Sussidio per l'animazione spirituale
3 - 8 settembre

Emmaus 2001 ha avuto un preludio particolarmente intricato e sofferto. A lungo si era pensato di non effettuare la raccolta. Sembrava proprio che l'edizione 2001 sarebbe stata un momento di pausa e riflessione, una raccolta virtuale sulle strade del nostro cuore e nelle piazze della nostra comunità, per cercare di mettere insieme una risposta ad una domanda che non poteva essere rinviata ancora. Perché facciamo Emmaus? Che senso ha, oggi, per noi, Emmaus qui a Persiceto? Che cosa significa per la nostra comunità, per la nostra vita di fede? Vale la pena farlo ancora? Come lo abbiamo sempre fatto?

Questo sussidio è dedicato alla poliedrica figura dell'Abbé ('abate, padre') Pierre, il fondatore del movimento internazionale Emmaus. Un ritorno alle origini, una riscoperta delle motivazioni, perché il nostro agire non sia meccanico ma consapevole.

Emmaus 2001

Ritorno alle origini

Lunedì 3 settembre

Biografia dell'Abbé Pierre (I)
La formazione

L'Abbé PierreHenri Antoine Groués, detto Abbé Pierre, nasce il 5 agosto 1912 a Lione, quinto di otto figli, da una famiglia benestante. Compie gli studi presso il Collegio dei Gesuiti di Lione. A 13 anni, partecipa attivamente al Movimento Scout di Francia. A 16 anni, durante una gita in Italia, sosta ad Assisi. L'incontro con S. Francesco, specie al Convento Le Carceri, gli fa prendere la decisione di farsi Cappuccino. A 19 anni entra nel Convento di clausura dei Cappuccini di Lione, dopo aver distribuito ai poveri la sua parte di eredità. Vi rimane 7 anni, per gli studi di filosofia e teologia.

Nel 1938 viene ordinato sacerdote, assistito dal padre De Lubac. L'anno successivo, per motivi di salute, lascia la vita monastica e viene incardinato nella Diocesi di Grenoble. In seguito viene nominato Vicario della cattedrale.

Gli editoriali dell'Abbé Pierre
Voi, giovani!

Noi adulti siamo spesso ingiusti nei confronti di voi giovani, perché vi sentiamo refrattari, disgustati, e, come si dice, 'scettici', portati a sfuggire a quelle discipline che noi abbiamo accettato più passivamente di voi.

Assai meno spesso non vi capiamo. Vi accusiamo, Mentre se avessimo il coraggio di guardare con lucidità le cose come stanno, le realtà di questo tempo in cui non avete scelto di nascere… Come è comprensibile che siate così smarriti, che temiate, come dite voi, di lasciarvi 'recuperare' dal 'sistema', della corsa grottesca a consumare sempre di più per giungere in conclusione alla tristezza.

Certamente, siamo colpevoli; non abbiamo saputo fare quel che dovevamo. Ma la rapidità con cui sono mutati tutti gli elementi che strutturano la vita è stata un qualcosa di talmente folgorante, tale da sconvolgere tutti i dati dei problemi, che non sarebbe giusto limitarsi a vedere le nostre colpe. Saremmo dovuti essere dei giganti, dei superuomini per trovare in così breve tempo le soluzioni.

Noi siamo insieme, voi e noi, con lo stesso grandioso e meraviglioso compito davanti a noi.

Lavorate, voi giovani per diventare competenti. Il mondo di oggi non sa che farne di dilettanti sia pure generosi, volenterosi. Lottate, faticate per acquisire il massimo di capacità nel campo, nel ramo che avete scelto. Che si tratti di lavoro manuale o intellettuale, diventate qualificati.

Fate gruppo tra di voi in questo tempo in cui nessun, da solo, può avere sufficiente competenza.

Abituatevi a questo lavoro d'insieme per essere efficaci. Mettete in voi la passione. Non abbiate paura della contemplazione che vi darà la passione. Quella contemplazione, quell'adorazione davanti all'Eterno che è Amore e vi chiama…

Spunti

Il fatto di nascere in una famiglia così numerosa, con tanti fratelli, in che modo può aver influito sulla maturazione dell'Abbé Pierre?

Martedì 4 settembre

Biografia dell'Abbé Pierre (II)
Il partigiano e il politico

Nel 1942 comincia, per caso, un'intensa azione di salvataggio delle vittime della tirannia nazista. E' in questa occasione che l'Abbé Groués, diventa l'Abbé Pierre. L'Abbé Pierre salva diverse persone (ebrei, polacchi) ricercate dalla Gestapo. Falsifica passaporti, diventa guida alpina e trasporta attraverso le Alpi ed i Pirenei le persone in pericolo. Nel 1943, diventa "partigiano" ed organizza l'Armata di Vercors che tanta parte ha avuto per la liberazione della Francia dal nazismo. Ricercato lui stesso dalla Gestapo, come Abbé Houdin, rientra a Parigi ed organizza un nuovo laboratorio di documenti falsi. Verso la del 1944, di ritorno da una viaggio alla ricerca di nuovi "passaggi" in Spagna di persone in pericolo che la Svizzera non accettava più, viene arrestato dalla Gestapo. Riesce a scappare e viene spedito ad Algeri in aereo nascosto in un sacco postale.

Dopo la guerra, rientra a Parigi e viene eletto Deputato alla Assemblea Nazionale. Nel 1947 fonda con Lord Boyd Orr, il Movimento Universale per una Confederazione Mondiale.

Nel 1949, con André Philip presenta un disegno di legge per il riconoscimento dell'Obiezione di coscienza.

Gli editoriali dell'Abbé Pierre
Il servizio della felicità di tutti

Ovunque nel mondo, la "politica" non può costruire l'umano se non alla condizione che si equilibrino, da una parte, le scienze degli esperti e dei tecnici con, dall'altra, le espressioni più semplici (non in deliri appassionati, o disperati, né in sdegnosi scetticismi, ma in forte esigenza instancabilmente ribadita) del buon senso dei popoli, unica fonte di sane creazioni sociali.

Ogni potere è cieco non appena è abbastanza forte da disporre di grandi mezzi. Esso è in tal caso troppo lontano dalla reale conoscenza della sofferenza del popolo. E la grande sofferenza tanto diffusa dei popoli, abbandonata a se stessa, laddove è più radicale, è a volte muta, a volte clamorosa, ma non costruttiva, in quanto è troppo lontana dal potere, e quindi dispera, impotente.

Saremo in grado di capire che il progresso d'umanità, nelle Nazioni Unite, come in ogni nazione, se probabilmente necessita al vertice di saggi, abbisogna ancor più, in basso, di persone capaci di risvegliare, gli individui nella folla, di raccogliere le energie, mostrando che non vi è felicità di tutti, cominciando dai più sofferenti , e di vite associate in comunità di testimoni che si fanno voce dei senza voce?

Sarà capace la gioventù di tutti i popoli del nostro tempo di andare oltre l'esplosione del suo grido di insoddisfazione e di denuncia? Sarà capace di farsi questo testimone dei deboli? Solo allora potranno progredire e ogni singola nazione e l'unione delle nazioni.

Spunti

Rileggi questo brano alla luce dei recenti episodi avvenuti a Genova durante il G8.

Mercoledì 5 settembre

La biografia dell'Abbé Pierre (III)
Emmaus

L'Abbé Pierre svuota un solaio...Verso la fine del 1949, accoglie a casa sua, George, assassino, ergastolano, mancato suicida. Inizia il Movimento Emmaüs, il movimento degli Stracciaioli-Costruttori di Emmaus.

Nel 1951 lascia il Parlamento, rifiutando una legge elettorale "truffa" e si dedica interamente al Movimento Emmaus.

Dal 1952 al 1954 gira la Francia e l'Europa per conferenze che presentano all'opinione pubblica i problemi più urgenti per l'umanità. I senzatetto in Europa, la fame nel mondo, etc.

Il 1° febbraio 1954, il grande appello a Radio Lussemburgo che scuote la Francia. "L'insurrezione della bontà" porta alle Comunità Emmaüs una quantità impensabile di denaro e di doni in natura. Nonostante l'afflusso di tanto denaro, non viene smesso il lavoro di stracciaioli. Un mese dopo, viene aperto il primo cantiere per 82 case per senzatetto. Nei mesi successivi l'Abbé Pierre gira tutte le città della Francia. Anche da diversi paesi di Europa viene chiamato per incontri e conferenze. Capi di stato e di governo, esponenti delle diverse Chiese e religioni. Tutti si rivolgono a Lui per un aiuto, un consiglio. Dopo una lunga malattia, ricomincia a girare il mondo. Stati Uniti e Canada. Poi, Olanda, Spagna, Portogallo, Svizzera, Italia, Austria, India, Scandinavia, Brasile, Perù, Argentina, Bolivia, Colombia, Cile e Venezuela, ed infine il Libano. Ovunque cominciano a sorgere le Comunità Emmaüs, comunità di poveri che mediante il lavoro di recupero e riutilizzo di quanto viene buttato via, si guadagnano da vivere onestamente e si permettono il "lusso" di aiutare chi sta ancora peggio. "Poveri che diventano donatori, e provocatori di chi ha e non fa nulla" "Servire e far servire per primi i più sofferenti, è la sorgente della vera Pace." "La miseria giudica il mondo e rovina ogni possibilità di pace." "Vivere, è rendere credibile l'Amore; è vendicare l'Uomo, amando." "Siamo condannati a sapere tutto. L'urgenza è la condivisione, condivisione anche del bene lavoro, del tempo libero..." E' il messaggio che l'Abbé Pierre porta ovunque.

Gli editoriali dell'Abbé Pierre
La paura dei poveri (I)

Siamo sinceri! Chi in un modo o nell'altro, in qualche occasione, non è razzista? O del tutto contro la sua volontà e ragione, oppure solo per un riflesso imprevisto, o ancora per un moto interiore controllato e invisibile dal di fuori…

E siamo ancor più sinceri! Non è forse quando 'lo straniero', l'altro, colui che presenta la stranezza di non avere le sfumature della pelle, i tratti del viso che sono nostri, quando costui è povero che l'avversione, a meno che non si tratti di una sorda paura – destinata inevitabilmente a provocare animosità – scaturisce nel nostro intimo?

Arrivano da noi altri esseri umani estranei al nostro gruppo che non sono affatto poveri, alcuni che sono molto ricchi o svolgono importanti mansioni.

Noi Bianchi, così a lungo abituati a 'stare soli tra noi', in tutti i grandi organismi internazionali che decidono di tutto, siamo dunque ormai abbastanza abituati a incontrare, e in numero sempre maggiore, 'gli altri'.

Ma se sono poveri?

Se incontriamo, non nei pressi degli hotel di lusso, ma delle vecchie vie, delle pensioni miserevoli e sovraffollate o delle arterie periferiche che portano alle bidonvilles volti di portoghesi, di arabi, di africani neri, di asiatici o di meticci, allora chi siamo noi?

Siamo sinceri. Vorremmo immediatamente non trovarci, lì.

E loro?

Se escludiamo coloro che, fanatici, pensano immediatamente solo a repressioni o brutalità, a espulsioni o omicidi – ma costoro si tengono di solito abbastanza lontani dai luoghi d'incontro, se non nel caso in cui, per disgrazia, divengono crudeli detentori del potere – tra noi 'brava gente'. Se così si può dire, si manifestano allora tre tipologie di persone.

Ci sono 'quelli che ignorano'. Affrettano il passo. Hanno fretta di dimenticare.

Soprattutto che nulla faccia loro pensare che 'la cosa li riguarda'.

Ci sono coloro che in un primo momento, come tutti, si sono sentiti 'a disagio', poi pensano a tutta la miseria che si accumula dietro il volto dell''espatriato'.

… E vogliono fare 'qualcosa'. Ma non sanno che cosa.

Solo a volte sanno pronunciare un timido buongiorno e guardare con amicizia e offrire un sorriso.

E, devono saperlo, ci sono momenti in cui per l'altro è davvero un bel regalo.

Ma queste buone intenzioni sono di corto respiro e a volte si perdono in tanti errori ed equivoci.

Lo 'straniero', infatti, come tutti, non è peggiore e nemmeno migliore, è solo più desolato.

E se, come ripeteva san Vincenzo de Paoli alle sue Figlie della Carità: «E' cosa difficile essere degni di servire coloro che soffrono», il candore, anche il più fervente, non può bastare ad aiutare efficacemente il 'lavoratore straniero' divenuto nostro prossimo.

Infine ci sono coloro che si danno la pena e il tempo per imparare questa specie di bontà e le condizioni necessarie della sua efficacia reale, immediata, mirando poi a progressi costanti, istituzionalizzati.

Spunti

Anche a Bologna non mancano poveri e senzafissadimora. Il nostro Emmaus però è rivolto per lo più all'aiuto dei poveri lontani, nei paesi di missione. Poi siamo noi a lavorare a Emmaus, e non gli stessi poveri ed emarginati come faceva l'Abbé Pierre. Sarebbe realizzabile oggi a Persiceto un Emmaus come quello dell'Abbé Pierre? Quali difficoltà si incontrano nel coinvolgere poveri ed emarginati?

Giovedì 6 settembre

La biografia dell'Abbé Pierre (IV)
L'ultima stagione

Riceve diverse onorificenze che accetta come occasioni preziose per diffondere a tutti i livelli ed in tutte le circostanze, la sua provocazione e la sua "guerra alla miseria ed alle sue cause sempre e dovunque ricorrenti". Tra le altre: 1981: Legion d'onore, 1991: Premio Balzan per la Pace. Numerosi i libri, in tutte le lingue, che vengono pubblicati sulle "azioni che non si possono fare" e che lui fa, sulle "cose che non si possono dire" e che lui grida a tutti, grandi e piccoli della terra. Escono anche due film. "Uomini senza casa", nel 1957, e "Inverno '54" nel 1990. Oggi, a 84 anni, stanco ed ammalato, l'Abbé Pierre vive nella Comunità La Halte d'Emmaus, a Esteville, in Normandia, con i comunitari più anziani e più malati, in attesa delle "grandi vacanze". Ma non esita a "uscire", a scendere in piazza a difendere i diritti degli Immigrati, degli sfrattati, dei senzatetto, ad occupare piazze e case sfitte, perché chi non ha casa trovi un tetto ove riposare, obbligando le autorità a trovare una soluzione definitiva. Recentemente, l'Abbé Pierre è stato in Benin, Burkina Faso, Giappone, Uruguay, Bosnia, Brasile e Mali... [testo e foto da <http://www.emmaus.it/biografia.htm>]

Gli editoriali dell'Abbé Pierre
Nel flusso delle generazioni

Dappertutto, dove si sono finalmente costruite in buon numero case per gli operai, tende ad imporsi una constatazione identica e inquieta.

L'adolescenza che cresce in quei nuovi agglomerati incontra più difficoltà che altrove, a volte ancor più che negli orribili quartieri dei lebbrosi, a superare le incertezze e le naturali burrasche della sua età. Spesso si diffonde una forma molto accentuata di volgarità , di sfida, di apparente insensibilità.

'Barbarie' di una gioventù dei 'grandi ventri urbani', si è potuto a volte dire a giusto titolo.

Tra le numerose cause di questa specie di patologia, ve n'è una a cui i sociologi impegnati a studiare il fenomeno non hanno probabilmente attribuito l'importanza che merita. Eppure, è solo dalla sua giusta comprensione che possono venire alcuni tra i rimedi più semplici ed efficaci per guarire questo male nuovo e violento. Le vaste città nuove sono quasi tutte mancanti di anziani.

Certo, tutto spingeva ad assegnare d'urgenza alle giovani coppie, spesso cariche di numerosa prole, che soffocavano e si degradavano nelle ignobili condizioni di mancanza d'alloggio, i nuovi appartamenti. Le città nuove sono dunque debordanti di rumori e di turbolenze infantili. E questo è salutare.

Salutare per gli adulti. Perché è innegabile che la forza degli adulti si trova istintivamente donata, controllata, di fronte alla debolezza dei piccoli e che, a meno che non siano dei mostri, i 'grandi' imparano questa 'civiltà' che mette il forte al servizio del più debole.

M sappiamo bene come l'adolescente sia diverso dall'adulto.

Di fronte alla debolezza dei 'piccoli', l'adolescente è generalmente portato a far mostra – e non offerta – della sua superiorità. A volte poi, molto più decisamente di quanto non appaia e ne sia cosciente, l'adolescente esprime inconsapevolmente nei confronti dei più piccoli una sorta di animosità, almeno nelle famiglie poco numerose, in quanto l'arrivo del neonato ha defraudato il fratello maggiore dell'attenzione dei genitori prima concentrata esclusivamente su di lui.

In verità la natura non spinge l'adolescente a dominare e offrire le sue forze di fronte alla fragilità del bambino. Ciò avviene invece di fronte alla debolezza del vecchio. Un 'bravo ragazzo' che corre sulle scale, d'istinto si controlla e offre il suo aiuto quando si imbatte in un anziano. Davanti al fratellino piccolo, tende in primo luogo a 'sbalordirlo'.

Nasce una certa barbarie, negli adulti, dove mancano i bambini piccoli. E un'altra barbarie minaccia gli adolescenti dove non ci sono anziani.

Dalla sua nascita alla sua morte ogni essere umano deve bagnarsi nel flusso delle generazioni, come si struttura al ritmo delle stagioni. E qualcosa di essenziale e di profondo soffre nel quartiere o nella famiglia quando sono privati di una delle loro dimensioni di comunione.

Venerdì 7 settembre

Dal Manifesto Universale Emmaus, 1969 (I)

Il nostro nome EMMAUS è quello di una località della Palestina ove alcuni disperati ritrovarono la speranza. Questo nome evoca per tutti, credenti e non credenti, la nostra comune convinzione che solo l'Amore può unirci e farci progredire insieme.

Il movimento EMMAUS è nato nel novembre 1949 dall'incontro di uomini che avevano preso coscienza della loro situazione di privilegiati e delle loro responsabilità sociali davanti all'ingiustizia, con uomini che non avevano più alcuna ragione per vivere.

Gli uni e gli altri decisero di unire le proprie forze e le proprie lotte per aiutarsi a vicenda e soccorrere coloro che più soffrono, convinti che "salvando" gli altri si diventa veri salvatori" di se stessi. Per realizzare questo ideale si sono costituite le Comunità Emmaus che lavorano per vivere e per donare. Si sono formati, inoltre, Gruppi di Amici e di Volontari insieme impegnati sul piano sociale e politico.

Gli editoriali dell'Abbé Pierre
La paura dei poveri (II)

Non tutti possono specializzarsi per tutto. Quel che conta è che tra noi, tra coloro – e restano numerosi – che sono liberi, la cui vita non è piena, siano ogni giorno più numerosi coloro che si impegnano tenacemente a imparare le esigenze di questa speciale fraternità, in piccoli gruppi da tempo sperimentati.

E conta siano innumerevoli coloro che, presi da altre occupazioni, quantomeno li sostengano, con i soldi (perché se non è questo il primo bisogno, si tratta pur sempre di un bisogno reale, come si può constatare in tantissimi casi), ma soprattutto facendo pressione sull'opinione pubblica e sui poteri politici, dal comune e la parrocchia ai legislatori.

E occorre che ognuno di noi rimandi a più tardi.

Vi sono troppe sofferenze, sorde ma tragiche, su quei volti così stanchi.

Quante volte si sente dire:«Che fanno qui? Che tornino a casa loro!».

Già su questo punto non abbiamo forse noi tutti il potere e il dovere, in qualsiasi occasione, di impegnarci a cambiare le idee e le parole attorno a noi?

Che fanno qui i lavoratori stranieri? Almeno, anche se il cuore di colui che non vorrebbe più vederli è riempito di solo egoismo, obblighiamolo, questo assurdo incosciente, a sapere quel che dice.

Obblighiamolo a rendersi conto di tutti i lavori manuali ingrati che ben pochi, tra noi, accettano ancora di compiere, senza i quali mancherebbe il carbone, i lavori stradali sarebbero ancor più in ritardo e tante altre condizioni di benessere di quei privilegiati che noi siamo sarebbero compromesse.

Che fanno qui? Ci permettono semplicemente di disporre di ciò che ci inorgoglisce.

Per lo meno, sappiamo non essere ingrati.

Ma quel che fanno qui è lottare, spesso con sacrifici incredibili per le nostre sensibilità di bambini viziati, perché, lontano, una sposa, dei figli, i vecchi genitori possono semplicemente mangiare, vestirsi e vivere.

Non sono affatto dei santi, più perfetti del resto degli uomini, ma danno almeno un esempio, nella stragrande maggioranza, quello del feroce compimento del primo dei doveri: impiegare le proprie forze al servizio di tutta la massa dei più deboli, che costituisce la loro parentela.

Diamo il nostro contributo affinché, progredendo nelle qualifiche professionali e nell'alfabetizzazione, essi divengano presto capaci di mettersi al servizio dei progressi tecnici della loro patria.

Contribuiamo, con tutto il peso della nostra azione civica, affinché sforzi d'assistenza seri tra stati più o meno sviluppati, rendano più celermente possibile a casa loro l'occupazione per tutti, dato che la crescente meccanizzazione renderà un domani meno necessaria la loro manodopera.

Diamo infine il nostro contributo affinché le loro persone e le loro patrie possano essere meno povere, poiché è la loro povertà che ci rende meno capaci di amarli. Questo è il problema dei lavoratori stranieri.

E' in definitiva, il problema della nostra onestà di uomini.

E se non fossimo capaci di questo sforzo immediato, perseverante ed efficace, allora non avremmo più diritto ad attribuirci il nome di uomo.

Saremmo più vicini alla razza delle belve che si sbranano a vicenda.

E meno ancora avremmo il diritto di sperare di essere riconosciuti come Suoi figli dall'Amore Eterno, dal Padre Unico e universale, in cui nasce per noi tutti, con la vera dignità, la vocazione alla fraternità, per la terra come per il cielo.

Sabato 8 settembre

Dal Manifesto Universale Emmaus, 1969 (II)

La nostra legge è: "servire, ancor prima di sè, chi è più infelice di sè servire per primo il più sofferente". Dall'impegno a vivere questo ideale, dipende, per l'umanità intera, ogni vita degna di essere vissuta, ogni vera pace e gioia per ciascuna persona e per tutte le società.

La nostra certezza è che il rispetto di questa legge deve animare ogni impegno e ricerca di giustizia e quindi di pace, per tutti e per ciascuno.

Il nostro scopo è di agire perché ogni Uomo, ogni società, ogni nazione possa vivere, affermarsi e realizzarsi nello scambio reciproco, nella reciproca partecipazione e condivisione, nonché in una reale pari dignità.

Il nostro metodo consiste nel creare, sostenere ed animare occasioni e realtà ove tutti, sentendosi liberi e rispettati, possono rispondere alle proprie primari necessità, ed aiutarsi reciprocamente.

Il nostro primo mezzo, ovunque è possibile, è il lavoro di recupero che permette di ridare valore ad ogni oggetto, nonché di moltiplicare le possibilità d'azioni urgenti a favore dei più sofferenti.

Ogni altro mezzo che realizza il risveglio delle coscienze e la sfida dell'opinione pubblica deve essere utilizzato per servire e far servire per primi i più sofferenti, nella partecipazione alle loro pene ed alle loro lotte, private e pubbliche, fino alla distruzione delle cause di ogni miseria. [da <http://www.cuneo.net/emmaus/movim/cos.htm>]

Gli editoriali dell'Abbé Pierre
Gioia e pace

Non dobbiamo stancarci di ripeterlo chi soffre ha soprattutto sete di vedere gli altri accostarsi personalmente alla sua sofferenza.

I privilegiati, i privilegiati di ogni tipo , devono innanzi tutto imparare a fare questo: allora potranno dare delle cose materiali senza offendere l'anima, restituire senza guastare.

La salvezza dipende dal fervore con cui sapremo dare, in primo luogo noi, i vecchi popoli, l'esempio di questa saggezza, e accogliere nel cuore delle nostre povertà coloro che, volontari, vorranno condividerle.

Il nostro secolo, più di qualunque altro, attende da tempo il suo Francesco d'Assisi per ricordarsi, in atti, che la vita vince sul denaro e che l'amore è dono prima di essere conquista. Solo allora riprenderanno il loro senso e diverranno realtà le parole "gioia" e "pace".

Per saperne di più

Scritti, biografie e film

In qualsiasi libreria cattolica si possono trovare diversi libri con gli scritti dell'Abbé Pierre. Gli editoriali presentati in questo sussidio sono tratti da Abbé Pierre, Una terra per gli uomini (ed. Queriniana, £ 18'000); originariamente furono pubblicati fra il 1954 e il 1989 su Faim et soif, la Voix des hommes sans voix ('Fame e sete, la voce degli uomini senza voce'), la rivista fondata nel 1954 dallo stesso Abbé Pierre. La casa editrica EMI ha pubblicato una biografia che purtroppo è esaurita; in compenso c'è la semplice e piacevole biografia dell'Elledici che raccomandiamo: Bosco Teresio, Abbé Pierre (ed. Elledici, £ 1'500).

E' facilmente reperibile anche la videocassetta del film Inverno 1954 di Denis Amar con Lambert Wilson e Claudia Cardinale (100', ed. Sampaolo audiovisivi, £ 26'000).

In internet

Ho trovato un buon punto di partenza nella pagina Il movimento Emmaus <http://www.cuneo.net/emmaus/movim/index.htm> della comunità Emmaus di Cuneo. Nel sito ufficiale del Movimento Emmaus Italia <www.emmaus.it> si trovano altre informazioni interessanti come gli indirizzi dei movimenti locali, i campi lavoro, collegamenti ad altri siti Emmaus nazionali.

Per fare di più

Naturalmente c'è il Centro Missionario Persicetano che rimane attivo tutto l'anno. Poi, leggendo dell'Abbé Pierre e guardando il film 'Inverno 1954', mi sono ritrovato in molte situazioni che ho vissuto al Centro san Petronio, la mensa della Caritas per senzafissadimora a Bologna <http://digilander.iol.it/elam/csp>.


©2001 A cura di Basello Gian Pietro <gpbasello@eudoramail.com>
per il Centro Missionario Persicetano <http://digilander.iol.it/elam/emmaus>
san Giovanni in Persiceto, 29/VIII-2/IX/2001