(del Bar Moka di Ludor S.n.c., Savona, Via Paleocapa 31/r - tel. 019 815059) Per i vostri momenti di relax. Discorsi da CaffèContributo di Graziella ArazziEd è proprio con l'intento di portare in superficie conversazioni, parole, "ciance" vecchie e nuove che il "Moka Bar" di via Paleocapa riparte con ritmi fascinanti ed energia degna del miglior passato di Savona. Pronto a trasformarsi in un vero e proprio tempio del caffè, "la netterea bevanda ove abbronzato fuma ed arde il legume ... giunto da Moka", come cantava il Parini nel XVIII secolo, il locale accoglierà nella sala ovattata o nel dehors, felicemente incastonato nel porticato ottocentesco, discorsi, idee, fantasticherie ed opinioni di tutti i Savonesi. Punto d'incontro fra la tradizione liberty e l'immediato futuro del terzo millennio, rappresenta un felice tentativo di unire la memoria della città dei camalli e delle bellezze femminili dell'Ottocento al presente del Terminal crociere, guardato a vista dall'imponente Autosilos e dal sensazionale ponte mobile, che collega il leggiadro porto turistico all'austera via Paleocapa. L'obiettivo del Caffè, crocevia obbligato per tutte le generazioni, è ricreare il clima conviviale che animava le serate dei savonesi negli ultimi anni Cinquanta, quando in diversi angoli della città, nel centro storico e nel circondario, osterie e bar ospitavano incontri spiritosi e dibattiti fra grandi artisti e intellettuali, quasi che l'aroma vagante del caffè riuscisse a fornire la sostanza con cui lievitano idee,passioni politiche e forme di comunicazione tra tutti i ceti sociali. Reincarnazione di un universo di chiacchiere e di emozioni, il "Moka Bar" respira le antiche ambizioni di Leon Pancaldo e alimenta la speranza in una Savona inedita, grande porta aperta sul Mediterraneo dei popoli. L'avventura che il locale si accinge a sperimentare ci spinge a trovare nella storia di Savona, figlia schiva di una Liguria ponentina, i segni di raffinati e sognanti Caffè, luoghi in cui si divulgavano idee e si discutevano con orgoglio e passione i destini di un'intera comunità. A differenza di molte altre città italiane, Savona ha rinunciato a costruire una storia dei ritrovi, delle osterie e degli alberghi, segmenti decisivi per tratteggiare la fisionomia umana e affettiva del territorio. Chi intende "viaggiare" nel passato dei Caffè savonesi, è costretto ad affidarsi a minuscoli frammenti scritti, a tracce orali, serpeggianti qua e là e che i savonesi sembrano voler custodire con la consueta ritrosia che li contraddistingue. Ci voleva la rinascita del "Moka Bar" per indurre qualcuno a valorizzare un'intera tradizione conviviale, con l'occhio esperto di un turismo culturale che sappia rompere l'apatia e la noia del quotidiano. Altrove, Parini, Carducci, Arrigo Boito e poi D'annunzio scrissero elogi di osterie e Caffè, tessendo interessanti guide spirituali ai punti di ritrovo. A Savona, l'esperienza di grandi artisti e intellettuali che cantassero locali e alberghi è stata sporadica e quasi mai conosciuta dal grande pubblico. Eppure, a metà degli anni Trenta, qualcuno osava dire che "s'impara più in un'ora al Caffè che cinque in una biblioteca". Di certo, nei bar e nelle osterie savonesi, poi eclissate dai fuochi fatui dei media radiofonici e televisivi, si costruirono glorie di artisti e si delinearono miti e progetti collettivi. Il "Moka Bar" ci riporta ad una Savona dei cinque sensi, quella dei dolci prelibati, dei liquori raffinati e dei the al profumo d'Oriente. Nei primi anni del XX secolo, percorrendo Corso Principe Amedeo, oggi Corso Italia, s'incontrava il Caffè Barile, con tavole e seggiole in perfetta sintonia con il viale alberato, percorso in estate da frotte di leggiadre ragazze che frequentavano, nella zona del prolungamento a mare, il Caffè Teatro dei bagni Wanda, dove ogni sera spettacoli teatrali e musicali attiravano l'elegante borghesia del tempo. In Via Manzoni, al Bar Pasticceria dei Fratelli Traverso si gustavano i chinotti della piana di Legino e delle colline di Lavagnola, sotto conserva, canditi o sciroppati. Altra delizia era rappresentata dagli amaretti delle ditte dei Fratelli Astengo e di Besio. "Baci" speciali, con nocciole tritate, mescolate alla crema, si sposavano con delizia a calici di moscatello e vermentino. E poi, fette di torta di castagne, marroni zuccherati, sorbetti al limone, frutta sciroppata scandivano le quattro stagioni dei Caffè savonesi. Il migliore cocktail di novant'anni fa? Un succo di agrumi, in cui galleggiavano spicchi di chinotti canditi. Il tutto servito nelle preziose maioliche dei fratelli Folco, quasi a testimoniare che l'arte della ceramica era il naturale contesto delle delizie dell'artigianato dolciario. Non sfuggano all'attenzione del curioso le sale di lettura, le sale per fumatori e giocatori di biliardo e l'arredamento dei Caffè, in cui lampadari, soprammobili, tappeti e arazzi alle pareti dialogavano con le luci multicolori importate dalla Belle Epoque francese. Accanto ai locali della borghesia, nelle immediate adiacenze del porto, sorgevano cafferucci, frequentati da camalli, marinai, carrettieri, barcaiuoli: una sorta di legame tra il Caffè di lusso e l'osteria popolare, dove i vini di Vezzi, di Torre, di Ellera, i dolcetti delle colline, il vivace vermentino o l'amabile Pigato tenevano testa alle bevande aromatiche. Da non dimenticare che nella seconda metà dell'Ottocento i locali pubblici di Savona si dividevano addirittura per categorie politiche: c'erano i locali dei mazziniani, dei repubblicani intransigenti e quelli dei monarchici, simpatizzanti per il re Vittorio Emanuele II. Roba da pazzi, direbbe qualcuno! Tutto normale, se consideriamo la forza di aggregazione dei Caffè cittadini. E non mancavano neppure le controversie tra gestori dei locali e amministrazione comunale. Sulle colonne de "L'Indipendente", giornale anticlericale di Savona, nell'edizione del 7 febbraio 1908 si legge la notizia di un aumento dell'affitto del suolo pubblico per i proprietari dei chioschi. Cifre esorbitanti, imposte dalla giunta di centro destra: da 40 lire a 350 lire! Veramente troppo per una categoria già oberata dal fisco. Argomento di discussione era anche la distinzione tra piccoli e grandi esercenti. I primi non potevano costruire dehors; i secondi, invece, avevano via libera per disporre sedie e tavolini sulla strada oltre che sui marciapiedi. Ai frequentatori dei raffinati caffè, borghesi illustri, era concesso stare all'aperto, mentre gli umili cittadini dovevano privarsi di una simile esperienza. "La plebe - lo vogliono i sultani della giunta - deve stare dentro i locali" criticava un articolista de "L'Indipendente" nel maggio di novant'anni fa. Ma c'è un'altra storia che vale la pena di recuperare, quella del Caffè Euterpe, attivo in via Niella fino al 31 dicembre 1973 quando, ormai centenario, "decideva di ritirarsi a vita privata". Gestito da un "ragazzo del '99", Valentino Silan, il mitico Litto, l'Euterpe, che prende il nome dalla musa greca della musica lirica, nasce nel 1922 , dalle trasformazioni della vecchia Osteria di Quiliano, creatura del nonno di Litto. Il giovane Valentino, di professione oste, in realtà vero animatore culturale, seppe cambiare il locale in un cenacolo per amanti della musica, soprattutto lirica, dell'arte e della discussione politica. A cavallo delle due guerre, nel Caffè di Litto era stato installato un punching-ball dove, tra un bicchiere e una canzone, gli appassionati potevano tirare due pugni con il guantone. Nel '68, il biliardo dominava tra gli studenti savonesi, pronti a disertare le lezioni per andare al Caffè Euterpe. Magia di un locale, energia di Litto. Non si sa. Il fatto è che per anni e anni, il locale attirò intere generazioni di "cervelli", tra cui riconosciamo Mario Muda, Felice Rossello, Luigi Pennone, Gianfranco Ricci, Rino Canavese. Alcuni volti noti. Ci scusiamo per i nomi omessi, ma l'aroma di un caffè di altre epoche, servito con cortesia e professionalità da Luca e Giovanna (dimenticavamo: i due nuovi, simpatici, scattanti gestori del locale!) e assaporato con il tempo giusto nella sala del "Moka Bar", a due passi dal terzo Millennio, ci impedisce di ricordare tutto lucidamente. E se rispuntasse il drink ai chinotti? Graziella Arazzi L'autrice del predetto saggio e' raggiungibile al suo sito * Prof. Graziella Arazzi web home page |
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