BENVENUTI

 NEL RACCONTO DI STEFANO VILLA


   
È NOTTE

2° Parte 

        Il maltempo intanto era arrivato nuovo nuovo da ponente, non voleva proprio dare un po' di tregua ed era un
     
  continuo susseguirsi di lampi e tuoni che rischiaravano e rompevano quel mistico silenzio notturno, tanto caro
      
 ai nostri amici. L'infinita pazienza di Adriana, era veramente ammirevole al punto che con la sua voce sensuale,
      
 esclamò al suo amato: "Oh!!! Mio caro Stefano come sai, ho tanta voglia di essere coccolata da te; per cui, mi 
    
   spoglieresti lentamente con classe come solo tu sai fare?" Se desideri, potrai iniziare facendo scorrere il cursore
      
 della cerniera lampo, che è nascosta sotto questo tessuto proprio qui alla mia destra, all'altezza delle mutandine,
      
 così potrai far scivolare facilmente, la minigonna lungo le cosce. Egli, da autentico gentleman, obbedì e, quando
      
 la cortissima gonna fu a terra, con dolcezza, le sollevò un poco, prima la gamba destra poi le sfilò il piede dalla
      
 scarpa col tacco a spillo dopodiché, le sollevò la gamba spostandogliela di pochi centimetri verso destra, cosicché
      
 mezza minigonna rimase a terra fra le due bellissime nonché affusolate gambe. Nel contempo lei lo accarezzava
      
 dolcemente sul capo in segno di gratitudine poi, gli disse: "Amore caro, ora fa altrettanto con l'altra gamba, poi
        prendi la minigonna e per cortesia appoggiala sopra questa poltroncina; dopo ciò penseremo al da farsi.
 
      Lei, seminuda e contenta lo fissava … sì, poi scuotendo lentamente un po' il capo dall'alto verso il basso, senza
      
 proferir parola, non cessava di sorridergli; ed era proprio quel sorriso a infondere nel cuore di lui, quell'amore e
      
 coraggio, in determinati momenti: "brucia l'anima". Al solo guardarla, si notava che giunti a quel punto lei fosse
      
 estremamente desiderosa che il suo amore la prendesse in braccio, la sedesse comodamente a bordo letto poi...,
        sempre con la stessa dolcezza, le sbottonasse la trasparente camicetta, dopodiché iniziò a sganciarle il reggiseno
      
 di pizzo … ed è proprio ciò che egli fece. A fatto avvenuto, attratto dal dolce profumo di Chanel N° 5 che Adriana
       
amava cospargersi qua e là su tutto il corpo, cominciò a darle alcuni bacini sul collo.
      
 Continuò così e piano, scendendo sulla spalla destra poi,
con l'ausilio delle mani, come se fossero state quelle di
      
 un bimbo, le sollevò delicatamente la bianca e sottile bretella che sorreggeva il suo bel e morbido seno destro.
      
 Mentre Stefano la guardava, intuiva che la sua piccola già non capiva più nulla. Ad un tal momento, con gli occhi
      
 chiusi, Adriana gli prese la mano, la accarezzò con l'altra e, dopo essersela portata alle labbra la baciò poi, come
      
 se fosse stata una farfalla, sul suo tiepido seno, piano piano l'adagiò e con un fil di voce, gli disse: "Ti amo tanto
      
 sai? Con i tuoi raffinatissimi modi, hai fatto sì, che andassi in estasi". Riprese: "Adesso però se lo desideri, puoi
      
 succhiami il capezzolo, ardo dalla voglia di sentirmelo
all'interno della tua bocca e leccato anche dalla tua lingua
      
 come un caloroso bacio alla francese". Egli avendo udito ciò, ne rimase assai soddisfatto ma per alcuni istanti, si
      
 sdraiò lì accanto a lei senza fare né dire nulla. La bella Adriana a poco a poco incominciò a rattristarsi, e avendo
      
 notato che, probabilmente la sua proposta non era stata accolta molto bene quindi, reclinò il capo appoggiandolo
      
 sulla spalla sinistra di Stefano e poi rassegnata … pianse. Egli, avrebbe voluto spiegarle il motivo per il quale, in
      
 quel momento non poteva continuare a baciarle la sua morbida tettina e succhiarle il capezzolo. Sì, era proprio
      
 così; lui in cuor suo soffriva tanto per questo, perché anch'egli ci teneva non poco a provare il piacere dei sensi,
      
 che avrebbe provato la sua carissima Adriana, nel sentirsi amata. Avrebbe voluto dirle tutta la verità cioè, che
      
 molto tempo prima di fare la bella conoscenza con lei aveva avuto una crisi mistica quindi, era deciso ad entrare
      
 in un convento nell'ordine dei francescani e, una volta lì, studiare per diventare un buon monaco francescano.
       
In quel tempo però conobbe Adriana e così la sua vita cambiò radicalmente. Decise allora di rimanere nel
mondo
      
 ed amare per sempre la sua bella bambolina. Ripresosi dai lontani ricordi e brutti pensieri, iniziò ad accarezzare
      
 la sua dolcissima bimba con una tenerezza straordinaria. Senza dir nulla, Adriana si lasciò accarezzare la tettina
      
 assai morbida, come piaceva a Stefano. Era talmente proporzionata che le stava esattamente in mano.
       
Mentre i futuri sposini (ignari di ciò che da lì a poco sarebbe per forza dovuto accadere a Passalacqua e non solo)
       
un altro tuono secco all'unisono con un fulmine, si abbatté con tutta la sua forza, sui cavi dell'alta tensione che,
      
 dalla centrale elettrica veniva smistata a Passalacqua e altre cittadine limitrofe. Tranciò gli enormi cavi montati
      
 su tralicci, come se fossero stati normalissimi fili per cucire e rammendare biancheria. Ci fu perciò un secondo
      
 blackout, ma questa volta, il nuovo generatore a corrente continua si comportò molto bene. Udito ciò, i teneri
      
 innamorati non essendo più concentrati a svolgere quello che stavano facendo, dovettero per forza sospendere
      
 loro malgrado la loro attività amorosa. Andò molto bene così, perché dopo aver udito bussare ripetutamente alla
      
 porta, sia Adriana che Stefano, scesero dal letto e si avviarono verso la medesima. Dopo aver chiesto: "Chi è?
      
 Come risposta ricevettero: "Siamo noi signorina Adriana: Angela, Cristina ed io Luca. Dopo aver dato mezzo giro
      
 di chiave, fecero entrare Luca lo chef assieme alle due belle cameriere Cristina e Angela. Erano preoccupatissimi
      
 tutt'e tre perché dicevano che il torrente"Vensì", stava per esondare a causa dei violenti nubifragi.
       
Luca, preoccupatissimo per L'Isotta Fraschini di Adriana, domandò cortesemente alla proprietaria di prestargli le
       
chiavi della vettura, perché sarebbero scesi immediatamente in rimessa.
Cristina avrebbe messo in moto l'auto,
       
poi assieme ad Angela l'avrebbero portata al sicuro sotto un capanno, adiacente al cimitero: "Lapide d'oro", che
        era
situato in salita a un centinaio di metri dalla villa. Naturalmente Luca non l'avrebbe abbandonate a se stesse
       
ma, seguite, col grande Suv dotato di diverse attrezzature tra le quali un argano e un verricello. Adriana ancor
      
 prima di consegnare le chiavi, domandò a Luca: "Per cortesia, mi dici che ore sono?" :"Subito signorina".
       
Dopo aver estratto dal taschino la sua preziosissima cipolla d'oro puro e, osservato il quadrante le rispose: "sono
      
 le tre e quarantasei minuti signorina Adriana". Lei sorridendo, gli disse: "Signorina ancora per poco caro Luca,
      
 perché il qui presente Stefano, sarà il mio maritino fra meno di un mese e, don Gioacchino è qui per celebrare il
       
nostro matrimonio: "Dopo aver udito ciò, Angela, esclamò: "Oh! Tantissimi auguri signorina Adriana". Ella tutta
       
contenta ringraziò, dopodiché disse a Luca, ecco le chiavi dell'auto, adesso affrettatevi e andate a metterla bene
      
 al sicuro; poi, per quanto riguarda le nostre nozze, avremo sicuramente occasione, di parlarne molto presto con
       
tutta tranquillità e con le gambe sotto il tavolo, al lume di candela … e, perché no? Magari mentre pranzeremo o
      
 ceneremo. Luca disse: "Bene e arrivederci a presto signorina".
       
Prese subito Cristina e Angela sottobraccio e assieme, salutarono molto velocemente la loro simpatica datrice di
      
 lavoro poi, l'inseparabile trio uscì di corsa, lasciando di nuovo i due innamorati soli soletti, nel loro nido d'amore.
 
       Quand'ebbe richiuso la porta a chiave, Stefano si voltò verso il letto e vide la sua dolce Adriana comodamente
      
 spaparanzata sul caldo e morbido lettone, già pronta e spoglia di tutta la biancheria intima, tranne le trasparenti
       
mutandine di pizzo e il reggicalze. Dopo qualche minuto di mistico silenzio, sottovoce disse: "Certo che siamo
      
 proprio fortunati ad avere al nostro servizio tre bravi e fidati domestici; non è cosi amore? Sai? Stavo pensando,
      
 che nel cuore  della notte e in pieno temporale, sia naturale che qualcuno venga  svegliato dal medesimo ma, è
      
 assai raro, che abbia voglia di scendere dal letto, vestirsi e, darsi da fare per andare a mettere al riparo la mia
      
 auto". Come risposta ricevette: "Il mio punto di vista, concorda benissimo con il tuo Adriana".
       
Si udiva lo scrosciare della pioggia che si abbatteva violentemente contro le imposte. Ad un bel momento, agli
      
 occhi di Stefano, Adriana apparve come se fosse stata una dolce e tenera micina, ansiosa di ricevere quel poco di
        affetto che le sarebbe bastato per essere felice, ed essere pure un po' coccolata. Si avvicinò pertanto, ancor di
      
 più a lui; riuscendo poi, anche a fare l'amore (quell’amore verace e sincero). Alla conclusione di ciò, stremati da
      
 quella dolce fatica fisica, decisero di trovare una comoda posizione per dormire qualche ora. Trovata, crollarono
       
in un sonno profondo, dormendo saporitamente, abbracciati sino alle nove. Dei due, la prima creatura a destarsi
      
 fu Adriana poi, pianino iniziò ad accarezzare e a baciare il suo tutto. Soddisfatta poi di come fosse trascorsa la
      
 notte, andò all'inginocchiatoio, s'inginocchiò e lì incominciò a recitare il Padre nostro, l'ave Maria, l'angelo di Dio,
       
la Salve Regina, il credo, il Sanctus, l'Agnus Dai, l'eterno riposo, l'atto di dolore e altre. Quando ebbe terminato,
      
 prese per mano Stefano e assieme, si diressero verso la grande sala da pranzo per la prima colazione.
       
Don Gioachino, era appena arrivato e quando li vide, si alzò e andò incontro per augurare loro il buongiorno.
      
 Pareva che all'esterno, il peggio fosse passato ma quando si avvicinarono alla vetrata per osservare ciò che era
       
accaduto durante la notte, rimasero senza parole. Del bel paesaggio verde che c'era prima, non era rimasto più
       
nulla, ora era diventato brullo e tutto triturato dalla violenta grandinata di poche ore prima. L'enorme parco si
      
 era ricoperto di acqua e fanghiglia che lentamente, si muoveva verso la valle Luca ebbe ragione quando molto
       
preoccupato e con tono deciso disse: "Signorina, non c'è un attimo da perdere; Bisognerà dunque che Angela,
      
 Cristina ed io, ci affrettiamo per andare a mettere in sicurezza la sua auto o sarà troppo tardi perché il torrente
      
 Vensì", è in piena e da un momento all'altro, esonderà … gliel'assicuro”. Venendo al dunque, cioè alla realtà, il
      
 torrente: "Vensì, in quella notte maledetta, esondò veramente, recando inoltre, grandi disastri. Al punto in cui
      
 erano arrivati, non vi era più nulla né da vedere né da aggiungere; al che Adriana, prendendo la parola, disse:
     
  "Prego signori, andiamo ad accomodarci al nostro tavolo, perché il mio udito, dice che il carrello con sopra le
        succulente cibarie, è già in arrivo". Quando ciò avvenne, il prezioso orologio a torre o a colonna che dir si voglia
      
 batté dieci bei rintocchi sonori, chiari e, cristallini, provenienti dall'ingresso. Da lì a poco, ecco spuntar dal fondo
      
 del salone, il carrello spinto con molta grazia dalla nostra, bellissima Angela, con sopra ogni ben di Dio. Alle dieci
      
 e quindici in punto, fece un l'elegante inchino (accompagnato da un dolce sorriso), dopodiché iniziò a servire la
      
 prima colazione all'inglese, a base di pane tostato, burro, marmellata, salumi e uova. Don Gioacchino e Stefano,
      
 gradirono molto questo tipo di colazione altamente calorica, anche ad Adriana piacque; però a lei, non fece né
      
 tanto né poco perché, era abbastanza abituata a questo tipo di colazione.
       
Tutte e tre, mangiarono in assoluto silenzio poi, il simpatico reverendo, voltatosi di scatto verso il finestrone, a
      
 gran voce esclamò: "Perdindirindina ragazzi, riuscite anche voi a vedere quel che vedo io?" I due futuri sposini,
      
 voltatisi, stettero alcuni istanti a bocca spalancata, cercando di capire ciò che stesse succedendo all'esterno poi
        Adriana a gran voce esclamò: "Oh perbacco! Che cribbio sarà mai questo fitto nebbione dai colori dell'arcobaleno
      
 che sbatte incessantemente come se volesse entrare in questa casa con prepotenza? Ti prego Stefano, stringimi
      
 forte forte perché ho tanta paura". Non ebbe ancora  finito di parlare, che già si trovò al sicuro fra le sue braccia.
      
 Don Gioacchino udito ciò, cercò di tranquillizzare ragazza dicendole quanto stava accadendo: "Sai piccola mia?
      
 Hai presente quelle stupende tinte dell'aurora boreale? Bene, esse dipingono l'atmosfera terrestre; sai? La puoi
      
 notare se uscissi all'aperto dopodiché, volgendo lo sguardo verso l'infinito cielo, proprio sopra di noi da un capo
      
 all'altro della circonferenza del nostro campo visivo vengono trasmesse ai nostri occhi quelle stupende sfumature
      
 variopinte e celestiali". E così, il nostro beneamato don Gioacchino (grazie alla sua grande esperienza geografica
       
e non solo), riuscì a poco a poco a cancellare per sempre, quel terribile terrore che, come un invisibile involucro,
      
 avvolgeva il corpo della piccola Adriana. Quand'essa si riprese dal gran spavento, erano trascorsi ormai sessanta
       
minuti tondi tondi; sì perché, il tanto citato ormai pendolo a torre saldamente fissato sul pavimento nell'angolo
        destro dell'ampio ingresso già aveva dato dieci rintocchi ben udibili nonché cristallini un'ora prima. Senza esitare
       
la bellissima sbinferina, ringraziò il reverendo dicendogli: "Grazie di cuore mio caro don Gioacchino; sai? Mi sono
      
 bastate le tue dolci parole per rendermi nuovamente felice, come prima di essere balzata come una folgore, fra
      
 le braccia del mio Stefano e ora non ho più paura grazie ancora". La dolce Adriana disse al sacerdote: "Ora sono
      
 le undici passate e poi, con questo tempaccio non si può ma, appena le previsioni meteo saranno positive, andrò
      
 a prendere l'auto e, assieme a te Stefano, io tenterò di andare in comune e all'anagrafe per i vari documenti che
      
 serviranno per celebrare le nostre nozze. E adesso col cellulare, contatterò immediatamente il municipio, per
        informarmi se le strade sono percorribili". La risposta fu: "Buongiorno signorina, stiamo facendo il possibile per
      
 rendere percorribile almeno il corso degli alterchi. Grazie, perché avrei un pochino fretta; sa signorina? Desidero
      
 sposarmi il più presto possibile e non sto più nella pelle". Rispose la dolcissima Adriana. All'udir ciò, l'impiegata
      
 comunale, cortesemente le disse: "Per casi analoghi e, con una spesa di duecento euro (se lo desidera), le posso
      
 mandare una comoda carrozza chiusa (sa? In caso di pioggia), trainata da due o quattro cavalli bianchi, guidata
      
 da un cocchiere seduto a cassetta che sarà a sua disposizione per l'intera giornata. Nel caso in cui la sua risposta
      
 dovesse essere affermativa, sarà sufficiente che mi fornisca il suo recapito; il numero del suo cellulare lo vedo
       
già impresso sul mio display e la carrozza arriverà domattina intorno alle nove". Tutta contenta, la ragazza disse
      
 all'impiegata: "Mandi pure la carrozza". E ancora: "Il mio nome è: Adriana S. Abito in viale degli olmi al numero
      
 ventuno e in fondo al viale, il cocchiere noterà una grande villa ottocentesca, c'è pure l'insegna luminosa con su
        scritto "Villa Adriana". D'accordo ha preso un ottima decisione disse l'impiegata. E ancora guardando all'esterno
      
 attraverso i vetri della finestra del mio ufficio, noto tanto trambusto e un andirivieni di operai a piedi e seduti su
      
 ruspe con benne mordenti e non, gru, carrigru, mezzi spartineve, grossi camion con alte sponde attrezzati per lo
      
 spostamento della fanghiglia e liquame di vari tipi. Ed inoltre in questo momento, il mezzo più sicuro per venire
        da Lei, è proprio un'elegante e comoda carrozza, altrimenti i normali veicoli si impantanerebbero ancor prima di
      
 partire … ah! Dimenticavo di dirle che è molto conosciuta e stimata da tutti noi impiegati, dal signor sindaco e da
      
 moltissime altre persone. Adriana ringraziò di cuore l'impiegata dopodiché, le disse che avrebbe desiderato avere
      
 come invitati alle nozze, il sindaco nonché, tutti i membri comunali.
       
Puntualmente l'indomani alle otto e quarantacinque, Adriana fu avvisata telefonicamente, che era in arrivò la
      
 carrozza. Da lì a poco, i tre personaggi da condurre in centro, udirono chiaramente lo scalpitio degli zoccoli dei
      
 cavalli in arrivo. Adriana si affrettò ed aperse il cancello. Angela, Cristina e Luca (i quali stravedevano per le
       
carrozze ei cavalli), domandarono alla padroncina se avessero potuto andare a dare il benvenuto al cocchiere.
      
 Ottenuto cosi il permesso, ringraziarono e di corsa si diressero verso il cancello; la carrozza, distava da loro una
      
 decina di metri. Era veramente uno spettacolo meraviglioso vedere il portamento di questi quattro cavalli. Una
      
 volta varcato il cancello, entrò nell'ampio parco e lì il cocchiere sussurrò ai cavalli di fermarsi, ed essi docilmente
      
 obbedirono. Dopo aver augurato il buongiorno a quanti erano in attesa, un baldo giovine, vestito di tutto punto
      
 con smoking, giacca e cilindro bianchi, scese da cassetta e quando tocco terra, si tolse il cilindro e con un inchino
      
 strinse la mano ai presenti dicendo di chiamarsi Ercole Ciò. Quel dì, il cielo era terso, senza nuvoloni minacciosi
      
 provenienti da nord ovest e il caldo sole primaverile, accarezzando, riscaldava pure i volti di quanti erano esposti
      
 a lui. Dopo aver consegnato al cocchiere un borsellino assai carino, contenente molto probabilmente la somma
       
pattuita per il servizio e, senza ombra di dubbio pure i soldini come mancia ad Ercole. Adriana ansiosa di partire
      
 per Passalacqua, volse lo sguardo verso l'infinito cielo, dopodiché esclamò: "Osservate quante rondini e uccellini
      
 stanno sorvolando questo luogo … secondo me, è di buon auspicio; sapete? Sono assai contenta". E ancora: "Su
      
 ragazzi il nostro Ercole ci dirà quando salire a bordo e prender posto su questo elegante mezzo di locomozione".
     
  Il baldo giovine, sembrò essere stato rapito in estasi e questo durò per alcuni istanti, di conseguenza non poté
      
 proferir parola. Il suo sguardo, era fisso sul volto di Cristina, ed ella altrettanto a quello di lui, per cui erano stati
      
 rapiti entrambi. Visto ciò, tutti capirono che fra i due ragazzi era sbocciato l'amore sì, un amore grande grande.
      
 A poco a poco, quest'estasi svanì e i due giovani, non ricordando chi stava loro attorno, si trovarono abbracciati
      
 l'un l'altra. Adriana, col sorriso sulle labbra, si discostò per un istante da Stefano e don Gioacchino e avvicinatasi
      
 al giovane cocchiere con molta grazia gli domandò: "Signor Ercole, possiamo partire adesso che tra voi è nato....
        l'amore vero?" La risposta fu: "Sì certo signorina Adriana, mi perdoni per l'accaduto; partiremo immediatamente
    
   prego signori in carrozza". Non ebbe ancora finito di pronunciare: signori in carrozza che, la dolcissima Adriana
      
 con dolcezza, lo bloccò dicendo: "No, no; non così signor Ercole, non intendevo dirle di salire a cassetta da solo
      
 ma; ma con la sua dolce Cristina". Quando la sopracitata, sentì che sarebbe potuta salire a cassetta e prender
      
 posto accanto al suo ragazzo, diede un grosso bacio alla sua padroncina ed egli l'aiutò a salire. A questo punto,
      
 guardando più in là, Adriana notò la mano destra della bellissima Angela, stretta stretta a quella di Luca. Non ci
      
 volle molto a capire che fra loro c'era del tenero; quindi domandò ai giovani innamorati se avessero desiderato
      
 salire in carrozza assieme a loro; ed entrambi risposero: "Sì signorina Adriana". Poi Angela prendendo la parola,
       
le disse: "La sa una cosa signorina? La risposta fu no; no ragazzi, non ne ho la più pallida idea ma; ma ditemi
      
 perché sono molto curiosa".
Allora Angela fissandola attentamente le disse: "Lei è veramente una persona buona
      
 di cuore, caritatevole e tutti noi le vogliamo un gran bene, inoltre siamo felicissimi di essere qui al suo servizio".
      
 Dopo aver udito quello che la sua servitù pensava di lei, Adriana li abbracciò e baciò tutti. Poi commossa prima
      
 di salire e, prender posto in carrozza, Adriana ancora con voce singhiozzante, disse a tutti i presenti: "Grazie,
      
 grazie di cuore a tutti voi che mi volete così bene, sapete? Anch'io ve ne voglio tanto". E ancora: "Vi sta bene se
      
 nomino questo parco: Parco degli innamorati? All'unanimità risposero: "Perfetto, questo sarà per sempre: "Parco
      
 degli innamorati". Detto ciò, si avviarono tutti allegri in direzione di Passalacqua.
       
Cammin facendo Luca disse ad Adriana che avrebbe desiderato sposarsi con Angela, ed ella fu molto contenta.
      
 Appena arrivati, Adriana diede immediatamente la lieta novella, ad Ercole e a Cristina e pure loro, gioirono per
    
   la bella notizia. Parlando poi del più e del meno, Cristina non stando più nella pelle disse alla datrice di lavoro:
       
"Signorina Adriana, durante il tragitto dal parco degli innamorati sino a qui avremmo deciso di sposarci pure noi,
 
      cosa ne pensa?" È magnifico rispose Adriana. Intervenne don Gioacchino dicendo: "È fantastico, e aggiunse poi
        se lo gradite, potrei unirvi in matrimonio tutti voi nello stesso giorno". Quello fu per tutti, un momento di grande
      
 gioia e commozione e unanimi risposero di sì. Allora il reverendo disse: "Signori miei, per prima cosa, proporrei
      
 di andare all’anagrafe e in comune. Adriana, Stefano e le altre due copie di prossimi sposi, sembravano la felicità
      
 in persona. Quand'ebbero sbrigato tutte le cose nei vari uffici, era ormai ora di pranzo e Adriana disse: "Avrei un
      
 certo appetito e voi?" Sì signorina Adriana, anche noi risposero i ragazzi. Ok signori disse Adriana: "Ora il nostro
      
 bravo cocchiere, ci porterà a desinare all'hotel Eden e nel primo meriggio, andremo nella gioielleria casa degli
      
 sposi e lì acquisteremo ciò che occorrerà per le nostre imminenti nozze; offrirò tutto io e non dite nulla perché
      
 sarà il mio regalo di nozze per voi".
       
E così trascorsero buona parte del pomeriggio in gioielleria e a fare shopping. L'ultima lunga sosta la fecero nella
      
 rinomata "Sartoria da Mario", il quale fece prendere le misure ai suoi collaboratori, per confezionare gli abiti dei
       
futuri sposini. La giornata ormai già stava volgendo al declino, quando decisero rientrare a "Villa Adriana". 
      
 Le prime luci notturne, una dopo l'altra s'accendevano fino a che discesero totalmente le tenebre. Adriana disse:
  
     "Desidero che il cocchiere si fermi a cena, così stabiliremo il giorno delle nozze, quindi mio caro Ercole, avvisa in
      
 comune che ti tratterrai a cena e farai rientro a Passalacqua domattina. Se vuoi andare a sciogliere e foraggiare
      
 i cavalli, porta pure con te la tua dolcissima Cristina, penserò io a dare un aiuto in cucina ad Angela e Luca, per
      
 preparare una buona cenetta". E ancora: "Quando avrete fatto la toilette ai cavalli e, dato loro la biada, potrete
      
 sistemarli nella scuderia adiacente la cappella. I due giovani, non se lo fecero ripetere e dopo aver ringraziato,
      
 andarono immediatamente a sistemare i cavalli. Quando tornarono, passarono accanto all'orologio a colonna e
      
 Cristina, diede una sbirciatina alle lancette inserite in un perno nel rotondo quadrante, color avorio ed esclamò;
       
Mamma mia Ercole com'è tardi! Guarda sono già le venti e cinquantanove minuti su corriamo che già ci staranno
      
 aspettando. Detto ciò, il meccanismo dell'orologio a colonna, batté nove rintocchi, come sempre chiari e di media
      
 frequenza, perciò capirono che erano le ore ventuno. Appena arrivati al tavolo dove erano attesi da: Adriana e
      
 Stefano, don Gioacchino, Angela e Luca, Cristina si scusò con queste parole: "Perdonate il ritardo signori, siamo
      
 profondamente desolati ma ai nostri cavalli, piaceva non poco farsi strigliare; essi sono sistemati ed ora eccoci
      
 qua". Niente paura disse Adriana: "Vivete sereni e soprattutto, rallegratevi; non vi sgridiamo. Lo sappiamo bene
      
 che anche i cavalli, hanno bisogno delle loro attenzioni … su, su siate belli e allegri come noi lo siamo". Rispose
      
 con quanta grazia e dolcezza aveva la dolce Adriana. E continuò: "Ora accomodatevi perché dobbiamo desinare
       
e poi con le menti non ancora offuscate dalla stanchezza, ci metteremo d'accordo per fissare la data delle nostre
      
 nozze, vogliate sedervi prego signori miei". Cristina, non ancora seduta, andò innanzi ad Adriana poi, facendo un
      
 piccolo inchino, le domandò: "Signorina Adriana, col suo permesso andrei in cucina a prendere il carrello con il
 
       buon cibo, che in nostra assenza le vostre mani con tanto amore, hanno preparato". Benissimo Cristina va pure,
       
rispose Adriana. Mangiarono con appetito tutto ciò che c'era e quando furono sazi Luca domandò ad Adriana: "Mi
      
 perdoni signorina, m'è venuta in mente una cosa e cioè, che la sua bella Isotta Fraschini, è ancora parcheggiata
      
 lassù accanto al cimitero, se gentilmente volesse darmi le chiavi, Angela ed io potremmo andare a prendergliela
      
 e parcheggiarla nella sua rimessa". La risposta fu: "Grazie Luca, eccoti le chiavi e quando tornerete, parleremo
       
delle nostre nozze". Fecero il fretta ad arrivare, dopodiché si sedettero e iniziarono a dialogare. Adriana iniziò
       
col dire: "Oggi è giovedì ventiquattro aprile, cosa ne dite se don Gioacchino ci unisse in matrimonio fra un mese
      
 cioè, domenica ventiquattro maggio?" La risposta fu: "Brava signorina noi tutti siamo d'accordo".
       
Sul far dell'alba del giorno seguente, Ercole destatosi, prese per mano Cristina e tutti e due, si diressero verso la
      
 scuderia a foraggiare e preparare i cavalli poi, andarono verso l'ingresso. Una volta entrati Cristina fissò qualche
      
 istante l'ormai mitico orologio a colonna tutto solo e collocato, nell'angolo destro rivolto verso l'esterno. Allorché
       
ella andandogli più vicino gli disse: "Ciao orologio mio, come va?" Il quadrante fissandola tristemente pareva che
      
 volesse dirle: "Ciao Cristina, sento che la mia carica pian piano, si sta esaurendo; per cortesia mi vuoi ricaricare
      
 come fai ogni giorno? Lo so che lo farai e anticipatamente, ti ringrazio tanto tanto”. Cristina con il groppo in gola
      
 ma assai contenta di mantenere in vita il suo fedele amico, aperse il lungo sportello vetrato anteriore, dopodiché
      
 introdusse la sua affusolata manina, prese l'apposita chiave in acciaio a T, la infilò nell'apposito perno quadrato
      
 poi lentamente la ruotò in senso orario fino a che, diventò duro a ruotare e quindi capì che era ormai carico.
      
 Dopo che ebbe fatto quella buona azione, a Cristina parve che il suo amico volesse dirle: "Grazie, grazie di cuore
      
 amica mia, sai? Ora mi sento più in forze e puoi chiudere la lunga porta di vetro, così sarò esposto nuovamente
      
 in vetrina, ti attenderò con ansia sino a domani.
        A presto amica mia. Il tuo Don, Don, Don, Don per sempre. Cristina ancora con il nodo alla gola, non riusciva a
      
 staccarsi dall'orologio ma, per fortuna che accanto c'era il suo grande amore Ercole, il quale prese la sua tiepida
      
 manina e le disse: "Orsù Cristina cara, non piangere e anche quando saremo marito e moglie, non ti porterò via,
      
 ma rimarrò sempre al tuo fianco, cosicché avrai sempre il tuo bellissimo orologio a colonna da caricare nonché
      
 come amico, ed in più, potrai conservare il tuo lavoro che ti piace tanto, mentre io dirò ai miei capi, che desidero
      
 rimanere sempre accanto alla mia cara mogliettina ed inoltre che molto probabilmente, troverò impiego presso
      
 villa Adriana … sei contenta? Ella rispose: "Sì sì sei veramente un tesoro, il mio tesoro". Proprio in quell'istante
      
 si trovò a transitare da quelle parti la bella Adriana e, vedendo i due innamorati disse loro: "Buongiorno ragazzi,
      
 come avete trascorso la notte?" Dopo un piccolo inchino della ragazza rispose:" Ottimamente signorina Adriana;
      
 grazie per l'interessamento". Adriana continuò dicendo: "Per caso mi trovavo da queste parti e, senza volerlo, ho
      
 udito ciò che vi siete detti. Devo dire che l'idea di Ercole Ciò, mi alletta il cuore, perché lo assumerei subito come
       
autista ora però, seguitemi e andiamo a prender posto, perché fra poco, ci sarà servita la colazione, vedo già il
      
 carrello e don Gioacchino in arrivo dopodiché, parleremo del nostro futuro". Quand'ebbero consumato la prima
      
 colazione, parlarono un po' e si misero d'accordo su varie cose, poi Ercole salutò tutti e disse ad Adriana: "Ora
        con il suo permesso, Cristina ed io, andremo in municipio. La prima cosa che farò, sarà consegnare il denaro per
      
 l'affitto della carrozza, ho anche notato che ce ne sono parecchi in più di quelli che dovrebbero esserci". Adriana
      
 disse: "Quelli in più, sono per te". Grazie signorina Adriana disse Ercole. Detto questo, i due giovanotti uscirono
      
 dal salone poi sostarono qualche secondo all'ingresso per salutare l'orologio eee via, accanto alla carrozza.
      
 Con l'ausilio di lui, salì a cassetta poi, fu la volta di sé stesso, dopodiché uscirono da Villa Adriana. In comune,
  
     Ercole consegnò una busta chiusa con dentro, il denaro pattuito all'impiegato incaricato alla riscossione dei soldi,
      
 sia delle contravvenzioni rifilate agli automobilisti indisciplinati, sia all'affitto della carrozza sulla quale prestava
   
    servizio e immediatamente dopo, espose il suo problema. Gli impiegati (dopo aver conosciuto Cristina ed essere
      
 venuti a conoscenza delle intenzioni del signor Ercole, si riunirono a consulto allorché, gli proposero di rientrare
      
 pure a Villa Adriana con la carrozza, i cavalli indi, accettare l'assunzione in qualità di autista presso la signorina
      
 Adriana, ma che qualora avessero avuto necessità di una carrozza trainata da quei cavalli con più il cocchiere, lo
      
 avrebbero contattato tramite cellulare e, naturalmente salariato per cui, avrebbe avuto due bellissimi impieghi.
      
 Ringraziarono e partirono, quando furono nei pressi del "Viale degli olmi", Cristina avvisò con il cellulare, che
      
 sarebbero arrivati in meno di un minuto. La gentilissima Adriana, mise mano al telecomando e aperse l'enorme
      
 cancello, tutta contenta andò ad attendere i due innamorati. Aspettò che i loro piedi si posassero a terra, e poi
        disse loro: "Sono contenta di vedervi, coraggio entrate così mi racconterete com'è andata, poi ceneremo perché
      
 è quasi ora". Entrarono e l'orologio a colonna, era sempre li e attendeva che la sua amichetta aprisse lo sportello
      
 di vetro, prendesse l'apposita chiave e gli desse la nuova carica quotidiana. Cristina ebbe un fremito interiore; sì
      
 un fremito insistente era lui che la chiamava, allorché ella a tal richiamo si bloccò, socchiuse gli occhi poi prese
      
 la calda mano di Adriana e le disse: "Signoria Adriana, le domando umilmente perdono ma lo devo fare". Adriana
       
le rispose : "Lo so sai? Sì Cristina, lo so da tempo che l'orologio e te vi volete bene, dunque fa pure ciò che ti ho
      
 visto fare tutti i giorni da quando ho acquistato e fatto collocare in quest'angolo il bell'orologio che ti sta innanzi
        coraggio". Cristina come un automa, gli andò vicino vicino così poté operare. Quando ebbe eseguito ciò che era
      
 suo desiderio e piaceva fare ogni giorno, lo salutò con queste parole: "Arrivederci eee a prestissimo mio caro e
      
 bell'orologio, ciao ciao. Adriana ed Ercole se la presero per mano, conducendola in salone, dopodiché dolcemente
      
 la misero a sedere sul morbido divanetto accanto al finestrone. Quando il fremito interiore cessò, a poco a poco,
       
ritornò in sé poi volse lo sguardo all'esterno (al di là del finestrone fumé, verso l'azzurro cielo).
       
Ad un tratto esclamò: "Come sono belli questi uccellini!!! Vedo le colombe e le allodole, le quali durante il volo
      
 emettono un trillo armonioso e tanti altri uccellini ancora". Ricordando poi, che era una cameriera, esclamò di
        nuovo, oh! mio Dio, devo andare in cucina!!!". Venne subito bloccata dalla dolcissima Adriana la quale disse: "No
      
 Cristina, oggi non ti lascerò andare in cucina perche non stai ancora bene; rimani qui col tuo fidanzato e con noi,
 
      andrò subito io in cucina; a presto. Dopo pranzo, riposarono un'oretta poi cominciarono a preparare la lista degli
        invitati alle nozze comprese le bomboniere e pensarono anche ai testimoni. Adriana, contattò altri bravi cuochi e
      
 camerieri. Dopo cenarono e, verso la fine della medesima, furono avvolti da un torpore profondo il quale li fece
       
dormire saporitamente. Tutto sommato, chiunque degli occupanti della meravigliosa Villa Adriana non avrebbe
       
mai detto di trovarsi male, o di essere maltrattato dalla tenera padrona di casa quindi si volevano tutti un gran
      
 bene, ed erano l'uno per l'altra. Basti pensare che lo chef Luca Volpe, era anche un infermiere diplomato e molto
      
 in gamba. Nel bel mezzo di una notte fredda e tempestosa venne svegliato da un gemito. Tra sé e sé pensò: "Chi
      
 mai sarà a quest'ora e in piena notte che geme così?" Angela (la sua dolce metà, la quale aveva un buon udito),
      
 gli disse: "Amor mio, ora mi vestirò da pioggia e scenderò assieme a te nel parco". Va bene, però non ti scordare
       
la valigetta del pronto soccorso sai? Lì dentro c'è davvero di tutto  medicinali, bisturi ecc." :"Già fatto amore, ora
 
       possiamo scendere". Luca, teneva sempre con sé un telecomando del cancello, quindi si assicurò che fosse nel
      
 marsupio e c'era. Per non svegliare nessuno, andarono all'ascensore in punta di piedi poi raggiunsero l'ingresso.
      
 Diedero uno sguardo all'orologio a colonna-segnava le tre e quarantasette. Accesero le luci nel parco e andarono
      
 verso il cancello, quand'arrivarono, videro un uomo mal concio e sanguinante. A quel punto, gli domandarono
       
cosa gli fosse accaduto, egli rispose che era in quello stato per le percosse ricevute da due delinquenti e drogati,
      
 per rubargli quei pochi soldi che teneva nel portafoglio.
       
Lo medicarono come poterono poi Angela, telefonò all'ambulanza, la quale arrivò in meno di dieci minuti. Partita
      
 l'ambulanza, Angela e Luca entrarono in casa. In quel preciso momento, l'orologio a colonna, batté 5 rintocchi,
      
 per cui erano esattamente le cinque del mattino. Di nuovo senza far rumore per non svegliare tutti andarono in
       
ascensore e uscirono in punta di piedi e dopo si rimisero a letto. La vita a Villa Adriana trascorreva come sempre
      
 serena e in allegria. Di tanto in tanto Ercole veniva contattato dal comune per prestar piccoli servizi e se avesse
       
desiderato, avrebbe potuto portare con sé la sua dolcissima Cristina, la quale otteneva sempre il permesso da
      
 Adriana. Immancabilmente Cristina, manteneva fede quotidianamente al suo gradito compito il quale era quello
      
 di salutare rispettosamente, il suo compagno orologio, aprire con molta cura lo sportello di vetro infrangibile che
      
 Adriana, aveva fatto sostituire subito dopo l'acquisto. Eseguito ciò, con la sua manina destra, prendeva la chiave
      
 metallica a T, poi la inseriva nell'apposito perno quadrato lungo dalla molla, sino all’inizio del quadrante, indi con
      
 le sue affusolate dita, la ruotava in senso orario sinché la molla fosse carica. L'anti vigilia cioè, il venerdì ventitre
      
 del mese di maggio, nel tardo pomeriggio, arrivò il fattorino della "Sartoria da Mario", portando con sé, gli abiti
       
per gli sposi. Adriana gli disse di sostare con l'auto nel parco e attendere qualche minuto che sarebbero arrivati
      
 gli sposi in persona a ritirare i preziosi pacchi. Quando arrivò Adriana, portò con sé anche due buste, contenenti
      
 il denaro per il sarto e nell'altra, la mancia per lui (il fattorino). Alla vigilia cioè, il ventiquattro di maggio di buon
       
mattino, arrivarono i cuochi e i camerieri per i preparativi e montare i tavoli.
       
Il grande giorno, vale a dire domenica venticinque maggio di buon mattino, arrivarono due fioraie con tanti bei
      
 fiori per addobbare i banchi, l'altare il bordo inferiore della pala d'altare e, i banchi degli sposini. Don Gioacchino
      
 che fino ad allora era stato taciturno e in preghiera inginocchiato su un inginocchiatoio, si alzò e uscì per andare
       
in chiesa. Appena entrò notò l'addobbamento e ad alta voce, esclamò: "Santa Maria mater Dei, che meraviglia!!!
      
 Cristina e il suo Ercole erano già vestiti e pronti per la cerimonia, ma prima si fermò davanti al suo grandissimo
      
 amico orologio a colonna per la consueta procedura e la fece. Sembrava che il suo grande amico desiderasse
       
emettere dei piccolissimi suoni anche solo gutturali per dirle: "Tanti, tanti sinceri auguri di vero cuore Cristina,
      
 non ti scorderò … mai". E qui, il grande stupore dei presenti; sì, perché la grande volontà dell'orologio a colonna,
      
 che ebbe di parlare fece sì, che tutto ad un tratto, i presenti udirono scandire le parole in sillabe, forte e chiaro:
       
AU-GU-RI  CRIS-TI-NA, SEI  FA-VO-LO-SA. Ogni due o tre sillabe, corrispondevano ad un don, perciò si capiva
      
 molto bene che erano le undici esatte. Da lì a poco, cominciarono ad affluire i graditissimi invitati con mogli e i
      
 loro graziosi bambini. Quando videro la stupenda carrozza e i cavalli, impazzirono dalla gioia e tanta voglia di
       
salirci sopra per andare a fare un giretto. Adriana, notando che i bambini morivano dalla voglia di divertirsi un
      
 pochino, andò in mezzo a loro poi con voce angelica, disse: "Vedete questo signore?" Risposero tutti assieme: Sì.
      
 Lei continuò dicendo: "Questo è Ercole e se state buoni dopo pranzo vi farà salire tutti in carrozza e vi porterà a
      
 fare un bel giro sino a Passalacqua non è vero Ercole?" La risposta fu: "Promesso signorina Adriana". E così fu.
      
 Gli invitati erano parecchi, perciò nella cappella non potevano entrarci tutti ma i camerieri, diedero la possibilità
      
 a coloro che non potevano entrare, di usare le sedie sulle quali si sarebbero poi seduti per il pranzo nuziale.
       
La funzione ebbe fine più o meno alle tredici, infatti in quel preciso momento l'orologio a colonna batté tredici
       
rintocchi ben udibili da tutti, anche perché gli invitati, conversavano a bassa voce per rispetto verso la signorina
      
 Adriana. A questo punto, tutti quanti furono pregati di accomodarsi al tavolo cosicché poterono pranzare. Come
      
 promesso, nel tardo pomeriggio, Ercole fece salire tutti i bimbi in carrozza, assieme alla sua cara mogliettina e si
      
 diressero verso Passalacqua. Giunsero davanti alla rinomata "Gelateria da Piero" e offerse il gelato a tutti.
        I bambini ringraziarono ed erano felicissimi. Sulla via del ritorno, cantavano delle belle canzoncine che avevano
      
 imparato a scuola. Rientrarono a Villa Adriana che già il sole stava tramontando. Volgendo lo sguardo a ponente,
      
 si notava l'ultimo quarto perché gli altri tre quarti, se n'erano andati dietro al monte lontano, in altri luoghi della
      
 terra, per ritornare il dì seguente con il suo calore. Ercole lo fece notare pure ai bimbi i quali rimasero lì impalati
      
 sinché se n'andò del tutto, lasciando spazio alle ombre della notte. Cristina portò con sé i bimbi e fece vedere e
        conoscere loro il suo caro amico orologio parlante il quale come li vide li salutò così: "Ciao - bim - bi - ma - come
 
       sie - te - bel - li! Con questi gong capirono che erano ormai le ore ventidue. Visto che l'ora era un po' tardina e
      
 qualche bimbetto già sbadigliava, altri invece erano in braccio alle loro mamme o papà, questi genitori, diedero
      
 la buonanotte a tutti e in particolar modo, ringraziarono di cuore la gentilissima signora Adriana, poi uno dopo
      
 l'altro, si accomiatarono lasciandosi così alle spalle i bei ricordi di quella bellissima "Villa Adriana" e tornarono
      
 ciascuno alla propria abitazione. Il giorno seguente ci fu il risveglio di tutti e il sole già era alto all'orizzonte.
       
La prima donna a destarsi fu Adriana seguita subito dopo da Cristina che con un inchino, le diede il buongiorno
      
 dopodiché si precipitò a salutare il suo eterno amico orologio e a dargli la carica ed egli la salutò così: "Ci-a-o-te-
       
so-ro-co-me-sta-i?”. Adriana (non più meravigliata), disse: "Adesso tu ed io, andremo in cucina a dare un ausilio
      
 per la colazione e altro e così fu. Don Gioacchino Mellano, soggiornò a scopo di riposo, ancora quindici giorni poi
      
 partì per altre destinazioni.
       
La vita alla villa, veniva sempre trascorsa in perfetta armonia e letizia nei cuori, senza litigare mai. Di tanto in
      
 tanto, Ercole veniva contattato telefonicamente per brevi uscite quotidiane. Per la gioia di tutti Cristina e Angela
      
 a due mesi di distanza l'una dall'altra, rimasero incinte. Cristina di un maschietto che d'accordo con Ercole, lo
      
 chiamarono Stefano e Angela di una femminuccia che d'accordo con Luca la chiamarono Daniela. Il 16 settembre
       
di quello stesso anno, Adriana diede alla luce una femmina e un maschio che d'accordo con Stefano, chiamarono
      
 Laura e Cristian. Venne nuovamente contattato don Gioacchino per i battesimi e altri invitati per essere padrini
        e madrine. Una volta finiti i festeggiamenti, Don Gioacchino rimase per sempre assieme a loro a "Villa Adriana"
    
   e tutti quanti, vissero felici assieme all’orologio a colonna che quotidianamente veniva caricato esclusivamente
       
da Cristina per anni, anni e ancora anni.
       
Qui termina il lungo racconto "È notte". L'immenso amore, sbocciato in una calda notte primaverile dietro un
      
 campanile, tra l'ultramiliardaria Adriana e, il povero Stefano.   

                                          

        L'autore Stefano Villa, ringrazia di cuore coloro che hanno collaborato per far sì che questo racconto prendesse
      
 vita e giungesse al termine. 
 
       Adriana Sota (operatrice TIM di Tirana).
     
  Luca Volpe (aiuto infermiere).
    
   Laura Lencia (colei che con infinita pazienza, costruì questo sito, correttrice di bozze e astrologa).
      
 Angela, Cristina ed Ercole, sono amici immaginari.  

                      

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