Le origini dell'Emmaus persicetano

Resoconto dell'incontro con Lorenzo Ravasini

Centro Missionario Persicetano 7/IX/2001 ore 13:30 - In un incontro molto cordiale, Lorenzo Ravasini (Famiglia della Visitazione) ha raccontato a giovani e meno giovani la straordinaria avventura dei primi Emmaus persicetani. Pur parlando del passato e senza aver una conoscenza diretta dell'Emmaus attuale, del Centro Missionario (era la prima volta che lo visitava) e della nostra parrocchia, le sue parole mi sono sembrate molto attuali e adatte per noi oggi e qui. Più che trascrivere la registrazione dell'incontro, ho cercato di dare una forma scritta piacevole alla conversazione orale. GPB

Lorenzo parla animatamente Lorenzo è il primo in alto a sinistra; io (in camicia rosa) non sto dormendo ma prendendo gli appunti grazie ai quali ho realizzato questo reoconto! Germano Brandolini saluta Lorenzo (gruppo in piedi) mentre don Giovanni richiama fraternamente Paolo Casarini (tagliato a metà sulla destra)

1968: un Emmaus internazionale a Persiceto

Durante le vacanze estive del 1967 -'ma potrei sbagliare di un anno', precisa Lorenzo- Arturo Martinelli e Antonio Nicoli (l'ex-sindaco) si recarono in Normandia (Francia settentrionale) richiamati dalla fama del movimento degli chiffonniers (stracciaioli) organizzato dell'Abbé Pierre. Tornati a casa pieni di entusiasmo, decisero di organizzare una raccolta Emmaus anche a Persiceto, invitando gli chiffonniers conosciuti in Normandia. Fu così che nel 1968 Persiceto venne invasa da giovani provenienti da mezza Europa (francesi, olandesi...), impegnati a svuotare soffitte e fienili per raccogliere fondi a favore dei poveri dell'Abbé Pierre. Gli chiffonniers furono ospitati sia in parrocchia sia nelle case. Lorenzo ricorda la curiosità suscitata nei persicetani, soprattutto fra i più giovani, da questa massa di ragazzi e ragazze straniere che scorazzavano per le vie del paese su mezzi di ripiego. La raccolta interessò tutto il centro storico e la campagna circostante per largo tratto, tanto da arrivare fino a Decima.

1969: nasce l'Emmaus persicetano

Nel 1969 si decise di proseguire l'impegno, stavolta organizzandosi in proprio. L'anima di questo e dei successivi Emmaus divenne il gruppo dei giovani (15-24 anni) più legati alla parrocchia, anche se non c'era alcun contributo diretto del parroco o del cappellano. Il gruppo si autogestiva in piena autonomia. Fra i tanti, Lorenzo ricorda Valerio Righi, Fausto Bongiovanni (oggi professore di educazione fisica), Romeo Montori e Mariangela Fantozzi. Non mancò comunque l'apporto e l'aiuto di persone meno coinvolte nella vita parrocchiale.

L'inizio di un'avventura missionaria

Si pose il problema di come utilizzare i soldi derivati dalla raccolta. Dapprima si pensò di autofinanziarsi una piscina (alcuni iniziarono addirittura a scavare dove oggi c'è il campo Inapli!), poi sembrò una scelta un po' troppo egoistica. A quell'epoca c'era una sensibilità concreta per la povertà del terzo mondo, in paesi lontani e sconfinati, mentre l'Italia entrava sempre più velocemente in una fase di benessere diffuso, senza aver ancora dimenticato le ristrettezze precedenti. Fu così che si decise di finanziare l'acquisto di un automezzo per il missionario padre Zanoli (con cui il Centro Missionario è tuttora in contatto), allora appena espulso dal Sudan e finito a Makiro in Uganda. Il parroco don Guido Franzoni si recò poi in Africa assieme ad Alfonsino Montori e ad altri due ragazzi per consegnare i soldi guadagnati.

Fu così che dall'Emmaus persicetano nacque l'avventura missionaria della nostra diocesi, uno dei cui frutti più recenti è, guarda caso, il 'nostro' don Paolo dall'Olio. Infatti don Guido, visto il reciproco giovamento -soprattutto per la nostra comunità persicetana, sottolinea Lorenzo-, intuì che bisognava proseguire su questa strada e gemellò la nostra parrocchia con quella di Makiro. Successivamente si mise a stimolare l'allora arcivescovo Poma per gemellare la diocesi bolognese. Nel frattempo cambiò il parroco e proprio Mons. Enrico Sazzini fu incaricato assieme a don Giancarlo Cevenini di individuare la missione più adatta. Dopo aver verificato le ipotesi sul campo, la scelta cadde sulla missione di Usokami in Tanzania. Non è stato un caso quindi che, in tempi più recenti, il Centro Missionario Persicetano abbia preceduto il Centro Missionario Diocesano intitolato al cardinal Poma.

Padre Felix prende la parola e si autodefinisce come un frutto della raccolta Emmaus, poiché la sua presenza fra noi è stata resa possibile dai fondi del Centro Missionario. Allora Lorenzo ricorda come il Centro Missionario abbia aiutato consistentemente anche la sua famiglia religiosa, curando un giovane amico africano, Kizito. Lorenzo suggerisce di impegnarsi anche in altri campi, ad esempio in Terra Santa (da cui è appena rientrato), devastata non solo da bombe e attentati ma anche dalla disoccupazione conseguente al mancato turismo. Proprio in Terra Santa e già da due anni, il Centro Missionario -spiega Fiorenzo Negri- ha finanziato un oliveto attraverso Mariangela Fantozzi. Lorenzo sottolinea come sia bello trasformare il cumulo dei nostri stracci in una collina piantata ad ulivi, nella terra di Gesù poi!

Il guadagno di Emmaus nel 1969 fu di circa 1'000'000 di lire (la paga mensile di un operaio era circa 120'000 lire). I soldi guadagnati erano sempre consegnati di persona in occasione di qualche viaggio in Africa, anche se poi, una volta affidati ai missionari, non c'era un effettivo controllo su come erano utilizzati. Generalmente furono destinati alla costruzione di scuole, così da migliorare l'educazione dei ragazzi. Lorenzo ribadisce che la raccolta doveva essere un'occasione per tessere nuovi rapporti umani, sia qui sia soprattutto nei luoghi a cui veniva destinato il ricavato. Fra il 1969 e il 1970 Nicoli e Ravasini si erano preparati per trascorrere l'anno di leva militare all'estero, impegnati in lavori socialmente utili (allora non esisteva l'obiezione di coscienza). Purtroppo il colpo di stato in Uganda li costrinse a rimanere a casa essendo ormai ospiti indesiderati.

Tirando carretti per le vie del paese: le modalità della raccolta

La raccolta era effettuata su tricicli con un carretto sterzante sul davanti o, più semplicemente, attaccando carretti dietro le bici. Nel 1969 nessuno del gruppo aveva ancora la patente. Il primo a patentarsi l'anno seguente fu Sandro Casarini, subito messo alla guida di un motocarro Ape. I trattori con i carri, ad esempio quelli di Trevisani e di Angelo Breviglieri, arrivarono negli anni ancora successivi. Il periodo era verso la metà di settembre, subito prima della fiera (le scuole allora iniziavano più tardi, in ottobre). La sede era una casa colonica (poi demolita) all'angolo della circonvallazione fra via Sasso e via Albani. Fino a poco tempo prima era occupata da un sacerdote piemontese, don Venanzio -Germano Brandolini aggiunge che è ancora vivo e sta bene!-, che ospitava alcuni ragazzi poveri per prepararli al seminario con la sua scuola media.

Si seguiva lo stradario stabilito a tutti i costi, anche se pioveva. Il lavoro era tanto, da mattina a sera inoltrata. La messa, per chi voleva, era la mattina alle 7 ('c'era anche quella serale ma si lavorava fino a tardi e saremmo stati impresentabili'); la giornata lavorativa iniziava subito dopo. Si pranzava a casa. Alcuni stavano all'interno per la cernita dei materiali, specialmente Romeo Montori (figlio di Alfonsino) che era specializzato in quella dei metalli. Giorno per giorno si faceva pubblicità per le vie, sia con l'altoparlante che con il volantinaggio. I ragazzi più piccoli, pur sognando di andare sul carro, facevano le 'vedette' per le strade, vigilando fin dal mattino presto affinché nessuno potesse approfittare dei materiali esposti.

I primi anni furono caretterizzati da sgomberi di vaste proporzioni. Proprio allora era arrivato il gas a Persiceto e tutti eliminavano le stufe e gli scaldabagni a legna ('un anno ne raccogliemmo una vera montagna') e addirittura le ultime bombole di gas, non più restituite al momento dell'acquisto di una nuova ('pensandoci adesso abbiamo corso un bel rischio, visto che del gas doveva pur essercene rimasto!'). Allora la carta e gli stracci non erano esattamente roba che non serviva più. Dove oggi c'è Fantozzi Petroli, vicino al cimitero, allora c'era lo stracciaiolo Savioli: in genere era compito dei bambini portarvi gli stracci ormai inservibili; in cambio del piccolo servizio potevano ricevere dai genitori parte del ricavato dalla vendita. La carta aveva mille usi domestici, tanto che all'edicola si potevano comprare a prezzo ridotto i pacchi dei giornali vecchi (privi della testata che era tagliata via e restituita al distributore). Si trattava quindi di far cambiare mentalità alla gente, far capire che su certi materiali il crescente benessere permetteva anche di rinunciare al piccolo guadagno corrispondente al loro valore. Solo con il passare degli anni aumentano gli stracci, che rimangono comunque stracci (impensabile dare via un vestito, anche se usato!). Solo una piccola parte del materiale era destinata al mercatino che allora non costituiva una risorsa primaria della raccolta.

Tutto ha valore: lo smistamento dei materiali raccolti

Prima della raccolta si sceglieva con grande cura a chi rivendere il materiale, valutando le varie offerte ricevute per cercare di guadagnare di più. Tutti i materiali andavano sgomberati dopo le due settimane di raccolta. Nel 1971 ('sono sicuro perché c'era il censimento') la carta fu messa da parte perché ci si era resi conto che veniva pagata di più in novembre che sul finire dell'estate. Gli stracci erano divisi in buoni e meno buoni e venduti ad una ditta di Casumaro. I giornali venivano legati a pacchi mentre, per pressare la carta normale, un anno qualcuno prestò addirittura una pressa per le ossa dei conigli. Le corde di canapa erano vendute ad una cartiera che le utilizzava per le carte delle sigarette. I metalli formavano pile enormi, che a volte dovevano essere smaltite anche durante lo svolgimento della raccolta. Le reti da letto venivano vendute ad una fonderia che le usava come vagli, guadagnando qualcosa come 3'000 lire ognuna più una rete ormai bucata (che ritornava ad ingrossare la pila del ferro). Si cercava di risparmiare anche sulle piccole cose. L'Ape veniva assicurato da lunedì a sabato, saltando domenica in cui non era utilizzato. Per i manifesti fu realizzato uno stencil sagomato in modo che, una volta verniciato, risultavano le scritte desiderate; si contrattava con l'incaricato delle affissioni perché rimanessero esposti un po' più del dovuto.

Fraternità e solidarietà

L'autogestione e la mancanza di un direttore generale, pur essendoci una figura interna di riferimento, metteva in risalto la fraternità dei ragazzi impegnati nella raccolta. A volte per non creare divisioni, per il bene dell'impresa comune, anche quando si sa che l'altro sbaglia, si doveva cedere un po' dalle proprie idee perché il lavoro comune vale più delle proprie idee. Anche oggi Emmaus mantiene questo valore di comunità che si esprime concretamente nella solidarietà. Lorenzo ricorda alcune gite fatte a conclusione della raccolta, in particolare una a Venezia accompagnati dall'impeccabile guida di mons. Sazzini con tanto di barca affittata.

Erica, una ragazza di san Camillo, sembra un po' rimpiangere la forza e l'affiatamento del gruppo di allora. Lorenzo spiega che a quei tempi, pur essendo più numerosa la parrocchia di san Giovanni (non era ancora nata quella di san Camillo), il paese era più compatto e ci si conosceva tutti (direi io che le relazioni sociali erano più intense essendoci meno alternative e distrazioni). D'altronde -prosegue Lorenzo- non c'era allora un momento di arricchimento come quello nel cui contesto si è svolto l'incontro con lui, rischiando magari di 'fare tanto per fare'.

Poi magari crescendo qualcuno perde la fede, ma l'amicizia e la solidarietà rimangono, e attraverso questo cordone ombelicale rimane la possibilità di attingere al serbatoio di chi continua a vivere con il respiro della fede (aggiungo io: se siamo noi a volerlo trasmettere).

Sulle origini del movimento Emmaus internazionale e sul suo fondatore, l'Abbé Pierre, vedi il sussidio Emmaus 2001: ritorno alle origini.


©2001 Copyright by Basello Gian Pietro <gpbasello@eudoramail.com>
per il Centro Missionario Persicetano <http://digilander.iol.it/elam/emmaus>
san Giovanni in Persiceto, 7.10/IX/2001
Grazie a Lorenzo Ravasini per la sua disponibilità!