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   DIPINTO E FIABA DI STEFANO VILLA     

       

IL GRANDE  FIUME

           Questa fiaba fu pensata e scritta nell'ormai lontano 1732, da colui che ne fu anche il protagonista, ora non è più
           di questo mondo. A distanza di anni dal suo
trasferimento in altro loco, vennero rinvenuti tutti i suoi manoscritti
           ancora in ottime condizioni che in seguito, vennero poi pubblicati. La fantastica fiaba iniziava così.
Era una calda
       
   notte d'estate quando il granduca Etienne (un gentiluomo molto ricco)
destatosi all'improvviso alzò le gambe
       
   dal letto e posò i piedi sul pavimento e dopo essere stato seduto il tempo necessario prese una saggia decisione.
       
   Decise dunque di lasciare tutto ciò che aveva, ai veri bisognosi del granducato e di eleggere qualcuno che fosse
       
   all'altezza di sostituirlo per amministrare ogni suo bene. Egli lasciò proprio tutto anche i suoi indumenti costosi,
       
   compresi i cilindri i frac ecc. All'istante, indossò qualcosa di spartano, prendendo con se il minimo indispensabile
       
   uscendo nel cuore della notte per non essere notato da nessuno.
       
   Giorno dopo giorno, girovagò per tutto l'enorme territorio di Anastasia, che un tempo gli apparteneva, fino a
         
 quando finalmente uscì dal granducato facendo l'accattonaggio un po' qua e la. Qualche passante impietosito, lo
         
 invitava anche nella dimora nella quale abitava per sfamarlo, altri invece si prendevano gioco di lui prendendolo
         
 in giro, ma lui non diceva nulla anzi ringraziava accettando tutto con rassegnazione soprattutto con una grande
         
 umiltà. Nel pomeriggio di un giorno uggioso, piovve molto e l'ex granduca trovò riparo in una baracca, dove era
         
 in compagnia di alcuni animali. Verso una certa ora smise di piovere e il cielo si rasserenò e uscì un bel sole che
         
 fece asciugare i suoi indumenti come pure il terreno. Alzatosi riprese pian piano il cammino girovagando senza
         
 una meta. Era ormai l'imbrunire quando stanco e con i piedi doloranti, arrivò vicino alle sponde di un grande
       
   fiume. Stremato dalle forze si sedette a pochi passi da esso, poi lentamente alzò il capo e fissò il firmamento e
         
 vide che era stellato, ad un tratto chiuse gli occhi e si appisolò riuscendo a far riposare un pochino i suoi stanchi
         
 arti. Quando si svegliò, vide che accanto a se, c'era una fanciulla bellissima e dallo sguardo dolce la quale gli
         
 stava sorridendo senza dire nulla.
         
 Etienne dopo averla scrutata per benino, le domandò: "Perdona il mio imbarazzo ma sogno o son desto?" Quella
          
bellissima fanciulla, con voce molto pacata gli rispose: "Vedi caro Etienne io sono la fata Eugenia e so tutto di te
         
 ora, se guardi il cielo noterai che ci sono tante stelle, la vedi quella più luminosa? Ecco; quella non si è ancora
         
 spenta e io provengo proprio da lei". Etienne che stentava ancora a credere ai suoi occhi e alle sue orecchie le
         
 disse: "Allora … t; tu, tu saresti veramente una fatina?" Senza indugiare, quella ragazza stupenda dal bellissimo
         
 nome Eugenia, nonché la fatina personale dell'ex granduca Etienne, prese il fiato necessario poi, rispose: "Ora
         
 dammi la tua mano ma, molto, molto lentamente e... osserva bene i tuoi indumenti". In un batter d'occhio, lo
         
 trasformò nuovamente nel granduca vestito con il frac, con in testa il suo cilindro e accanto la sua carrozza, al
         
 cocchiere e quattro giovani cavalli.
       
   Egli si commosse tantissimo e a bassa voce sussurrò alla bella fatina: "Eugenia dolce angelo ora ti credo ma non
         
 merito tutto questo da te …  sai, mi hai ammaliato con le attenzioni che hai verso me, ora però, fammi tornare
         
 com'ero poco fa perché sai ho voluto donare tutte le mie ricchezze ai poveri, divenendo così povero io, provando
           sulle mie spalle cosa significhi essere povero, deriso e umiliato dai ricchi, solo perché il potere è nelle loro mani.
           Questa volta a piangere, fu la fatina facendo capire a Etienne che anche lei aveva un cuore. Il dolce visino della
         
 fata Eugenia era radioso, i suoi occhi color marrone esprimevano tanta felicità, i lunghi capelli erano di un color
         
 castano mai visto prima, sembrava che le sue morbide labbra sussurrassero dolcemente, baciami amor mio.
           Anche il suo nasino era stupendo. Indossava con eleganza, un bellissimo vestito corto molto leggero di colore

         
 giallo tenue luminosissimo; le calze, dovevano essere di una seta purissima proveniente da un altro pianeta.
         
 Le scarpe erano altrettanto belle e solo dei piedi belli come i suoi potevano aver l'onore d'entrarci erano troppo
         
 perfetti; una cosa mai vista sulla terra, insomma era perfetta in tutte le sue parti. Quando smise di piangere,
         
 disse: "Non avrei mai immaginato di venire sulla terra per aiutare una persona buona quale tu sei". E aggiunse:
         
 "ascoltami Etienne, se mi dici di si (ma non sei obbligato), ti porterò lassù con me dove potrai dimenticare tante
         
 cose brutte e tornare sulla terra quando lo vorrai sarai libero di sceglieresappi che desidero tanto sentirti dire
         
 sì portami via con te".
 
          Etienne dopo questo bel discorso, si accorse di avere il bel braccino della fatina Eugenia attorno al collo e, dopo
         
 aver riflettuto per qualche istante, estrasse dal tascapane un piccolo taccuino e una minuscola penna d'oca e
         
 senza dire nulla alla fatina Eugenia, le dedicò questa poesia:

PORTAMI VIA CON TE

          Dolce angelo mio, fammi salire sulle tue ali di farfalla. Tu ed io, voleremo verso spazi infiniti alla ricerca di nuovi
        
 mondi, quei mondi che sanno di favola, dove tutti gli spiriti buoni, godono di una pace immensa e indescrivibile.
        
 Questo luogo cosi magico, per ora lo custodisco nel mio cuore, aspettando che da un momento all'altro, il mio
        
 piccolo fragile fiorellino, mi prenda con se e mi tenga stretto, stretto, fra i suoi profumatissimi petali che sanno
        
 di rosa, per volare verso spazi celestiali, dove nessuno potrà mai più, farci soffrire.

          La bella fatina osservava Etienne, quando capì che aveva finito di scrivere gli chiese dolcemente: "Posso leggere
        
 ciò che hai scritto?" La risposta fu: "Ecco fatina mia, ho voluto dedicarti una semplice poesia scaturita dal mio
        
 cuore quando pronunciasti quelle parole stupende ne ho fatto tesoro e sono uscite queste poche righe ecco, tieni
        
 leggi pure e dimmi se sono di tuo gradimento. Quando Eugenia finì la lettura, per un momento non disse nulla
        
 perché i suoi begli occhi erano lucidi di pianto poi quando se la sentì, dalle sue belle labbra, uscirono magnifiche
        
 parole: "forse non ci crederai, ma io sono il tuo angelo custode, e mi è stato concesso dalla corte suprema di
        
 assumere le sembianze umane, affinché tu mi potessi vedere e amarmi. Adesso che ti ho detto questo, riesci a
        
 credermi?" L'ex arciduca smise di essere perplesso e rispose: "Si fatina mia e se non te ne sei ancora accorta, ti
        
 sto già amando, ora se lasciamo questo grande fiume, mi lascerò portare via con te, dove tu vorrai". Il dolcissimo
        
 angelo, sprizzava gioia da tutti i pori per la risposta appena ricevuta, al che disse ad Etienne: "Se sei convinto,
        
 lasciati guidare dal mio pensiero, concedendo tutto te stesso a me e non temere quando verrai avvolto da una
        
 grande luce perché, questa sarà solo la preparazione del tuo spirito per essere trasferito in un altro mondo.
        
 Dapprima avvertirai uno stato di benessere e di calore in tutto il corpo poi sarai portato in spirito nei luoghi più
        
 belli della terra che non avevi mai visto prima d'ora, dopo voleremo verso spazi infiniti in cerca di nuovi mondi
        
 scritti da te nella poesia: "Portami via con te, ora se sei pronto prendi le mie mani, stammi vicino più che puoi e
        
 farò il resto". Dopo aver sorvolato il mondo intero, volarono verso Alfa, una dimensione ignota agli umani.
        
 Quando arrivarono a destinazione, si trovarono sulla stella dalla quale era scesa la fatina Eugenia. Etienne che
        
 non era più materia, vide un bellissimo castello che però non era costruito come i castelli terrestri con pietre e
        
 mattoni, ma arroccato in un punto strategico. L'angioletto custode si pronunciò con queste parole: "adesso che
        
 sei qui, mi dici se sei contento e se ti piace la tua nuova dimora?" Egli rispose: "Tantissimo, se me lo permetti, ti
        
 dico che non pensavo esistesse un mondo così fantastico e se fossimo sulla terra ti chiederei di sposarmi ma qui
        
 non lo so". Prendendo la parola l'angioletto disse: "Vedi Etienne, tu pensi e ragioni ancora come un terrestre, in
      
   questa dimensione invece, non ci sono mogli ne mariti, ma solo spiriti buoni come tu giustamente scrivesti nella
        
 tua poesia. Io ti amo da sempre e so che anche tu mi ami perché posso leggere nel tuo cuore ed entrambi, noi
        
 amiamo allo stesso modo tutti gli spiriti che vedi aleggiare attorno a te, vedrai che piano, piano farai l'abitudine
        
 e non ti stupirai più di nulla, perché questo è un mondo nuovo".
       
  In questo luogo magico, come potrai notare, non esiste ingiustizia ne falsità e tutti sono ricchi allo stesso modo,
        
 ora lascia che trasporti il tuo spirito a vedere la dimora dove alloggeremo". Entrati che furono, Etienne disse a
        
 Eugenia: "Amor mio, qui è favoloso e da quando siamo arrivati non sento più alcun bisogno di cibo ne avverto l
        
 stanchezza... sai, avevi proprio ragione quando eravamo ancora sulla terra a dirmi quelle frasi, pronunciate dalle
        
 tue bellissime labbra sensuali. Ormai non mi rimane che pensare al nostro futuro. Lo spirito dell'angioletto non
        
 disse nulla poi come per incanto tutt'e due si trovarono faccia a faccia materializzati. Il volto della fatina, era più
        
 bello che mai, e sulla fronte (oltre alla folta chioma castana), scendeva un bel ciuffettino dei suoi capelli, per
       
  non parlare del suo dolce sorriso. Dopo alcuni istanti disse: "Lasciati baciare come fanno gli innamorati terrestri;
        
 vuoi?" Finito il bacio (che non durò poco), aggiunse: "Sai Etienne, in questa dimensione non esiste ne futuro e
        
 neppure il tempo, ma devi piuttosto dire eternità. Etienne tenendola stretta a se disse: "sì, Eugenia mia, ma ora
      
   pensiamo alla nostra eternità e ad essere felici entrambi.
          A questo punto, finisce la fiaba che lo scrittore riuscì a ultimare prima di... Ora che finalmente ha raggiunto la
        
 pace dei sensi, riposa nei verdi pascoli, assieme alla sua amata fatina Eugenia, che tanto l'ha descritta.

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