Lingua

In questa pagina si trovano alcuni brevi cenni alla struttura ed alla natura della lingua Esperanto; non si tratta naturalmente di un corso sulla lingua, che richiederebbe ben altro spazio, ma solo di pochi elementi utili a chiarire la sua natura, senza alcuna pretesa di essere esaurienti, ne' tantomeno esaustivi!. Per il lettore interessato, è disponibile un'ampia bibliografia, sia in Esperanto che in praticamente tutte le lingue nazionali, compreso ovviamente l'italiano. Se desideri ulteriori informazioni, scrivici !, cercheremo di rispondere al meglio delle nostre possibilità.

La pianificazione

La fonetica e l'ortografia

La grammatica

La morfologia

La sintassi

Il lessico

E, per chi è più curioso, ecco qualche altra informazione:

L'alfabeto

Le 16 regole dell'Esperanto

La tavola dei correlativi

La pianificazione

Spesso viene affermato che l'Esperanto è una lingua artificiale; questo è inesatto, in quanto le strutture linguistiche dell'Esperanto sono del tutto identiche a quelle che si possono riscontrare nelle lingue cosiddette naturali, anche se ovviamente non in ogni lingua si trovano sempre le stesse strutture.

In effetti, la lingua Esperanto è stata pianificata, cioè la sua struttura linguistica è stata costruita a tavolino, in modo da rispondere a dei ben precisi requisiti sia di 'naturalezza', così che il discorso possa fluire senza difficoltà od impedimenti all'espressione, sia di assoluta regolarità, ossia totale mancanza di eccezioni sia nella grammatica che nella sintassi e nella morfologia. Per questi motivi, l'Esperanto è più semplice da imparare di qualsiasi altra lingua, qualunque sia l'estrazione linguistica dell'allievo.

La maggior parte delle strutture linguistiche impiegate proviene dal ceppo delle lingue indoeuropee, anche se vari elementi provengono dalle lingue semitiche; per questo motivo, l'Esperanto è classificato, dal punto di vista filologico, come una lingua indoeuropea.

La fonetica e l'ortografia

L'alfabeto dell'Esperanto è costituito da 28 lettere, delle quali 21 consonanti, 5 vocali e 2 semivocali, cioè lettere con suono analogo a quello di una vocale ma valore di consonante; diversamente da quanto accade in italiano, a ciascuna lettera corrisponde uno ed un solo suono, qualunque sia il contesto nel quale essa è inserita.

Ciò permette di non precisare eccessivamente il suono che ciascuna lettera deve avere, facilitando così la pronuncia a persone di diversa estrazione linguistica; ad esempio, per le vocali è raccomandato un suono ne' troppo aperto ne' troppo chiuso, ma in pratica è sufficiente che la vocale sia riconoscibile per determinare il significato della parola: non esistono casi dubbi come pésca e pèsca, o bótte e bòtte, in Esperanto!

Ogni sillaba contiene una ed una sola vocale, perché le vocali non formano mai dittonghi; al contrario, le semivocali formano sempre dittonghi e quindi non modificano la divisione sillabica, che quindi risulta molto semplice.

La pronuncia è sempre piana, cioè l'accento tonico cade sempre e comunque sulla penultima sillaba; poiché ogni vocale fa sillaba, in pratica questo equivale a dire che l'accento cade sempre sulla penultima vocale.

Infine, non esistono combinazioni di lettere che diano origine a suoni diversi da quelli prodotti dalle singole lettere, come accade in italiano in parole come sci, cigno, gigli, chitarra e così via.

La grammatica

La grammatica, piuttosto semplice, dell'Esperanto, si è sviluppata da un insieme di sole 16 regole base, che però danno origine ad una complessità sufficiente per esprimere il pensiero con ogni possibile sottigliezza, come dimostrano con la loro ricca espressività le numerose opere letterarie sia originali che tradotte.

Le varietà grammaticali dell'Esperanto sono ovviamente le stesse che si incontrano in ogni altra lingua, vale a dire sostantivi, aggettivi, pronomi, verbi, avverbi e così via; diversamente dalle lingue naturali, però, la derivazione delle parole avviene in modo regolare, senza quella complessità che si trova di solito specialmente nelle parole più comunemente utilizzate.

Molta della semplicità della lingua è anche dovuta alla razionalizzazione delle strutture del verbo, che comprende i tempi semplici e composti presente, passato, futuro nei modi indicativo, e participio attivo e passivo, più un'unica voce per ciascuno dei modi condizionale, congiuntivo-imperativo ed infinito; ma non comprende alcuna coniugazione (flessione) per le persone, che sono viceversa indicate dal soggetto, che è sempre obbligatorio. Vale la pena di sottolineare ancora una volta che in Esperanto non esistono verbi irregolari e c'è un solo verbo ausiliare (il verbo essere).

Un'altra caratteristica molto importante è l'organizzazione di molte delle parole più comunemente utilizzate nel discorso (tanto, quanto, quando, dove, come, chi, perché, perciò, sempre, mai,....) in una tabella, detta tavola dei correlativi, in cui trovano posto in maniera sistematica tutte le 'parole correlative', rendendone facile l'apprendimento e la memorizzazione.

La morfologia

In Esperanto, ogni parte del discorso è sempre immediatamente riconoscibile dalla sua uscita (cioè dalle ultime lettere della parola stessa); ad esempio, al nominativo singolare, tutti i nomi finiscono in -o, tutti gli aggettivi in -a e tutti gli avverbi derivati in -e, così che non c'è mai confusione tra un aggettivo o avverbio ed un nome.

Il plurale di un sostantivo od aggettivo si ottiene aggiungendo alla fine della parola la teminazione -j, così ad esempio da homo (uomo) si ha semplicemente homoj, a differenza da molte lingue naturali in cui questo plurale è irregolare.

Alla parola può aggiungersi un'ulteriore terminazione -n, che indica il caso accusativo, il solo altro caso, in Esperanto, oltre al nominativo, usato solitamente per segnalare il complemento oggetto di un verbo, ma talora anche con altri significati (ad esempio il moto a luogo, il tempo determinato o continuato, il prezzo e qualche altro caso sul quale non insistiamo).

Oltre a questo, non c'è alcuna flessione del vocabolo e tutti gli altri casi sono rappresentati mediante le preposizioni.

L'uso del segnacaso 'n' per l'accusativo, che ad una prima occhiata potrebbe sembrare un'inutile complicazione, garantisce sempre una prefetta comprensione del significato e nel contempo permette di rigirare le frasi come più si desidera, mettendo nella massima evidenza l'oggetto del proprio interesse, come, ad esempio, nelle due frasi seguenti:

La patro vundis la hundon.

Il padre ferì il cane.

La patron vundis la hundo.

Il cane ferì il padre.

In Esperanto, come si è già accennato sopra, non c'è nemmeno flessione delle persone del verbo; l'uscita della voce indica sempre il modo e tempo; ecco alcuni esempi della coniugazione del verbo essere:

mi estas bona

io sono buono

vi estis bona

tu eri (fosti) buono

li estos bona

lui sarà buono

mi estus bona, se...

io sarei buono, se...

estu bona!

sii buono!

esti bona

essere buono

L'Esperanto infine è una lingua agglutinante; cioè può formare nuove parole, a partire da una radice, aggiungendo ad essa dei prefissi o dei suffissi che ne alterano il significato, ma in maniera regolare, cioè sempre nello stesso modo. Si noti che questo accade in qualche misura in molte lingue, però solo in Esperanto si verifica quell'assoluta regolarità che elimina l'incertezza sul significato (ad esempio, per uno straniero è difficile sapere se il diminutivo di libro sia 'librino' o 'libretto', e fonte di ulteriore confusione è scoprire il 'libriccino': in Esperanto, tutti i diminutivi si ottengono con il suffisso -et-, così che da 'libro' si ha immediatamente 'libreto'). Ciò non vuol dire comunque che siano negati all'Esperanto lazzi e giochi di parole, che anzi sono frequenti!

Ecco qualche altro esempio di prefissi e suffissi (evidenziati dal colore):

bona: buono (aggettivo)

malbona: cattivo (il contrario, dato dal prefisso mal-, di buono)

patro: padre (nome)

patrino: madre (il femminile, dato dal suffisso -in-, di padre)

skribi: scrivere (verbo)

skribisto: scriba, scritturale (il professionista, -ist-, della scrittura)

bela: bello (aggettivo)

beleco: bellezza (la qualità, -ec-, dell'essere bello)

krii: urlare (verbo)

kriegi: urlare a squarciagola(-eg- accrescitivo)

I prefissi ed i suffissi hanno anche significato autonomo, quindi possono formare parole di per sé; ad esempio, da mal-, prefisso che indica il contrario, si possono ottenere il sostantivo malo ('il contrario'), l'avverbio male ('al contrario'), l'aggettivo mala ('contrario'), il verbo maligi ('far diventare il contrario') e così via.

Infine, i prefissi ed i suffissi si possono combinare tra loro, aggiungendo i rispettivi significati; ad esempio, da patro, possiamo ottenere patrineto ('mammina'). In questo modo, da un numero relativamente piccolo di radici si possono ottenere moltissime parole e sfumature di significato.

La sintassi

 Poiché ogni parte del discorso è immediatamente identificata dalla sua uscita, il soggetto è sempre espresso ed il complemento oggetto, se c'è, è identificato dal segnacaso dell'accusativo, non c'è bisogno di formulare la frase in un ordine particolare. Perciò in Esperanto non esiste un ordine sintattico obbligatorio e questo permette di sfruttare al massimo le sfumature espressive date dall'accostamento di parole o dalla loro posizione più o meno in evidenza.

Ciò naturalmente non autorizza ad ingarbugliare il discorso, visto che l'obiettivo è farsi capire; come al solito, i poeti costituiscono un'eccezione autorizzata (ma non sempre si fanno capire...), ma per tutti gli altri è consigliabile organizzare la frase, seppure liberamente, evitando il disordine.

Molti autori si attengono a costruzioni del tipo soggetto, verbo, complemento, altri complementi, eventualmente modificandolo, per lo più mettendo il complemento oggetto all'inizio della frase, quando vogliano dare una particolare enfasi al discorso. In altri termini, nel secolo ed oltre di vita dell'Esperanto, si è venuto a formare gradualmente uno stile 'internazionale', ispirato dai massimi srittori esperantisti, che costituisce ormai un modello comunemente accettato.

Il lessico

Il lessico dell'Esperanto è composto da un numero limitato di temi, cioè radici di vocaboli dotate di significato preciso, dai quali di volta in volta si possono trarre verbi, nomi ed aggettivi con le numerosissime varianti introdotte come si è visto sopra dall'aggiunta dei prefissi e suffissi, che possono essere combinati tra loro secondo necessità. La maggior parte delle radici è di origine indoeuropea, ma non mancano termini di provenienze diverse.

Da un vocabolario relativamente ristretto si possono così trarre numerosissime espressioni, con parole e sfumature pressoché infinite; comunque, per ovviare alle esigenze dell'innovazione nel linguaggio, come del resto accade in tutte le lingue, vengono continuamente coniati dei neologismi. Ciò accade naturalmente, oltre che nel parlare comune e letterario, quando si usa la lingua in ambito tecnico o scientifico; si devono allora avere tutti quei termini specialistici che permettono di trattare in maniera professionale di una data materia, e questo dà origine a dei dizionari 'di branca', specializzati in una certa materia.

In questo naturale processo di sviluppo del dizionario, accade normalmente che autori diversi creino indipendentemente parole con significati analoghi, e talvolta addirittura uguali, che vivono vite parallele per un certo periodo, fino a quando una di esse trionfa sulle altre e resta, più o meno, la sola usata con quel significato. Ma spesso accade anche che, nell'ambito di qualche componimento, e specialmente nel campo della poesia, un autore 'inventi' una nuova parola, prendendola a prestito da forme straniere od arcaiche, e questa parola transiti poi nel parlare corrente.

In tutti questi casi, trattandosi di una lingua viva, alla fine solo la comunità dei parlanti può decidere quale sia il termine che sopravvive, ma è comunque necessario che questo processo di distillazione sia 'sorvegliato' dal punto di vista linguistico. Per questi motivi esiste un organismo internazionale, fondato su esplicito invito dell'iniziatore dell'Esperanto, il dottor Zamenhof : l'Accademia di Esperanto, la cui missione consiste nel vagliare i neologismi e le nuove forme linguistiche e decidere se introdurli nel vocabolario (che viene pubblicato a livello internazionale) e nella gramnmatica, vigilando così sulla conservazione della purezza e correttezza della lingua nell'uso analogamente a quanto fa per l'italiano l'Accademia della Crusca.