"L'INGUARDABILE" PICCOLETTI




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Era una giornata fredda e umida, anche se il sole illuminava il cielo. Il campo da calcio era ricoperto di foglie inzuppate dall'acqua. Doppioni, il presidente degli Angeli, guardava il campo. L'aria fredda gli entrava nei polmoni. Erano le nove del mattino e alle dieci e trenta sarebbe cominciata la partita dei ragazzi. Gli Angeli erano recentemente diventati una Scuola Calcio d'élite. La cosa preoccupava Doppioni. La società sportiva attirava da anni le famiglie più facoltose della ridente cittadina. Andare agli Angeli era diventato di moda e, pur di farne parte, anche le famiglie meno abbienti erano disposte a pagare una delle quote d'iscrizione più alte della provincia. Su un edificio campeggiava il motto della società: "Amore, sport, amicizia". Doppioni citava orgoglioso quel motto di bandiera sventolandolo alle varie famiglie che si presentavano. Sottolineava la differenza tra la propria società e il resto del mondo del calcio giovanile. Gli Youngwinners, la scuola calcio più competitiva della cittadina, avevano un motto non-scritto, "vincere è tutto, a discapito di ogni regola". L'anno precedente gli Youngwinners erano stati coinvolti in uno scandalo giornalistico. Un bambino era stato escluso dalla squadra a fine stagione. L'anno successivo avrebbe dovuto trovare un'altra società per giocare. Proprio come gli adulti, i professionisti. Un giornalista aveva scritto un articolo per sottolineare l'inadeguatezza del gesto, nei confronti di un bambino così piccolo, e l'assurdità di una selezione così severa, a quell'età. Molte famiglie avevano abbandonato gli Youngwinners scandalizzate. Doppioni, tuttavia, si era sorpreso. Il motto, anche se non-scritto, tutti lo conoscevano, come le pratiche di quella società. Secondo lui i genitori se ne erano andati per un altro motivo. Quando certe cose vengono alla luce, tutto cambia. L'immagine di facciata riveste un'importanza cruciale in una piccola città di provincia. Una buona reputazione costituisce la base fondamentale del palazzo delle relazioni sociali. Era meglio far finta di non sapere, o di partecipare senza essere d'accordo, che fare la parte dei "cattivi" alla luce del sole. Questo pensiero gli rodeva il fegato. Per rimanere fra le Scuole Calcio d'élite gli Angeli dovevano avere buoni risultati sul campo. Essere una Scuola Calcio d'élite permetteva di avere un sostanzioso finanziamento pubblico. Avere buoni risultati voleva dire: vincere. Questo traguardo metteva a rischio i princìpi del motto di bandiera, richiamato sempre con orgoglio. Far quadrare i conti agli Angeli era un vero inferno. Accontentare gli sponsor, far fronte alle spese e cercare di mantenere le quote pagate dalle famiglie era impossibile. Le famiglie amavano gli ideali di bandiera, che rendevano difficile vincere. Gli Angeli erano inseriti in un mondo del calcio giovanile orribile, con pratiche immorali diffuse. Quel mondo RICHIEDEVA alcuni piccoli compromessi per sopravvivere. Cosa sarebbe successo agli Angeli se tutto fosse venuto alla luce? Quell'interrogativo lo tormentava. Adesso poi, ci si era messo anche: "l'INGUARDABILE!" Gli schiamazzi distolsero Doppioni dal proprio tormento interiore. Erano arrivati i papà dei ragazzi, convocati un'ora prima per fare gruppo. C'erano Direttore, Mastersagra, Dinapoli. Scherzavano allegramente. Le mamme sarebbero arrivate più tardi, all'inizio della partita, quando la temperatura fosse migliorata un po'. Tutti e tre erano diventati dirigenti della società, cercavano di dare il proprio contributo alle politiche degli Angeli. Dinapoli in pratica godeva di qualche diritto in meno a causa delle proprie origini del Sud Italia. In teoria i dirigenti erano tutti uguali, anche se il figlio di Dinapoli era quello che giocava meno. Il ragazzo correva molto poco, tuttavia, quando si è il figlio di un dirigente, questi problemi si superano. Nel suo caso si metteva prima la meritocrazia. Il figlio di Direttore, al contrario, giocava sempre, pur essendo un portiere che esibiva ogni partita papere disastrose per il risultato finale. La società evitava di impegnarsi a fondo nella ricerca di altri portieri e sosteneva di non riuscire a trovarne. Si diceva: il ruolo del portiere è un ruolo poco ambito fra i ragazzi. Nelle piccole cittadine l'amicizia viene spesso concepita come una gara per la vittoria. Il successo in questa competizione consiste nel dimostrare di essere più fortunati di tutti gli altri. Procurarsi le prove di essere davvero felici. La gara fra i papà solitamente verteva sull'ammiraglia di famiglia, la nuova automobile, che si era in procinto di comperare. Fra le mamme, invece, si sarebbe discusso probabilmente delle prossime vacanze, per strappare la palma della vittoria sulla meta più esotica. Scherzi e battute rimbalzavano fra i presenti, quando arrivò Sportmorale. Sportmorale condizionava sempre un po' l'ambiente. Si occupava di dettare le regole e moralizzare il gruppo. Sportmorale decise che era arrivato il momento di stabilire chi si sarebbe aggiudicato quel giorno il pagamento della colazione dell'intero gruppo. Anche questa gara era piuttosto complicata. Vincere voleva dire dimostrare il proprio potere economico, ma lasciava un amaro dubbio in bocca. Nella mente di chi se l'aggiudicava balenava per un attimo il sospetto di essersi fregato economicamente con le proprie mani. Sportmorale durante la competizione cercava di far risaltare alcuni aspetti: chi non pagava da parecchio tempo, e chi, nelle ultime gare, era stato troppo poco competitivo. Alla fine si volle imporre proprio Sportmorale; anche lui doveva prendersi qualche soddisfazione personale, ogni tanto. Fece notare, tuttavia, che Sanitari non era ancora arrivato, che era in ritardo come al solito. La cosa destava sospetti. Bisognava coalizzarsi per farlo vincere alla prima occasione. Alla spicciolata cominciarono ad arrivare le mamme. Troppo infreddolite per pensare alle vacanze estive. La scuola sarebbe stato un argomento migliore. La fine del quadrimestre si avvicinava. Per loro il futuro dei figli di sicuro avrebbe previsto un obiettivo diverso dal calcio professionistico. Alcuni padri, al contrario, nascondevano questa segreta ambizione nel cuore. Sportmorale, in particolare, aveva l'animo in conflitto fra il rimpianto e la ragione. Da giovane sarebbe stato un ottimo sportivo e in fondo al cuore rimpiangeva di aver scelto una strada diversa. Le ragioni di famiglia gli avevano impedito la pratica dello sport agonistico come professione. Sportmorale si era dovuto adattare, aveva indossato l'abito del medico, un vestito che gli stava molto stretto. La sua anima di sportivo riemergeva di continuo nel mare del rimpianto, che cercava di tenere nascosto, senza riuscirci. Per non affogare, cercava rifugio negli altri sport, in particolare le gare di sci per la categoria medica, in cui otteneva ottimi risultati. Quelle gare rappresentavano una riva sicura su cui approdare. Suo figlio era diventato il capitano della squadra e questo era un segreto motivo di orgoglio. Calciochiesa, la mamma di Buonmarziale, rappresentava un'eccezione fra le mamme. Era l'unica ad intendersi davvero di calcio. Da giovane comprava l'abbonamento per le partite della squadra cittadina, nell'animo le si accendeva con facilità il fuoco del tifo. Calciochiesa, tuttavia, era anche iscritta all'Azione Cattolica, con grande fervore religioso. La cosa la portava ad essere attiva nel mondo della chiesa come educatrice. Queste due anime convivevano in lei alle volte scontrandosi un po'. All'inizio, quando Calciochiesa aveva cominciato a vedere le partite del figlio, era prevalsa l'anima della tifosa. Da mamma si era lasciata andare con grande coinvolgimento emotivo ad un tifo rumoroso. Il figlio l'aveva poi redarguita, rivolgendosi all'anima di educatrice, che si era imposta, pian piano, con un progressivo silenzio. Alla fine Calciochiesa guardava le partite in un sofferto silenzio, senza parlare, evitando di proferire commenti e, solo in caso di estremo pericolo, le scappava un acuto urletto da mamma tifosa. Doppioni ritornò a guardare il campo. L'ora della partita si avvicinava. Mister Sempliciotto aveva cominciato a far scaldare i ragazzi. Ognuno era indaffarato negli esercizi di preparazione al match. Lo sguardo di Doppioni si soffermò sul cartellone pubblicitario della Edilgiganti. "Ecco un altro problema." Pensò. Gli sponsor apparivano sulla recinzione del campo con i loro cartelloni pubblicitari. Se un genitore avesse confrontato la formazione della squadra con i nomi sui cartelloni, avrebbe notato una certa corrispondenza. Del resto come si sarebbe potuto negare ad uno sponsor un simile favore? Nel resto del mondo del calcio giovanile era proprio un diritto dello sponsor far giocare il proprio ragazzo. La prima cosa che lo sponsor richiedeva. Gli sponsor di solito non erano troppo morali. Facevano giocare il proprio protetto, tiravano su un po' di soldi in nero e, per ultimo, ma proprio per ultimo, si facevano pubblicità. Spesso reputavano inutili i benefici pubblicitari per l'azienda, mentre mostravano grande interesse per la possibilità di far giocare il proprio ragazzo e per i soldi sottratti alle grinfie dell'Agenzia delle entrate. Grazie al cielo, alle volte la ditta era intestata alla mamma. Il cognome della madre era diverso da quello del ragazzo e, di solito, meno conosciuto. La cosa permetteva di confondere un po' le acque. E poi, lì negli Angeli, nessun genitore sembrava farci troppo caso. Inoltre Edilgiganti aveva un figlio così bravo, che nessuno avrebbe potuto insinuare che giocasse per altri motivi. Il problema era Piccoletti, l'INGUARDABILE. Ma possibile, si domandava Doppioni, che quando hai una ditta così ben avviata e il fratello di tua moglie gioca in promozione, ti va a nascere un ragazzo così piccino? Il fischio di inizio della partita riportò il presidente degli Angeli a guardare il campo. I ragazzi stavano entrando in fila indiana. Doppioni strabuzzò gli occhi, erano tutti molto alti, tranne lui: l'INGUARDABILE. Piccoletti sembrava uno di quei bambini che accompagnano in campo i giocatori della massima serie. Quell'annata degli Angeli aveva buttato male fin dall'inizio. A sei anni, al campionato d'esordio, avevano perso tutte le partite. Le teorie calcistiche di Mister Sempliciotto mettevano ancor più in risalto la minuscola statura di Piccoletti. Mister Sempliciotto era molto fiero del corso terminato l'anno prima, con cui aveva ottenuto il patentino per potere allenare persino in serie D. Al corso gli avevano insegnato che il calcio moderno era diventato molto atletico, veloce, fisico. Le qualità tecniche dei calciatori, ormai, erano di secondaria importanza; col tempo chiunque le avrebbe acquisite. Mister Sempliciotto aveva sintetizzato queste teorie in un unico elemento: l'altezza. Anche un solo centimetro poteva fare la differenza. Le scelte tecniche di Mister Sempliciotto avrebbero procurato migliori risultati in una squadra di basket. I più alti erano i titolari, anche se per motivi educativi, molto sentiti negli Angeli, il Mister continuava a ripetere ai suoi ragazzi un mantra: quelli che si fossero impegnati con più serietà negli allenamenti avrebbero giocato. Al corso per gli allenatori avevano insegnato a Mister Sempliciotto anche le frasi giuste da dire. Bisognava creare spirito di squadra. Le sintesi di Mister Sempliciotto, tuttavia, avevano creato problemi. Fra i ragazzi si era acceso un focolaio di ribellione. In particolare si era sviluppato fra chi era troppo basso per giocare, pur partecipando con impegno a tutti gli allenamenti. All'inizio dell'adolescenza i ragazzi cominciano a notare le differenze fra teoria e pratica, e i giovani calciatori degli Angeli contestavano fra loro. Le belle frasi imparate da Mister Sempliciotto nel corso, ma dette purtroppo nelle circostanze sbagliate, erano state la miccia d'accensione. Un ragazzo era proprio esploso. Si era sentito preso in giro, e se ne era andato sputando sullo stemma degli Angeli. Senza rendersene conto, aveva sputato in modo simbolico su quella bandiera d'amore, sport, amicizia. Non era mai accaduta una cosa del genere agli Angeli. Doppioni era intervenuto con durezza. L'educazione era un altro pilastro della Scuola Calcio d'élite, di cui era presidente. La partita iniziò. Il campo pesante che, una volta tanto, poteva avvalorare le teorie sull'altezza di Mister Sempliciotto, metteva in grande difficoltà il figlio di Piccoletti. Quel minuscolo ragazzo sembrava un anatroccolo inzuppato e infreddolito, dimenticato nel prato dalla mamma. Anche con il campo asciutto Piccoletti si trovava in difficoltà. Era così piccino che, nel confronto spalla a spalla, volava proprio via. Gli arbitri di solito non fischiavano nemmeno fallo. In genere Piccoletti volava via senza subire alcun contatto falloso. Rimbalzava sull'avversario come una pallina. Persino le mamme più inesperte di calcio, quelle che fanno domande inadeguate come: "in che porta dobbiamo fare goal?", "ma noi quali siamo?", persino loro chiedevano ai compagni il motivo della presenza di Piccoletti sul campo, fra ragazzi così più alti di lui. Una mamma più esperta nel comprendere il gioco del calcio, e i retroscena, l'aveva soprannominato: "L'INGUARDABILE". La versione inglese del soprannome, "The unwatchable", era appartenuta per anni al figlio di Mastersagra, più alto di Piccoletti di un solo centimetro. Mastersagra lavorava nell'università cittadina presso la facoltà di Agraria. Questo lavoro gli permetteva di avere a disposizione un podere dove invitava i ragazzi della squadra con i genitori a fare la festa di fine stagione. Dinapoli di solito si occupava della cucina. Era figlio di un fornaio e da ragazzo aveva imparato il mestiere. Alle feste sfornava ottime pizze, focacce, paste ed insalate che contribuivano alla buona riuscita dell'incontro. La moglie prometteva di aiutarlo a cucinare e di regola arrivava sempre un po' troppo tardi per trasformare il suo impegno in realtà. Sembrava trovare sempre una buona scusa per sfuggire ai fornelli. Lui si lamentava fra sé e sé, con piccole frasi dette sottovoce... L'INGUARDABILE, al contrario di ciò che pensavano genitori e calciatori, riteneva di aver trovato finalmente una squadra che valorizzasse le sue qualità. Aveva sofferto per anni ingiustizie in altre società di calcio, piene di raccomandati. Piccoletti scendeva con orgoglio in campo, pur essendo una punta che non era ancora riuscita a segnare un solo gol nell'intero campionato. Ogni tanto si lasciava andare a colpire la palla di tacco, per evidenziare la propria superiorità tecnica. In pratica era come se la squadra giocasse sempre con un uomo in meno: dieci contro undici. Quel giorno il campo pesante amplificava ancor più l'inadeguatezza "dell'INGUARDABILE" Piccoletti. Il ragazzo correva per il campo senza riuscire a toccare palla. Finiva di continuo in un bagno di fango, ricoperto da foglie inzuppate, e riemergeva sempre più fradicio e infangato. Doppioni sperava che Mister Sempliciotto lo sostituisse. Sperava finisse presto quel misero spettacolo. E sperava sparisse la domanda che quasi tutti avevano in testa. "Perché Piccoletti gioca titolare?" "Certo non per l'altezza." Gli Angeli erano finiti sotto di un gol; come al solito stavano perdendo. "Questa benedetta annata degli Angeli è senza speranze." Pensò Doppioni Ci fu un calcio d'angolo e Piccoletti venne mandato dal Mister a batterlo. Gli alti difensori avanzarono dalle retrovie per colpire di testa e si piazzarono nel bel mezzo dell'area di rigore. Piccoletti calciò con tutte le proprie forze. La palla inzuppata si alzò pochissimo e toccò il terreno prima di raggiungere il primo palo. Artememoria rimase scandalizzato. Il calcio d'angolo corto era una tradizione che gli Angeli si portavano dietro da anni, da quando regnava Mister Urlaforte, e Sempliciotto era solo allenatore in seconda. Allora li calciava "The unwatchable", il figlio di Mastersagra. Il problema era lo stesso anche in passato: la palla non arrivava mai alta davanti alla porta. Artememoria si domandava che cosa pensassero quei difensori, a cui era stato insegnato ad avanzare nell'area di rigore quando si tiravano i calci d'angolo. Si domandava se almeno ne avessero compreso la teoria. Avevano compreso di essere avvantaggiati dall'altezza per colpire la palla di testa, o no? Nei fatti la palla non arrivava mai alta, al massimo arrivava bassa, a livello del terreno. Forse pensavano che fosse un esercizio atletico, di corsa, come i numerosi esercizi di atletica fatti durante gli allenamenti. Del resto, per come arrivava il pallone, sarebbe stato meglio lasciare davanti i ragazzi più bassi, più abili coi piedi, più adatti a colpire una palla a livello del terreno. Lì, forse, Piccoletti, avrebbe avuto una vera occasione di fare il suo primo gol. In ogni caso né Mister Urlaforte, né Mister Sempliciotto avevano avuto il tempo di occuparsi di quel piccolo dettaglio di base da principianti. Gli Angeli erano una Scuola Calcio d'élite e loro avevano preferito concentrarsi sul 3 4 3, il 5 3 1, o il 4 3 3, o altri schemi di gioco appresi per le serie superiori. Il calcio d'angolo corto e basso era destinato a rimanere una tradizione per gli Angeli, un tocco artistico del loro modo di giocare. Altre preziose eredità gelosamente conservate erano la rimessa laterale sbagliata, o respingere il pallone in modo da dare una seconda possibilità all'attaccante avversario, se aveva sbagliato il primo tiro. Artememoria era il genitore con più esperienza nella società degli Angeli. Aveva un altro figlio più grande, arrivato al livello calcistico della Promozione. Il ragazzo aveva militato nella stessa squadra varie stagioni, e se ne era andato l'anno prima del battesimo calcistico del secondo figlio. La lunga esperienza nel calcio giovanile aveva reso Artememoria il più disilluso sul motto degli Angeli. Aveva già visto applicare vari correttivi ai princìpi di bandiera. I buoni risultati dell'annata del primo figlio avevano portato Doppioni a favorire le vittorie della squadra ed i ragazzi più bravi. Doppioni si era lasciato andare anche a maldestri tentativi di giustificare l'ingiustificabile. Sosteneva che negli Angeli si era sempre fatto così, e che certo alla società non dispiaceva ottenere qualche buon risultato..., anche se la priorità era l'educazione, l'amicizia, lo sport. La conseguenza fu che i ragazzi meno dotati se ne andarono fra polemiche e lamentele. Per una particolarità del disegno divino, inoltre, tutti i "correttivi sempre applicati" vennero, a uno a uno, smentiti con l'annata del secondo figlio. Gli scarsi risultati di questa annata resero la società una paladina nel sostenere i princìpi del motto di bandiera. Molti genitori credevano con sincerità nella serietà di quel motto. Mastersagra, che veniva dal mondo del rugby, mondo in cui si respira un'aria diversa da quella del calcio, lavorava con impegno per costruire un buon gruppo fondato sui princìpi dello sport. Molti altri avevano partecipato con impegno ed in questa annata si era realizzato fra ragazzi e genitori la condizione più vicina ai princìpi di bandiera degli Angeli mai vista da Artememoria nel calcio giovanile. La palla finì fuori e i difensori ritornarono con rapidità in posizione. Le cose si stavano mettendo male per gli Angeli. Più passava il tempo, più la squadra rimaneva schiacciata nella propria metà campo. Gli avversari avevano sempre più occasioni per tirare in porta. Il primo tempo se ne era ormai andato, ed il secondo era cominciato in linea con il precedente. Ormai molti ragazzi cominciavano ad essere stanchi. Il terreno inzuppato aveva appesantito le gambe. Per risolvere il problema, il mister avversario aveva fatto tutte le possibili sostituzioni, e l'altra squadra appariva, anche al pubblico, in migliori condizioni atletiche. Si cominciarono a levare suggerimenti dai papà a Mister Sempliciotto. "Fai le sostituzioni!!!" Urlavano. Mister Sempliciotto, tuttavia, nei casi d'emergenza entrava nel panico. Vedeva il pericolo di un'imminente sconfitta, e cominciava ad urlare a squarciagola alla propria squadra. Mister Urlaforte gli aveva lasciato in eredità quel prezioso insegnamento. La paura di perdere la partita impediva a Mister Sempliciotto di mettere in pratica una qualsiasi mossa difensiva. Il panico gli chiudeva le orecchie: per lui diventava impossibile ascoltare i suggerimenti del pubblico, della panchina, persino della propria testa. Mister Sempliciotto riusciva solo ad urlare con grande impegno e tutta la sua forza, sino a perdere la voce. I ragazzi in panchina lo guardavano sconfortati, sperando che l'allenatore riuscisse a metterli in campo. Chiunque sarebbe andato bene. Il povero INGUARDABILE, con quel terreno fangoso, proprio non riusciva a stare in piedi. L'ingresso di un uomo dalla panchina avrebbe perlomeno messo la squadra al pari degli altri; trasformato la partita: in una partita undici contro undici. Il pubblico degli Angeli, ormai paonazzo, avrebbe potuto riprendere a respirare. Poi l'imprevedibile, all'ultimo minuto: un rigore a favore. Si aveva l'occasione di pareggiare. Il capitano, il figlio di Sportmorale, fu incaricato di tirarlo. Prese la rincorsa e calciò. La palla finì fuori e la partita terminò. L'ennesima sconfitta della stagione. Doppioni era preoccupato. Come avrebbero fatto gli Angeli a rimanere una Scuola Calcio d'élite, ad avere quel fondamentale finanziamento pubblico? Mister Sempliciotto, invece, era incapace di mettersi in discussione e, senza fermarsi a riflettere sulle ragioni della sconfitta, proseguì come un treno in corsa sulla propria linea di pensiero. Ricordò un'altra cosa che gli avevano insegnato al corso. Quei due ragazzi erano un esempio per tutta la squadra. Chi aveva sbagliato il rigore doveva essere sostenuto. Mister Sempliciotto riunì tutta la formazione e fece un gran discorso. I ragazzi della panchina lo ascoltavano ansiosi sperando fosse arrivato il proprio momento. Si veniva da una lunga serie di sconfitte, la prestazione dell'"INGUARDABILE Piccoletti" meritava una grave insufficienza, il capitano aveva la responsabilità di aver sprecato un'occasione d'oro per pareggiare. Un bravo allenatore di sicuro avrebbe colto l'occasione per qualche temporanea modifica alla formazione, accontentare i ragazzi insoddisfatti che meritavano di scendere in campo al posto dei raccomandati, e racimolare preziosi punti nelle partite successive. Il Mister li lasciò tutti a bocca aperta, per lui la squadra aveva disputato un'ottima gara. Anzi, dal suo punto di vista, i due principali responsabili della sconfitta, Sportmorale, che aveva sbagliato il rigore, ma soprattutto l'INGUARDABILE, erano stati i migliori in campo!

Enrico


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