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Cosa fare in caso di incendioCosa è un INCENDIOPer incendio si intende la combustione "non controllata" di solidi, di liquidi o di gas, una combustione, cioè, che avviene in un luogo non preparato allo scopo od in un momento imprevisto. Per quanto il fuoco (che è la manifestazione "spettacolare" della combustione) sia un fenomeno a tutti familiare, è un evento un evento piuttosto difficile da creare ed è il frutto di una lunga serie di condizioni favorevoli al suo sviluppo: questo lo rende anche uno dei rischi che è più facile prevenire. Purtroppo non è altrettanto facile difendersi una volta che si sia sviluppato! Pochi ci pensano, ma il fuoco (anche quello che scoppietta nel nostro camino) è la manifestazione di una reazione chimica di ossidazione a catena. Perché questa reazione chimica possa avvenire è necessario che siano presenti, contemporaneamente, tre fattori: il combustibile (cioè il solido, il liquido od il gas che "brucia"), il comburente (in pratica l'aria; più raramente altri gas), una fonte di calore adeguata. Quando accendiamo un fiammifero ricreiamo volontariamente queste condizioni. Il fiammifero è l'oggetto che intendiamo "accendere", cioè è il nostro "combustibile". Per quanto riguarda il "comburente" ne possiamo disporre in quantità perché si tratta semplicemente di aria. Tuttavia un fiammifero, anche se esposto all'aria, non prende fuoco da solo: perché si accenda è necessario che gli sia fornito del calore sufficiente ad innescare la "reazione chimica a catena". Provvediamo allora a sfregare il fiammifero sfruttando il calore provocato dall'attrito: il gioco è fatto e la nostra "reazione chimica a catena" ha avuto inizio. Se a questo punto togliamo l'aria al fiammifero (magari mettendolo sotto un bicchiere capovolto) questo si spegne: dunque è confermato che, perché ci sia fuoco, è necessario che siano presenti contemporaneamente sia il combustibile che il comburente. Ed il calore? Anch'esso deve essere presente. Anzi, deve essere abbastanza forte da riuscire, non solo a far partire la fiamma, ma anche a mantenerla. Lo vediamo con l'esempio mostrato dalla seguente illustrazione. Immaginiamo di voler dare fuoco ad un ramo di legna secca: se avviciniamo il fiammifero dove il ramo è più grosso scopriamo, nostro malgrado, che non ci riusciamo. Invece se avviciniamo il fiammifero ai rametti più piccoli, questi prendono fuoco immediatamente e le fiamme si sviluppano estendendosi anche alla parte restante del ramo. Ciò si spiega con il fatto che il calore del fiammifero non è sufficiente per scaldare la parte più grossa del ramo: quando si allontana il fiammifero il legno del ramo è ancora troppo freddo per poter essere in grado di mantenere, da solo, la "reazione chimica a catena" che lo dovrebbe mantenere acceso. Invece, nel caso dei rametti più piccoli, il fiammifero riesce a riscaldarne il legno (che è più sottile) e questi prendono fuoco sviluppando un calore sufficiente ad estendere progressivamente le fiamme alla parte più grossa del ramo. Questa fase, presente anche in tutti gli incendi, si dice di "accensione" e consiste nel "riscaldare" il combustibile in modo tale che una volta acceso possa produrre da solo il calore necessario a proseguire la combustione. Come nel caso del ramo troppo grosso, in questa fase, può verificarsi "l'auto-spegnimento" del combustibile a causa della sua temperatura troppo fredda oppure della mancanza di ossigeno. Ogni materiale ha una sua temperatura caratteristica oltre la quale continua a bruciare e sotto la quale, invece, tende a spegnersi. Questa temperatura (detta "temperatura di accensione") risente, a sua volta, di moltissime altre condizioni: per esempio l'umidità presente nel combustibile rende necessario che questo, per bruciare, sia portato ad una temperatura più alta. La spiegazione è semplice: una parte del calore fornito dal nostro fiammifero viene assorbita dall'acqua che lo sfrutta per trasformarsi in vapore; il legno può disporre, quindi, solo del calore residuo. In queste condizioni per poter appiccare il fuoco anche ai rametti più piccoli è necessario che il fiammifero riesca a fornire calore sufficiente sia per far evaporare l'acqua sia per riscaldare il legno. Queste caratteristiche della fase di accensione vengono sfruttate per
aumentare la resistenza dei materiali al calore: ad esempio molti apparecchi
elettrici vengono costruiti con materiali che richiedono alte temperature di
accensione in modo da tale da scongiurare il pericolo di incendio qualora si
verifichi un corto circuito. Se invece la scintilla successiva al corto circuito coinvolge la "presa elettrica" posta pericolosamente vicino ad una pianta resinosa, fa sì che la fiammella prodotta dal corto circuito (che anche in questo caso non riesce ad incendiare la "presa"), è sufficiente però, a riscaldare ed accendere le resine della pianta vicina che prendono fuoco. A loro volta, le fiamme prodotte dall'incendio della pianta, riscaldano i tessuti degli arredi vicini fino alla loro temperatura di accensione caratteristica: a questo punto anche gli arredi prendono fuoco innalzando la temperatura complessiva della stanza. Quella che abbiamo appena descritto è la fase "dell'incendio generalizzato" (detto "flashover") nel corso della quale viene sviluppato talmente tanto calore che tutti i materiali presenti nella stanza raggiungono la loro temperatura di accensione caratteristica e, quindi, prendono fuoco. Questo processo di estensione dell'incendio prosegue fin quando nella stanza è presente una quantità di aria sufficiente a mantenere la reazione chimica a catena per poi evolvere verso l'auto-spegnimento. Tuttavia, prima che ciò si verifichi la temperatura complessiva nella stanza può aver raggiunto livelli anche molto alti (fino a 600°C). In queste condizioni i materiali esposti al calore, ma non ad una quantità di ossigeno sufficiente a provocarne od a mantenerne l'incendio, cominciano a produrre dei gas combustibili molto caldi. In pratica la stanza si trasforma in un grande "alambicco" in cui i materiali che ospita vengono sottoposti ad un processo di distillazione. Questi gas, che in genere hanno una loro temperatura di accensione che li
rende infiammabili con apporti di calore anche modesti, non riescono però a
prendere fuoco per mancanza di ossigeno (il comburente): se la temperatura della
stanza e dei gas che la occupano si abbassa al di sotto della temperatura di
accensione, l'incendio si "auto-estingue" per
"soffocamento". Tuttavia questi gas, ancora molto caldi, tendono ad
uscire dal locale entrando, così, in contatto con l'aria ed incendiandosi
all'istante. Aprendo la porta, i gas infiammabili, caldissimi, entrano in contatto con l'aria esterna e prendono immediatamente fuoco in modo quasi esplosivo. Contemporaneamente entra nella stanza aria fresca che consente la accensione della parte restante del gas in essa contenuto provocando la ripresa, violentissima, dell'incendio. Il comportamento dei gas infiammabili condiziona in modo consistente l'evoluzione dell'incendio e le eventuali contromisure da adottare. Se un serbatoio di GPL viene sottoposto all'azione diretta delle fiamme l'effetto del calore il gas racchiuso dal serbatoio inizia ad espandersi facendo crescere sia la pressione, sia la temperatura interna. Se l'azione del calore esterno prosegue, le pressioni interne al serbatoio raggiungono il limite di resistenza della struttura che, una volta superato, ne provoca la spaccatura (cedimento strutturale) che in termine tecnico viene definita "bleve"(Boiling Liquid Expanding Vapor Explosion). Nell'attimo in cui ciò avviene si creano le condizioni per due fenomeni tanto spettacolari quanto pericolosi. Il gas, inizialmente compresso, si espande violentemente trasferendo l'energia cinetica alla struttura del deposito i cui tronconi vengono "sparati" anche a notevoli distanze. Contemporaneamente la parte più esterna della massa gassosa, caldissima, entra in contatto con l'aria dando inizio alla reazione chimica a catena caratteristica dell'incendio. Il gas comincia, così a bruciare partendo dall'esterno della sua massa. La massa gassosa incendiata tende a muoversi verso l'alto (sia per effetto della corrente d'aria creata dal calore, sia per le caratteristiche del gas più leggero dell'aria) assumendo la caratteristica forma "a fungo". Questo fenomeno, chiamato "fireball" (palla di fuoco), è caratteristico della evoluzione dell'incendio improvviso dei gas compressi, ma si presenta spesso anche in altri casi di incendio di gas. Tutti questi elementi, insieme a molti altri più complessi, entrano in gioco
nel caso di un incendio in un fabbricato. Gli estintori generalmente compiono tutte queste tre azioni in modo contemporaneo. Il getto dell'estintore, che deve essere diretto alla base della fiamma, provoca uno spostamento dell'aria sottraendola alla reazione chimica. Il getto è composto spesso da CO2 (anidride carbonica) che, oltre ad essere un gas non infiammabile, viene emesso a temperatura freddissima con lo scopo di sottrarre calore al materiale incendiato. Con il getto viene spruzzata, sul materiale incendiato, anche una fitta nuvola di polvere finissima (in genere talco) che ricoprendolo ne inibisce il contatto con l'aria alzandone al contempo la temperatura di accensione complessiva. Se l'incendio nel fabbricato, viceversa, si sviluppa evolvendo verso
l'incendio generalizzato è probabile che le fiamme si propaghino di locale in
locale sfruttando il calore, l'aria ed i materiali combustibili presenti e
trovando come unici ostacoli le porte di separazione fra le diverse stanze. Per effetto del calore elevatissimo i vetri delle finestre della stanza in cui si annida il focolaio si rompono mettendo l'aria esterna in contatto con i gas incombusti che prendono immediatamente fuoco. Lo sviluppo delle fiamme nei gas incombusti è rapidissimo ed ha un effetto quasi detonante (a causa del rapido aumento della pressione dei gas incendiati) provocando l'abbattimento di alcune porte interne (prima stanza a sinistra). I gas, così incendiati, propagano le fiamme agli arredi delle altre stanze estendendo l'incendio anche a queste. I vani delle scale ed i pozzi degli ascensori non offrono alcun ostacolo all'incendio creando, invece, le condizioni per una sua esplosione violenta. I gas incombusti, caldissimi, prodotti dall'incendio nel fabbricato tendono
ad occupare le parti superiori dell'edificio e possono trovare una facile via di
sfogo verso l'alto attraverso i vani delle scale ed i pozzi degli ascensori. Se invece le canalizzazioni verticali non presentano ostacoli verso l'esterno
ed i gas possono liberamente fuoriuscire, nella eventualità che il tratti molto
lunghi, i gas incombusti si incendieranno all'interno del condotto, nella sua
porzione finale, estendendo l'incendio anche ai piani superiori dell'edificio. Se lo sviluppo di un incendio in un fabbricato si evolve in modo complesso,
nel caso di un incendio boschivo l'evoluzione si manifesta in modo solo
apparentemente più semplice. L'incendio boschivo, dunque, trova alla sua origine sempre l'azione dell'uomo sia essa dolosa (il piromane) o semplicemente colpevole (il disattento). L'incendio di un bosco è un evento difficilmente controllabile. L'enorme disponibilità di combustibile, costituito dalla vegetazione, e la illimitata disponibilità di ossigeno rappresentano il rischio oggettivo per il loro sviluppo. L'evoluzione dell'incendio, però, risente di altri fattori quali il vento, il tipo di vegetazione attaccata dal fuoco, la sua disposizione sul terreno. Un campo di grano costituisce una cospicua massa di combustibile uniformemente distribuita sul terreno. Se vi viene appiccato il fuoco al centro del campo, inizialmente le fiamme attaccano le stoppie vicine in ogni direzione facendo assumere al principio di incendio uno sviluppo circolare. Man mano che l'area bruciata si allarga, però, viene meno lo "schermo" rappresentato dalle stoppie ed il vento può agire direttamente sulla base delle fiamme. Avviene così che lo sviluppo dell'incendio, inizialmente circolare,tende ad espandersi nella direzione del vento assumendo la caratteristica forma a ventaglio. Ciò che avviene nel campo di grano è il risultato dei delicatissimi equilibri (fra combustibile, comburente e calore) che si formano durante lo sviluppo di un incendio in spazi aperti. Osservando nel dettaglio vediamo che nella fase iniziale dell'incendio, il focolaio è protetto dalla vegetazione vicina ed il calore che sviluppa rimane "imprigionato" dalle stoppie rendendolo disponibile per l'avvio della loro combustione. Si spiega così l'iniziale sviluppo circolare dell'incendio. Non appena però la vegetazione bruciata lascia il terreno libero da ostacoli, il vento può arrivare ad agire direttamente alla base delle fiamme alimentandole di ossigeno aggiuntivo e favorendo un rapidissimo aumento del calore: ciò avviene per le fiamme esposte in favore del vento. Viceversa le fiamme che incendiano la vegetazione dalla parte opposta subiscono l'azione contraria del vento che ne allontana il calore verso la zona dove il combustibile è ormai esaurito: un vento sufficientemente forte è in grado, in queste condizioni, di determinare l'auto-estinzione delle fiamme di questo settore dell'incendio. Riportando l'attenzione sulle fiamme esposte in favore del vento, vediamo che il fumo viene spinto alle loro spalle determinando una minore disponibilità di ossigeno. Si ha così la sovralimentazione (maggiore quantità di ossigeno fornita dal vento) del fronte dell'incendio ed una sottoalimentazione (minore disponibilità di ossigeno causata dal fumo) delle fiamme che avanzano nella vegetazione. La marcia del fuoco ne risulta così rallentata nonostante il maggior calore causato dalla sovralimentazione del fronte aperto dell'incendio. Il calore sviluppato ai lati del fronte, benché disperso dal vento alle spalle delle fiamme, assieme al fumo, è tuttavia sufficiente ad incendiare la vegetazione immediatamente a lato. A causa di questi delicatissimi equilibri, il fronte si allarga, le fiamme si innalzano anche in modo considerevole, e l'incendio assume la caratteristica forma a ventaglio. Il fenomeno risulta particolarmente evidente nel caso di un incendio
sviluppato in un campo di seminativi, ma si ripete in modo analogo anche nel
bosco dove, all'apparenza, la distribuzione del combustibile sul terreno non è
uniforme. Tuttavia il calore delle fiamme del sottobosco è certamente sufficiente per riscaldare e far raggiungere la temperatura di accensione alle fronde più basse dell'albero: è dunque la chioma dell'albero (costituita da foglie e piccoli rami) ad incendiarsi per prima trasmettendo l'incendio alle chiome degli alberi vicini ed aggredendo via via i rami più grossi. Ben difficilmente l'incendio attacca il tronco dell'albero (se non resinoso) "limitandosi" a bruciarne la chioma ed i rami piccoli e medi. Ciò determina uno sviluppo delle fiamme con modalità simili a quelle nel campo di seminativi giacché l'intreccio fra le fronde e le chiome degli alberi ripropone, sia pure a qualche metro dal suolo, una analoga uniformità di distribuzione di combustibile in grado di alimentare le fiamme. Vento e calore condizionano lo sviluppo dell'incendio boschivo. Tuttavia, nei nostri territori, la superficie boscosa occupa di norma i rilievi e questo introduce nuove variabili per lo sviluppo dell'incendio. Nel caso di un rilievo coperto da fitta vegetazione, in cui l'altura è percorsa da un ripido canalone (il corso di un torrente in secca, la traccia di una frana o più semplicemente un tratto più ripido), se l'incendio avanza nella direzione del rilievo, le fronde degli alberi si trasmetteranno le fiamme per contatto o per semplice vicinanza. Una volta giunte alla base dell'altura l'avanzamento delle fiamme sarà favorito dal fatto che le fronde successive si troveranno tendenzialmente più in alto di quelle già incendiate ricevendo più facilmente il loro calore. L'incendio procederà dunque più velocemente risalendo il rilievo. Tale velocità sarà massima all'interno del canalone a causa dell'effetto congiunto delle correnti ascensionali provocate dalle fiamme e della disposizione della vegetazione. E' per questo motivo che un incendio che percorre un canalone avanza più velocemente delle fiamme che procedono lungo i suoi fianchi. Correnti ascensionali e posizione della vegetazione sono responsabili di un altro fenomeno altrettanto frequente negli incendi boschivi.Il fenomeno viene mostrato nella illustrazione seguente. La vegetazione che precede le fiamme che stanno risalendo il pendio trattiene il fumo e lo protegge dall'azione dispersiva del vento. Il fumo tende così a disporsi lungo il declivio parallelamente al terreno invadendo, anche per ampi tratti, l'area che precede il fronte dell'incendio. Una volta raggiunta la sommità tenderà invece a disporsi "a bandiera" rallentando così l'avanzamento del fronte dell'incendio. E' per questo motivo che, dovendo fuggire davanti ad un incendio boschivo, è preferibile dirigersi verso la sommità approfittando della maggiore purezza dell'aria del versante opposto. E' evidente che i fenomeni che abbiamo descritto non esauriscono la casistica
dei meccanismi che influenzano l'evoluzione di un incendio, tuttavia la loro
conoscenza offre indicazioni preziose su come comportarsi nella eventualità che
si debba fronteggiare questa situazione. Cosa fare per evitare che si verifichi un INCENDIOIn anzi tutto uno sguardo a ciò che ci circonda In altre parole un incendio è generalmente causato da una azione umana, volontaria od involontaria, anche lontana nel tempo. Questa origine umana, pressoché generale, degli incendi consente un adeguato livello di prevenzione purché si rispettino le disposizioni stabilite dalla legge. La casistica è tale tanta che l'applicazione della norma di carattere generale è stata demandata alla responsabilità dei progettisti ed al controllo dei Vigili del Fuoco. Ogni fabbricato ed ogni attività deve rispondere a requisiti di sicurezza antincendio sue proprie specificamente individuate caso per caso. In senso generale si può dunque dire che il rispetto della normativa antincendio appare sufficiente a garantire un adeguato livello di prevenzione. I criteri di prevenzione degli incendi rispondono solitamente a questi requisiti:
Cosa fare durante un INCENDIOSe l'incendio ci sorprende all'interno di un edificio Dobbiamo mantenere la calma cercando di ricordare la conformazione
dell'edificio ed i luoghi dove sono posizionate le uscite di sicurezza o le
indicazioni per raggiungerle. Se ci troviamo intrappolati non dobbiamo ripararci in ambienti privi di
aperture Si devono evitare le reazioni d'impulso che potrebbero mettere a rischio noi
stessi e chi intendiamo soccorrere. In ogni caso prima di avventuraci in un edificio dobbiamo legarsi con una fune con l'assistenza di personale che deve rimanere all' esterno del fabbricato in modo tale da mantenere un contatto con l'esterno. Prima di entrare dobbiamo bagnarci abbondantemente gli abiti, la testa e un
fazzoletto che ci legheremo davanti alla bocca. La situazione, per quanto possa apparire disperata offre comunque la possibilità di salvezza. Innanzitutto bisogna avvertire i Vigili del Fuoco componendo il numero 115 e fornendo indicazioni esatte sia sull'edificio che sulla posizione del nostro appartamento. Dobbiamo chiudere la porta d'accesso all'appartamento per evitare che vi entri il fumo disponendo stracci bagnati lungo le fessure. Dobbiamo provvedere a staccare l'impianto elettrico ed a chiudere il rubinetto centrale del gas. Nell'attesa dei soccorsi dobbiamo cercare di ritardare il più possibile che
l'incendio raggiunga l'interno dell'appartamento e che non vi trovi esca per
svilupparsi: a questo scopo dobbiamo individuare un possibile percorso fra la
porta di ingresso e il bagno dell'appartamento (che chiameremo "percorso di
ritardo") chiudendo tutte le porte degli altri vani dell'appartamento. Andiamo in bagno ed apriamo tutti i rubinetti per riempire la vasca (se
esistente). Se la carta da parati tendesse a distaccarsi completate il suo distacco perché rappresenta un esca formidabile per le fiamme. Qualora le fiamme dovessero aggredire la porta e questa dovesse incominciare a rilasciare dei funi è segno che in breve le fiamme la supereranno: dobbiamo abbandonare il locale di ingresso chiudendo la prima porta interna che troviamo sul "percorso di ritardo" e ripetiamo dall'inizio l'operazione di innaffiamento. Con questo metodo è possibile ritardare anche di molto l'invasione delle fiamme consentendoci di essere raggiunti dai soccorsi. Se l'incendio è all'interno del nostro appartamento e ci impedisce la fuga Il luogo più sicuro dell'appartamento è il bagno perché dispone di acqua ed è rivestito di materiali non infiammabili: sarà questo il luogo dove appronteremo la nostra difesa. Raggiungiamo il bagno e ne apriamo la finestra richiamando l'attenzione. Se siamo in un bosco colpito da un incendio è necessario innanzi tutto cercare di rendersi conto della sua estensione, della conformazione del terreno, della direzione dei venti. Normalmente l'arrivo di un incendio è preavvisato da un intenso odore di fumo che, in favore di vento, lo precede anche a grande distanza. Se si ritiene di avere una sufficiente percezione delle dimensioni e della direzione dell'incendio cercate di aggirarlo spostandovi verso il suo limite più vicino o quello che per le condizioni del terreno è più rapido da raggiungere. Cercate, ove possibile, di non non fuggire verso l'alto avendo cura di mantenere la vostra direzione contro vento. Se la via di fuga è impedita Non tentate di ripararvi in anfratti o cavità del terreno, cercate invece
uno spiazzo sufficientemente ampio coperto da vegetazione bassa (fieni, erba,
piccoli arbusti) Dotatevi di frasche che adoprerete come flagelli lungo il confine "dell'isola". Disponetevi sdraiati a terra, perpendicolarmente al fronte del fuoco. Il fuoco avanzando nella vegetazione bassa acquisterà violenza e velocità sviluppando una grande quantità di calore e di fumo: cercate di mantenervi con la faccia il più possibile vicino alla terra per recuperare l'aria pulita, che sarà via via più scarsa, magari aiutandovi con un fazzoletto bagnato (acqua, saliva, ecc.). Quando il fronte del fuoco raggiungerà il limite della vostra "isola" cercate di soffocare le fiamme che stanno attaccando la vegetazione immediatamente prossima al suo limite: lo scopo non è quello di spengerle definitivamente ma di ritardarne l'incendio in modo tale che la profondità del fronte di fuoco si riduca progressivamente avvicinandosi. Più l'incendio è rapido e violento, maggiori sono le vostre possibilità di
salvezza: infatti la vegetazione bassa brucia violentemente, ma rapidamente, con
fronti che spesso sono limitati a pochi metri di profondità; le fiamme una
volta raggiunto il limite "dell'isola" saranno rallentate nel loro
cammino dalla minore quantità di vegetazione (che avete contribuito a
realizzare) e tenderanno a consumarsi sul posto sviluppando una enorme quantità
di calore. Se siete riusciti a mantenervi vigili, non appena la profondità del fronte
di fuoco si sarà ridotta a circa un metro cercate di "saltare"
dall'altra parte della fiamme sul terreno ormai arso.
Cosa fare dopo un INCENDIO Quando l'incendio è stato spento, il pericolo non è cessato. Le cautele da adottarsi sono quelle stesse previste per gli effetti del terremoto sugli edifici (si veda la sezione relativa al terremoto).
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Ultima Modifica : 15 febbraio 2004 |