzoide.
Solo una persona
riuscì a capirmi e, il nome di questa splendida persona
era Lella.
Eravamo ormai nel lontano 2010 quando per
l'ultima volta ci scambiammo l'augurio di
Buon Natale e la neve
imbiancando tutto trasformava il
paesaggio in un posto fantastico e primordiale,
rimembrando la mia
passata
fanciullezza e tanta,
tanta nostalgia di lei. Non
riuscii neppure più a salutare
il suo buon papà Silvino, il suo
figlioletto
Erdi, l'amica Daniela e la piccola Emma,
sopranominata da noi "Gioia di vivere" che non ebbi mai
avuto l'onore di
conoscere, dopodiché non vidi più
nessun
terrestre in forma umana.
In quel lontano periodo in un giorno uggioso,
persi la voglia di ridere e scherzare perché un
male interiore,
affliggeva il mio
cuore lasciando pochissimo
spazio per tutto ciò che era
mondano e
scialbo.
Ormai non m'importava più
nulla del corpo a cui appartenevo e di nessuno,
desideravo solo avvicinarmi il
più
presto
possibile, a colui, che un tempo mi creò e così
fu.
All'improvviso, non avvertii più la stanchezza
fisica, depressione, dolori di alcun tipo,
afflizione e altre cose
ancora. Avvertivo solo tanto calore e
vedevo tante belle luci dai colori mai visti
prima che si rincorrevano
ed
entrando
lentamente l'una dentro l'altra, si dissolvevano
piano
piano e dopo alcuni
attimi cambiavano forma,
colori e intensità luminosa poi a tratti
bloccandosi come dentro a un prisma,
scomponevano le loro splendide
tinte in tanti raggi colorati e ben
definiti. Ogni
tinta percorreva una sua traiettoria ben
precisa. Il mio spirito
venne ben presto
rapito e trasportato ad una
velocità vertiginosa in una dimensione parallela
alla quinta ma
di gran lunga superiore. Tutti questi
avvenimenti accaddero forse in qualche
trilionesimo di secondo, o forse
anche meno difficile a dirsi.
La mia anima venne accolta con gioia, e
dolcemente trasportata fra le anime
dei
giusti, dove assieme avremmo dovuto
lavorare intensamente per cercare con tutte le
nostre forze
diventate
oramai spirituali, di salvare
l'umanità esistente sul pianeta terra,
preparando un bel posto accogliente, ad altre
anime buone come Lella, Erdi,
Silvino, Daniela, Gioia di vivere, ed altre
ancora.
PIANGEVI
Correva l'anno 2009 e stava volgendo al termine. Ricordo che ero
ansiosa di rivedere e dialogare col mio
amato.
Esattamente era il
20/12/2009 e fu l'ultima volta che lo
vidi.
La neve cadeva copiosa imbiancando tutto compresa la sua
lussuosa limousine.
L'autista suonò il
campanello della mia
piccola dimora chiedendomi se avesse potuto salire per
comunicarmi
un'ambasciata. Fui molto
turbata anche perché in quel momento stavo proprio scrivendo
qualcosa su di lui
e non sapendo nulla di
questo mistero, le dissi: salga pure al quarto piano chaffeuse
Gisèle.
Aprii la porta e vidi che Gisèle era una stupenda ragazza dai
capelli lunghi e neri.
Indossava una minigonna
di
bisso, la quale
lasciava trasparire tutte le sue nudità. Le calze dovevano
essere di pura seta, e le scarpe con i
tacchi a spillo, non
riuscivo a capire di quale pelle costosa fossero.
La prego mademoiselle
Gisèle, entri
e mi
faccia questa
ambasciata sono ansiosa. Ricordo che l'ora della notizia doveva
essere attorno alle 18.10 di quello
stesso giorno.
Di colpo
diventai gelosa perché
sapevo che il coltello dalla parte del manico l'aveva il gran
instrumentist Etienne
Villa, che tradotto in
italiano significa, che il
coltello dalla parte del
manico cel'aveva il grande
strumentista
Stefano Villa, professore di
contrabbasso ora in
vacanza nella sua lussuosa villa
situata in Provenza.
La provocante Gisèle
stringendo la
mia mano mi fece
capire che sarei dovuta scendere per parlare con Stiv, che
era spaparanzato
nella sua lussuosa limousine con le tendine azzurre
appiccicate ai vetri per
non far mai notare
ad alcuno
ciò che
poteva
succedere all'interno.
La prego mademoiselle Gisèle non capisco
per cortesia,
la supplico, mi vuole
spiegare il motivo perché il mio
amato non vuole salire? Gisèle
molto gentile
si alzò dal posto nel
quale era seduta, dopo di che con voce quasi
tremante mi disse:
signorina Lili, se vuole possiamo telefonare al
professore.
Da parte mia e come donna non ne avevo il coraggio, perché oltre
al danno stavo subendo anche la beffa.
Mi decisi e telefonai. Gli domandai
con tutte le mie forze che cosa stesse all'improvviso accadendo
e l'invitai a
salire. Erano sì e no le ore 18.30, quando ti decidesti e
salisti per parlarmi dicendo: "Mia cara Lili, i testi
che fino
ad ora mi hai scritto, li conserverò per tutta la vita
ma ti prego non scrivermi più nulla perché sono troppo ...
strappa lacrime.
Mi desti un bacione e ti allontanasti da me dicendo: addio
per sempre bambolina.
Ti avevo
perso ed ero ormai
disperata, corsi giù per le scale e raggiungendoti, con le
lacrime agli occhi ti chiesi:
dove ho
sbagliato? Dimmelo ti prego mio sbinfero. Eri
pensieroso e non
dicesti nulla.
Ricordo ancora quando poco
tempo prima mi dicevi: "mia piccola fatina, solo tu riesci a
darmi quell'affetto che
mai nessun'altra è
riuscita a darmi prima. La neve continuava a
cadere insistente e Gisèle provò a mettere in
moto l'auto per tornare alla
vostra casa ma non riusciste a partire perché le ruote giravano a vuoto a causa
della
abbondante nevicata. Io povera
stupida quale sono, invitai
tutt'e due a
trascorrere la notte al
quarto piano di un
condominio qualsiasi.
Lasciai a voi il letto
matrimoniale e poiché non
avendo altro giaciglio,
mi
stesi sul pavimento e cercai di riposare
qualche ora di quella notte
indimenticabile.
Sentivo le vostre voci calorose le quali sussurravano frasi
d'amore.
Erano ormai le tre del mattino quando all'improvviso mi svegliai, ero
tutta bagnata e fiumi di lacrime sgorgavano
dai miei occhi.
Oramai tu eri in casa mia fra le braccia
di un'altra. Mi sentivo morire, ma stetti in silenzio
senza
dire una sola
parola. Alle quattro presi una decisione e mi sedetti sul pavimento per
pensare. Mi sembrava di
vivere
un incubo; nella mia mente
affioravano molti ricordi, uno dei
quali era quando entrambi
entravamo felici
nella doccia, per lavarci a vicenda. Tu
lavavi me ed io te, facendo pure l'amore. La colpa fu mia
innamorandomi
di te e credendo di essere la tua
grande amica ma tu non ci pensasti due volte a lasciarmi.
Alle otto del mattino
mi alzai per prepararvi la colazione e un buon caffè. Stavate
ancora dormendo quando in punta di piedi, entrai
per servirvela. Gisèle dormiva ancora, mentre tu stavi aprendo gli occhi e mi
ringraziavi per tutto il fastidio che
mi avevi procurato. Mi chiedesti se stesse ancora nevicando,
io ti risposi:
"Si mio piccolo sbinfero e ce n'è molta.
La tua limousine quasi non si nota più a causa dell'abbondante
nevicata notturna.
Prendendo dolcemente le mie
mani le avvicinasti al tuo viso e
con gli occhi lucidi mi domandasti: "Liliana mi permetti di accarezzare le tue
...
bellissime e sottili labbra per
poi baciarle?" Ricordo che ti dissi: "Amore mio ti
prego non farmi altro male più di
quello che mi hai fatto
finora". Non mi ascoltasti e stringendo il mio viso fra le tue mani, mi baciasti come non
avevi mai fatto prima.
Dopo pochi istanti mi sussurrasti all'orecchio:
"Questi sono momenti bui anche per me,
ma vedrai che se saprai
aspettare pazientemente tutto si risolverà nel migliore dei modi; ti prego non volermene
mia piccola
fanciulla.
Dopo circa dieci minuti, mangiasti la tua colazione.
Mi sedetti
sul letto accanto a te e mentre Gisèle dormiva ancora, parlando a bassa voce ti dissi: "tesoro mio, la
colpa
fu tua se m'innamorai di te, non avrei dovuto". Fui tentata dal tuo dolce modo di fare da galantuomo al
punto
che ci cascai come una stupida.
Con le lacrime agli occhi continuai a parlarti dicendo: "hai mai
provato la
sensazione di quando lo stomaco ti
si stringe e non riesce ad entrare neppure un po' di cibo per
aiutarti così a
sopravvivere?"
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