La storia dal Maggiolino al Dune
Buggy
Il
Maggiolino e nato nel 1934 quando Ferdinand
Porsche riusci a materializzare una sua idea
fissa: un'automobile a buon mercato, economica
come una motocicletta, leggera e nello stesso
tempo robusta per durare a lungo, con bassi costi
di esercizio e cosi semplice nella costruzione da
poter essere prodotta su vasta scala.
Costrui con successo tre prototipi della sua
auto popolare per conto della NSU, un antica
fabbrica meccanica (1873) nata per la produzione
di macchine per maglieria che nel secolo scorso
diversifico l'attivita costruendo dapprima
biciclette, poi motociclette ed infine
automobili.
 L'antenato
di quello che poi sara chiamato Maggiolino era
ormai nato: aveva barre di torsione, motore
posteriore, a quattro tempi, con cilindri
contrapposti, raffreddato ad aria, carrozzeria
aerodinamica.
Purtroppo la mancanza di capitali impedi a
Porsche la realizzazione dell'idea che lo
martellava da anni.
Il nazionalsocialismo improvvisamente si
interesso ai progetti di Porsche.
A Berlino nel salone dell'auto del 1933, Hitler,
ossessionato dall'idea di emulare gli americani,
aveva proclamato il programma della
motorizzazione del popolo tedesco. Era quindi
demagogicamente necessario realizzare
un'automobile ad un prezzo contenuto.
Il Fuhrer chiamo Porsche e stabili le
modalita produttive della VOLKSWAGEN: costruire
una prima serie di 50.000 unita al prezzo di 900
marchi l'una.
Nel 1937 presso le officine Daimler-Benz, per
ordine della Cancelleria del Reich, furono
costruite 30 vetture che vennero sottoposte a
severe prove secondo un programma di collaudo che
prevedeva una percorrenza, senza pausa, di 80.000
chilometri. per ogni vettura.
Dopo l'auto si rese necessario realizzare una
fabbrica che, come stabilito dal Fuhrer, avrebbe
dovuto produrre 500.000 vetture l'anno impiegando
10.000 operai

Gli eventi politici,
pero, precipitarono e Porsche fu chiamato a
progettare una vettura per l'esercito che venne
prodotta proprio a Wolfsburg , in luogo del tanto
sognato Maggiolino.
Nella primavera del 1945, alla fine della guerra,
della fabbrica di Wolfsburg non ne rimaneva che
il 40%: tutto il resto era stato distrutto dai
bombardamenti degli alleati.
La zona era stata occupata dalle truppe inglesi
che non soltanto ripristinarono la fabbrica per
riparare i propri mezzi, ma ripresero la
produzione bellica della VOLKSWAGEN, per
sopperire alle perdite subite.
La fabbrica, dichiarata preda bellica, fu offerta
alle industrie automobilistiche delle potenze
alleate, ma nessuna volle produrre quel brutto e
rumoroso sgorbio che qualcuno aveva osato
chiamare automobile.
Conseguentemente l'autorita inglesi di
occupazione dichiararono che la VOLKSWAGEN non
era di interesse economico e quindi la lasciarono
ai tedeschi.
La
storia del Maggiolino dal dopoguerra ai giorni
nostri
Comincio,
finalmente, la produzione della VOLKSWAGEN civile
tra mille difficolta e stenti, fino a che, nel
1948, le autorita inglesi nominarono direttore
Heinz Nordhoff, un ex dipendente della OPEL che
aveva sempre considerato la fabbrica di Hitler,
sovvenzionata dallo stato, un concorrente sleale
per l'industria privata.
Nonostante che Wolfsburg fosse stata esclusa
dagli aiuti del Piano Marshall, nonostante che
per costruire una vettura fossero necessarie 700
ore, vuoi per la estrema necessita di automobili
della Germania post bellica, vuoi per le
capacita imprenditoriali di Nordhoff, nel 1960
dalla fabbrica, che ormai contava 64.000
dipendenti, uscirono piu di ottocentomila
autoveicoli, tra vetture ed autocarri leggeri.
Il segreto del successo, il motivo perche in
ogni parte del globo c'e una VOLKSWAGEN, non e
da ricercarsi soltanto nel continuo e meticoloso
miglioramento del prodotto e nell'eliminazione di
ogni difetto, quanto nella fitta rete commerciale
e nella altrettanto fitta rete di assistenza,
nonche nelle efficaci campagne pubblicitarie.
Il massimo del successo la
VOLKSWAGEN lo raggiunse negli anni sessanta.
Era una vettura solida; la carrozzeria,
imbullonata al pianale, con interposta una
guarnizione, non emetteva un cigolio od una
vibrazione. Gli sportelli si chiudevano con un
solo colpo, ed il comfort era assicurato dalle
sospensioni a barra di torsione, un brevetto di
Porsche.
Infondeva sicurezza e per l'appunto la
pubblicita, proprio per la sua forma, la
paragonava ad un uovo; in realta in fatto di
sicurezza gia offriva soluzioni che a quei tempi
nessuna altra casa costruttrice prendeva in
considerazione: era la prima vettura ad avere lo
sterzo a calice con il piantone deformabile e la
predisposizione per le cinture di sicurezza.
Il motore (1192 cc ) raffreddato ad aria con i
cilindri orizzontali contrapposti a due a due,
lubrificato soltanto da 2,5 litri di olio, con il
suo minimo di 500 giri, e la sua alta coppia
permetteva di coprire ininterrottamente lunghi
percorsi alla velocita massima, che tuttavia non
superava i 115 chilometri orari, con un consumo
soltanto di 7 litri per 100 chilometri. Con la
chiave 13/10 ed il giravite doppio uso, di
dotazione, il proprietario avrebbe potuto
effettuare tutte le manutenzioni necessarie,
peraltro meticolosamente descritte nel libretto
di istruzioni.
La strumentazione era ridotta
all'essenziale, perche non ne aveva bisogno
essendo un auto ... quasi perfetta: cosi sparava
la pubblicita.
Assolutamente brutta, ma decisamente diversa
divenne l'auto di chi voleva distinguersi : una
VOLKSWAGEN rossa faceva intellettuale, faceva
anticonformista, non soltanto in Europa, ma anche
negli Stati Uniti dove divenne la vettura
straniera piu venduta.
Con quei paraurti in acciaio cromato molto simili
a portasciugamani, ma efficienti, conquisto il
mercato ed i gusti degli americani, fino al punto
che negli anni settanta Hollywood la fece
diventare un divo. Mentre qualcuno l'aveva gia
battezzata MAGGIOLINO, forse proprio per la
diffusione del colore rosso, Walt Disney la
umanizzo e la chiamo Herby. La fece divenire, camuffandola da
rally-car la protagonista principale di una
commediola per bimbi ove i buoni trionfano.
La purezza...della razza, pero, nel lungo
termine non paga.
Una fabbrica di
automobili non puo prosperare producendo
soltanto un modello di vettura, sia pure mitica.
I tentativi di lanciare un nuovo modello, la
1500, con un motore di derivazione dal MAGGIOLINO
e con una carrozzeria piu conforme allo stile
corrente, non riscosse i favori del mercato;
cosi nel 1964 la VOLKSWAGEN WERK AG rilevo la
AUTO UNION e successivamente, nel 1969, la NSU .
Nasce un nuovo polo: la AUDI NSU Auto Union AG .
Il MAGGIOLINO dapprima invade anche la fabbrica
della AUTO UNION ad Ingolstadt, ma poi emigra in
Brasile,
LA MANX E LA NASCITA DEL FENOMENO
“DUNE BUGGY”
Fu Bruce F. Meyers, un
costruttore californiano laureato all’Art
Center School di Los Angeles nonche esperto
ideatore di modelli ed utensileria in fibra di
vetro per imbarcazioni, che progetto la prima
vera Buggy di serie della storia: la Meyers Manx
che, nell’ottobre del 1964, veniva venduta in
kit al costo di circa ?. 400.000. La Manx aveva
i parafanghi alti ed il passo corto come la
Kubelwagen mentre la linea era dell’italiana
“Jolly”. La sua struttura inizialmente
utilizzava un telaio ed una carrozzeria originale
mentre la meccanica era della Volkswagen.
Nonostante le sospensioni, il motore, il cambio
ed i freni fossero del Maggiolino, i costi per la
costruzione in proprio specie del telaio erano
alti per cui di tali vetture ne furono prodotte
appena 12 dal 1964 al 1965 e nessuno di questi fu
esportato. Per ridurre i costi Meyers penso bene
di utilizzare oltre al motore, anche il telaio
del maggiolino raccorciandolo e cosi riusci, da
una iniziale produzione di appena due carrozzerie
al giorno, ad arrivare ad allestire quindici
corredi completi di Manx e fino a 25 kits al di
esportati in tutti il mondo.
Ma la domanda di Buggy fu da
subito cosi alta che la Manx, benche venduta in
5280 esemplari dal 1965 al 1970, fu subito
destinata inevitabilmente ad essere copiata
integralmente da molti altri costruttori che,
comprata la carrozzeria ne ricavarono modelli
analoghi agli originali apportando, in taluni
casi, anche interessanti modifiche personali.
Avendo Bruce Meyer depositato il brevetto della
sua buggy gia nel febbraio 1964 lo stesso tento
una serie di azioni giudiziarie nei confronti di
almeno una trentina di case colpevoli di aver
imitato il vestito semplice, leggero e scollato
della sua Manx dal momento che alcune di esse,
come la EMPI di Riverside con la sua Sportster,
gia dall’anno prima commercializzavano pezzi
Volkswagen da montare. Questa, in particolare,
era una ditta specializzata in elaborazioni VW
che, nello stesso periodo, presento una specie
di kit formato da un pianale da accorciare di 14
pollici e mezzo, una carrozzeria in vetroresina e
spazio per trapiantare motori Porsche o Corvair:
qualcuno fa risalire a questa la nascita
ufficiale del "dune buggy". A
quell’epoca la sola carrozzeria si vendeva in
America a circa 160-190 mila lire mentre completa
dell’intero corredo delle parti addizionali
inclusi parabrezza, fanaleria, accessori e
mensole varie raggiungeva il prezzo
corrispondente in Italia a circa 400 mila lire.
Tuttavia non mancarono coloro i quali erano
disposti, spendendo ancora di piu, a ricorrere a
motorizzati addirittura Porsche come un famoso
miliardario che ordino una Meyer Manx con motore
Porsche Carrera 6 cilindri contrapposti da 210 CV
e cinque marce.
Alla fine degli anni 60, erano
molte le ditte nordamericane che si cimentarono
nella produzione di Dune Buggies oltre la BF
Meyer and Company e la EMPI, tra cui si ricordano
le piu note come la Dearborn Automobile Company
meglio nota come DAC (produttrice della famosa
Deserter di poco piu costosa della Manx), la
Fiberfab (produttrice della Vagabond al prezzo di
circa 435 mila lire, una buggy ottenuta senza
accorciare il telaio VolksWagen e pertanto piu
grossa, a quattro posti, maggiormente adatta alla
guida su strada), la Burro Company, la Sand
Chariot of California. Si calcola che all’epoca
in America si aggirassero circa 20.000 unita di
tali vetture fatte in casa, sebbene molte senza
alcun permesso di circolare, nonostante la
legislazione notoriamente piu permissiva
d’oltre oceano. Tanti i modelli ed altrettanto
numerosi i nomi con cui venivano identificati
sempre evocanti distese immense di calda sabbia
talvolta intraducibili: Coot (folaga), Bushwacker
(abitante della boscaglia), Vagabond, Wampus
Kitty, Buretta, Bushmaster (padrone della
macchia), Fibrebug, Pug (cane tipo bulldog),
Roadrunner (battistrada), Sandbuggy (buggy da
sabbia), Kyote, Ki-O-Te, Safari, Terra-buggy
(buggy da terra), Glitterburg (buggy-gemma), Baja
Boot, Wallaburg (bug di servizio), Wrangler
(bellicoso), Deserter, Brute, Volksrod, Sand
Rover (esploratore delle sabbie), Imp, Burro,
Tow’d (domato), Beetle, Dune-master (padrone
delle dune), Ocelot, Claim Jumper (…
saltatore), Pizaz.
Le dune buggies iniziarono presto
a correre, per la precisione a sud del confine
con il Messico, nell'aprile 1967, quando Bruce
Meyer e Ted Mengels alla guida di una
"Mayers' Manx" da La Paz a Tijuana
impiegarono solo 34 ore e quarantacinque minuti.
Anche Vic Wilson e Ted Mengels, presero il via a
bordo di una dune buggy nel rally svoltosi tra
Tijuana e La Paz (Penisola di California,
Messico), il primo "Baja 1000" (o
meglio la prima edizione del "Mexican
1000"). Alla partenza il 1 Novembre 1967
erano schierati 68 veicoli. Si laureo vincitore
una dune buggy motorizzata Volkswagen costruita
dalla Meyers Manx; Bruce Meyers, il costruttore,
con il copilota Bill Anderson, al volante di un
altro Manx, piu potente, ruppero un supporto
della trasmissione e furono costretti al ritiro.
Intanto, il mercato parallelo di
Manx false mino fortemente la reputazione ed in
particolare le finanze della Meyers che, nel
tentativo di limitare i danni, penso di
introdurre un kit piu economico. La riduzione
del prezzo di questo kit, commercializzato nel
1970 col nome di Manx II, fu ottenuta grazie
all’alleggerimento della scocca, all’utilizzo
di batterie e gomme usate e all’adozione di una
strumentazione meno ricca. Ma cio non basto e
la fabbrica chiuse i battenti nel 1971. Alle 250
Manx II vanno aggiunte 75 vetture prodotte con
differente allestimento e denominate Turista, o
Resorter, e 3 modelli utilizzati ed appositamente
attrezzati per il soccorso sulle spiagge.

FOTO
DELLA MANX ORIGINALE DI BRUCE MEYERS
Appena cominciarono le
importazioni delle scocche da oltreoceano il
fenomeno si sviluppo anche in Europa ed in
particolare in Inghilterra (dove da sempre esiste
una passione per l’automobile) ed Italia dove
il sole e le spiagge costituivano il terreno
ideale per utilizzare tali vetture.
E’ raro, se non impossibile
trovare una Manx originale in Europa, tuttavia
molte ditte si ispirarono piu o meno liberamente
a quel modello che a tutt’oggi appare il piu
riuscito ed insieme il piu equilibrato nella sua
originalita.
Ercole Zuccoli di Mandello del
Lario commercializzo in piccola serie la “Empi
Sposter” americana dalla linea robusta e
squadrata. La vettura apparve subito
particolarmente interessante trattandosi di vere
e proprie dune-buggies americane, precisamente,
costruite su disegni originali con meccaniche
revisionate, carrozzeria aperta a 4 posti, passo
2,10 m, peso 595 kg. La vettura era comoda con
una linea molto piacevole e buone prestazioni.
Il modello di punta
dell’Automirage di Bologna era il “Mirage”,
una dune buggy molto simile alla Manx fornita
anche con hard top o capote in tela a ?.
1.430.000; a richiesta si potevano avere i cerchi
larghi in lega leggera, la marmitta cromata, i
fari antinebbia, il riscaldamento e la vernice
madreperlata. Nel 1974 la Casa presento due
nuovi modelli denominati “Pirana” e “Moon
Buggy”; la prima, specie nel frontale carenato,
si ispirava molto alla Porsche 911 mentre la
seconda, con i fari rettangolari e spigoli
accentuati sembrava una navicella spaziale.
Quest’ultima, data la particolare versatilita,
fu addirittura usata come veicolo antincendio in
alcuni autodromi italiani. Il costo di questi
modelli era rispettivamente di ?. 1.490.000 e
?. 1.680.000.
Il marchio “All Cars”,
divenuta poi “Autozodiaco”, di Pianoro (BO)
fu protagonista di un'ampia produzione e di una
lunga serie di modelli, presentata anch'essa al
Salone di Torino 1969, la Buggy di questa casa
bolognese era derivata dall'americana
“Deserter” della DAC della quale conservava
anche il nome. La linea era dunque quella delle
piu classiche dune buggies americane con ruote
parzialmente coperte, frontale arrotondato, fari
esterni, parte posteriore non carenata con motore
scoperto e scarichi enormi. Numerosa la lista
degli optional come cerchi ruota larghi, capote,
hardtop, freni posteriori sdoppiati, impianto di
riscaldamento, verniciatura madreperlata. La
carrozzeria era fissata al pianale mediante 24
bulloni con un peso complessivo di 541 kg. Piu
tardi fu disponibile anche con meccanica nuova di
fabbrica al costo variabile da ?. 1.298.000 a ?
1.420.000 a seconda dei componenti, o da 3. 420.000
a 1.064.000 in kit. Nel 1972, quando erano state
costruite gia 700 Deserter, fu presentata la
“Damaca”, una Dune Buggy sportiva a due posti
di aspetto piu automobilistico, nata dal disegno
di Tom Tjaarda e vagamente ispirata, specie nella
parte posteriore pinnata, alla Pantera della De
Tommaso, dotata di motore 1500 o 1600 cc al costo
di ?. 1.798.000. Altro modello sportivo della
All Cars fu la “Squalo” con frontale
aerodinamico simile al primo ma piu sportivo e
meglio rifinito al costo di ?. 1.398.000. Sempre
nel 1972 fu presentato il kit di trasformazione
“California” per VW Maggiolino o Maggiolone,
che ottenne un considerevole successo di mercato.
Essa consisteva nell'adattamento Custom della
classica Coccinella attraverso la sostituzione di
cofani e parafanghi: anteriormente la vettura si
presentava con parafanghi alti, tagliati e
frontale modificato con cofano piu corto che
incorporava anche la fanaleria; nella parte
posteriore il motore era lasciato completamente
scoperto con gli enormi scarichi in vista;
completavano la personalizzazione i cerchi ruota
larghi, la presa d’aria posteriore ed
eventualmente sedili anteriori anatomici, volante
sportivo e contagiri. Una lunga lista di
accessori, da pagare a parte, comprendeva
paraurti cromati, capote, riscaldamento, vernice
madreperlata, cerchi in lega. Ultima proposta
della All Cars fu la “Kirby” che aveva un
pianale di specifica progettazione e meccanica
Skoda 1000 e 1100: la carrozzeria era di tipo
classico con un'ampia presa d'aria frontale; fu
annunciato un prezzo di ?. 1.300.000 con
meccanica nuova. Sempre della stessa casa era
interessante un ingegnoso cingolo da applicare
alle ruote posteriori delle Buggy per la marcia
sulla neve.
La carrozzeria “Momo” poi
passata alla Helvetia di Rozzano (MI), e stata
una delle ditte piu prolifiche del settore.
L’azienda di Gianpiero Moretti produceva un
modello presentato al Salone di Torino del 1969 e
costituito da una classica buggy americana
direttamente derivata dal modello Usa Kyote come
il “Deserter” o il “Mirage” con il
frontale aerodinamico ed i fari incassati, mentre
la parte posteriore era piu classica con il
propulsore semicarenato. Il veicolo era venduto
al prezzo di ?. 1.500.000 completo o di ?.
360.000 in kit con esclusione naturalmente del
telaio e del motore. Nel 1971 introdusse il
“Maxi buggy”, un dune buggy con cazzozzeria
in vetroresina che sia nel cofano anteriore che
nei fari e nei paraurti riproduceva una vettura
torpedo anni trenta sul pianale del Maggiolino
non accorciato; il finto radiatore anteriore era
in plastica e successivamente fu sostituito con
uno in metallo; la vettura, a 4 posti, era munita
di paraurti e cerchi ruota cromati, il prezzo di
listino era di circa ?. 1.500.000 con motore
revisionato e ?. 450.000 in kit. L’intera
produzione fu trasferita nel 1972 alla ditta
Helvetia di Rozzano che continuo l’attivita
con il nuovo marchio “Momo Helvetia”.
La Puma di Roma e l’unica
ditta che ha continuato a produrre qualcosa di
simile alle Buggies ancora fino a qualche anno
fa. Agli inizi degli anni settanta s'impose come
una delle ditte piu apprezzate del settore. Per
anni produsse la classica dune buggy americana
“Deserter”, sempre sfruttando il pianale e la
meccanica Volkswagen, commerciandola col nome
appunto di “Puma” al prezzo di ? 1.300.000
con motore revisionato o a ?. 440.000 in scatola
di montaggio. Un esemplare della Puma fu anche
protagonista nel 1974 del film «Altrimenti ci
arrabbiamo» interpretato da Bud Spencer e
Terence Hill. Questa Buggy poteva essere dotata
anche di tetto rigido, porte con apertura ad ala
di gabbiano e perfino riscaldamento (novita
assoluta per un mezzo di questo tipo). Accanto
alle «pulci del deserto», l'azienda fondata da
Adriano Gatto si dedico anche alla semplice
trasformazione Custom del Maggiolino 1200
dotandolo di parafanghi allargati in vetroresina,
di cerchi da 14 pollici con pneumatici ribassati
e sedili anatomici. L'elaborazione del Maggiolino
prevedeva inoltre la modifica dell'avantreno per
migliorare l'assetto e la marmitta cromata tipo
“California”. In seguito, negli anni Ottanta,
la Puma passo alta costruzione di una vettura
sportiva, la “GTV”, realizzata sul pianale
del “Maggiolino” e disponibile in kit di
montaggio. Dotata di carrozzeria in vetroresina e
di linea particolarmente accattivante ed
aereodinamica, la GTV riprendeva alcuni concetti
estetici espressi da sportive del passato come la
griglia sul lunotto posteriore che ricordava
molto quella della Lamborghini "Miura",
fari carenati, cerchioni da 14 pollici adatti ad
ospitare pneumatici 205/70 ed interni
particolarmente curati completi di una
strumentazione di tutto rispetto (sedili
anatomici, volante con corona rivestita di pelle,
leva del cambio cromata). Sulla "GTV"
si accedeva sollevando l’intero hard top
incernierato anteriormente che costituiva la
parte superiore della carrozzeria dalla linea di
cintura in su. Lunga 4.2 metri, larga 1.8 metri,
alta 1.1 metri, questa coupe era una "tutto
dietro" spinta dal quattro cilindri boxer
raffreddato ad aria di l385 cc e di 35 CV di
potenza massima installato sul
"Maggiolino". Gli ultimi modelli
montarono anche il “1500” da 5O CV sempre
della Volkswagen. La velocita della “GTV
1300” dichiarata dal costruttore era di 150
all'ora ed il consumo di 7 litri per l00
chilometri. La ditta romana mise in vendita anche
un analogo modello denominato “GTV-033”.
Questa sportiva, anch'essa disponibile in scatola
di montaggio, era di aspetto simile alla
“GTV” dalla quale differiva per i fari
anteriori non carenati e per la possibilita di
asportare per intero l’hard top lasciando il
solo parabrezza anteriore come su una spider. Su
quest’ultimo modello poteva, a richiesta,
essere montato il ben piu performante quattro
cilindri boxer Alfa Romeo di 1186 cc raffreddato
ad acqua, in grado di sviluppare 63 CV a 6000
giri che gli permetteva di raggiungere i 180
Km/h. La Puma produsse anche alcuni esemplari di
una vettura con linea ispirata ad una Jeep
denominata “Ranch” che, sebbene usufruisse
sempre del motore VW 1385 cc, utilizzava un
telaio originale di tipo tubulare al posto del
solito pianale Maggiolino.
La carrozzeria dei fratelli
Greppi di Colico (CO) produsse la “Smach”,
una spider con frontale ispirato alle vetture di
formula 3, e la classica “Buggy Drag II”.
Successivamente presento la “Safari”, una
Torpedo con linea simile ad una Jeep, passo
accorciato di 30 cm, carrozzeria in lamiera e
vetroresina con parabrezza ribaltabile e porte
smontabili; utilizzava due freni a mano ed il
gruppo differenziale/riduttore del furgone VW che
le consentiva buone caratteristiche sui sentieri
di montagna e nel fuoristrada leggero. Costava
?. 2.100.000 e fu costruita in alcune decine di
esemplari. L’esperienza servi alla Greppi per
produrre negli anni ’80 alcuni fuoristrada con
meccanica Ford Taunus.
L’Alt Autotecnica del Lario
propose la “Sportster” con carrozzeria
sportiva in lamiera e la “Explorer” simile ai
modelli USA con carrozzeria in vetroresina e fari
posteriori della Nsu Prinz.
La Sicra di Roma produceva la
“Big Buggy” e la “Big Buggy XL” una
classica buggy dalla linea americana molto
proporzionata. Con meccanica revisionata veniva
venduta a ?. 1.350.000 (1.450.000 il modello XL)
o in scatola di montaggio da ?. 450.000 a ?.
550.000 a seconda delle versioni. Caratteristiche
furono le fiancate laterali chiuse che piacquero
cosi tanto ai possessori di altri tipi di
buggies che sottoposero le loro vetture a costose
trasformazioni pur di avere i fianchi coperti.
In tutto e ipotizzabile
quantificare in due/tremila gli esemplari
prodotti in Italia delle varie buggies tra la
fine degli anni 60 e la meta dei 70. In America,
invece, dove c’e ancora un grande fervore
attorno a queste vetture ed una ingente ed
economico commercio di accessori, si calcola che
siano state prodotte oltre 250.000 dune buggies
dalle varie industrie.
IL MITO “DUNE BUGGY”
NEI FILMS E NELLA MUSICA
Come spesso accade nella storia
di un particolare modello di auto, il successo
delle dune buggies fu tale che anche il cinema se
ne impossesso consacrandone il fascino
immortale. Nel film "L'affare Thomas
Crown", la scena dell'inseguimento sulla
spiaggia alla guida di una Dune Buggy costituisce
ormai un documento storico. Altre pellicole
americane videro in vario modo protagoniste le
dune buggies e tra esse ricordiamo “The big
Bounce”, “Solo per i tuoi occhi”, “Oh! What
a carry on”, “Hot of the press” e
“Fit for Heros”.
In Italia, invece, avvenne
qualcosa di completamente opposto, ossia fu
proprio la celluloide a contribuire al successo
dell’originale prototipo, allorquando le dune
bugies toccarono vette di grande popolarita nel
1974, all'indomani dell'uscita del film “Altrimenti
ci arrabbiamo!”. Si trattava di una
co-produzione italo-spagnola girata nella
periferia di Madrid. Il leggendario film, resta
una delle migliori produzioni del duo Bud Spencer
e Terence Hill, al secolo rispettivamente Carlo
Pedersoli e Mario Girotti. Nel film essi
interpretano una coppia di amici che gareggiano
per vincere appunto una "pulce del
deserto" da giocarsi poi a “birra e
salsicce”. Alla conquista del trofeo seguivano
una serie di alterne vicende in cui veniva ad
essere coinvolta la “dune buggy” vinta dal
colore rigorosamente rosso con tettuccio giallo. Al
successo del film e poi anche al boom di vendite
della vettura, contribui in modo determinante
anche la canzone di punta della colonna sonora,
molto orecchiabile, intitolata per l'appunto “Dune
Buggy” e interpretata dalle nasali vocette
degli Oliver Onions, al secolo fratelli G. &
M. De Angelis. Si tratta di un brano cui
contribui in modo determinante anche la
direzione e l’arrangiamento di S. Duncan Smith
e M. Fondato (RCA Original Cast 1974). "Across
the fields" di Dandylion, C. Pedersoli,
M. Fondato, G. e M. De Angelis, costituiva il
secondo brano del film, inciso sul retro del 45
giri. Questo il testo originale della
fortunatissima canzone con la traduzione
italiana.
DUNE BUGGY
Come with me for fun in
my buggy
Come along let's go for the hell of it
See the faces round they're all looking
Wonder if they'd like to come for a ride.
I'll bet you anything
Now she's with me
There'll be no trouble
Troubles around
Bet you'll never ever get away
Never ever get away
Dune buggy.
See the world spin round in dune buggy
String along let's scram far out off the
ground
Never felt so good she's a beauty
Bet she is a sight for your poor old
eyes.
I'll bet you anything
Boys on their bikes
Will have some trouble
Following us
Bet they'll never ever catch us up
Never ever catch us up
Dune buggy.
feel like a king in my buggy
Just the crown is missin' but that's
alright
Come on people come on my buggy
Come and feel the power of a starry
night.
|
DUNE BUGGY
Vieni con me a divertirti
sulla mia buggy
Su andiamo a tutta
velocita
Guarda le facce attorno
ci stanno tutte guardando
Mi chiedo se a loro
piacerebbe venire a fare un giro.
Scommetterei con te
qualsiasi cosa
Ora lei e con me
Non ci saranno piu
problemi
Problemi intorno
Scommetto che non te ne
andrai piu
Che non lascerai piu la
Dune buggy.
Guarda il mondo girarti
attorno in dune buggy
Fingiamo di scappare
lontano dal mondo
Non mi sono mai sentito
cosi bene lei e incantevole
Scommetto che e una
visione per i tuoi poveri vecchi occhi.
Scommetterei con te
qualsiasi cosa
I ragazzi sulle loro
biciclette
Avranno molti problemi
Nel seguirci
Scommetto che non ci sono
mai saliti su
Che non sono mai saliti
su una
Dune buggy.
Mi sento come un re nella
mia buggy
Mi manca solo la corona
ma va bene cosi
Venite gente venite sulla
mia buggy
Venite e provate la
potenza di una notte stellata.
|
Altri motivi si ispirarono
liberamente alle dune buggies tra i quali
ricordiamo: “Dune Buggy” di Big Fat Paul,
“Dune Buggy Baby” di Love Jones e “I wish I
had a dune buggy” di Jeff’s Just Intonation.
Per quanto concerne
specificamente la vettura protagonista del film
“Altrimenti ci arrabbiamo”, si trattava di
una Dune Buggy assemblata dalla Puma di Roma che,
agli inizi degli anni settanta s'impose in Italia
come una delle ditte piu apprezzate del settore.
Il modello commercializzato da Adriano Gatto,
riproduceva il classico “Deserter” americano
ribattezzato e commercializzato col nome appunto
di “Puma”. Per la sua produzione fu
utilizzato il pianale e la meccanica del
Maggiolino Volkswagen per un costo all’epoca di
? 1.300.000 con motore revisionato o ?. 440.000
in scatola di montaggio. Questa Buggy poteva
essere dotata anche di tetto rigido, porte con
apertura ad ala di gabbiano e perfino
riscaldamento (novita assoluta per un mezzo di
questo tipo). Per girare il film furono
utilizzate due vetture uguali rigidamente rosse
con tettuccio giallo, di cui una, per esigenza di
copione ando distrutta in un rogo in seguito ad
una collisione. Nel film si notano le fiancate
laterali percosse da strisce bianche, che
appaiono bombate e chiuse, e la parte anteriore
dove e visibile subito sotto al cofano con la
scritta “PUMA” un vistoso spoiler che si
porta ai due lati fino a congiungersi con i
parafanghi anteriori. Ambedue le vetture
utilizzate non avevano il paraurti anteriore e
montavano una fanaleria a dir poco eccessiva:
alla coppia di fari anteriori si sommavano una
coppia sul roll-bar, una sull’ampio spoiler
anteriore ed un’altra ancora sulla cornice del
parabrezza che curiosamente, era senza parabrezza
e cio sicuramente per necessita prettamente
fotografiche allo scopo di evitare fastidiosi
riflessi sui vetri. Altresi e facile avvedersi
della mancanza dei tergicristalli anteriori e
delle targhe di immatricolazione.

Accanto alle «pulci del
deserto», l'azienda fondata da Adriano Gatto si
dedico anche alla semplice trasformazione Custom
del Maggiolino 1200 dotandolo di parafanghi
allargati in vetroresina, di cerchi da 14 pollici
con pneumatici ribassati e sedili anatomici.
L'elaborazione del Maggiolino prevedeva inoltre
la modifica dell'avantreno per migliorare
l'assetto e l’adozione della marmitta cromata
tipo “California”.
In seguito, negli anni Ottanta,
la Puma passo alta costruzione di una vettura
sportiva, la “GTV”, sempre realizzata sul
pianale del “Maggiolino” e disponibile in kit
di montaggio. Dotata di carrozzeria in
vetroresina e di linea particolarmente
accattivante ed aereodinamica, la GTV riprendeva
alcuni concetti estetici espressi da sportive del
passato come la griglia sul lunotto posteriore
che ricordava molto quella della Lamborghini
"Miura", fari carenati, cerchioni da 14
pollici adatti ad ospitare pneumatici 205/70 ed
interni particolarmente curati completi di una
strumentazione di tutto rispetto (sedili
anatomici, volante con corona rivestita di pelle,
leva del cambio cromata). Sulla "GTV"
si accedeva sollevando l’intero hard top
incernierato anteriormente che costituiva la
parte superiore della carrozzeria dalla linea di
cintura in su. Lunga 4.2 metri, larga 1.8 metri,
alta 1.1 metri, questa coupe era una "tutto
dietro" spinta dal quattro cilindri boxer
raffreddato ad aria di l385 cc e di 35 CV di
potenza massima installato sul
"Maggiolino". Gli ultimi modelli
montarono anche il “1500” da 5O CV sempre
della Volkswagen. La velocita della “GTV
1300” dichiarata dal costruttore era di 150
all'ora ed il consumo di 7 litri per l00
chilometri. La ditta romana mise in vendita anche
un analogo modello denominato “GTV-033”.
Questa sportiva, anch'essa disponibile in scatola
di montaggio, era di aspetto simile alla
“GTV” dalla quale differiva per i fari
anteriori non carenati e per la possibilita di
asportare per intero l’hard top lasciando il
solo parabrezza anteriore come su una spider. Su
quest’ultimo modello poteva, a richiesta,
essere montato il ben piu performante quattro
cilindri boxer Alfa Romeo di 1186 cc rafferddato
ad acqua, in grado di sviluppare 63 CV a 6000
giri che gli permetteva di raggiungere i 180
Km/h. La Puma produsse anche alcuni esemplari di
una vettura con linea ispirata ad una Jeep
denominata “Ranch” che, sebbene usufruisse
sempre del motore VW 1385 cc, utilizzava un
telaio originale di tipo tubulare al posto del
solito pianale Maggiolino.
Aggiornamento a cura del socio Vincenzo
Adinolfi
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